ESORTAZIONE
APOSTOLICA
FAMILIARIS
CONSORTIO
DI SUA SANTITA' GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO AL CLERO ED AI FEDELI
DI TUTTA LA CHIESA CATTOLICA
CIRCA I COMPITI DELLA FAMIGLIA CRISTIANA NEL MONDO DI OGGI
INTRODUZIONE
La Chiesa al servizio della famiglia
1. La famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di
altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide
trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa
situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento
dell'istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai
loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e
della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da
svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione
dei loro fondamentali diritti.Consapevole che il matrimonio e la famiglia costituiscono
uno dei beni più preziosi dell'umanità, la Chiesa vuole far giungere la sua
voce ed offrire il suo aiuto a chi, già conoscendo il
valore del matrimonio e della famiglia, cerca di viverlo fedelmente a chi,
incerto ed ansioso, è alla ricerca della verità ed a chi è ingiustamente
impedito di vivere liberamente il proprio progetto familiare. Sostenendo i
primi, illuminando i secondi ed aiutando gli altri, la Chiesa offre il suo
servizio ad ogni uomo pensoso dei destini del matrimonio e della famiglia
(«Gaudium et Spes», 52).In modo particolare essa si rivolge ai giovani, che
stanno per iniziare il loro cammino verso il matrimonio e la famiglia, al fine
di aprire loro nuovi orizzonti, aiutandoli a scoprire la bellezza e la
grandezza della vocazione all'amore e al servizio della vita.
Il Sinodo del
2. Un segno di questo
profondo interessamento della Chiesa per la famiglia è stato l'ultimo Sinodo
dei Vescovi, celebratosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980. Esso è stato la naturale continuazione dei due precedenti (cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei Vescovi, 2 (26
Settembre 1980): la famiglia cristiana, infatti, è la prima comunità chiamata
ad annunciare il Vangelo alla persona umana in crescita e a portarla,
attraverso una progressiva educazione e catechesi, alla piena maturità umana e
cristiana.Non solo, ma il precedente Sinodo si collega idealmente in qualche
modo anche a quello sul sacerdozio ministeriale e sulla giustizia nel mondo
contemporaneo. Infatti, in quanto comunità educativa, la famiglia deve aiutare
l'uomo a discernere la propria vocazione e ad assumersi il necessario impegno
per una più grande giustizia, formandolo fin
dall'inizio a relazioni interpersonali, ricche di giustizia e di amore.I Padri
Sinodali, concludendo la loro assemblea, mi hanno presentato un ampio elenco di
proposte, in cui avevano raccolto i frutti delle riflessioni sviluppate nel
corso delle loro intense giornate di lavoro, e mi hanno chiesto con voto
unanime di farmi interprete davanti all'umanità della viva sollecitudine della
Chiesa per la famiglia, e di dare le indicazioni opportune per un rinnovato
impegno pastorale in questo fondamentale settore della vita umana ed
ecclesiale.Nell'adempiere tale compito con la presente esortazione, come una
peculiare attuazione del ministero apostolico affidatomi, desidero esprimere la
mia gratitudine a tutti i componenti del Sinodo per il prezioso contributo di
dottrina e di esperienza, che hanno offerto soprattutto mediante le
«Propositiones», il cui testo affido al Pontificio Consiglio per la Famiglia,
disponendo che ne approfondisca lo studio al fine di
valorizzare ogni aspetto delle ricchezze in esso contenute.
