Ma per il Vaticano
questa volta la crociata
è stata fatta dai laici
Gli
organizzatori del Gay Pride
avevano annunciato la presenza nientemeno che del Dalai
Lama. Poiché la cosa era manifestamente inattendibile,
i dirigenti omosessuali avevano poi ripiegato sull'annuncio di un più modesto
«messaggio di solidarietà». In realtà, gli uffici di Ginevra del capo buddista
hanno comunicato alla Santa Sede l'indignazione per una notizia non solo falsa
ma, per loro, offensiva: mai il Dalai Lama aveva
pensato a un messaggio né, meno che mai, a una sua
venuta. Se il Vaticano ha taciuto sulla smentita fatta
pervenire da Sua Beatitudine, non si è voluto approfittare neppure di un altro
infortunio che, in qualche modo, riguarda il mondo religioso. Gli stessi
organizzatori della manifestazione avevano annunciato, con grande
enfasi, quello che avevano definito il «patrocinio» della Unione delle
comunità ebraiche. Pronta la smentita del presidente, professor Amos Luzzatto. Lo stesso circolo «Mario Mieli» ha così dovuto
ammettere ciò che ha definito «un equivoco». Nessun cenno, però, al richiamo
severo della Alleanza evangelica italiana verso «il
relativismo teologico e morale» di alcune Chiese protestanti, Valdesi compresi:
«La comunità cristiana non è il luogo per legittimare ogni comportamento, ma
per annunciare la legge di Dio».
Silenzio ostile verso i gay, poi, dal mondo musulmano,
vigilato dai servizi segreti: per il Corano, l'accoppiamento tra maschi è
«abominio» che esige l'eliminazione dei peccatori. In tutti i Paesi islamici l'omosessualità è un grave reato che, in almeno una
dozzina di Stati, è punito con la pena di morte con i mezzi più atroci. Da qui,
il timore del gesto di qualche fondamentalista,
desideroso di colpire nel raduno ciò che, per lui, «grida vendetta al cospetto di Allah».
Qualche alto prelato ha notato (anche se sottovoce) che, mentre un Gay Pride in una città musulmana potrebbe finire in un
massacro,
Da quanto ci risulta da fonte sicura, l'11 febbraio
scorso l'arcivescovo Jean-Louis Tauran
che, come segretario per i rapporti con gli Stati, è il ministro degli Esteri
vaticano, ha incontrato il suo collega italiano, Lamberto Dini,
all'ambasciata d'Italia presso
Parlando, come dicevamo, con Dini, mons. Tauran ha fatto presente il rammarico della Chiesa per una
simile aggressività. Tutto, comunque (si assicura), è
finito lì, senza passi ulteriori. Ma, anche questa, è una linea di moderazione
che
Si fa notare che
Si aggiunge poi (continuiamo a registrare umori che circolano nel mondo
vaticano) che l'ideologia omosessualista da Gay Pride - rifiutata nel suo dogmatismo da molti omosessuali
stessi - non solo avrebbe sbagliato avversario, ma
rifiuterebbe ostinatamente di capire come questo sia davvero. Per conservare lo
schema previo - «Il cattolico è un moralista oscurantista e un persecutore» -
l'ideologia gay vuole ignorare la ricchezza di una riflessione che da decenni
prosegue nella Chiesa e che si è espressa tra l'altro anche in encicliche, in
documenti di congregazioni vaticane e di Conferenze episcopali, nonché in molti discorsi di Giovanni Paolo II. Sono parole
nella linea di quanto afferma, testualmente, il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica al paragrafo 2358, non a caso letto
ieri all'Angelus dal Papa: «Un numero non trascurabile di uomini
e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa
inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la
maggior parte di loro una prova. Perciò devono
essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si
eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Espressioni che non sembrano davvero rientrare nello schema aggressivo cui si ispiravano molti slogan sentiti in questi giorni. Parole,
comunque, alle quali seguono i fatti: in tutto il
mondo, si devono all'iniziativa di religiosi o di laici cattolici molte delle
più efficaci strutture di assistenza agli affetti da quell'Aids
che colpisce soprattutto gli omosessuali. Proprio a questi malati, a San
Francisco, nel settembre del 1987, Giovanni Paolo II ha parlato, inducendo alle
lacrime i presenti, molti dei quali militanti del movimento gay
più radicale.
C'è delusione, insomma, nel mondo cattolico (al di là dei
pochi che hanno scelto l'adeguamento al conformismo politically
correct ), per quella che è considerata un'occasione
sprecata da chi non cercava che la caricatura del presunto «nemico».
Omosessuali, dunque, da scherniti a schernitori? Anche da qui
l'«amarezza» di cui ha parlato il Papa. E' una delusione che, comunque, non ha incrinato l'atavico istinto cattolico a
capire e a perdonare. Nessuno, si assicura, intende scendere a crociata né
recedere dall'impegno, spesso nascosto e silenzioso, di accoglienza
e di comprensione.
Vittorio Messori
Corriere della Sera, Lunedì 10 Luglio 2000
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