Il prezioso bene del matrimonio e della famiglia
3. La Chiesa,
illuminata dalla fede, che le fa conoscere tutta la verità sul prezioso bene
del matrimonio e della famiglia e sui loro significati più profondi, ancora una
volta sente l'urgenza di annunciare il Vangelo, cioè
la «buona novella» a tutti indistintamente, in particolare a tutti coloro che
sono chiamati al matrimonio e vi si preparano, a tutti gli sposi e genitori del
mondo.Essa è profondamente convinta che solo con l'accoglienza del Vangelo
trova piena realizzazione ogni speranza, che l'uomo
legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia.Voluti da Dio con la stessa
creazione (cfr. Gen 1-2), il matrimonio e la famiglia sono interiormente
ordinati a compiersi in Cristo (cfr. Ef 5) ed hanno bisogno della sua grazia
per essere guariti dalle ferite del peccato (cfr. «Gaudium et Spes», 47; «Insegnamenti di Giovanni Paolo II»,
III, 2 [1980] 388s) e riportati al loro «principio» (cfr. Mt 19,4), cioè alla conoscenza piena e alla realizzazione integrale
del disegno di Dio.In un momento storico nel quale la famiglia è oggetto di
numerose forze che cercano di distruggerla o comunque
di deformarla, la Chiesa, consapevole che il bene della società e di se stessa
è profondamente legato al bene della famiglia (cfr. «Gaudium et Spes», 47),
sente in modo più vivo e stringente la sua missione di
proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia,
assicurandone la piena vitalità e promozione umana e cristiana, e contribuendo
così al rinnovamento della società e dello stesso Popolo di Dio.
PARTE PRIMA
LUCI E OMBRE DELLA FAMIGLIA, OGGI
Necessità di conoscere la situazione
4. Poiché
il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia riguarda l'uomo e la donna
nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni
sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve applicarsi a
conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia oggi si
realizzano (cfr. «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1 [1980]
472-476).Questa conoscenza è, dunque, una imprescindibile
esigenza dell'opera evangelizzatrice. E', infatti, alle famiglie del nostro
tempo che la Chiesa deve portare l'immutabile e sempre nuovo Vangelo di Gesù
Cristo, così come sono le famiglie implicate nelle presenti condizioni del
mondo che sono chiamate ad accogliere e a vivere il
progetto di Dio che le riguarda. Non solo, ma le richieste e gli appelli dello
Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia, e pertanto la
Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più
profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia anche dalle
situazioni, domande, ansie e speranze dei giovani, degli sposi e dei genitori
di oggi (cfr. «Gaudium et Spes», 4).A ciò si deve aggiungere poi una ulteriore riflessione di particolare importanza nel
tempo presente. Non raramente all'uomo e alla donna di oggi,
in sincera e profonda ricerca di una risposta ai quotidiani e gravi problemi
della loro vita matrimoniale e familiare, vengono offerte visioni e proposte
anche seducenti, ma che compromettono in diversa misura la verità e la dignità
della persona umana. E' un'offerta sostenuta spesso dalla potente e capillare
organizzazione dei mezzi di comunicazione sociale, che mettono sottilmente in
pericolo la libertà e la capacità di giudicare con obiettività.Molti sono già
consapevoli di questo pericolo in cui versa la persona umana ed operano per la
verità. La Chiesa, col suo discernimento evangelico, si unisce ad essi, offrendo il proprio servizio alla verità, alla libertà
e alla dignità di ogni uomo e di ogni donna.
Il discernimento evangelico
5. Il discernimento
operato dalla Chiesa diventa l'offerta di un orientamento perché sia salvata e
realizzata l'intera verità e la piena dignità del matrimonio e della
famiglia.Esso è compiuto dal senso della fede (cfr. «Lumen Gentium», 12), che è
un dono che lo Spirito partecipa a tutti i fedeli (cfr. Gv 2,20), ed è,
pertanto, opera di tutta la Chiesa, secondo le diversità dei vari doni e
carismi che, insieme e secondo la responsabilità propria di ciascuno, cooperano
per una più profonda intelligenza ed attuazione della Parola di Dio. La Chiesa,
dunque, non compie il proprio discernimento evangelico solo per mezzo dei Pastori,
i quali insegnano in nome e col potere di Cristo, ma anche per mezzo dei laici:
Cristo «li costituisce suoi testimoni e li provvede del senso della fede e
della grazia della parola (cfr. At 2,17-18; Ap 19,10)
perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e
sociale» («Lumen Gentium», 35). I laici, anzi, in ragione della
loro particolare vocazione, hanno il compito specifico di interpretare
alla luce di Cristo la storia di questo mondo, in quanto sono chiamati ad
illuminare ed ordinare le realtà temporali secondo il disegno di Dio Creatore e
Redentore.Il «soprannaturale senso della fede» (cfr. «Lumen Gentium», 12; Sacra
Congregazione della Fede, «Mysterium Ecclesiae», 2:
AAS 65 [1973] 398-400) non consiste però solamente o necessariamente nel
consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la
verità, che non sempre coincide con l'opinione della maggioranza.
Ascolta la coscienza e non il potere ed in questo difende i poveri e i
disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca sociologica e
statistica, quando si rivela utile per cogliere il contesto
storico nel quale l'azione pastorale deve svolgersi e per conoscere meglio la
verità; tale ricerca sola, però, non è da ritenersi senz'altro espressione del
senso della fede.Perché è compito del ministero apostolico di assicurare la
permanenza della Chiesa nella verità di Cristo e di introdurvela più
profondamente, i Pastori devono promuovere il senso della fede in tutti i
fedeli, vagliare e giudicare autorevolmente la genuinità delle sue espressioni,
educare i credenti a un discernimento evangelico
sempre più maturo (cfr. «Lumen Gentium», 12 «Dei Verbum», 10).Per
l'elaborazione di un autentico discernimento evangelico nelle varie situazioni
e culture in cui l'uomo e la donna vivono il loro matrimonio e la loro vita
familiare, gli sposi e i genitori cristiani possono e devono offrire un loro proprio e insostituibile contributo. A questo li
abilita il loro carisma o dono proprio, il dono del
sacramento del matrimonio (cfr. «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 735s).
La situazione della famiglia nel mondo di
oggi
6. La situazione, in
cui versa la famiglia, presenta aspetti positivi ed
aspetti negativi: segno, gli uni, della salvezza di Cristo operante nel mondo;
segno, gli altri, del rifiuto che l'uomo oppone all'amore di Dio.Da una parte,
infatti, vi è una coscienza più viva della libertà personale, e una maggiore
attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione
responsabile, alla educazione dei figli; vi è inoltre la coscienza della
necessità che si sviluppino relazioni tra le famiglie per un reciproco aiuto
spirituale e materiale, la riscoperta della missione ecclesiale propria della famiglia
e della sua responsabilità per la costruzione di una società più giusta.
Dall'altra parte, tuttavia non mancano segni di preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione teorica
e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa
il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete, che la
famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero crescente
dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla
sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità
contraccettiva.Alla radice di questi fenomeni negativi sta spesso una
corruzione dell'idea e dell'esperienza della libertà, concepita non come la
capacità di realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la
famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non
di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere.Merita la nostra
attenzione anche il fatto che, nei Paesi del così detto Terzo Mondo, vengono
spesso a mancare alle famiglie sia i fondamentali mezzi per la sopravvivenza,
quali sono il cibo, il lavoro, l'abitazione, le
medicine, sia le più elementari libertà. Nei Paesi più ricchi, invece,
l'eccessivo benessere e la mentalità consumistica, paradossalmente unita ad una
certa angoscia e incertezza per il futuro, tolgono agli sposi la generosità e
il coraggio di suscitare nuove vite umane: così la vita
è spesso percepita non come una benedizione, ma come un pericolo da cui
difendersi.La situazione storica in cui vive la famiglia si presenta, dunque,
come un insieme di luci e di ombre.Questo rivela che
la storia non è semplicemente un progresso necessario verso il meglio, bensì un
evento di libertà, ed anzi un combattimento fra libertà che si oppongono fra
loro, cioè, secondo la nota espressione di san
Agostino, un conflitto, fra due amori: l'amore di Dio spinto fino al disprezzo
di sé, e l'amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio (cfr. S. Agostino «De civitate Dei», XIV, 28: CSEL 40, II, 25s).Ne consegue
che solo l'educazione all'amore radicato nella fede può portare ad acquistare
la capacità di interpretare «i segni dei tempi», che sono l'espressione storica
di questo duplice amore.
L'influsso della situazione sulla coscienza dei fedeli
7. Vivendo in un
mondo siffatto, sotto le pressioni derivanti soprattutto dai mass-media, non
sempre i fedeli hanno saputo e sanno mantenersi immuni
dall'oscurarsi dei valori fondamentali e porsi come coscienza critica di questa
cultura familiare e come soggetti attivi della costruzione di un autentico
umanesimo familiare.Fra i segni più preoccupanti di
questo fenomeno, i Padri Sinodali hanno sottolineato, in particolare, il
diffondersi del divorzio e del ricorso ad una nuova unione da parte degli
stessi fedeli, l'accettazione del matrimonio puramente civile, in
contraddizione con la vocazione dei battezzati a «sposarsi nel Signore»; la
celebrazione del matrimonio sacramento senza una fede viva, ma per altri
motivi; il rifiuto delle norme morali che guidano e promuovono l'esercizio umano
e cristiano della sessualità nel matrimonio.
La nostra epoca ha bisogno di sapienza
8. Si pone così a
tutta la Chiesa il compito di una riflessione e di un
impegno assai profondi, perché la nuova cultura emergente sia intimamente
evangelizzata, siano riconosciuti i veri valori, siano difesi i diritti
dell'uomo e della donna e sia promossa la giustizia nelle strutture stesse
della società. In tal modo il «nuovo umanesimo» non distoglierà gli uomini dal
loro rapporto con Dio, ma ve li condurrà più pienamente.Nella costruzione di
tale umanesimo, la scienza e le sue applicazioni tecniche offrono nuove ed
immense possibilità. Tuttavia, la scienza, in conseguenza di scelte politiche
che ne decidono la direzione di ricerca e le applicazioni, viene
spesso usata contro il suo significato originario, la promozione della persona
umana.Si rende, pertanto, necessario ricuperare da parte di
tutti la coscienza del primato dei valori morali, che sono i valori
della persona umana come tale. La ricomprensione del senso ultimo della vita e
dei suoi valori fondamentali è il grande compito che
si impone oggi per il rinnovamento della società. Solo la consapevolezza del
primato di questi valori consente un uso delle immense possibilità, messe nelle
mani dell'uomo dalla scienza, che sia veramente finalizzato alla promozione della persona umana nella sua intera verità,
nella sua libertà e dignità. La scienza è chiamata ad allearsi con la
sapienza.Si possono pertanto applicare anche ai problemi della famiglia le
parole del Concilio Vaticano II: «L'epoca nostra, più ancora che i secoli
passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue
nuove scoperte. E' in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi» («Gaudium
et Spes», 15).L'educazione della coscienza morale, che rende ogni uomo capace
di giudicare e di discernere i modi adeguati per realizzarsi secondo la sua
verità originaria, diviene così una esigenza prioritaria ed irrinunciabile.E'
l'alleanza con la Sapienza divina che deve essere più profondamente
ricostituita nella cultura odierna. Di tale Sapienza ogni uomo è reso partecipe
dallo stesso gesto creatore di Dio. Ed è solo nella fedeltà a questa alleanza che le famiglie di oggi saranno in grado di
influire positivamente nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno.
Gradualità e conversione
9. Alla
ingiustizia originata dal peccato - profondamente penetrato anche nelle
strutture del mondo di oggi - e che spesso ostacola la famiglia nella piena realizzazione
di se stessa e dei suoi diritti fondamentali, dobbiamo tutti opporci con una
conversione della mente e del cuore, seguendo Cristo Crocifisso nel
rinnegamento del proprio egoismo: una simile conversione non potrà non avere
influenza benefica e rinnovatrice anche sulle strutture della società.E'
richiesta una conversione continua, permanente, che, pur esigendo l'interiore
distacco da ogni male e l'adesione al bene nella sua pienezza, si attua però concretamente in passi che conducono sempre oltre.
Si sviluppa così un processo dinamico, che avanza gradualmente con la
progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore
definitivo ed assoluto nell'intera vita personale e sociale dell'uomo. E'
perciò necessario un cammino pedagogico di crescita affinché i singoli fedeli,
le famiglie ed i popoli, anzi la stessa civiltà, da ciò che hanno
già accolto del Mistero di Cristo siano pazientemente condotti oltre, giungendo
ad una conoscenza più ricca e ad una integrazione più piena di questo Mistero
nella loro vita.
Inculturazione
10. E' conforme alla
costante tradizione della Chiesa accogliere dalle culture dei popoli tutto ciò
che è in grado di meglio esprimere le inesauribili ricchezze di Cristo (cfr. Ef
3,8; «Gaudium et Spes», 15 e 22). Solo col concorso di tutte le culture, tali
ricchezze potranno manifestarsi sempre più chiaramente e la Chiesa potrà
camminare verso una conoscenza ogni giorno più completa e
profonda della verità, che già le è stata donata interamente dal suo
Signore.Tenendo fisso il duplice principio della compatibilità col Vangelo
delle varie culture da assumere e della comunione con la Chiesa universale, si
dovrà proseguire nello studio, particolarmente da parte delle Conferenze
Episcopali e dei Dicasteri competenti della Curia Romana, e nell'impegno
pastorale perché questa «inculturazione» della fede cristiana avvenga sempre
più ampiamente, anche nell'ambito del matrimonio e della famiglia.E' mediante
l'«inculturazione» che si cammina verso la ricostituzione piena dell'alleanza
con la Sapienza di Dio, che è Cristo stesso. La Chiesa intera sarà arricchita
anche da quelle culture che, pur essendo prive di tecnologia, sono cariche di
saggezza umana e vivificate da profondi valori morali.Perché sia chiara la meta
di questo cammino, e di conseguenza, sicuramente indicata la strada, il Sinodo
ha, in primo luogo, giustamente considerato a fondo il progetto originario di
Dio circa il matrimonio e la famiglia: ha voluto
«ritornare al principio», in ossequio all'insegnamento di Cristo (cfr. Mt
19,4ss).
PARTE SECONDA
IL DISEGNO DI DIO SUL MATRIMONIO E
SULLA FAMIGLIA
L'uomo immagine di Dio Amore
11. Dio ha creato
l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza
per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione
personale d'amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola
nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e
quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr.
«Gaudium et Spes», 12). L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione
di ogni essere umano.In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno
spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità
unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è
reso partecipe dell'amore spirituale.La Rivelazione cristiana conosce due modi
specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza,
all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia l'uno che l'altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più
profonda dell'uomo, del suo «essere ad immagine di Dio».Di conseguenza la
sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con
gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto
qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona
umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte integrale
dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano
totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione fisica totale
sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale,
nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente:
se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti
per il futuro, già per questo essa non si donerebbe
totalmente.Questa totalità, richiesta dall'amore coniugale, corrisponde anche
alle esigenze di una fecondità responsabile, la quale, volta come
è a generare un essere umano, supera per sua natura l'ordine puramente
biologico, ed investe un insieme di valori personali, per la cui armoniosa
crescita è necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi i
genitori.Il «luogo» unico, che rende possibile questa donazione secondo
l'intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore
coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono
l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso (cfr. «Gaudium et
Spes», 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato.
L'istituzione matrimoniale non è una indebita
ingerenza della società o dell'autorità, ne l'imposizione estrinseca di una
forma, ma esigenza interiore del patto d'amore coniugale che pubblicamente si
afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al
disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della
persona, la pone al sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipe
della Sapienza creatrice.
Il matrimonio e la comunione tra Dio e gli uomini
12. La comunione
d'amore tra Dio e gli uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione e
dell'esperienza di fede di Israele, trova una
significativa espressione nell'alleanza sponsale, che si instaura tra l'uomo e
la donna.E' per questo che la parola centrale della Rivelazione, «(Dio ama il
suo popolo», viene pronunciata anche attraverso le
parole vive e concrete con cui l'uomo e la donna si dicono il loro amore
coniugale. Il loro vincolo di amore diventa l'immagine
e il simbolo dell'Alleanza che unisce Dio e il suo popolo (cfr. ad es. Os 2,21; Ger 3,6-13; Is 54). E lo stesso peccato, che
può ferire il patto coniugale diventa immagine dell'infedeltà
del popolo al suo Dio: l'idolatria e prostituzione (cfr. Ez 16,25), l'infedeltà
è adulterio, la disobbedienza alla legge e abbandono dell'amore sponsale del
Signore. Ma l'infedeltà di Israele non distrugge la
fedeltà eterna del Signore e, pertanto, l'amore sempre fedele di Dio si pone
come esemplare delle relazioni di amore fedele che devono esistere tra gli
sposi (cfr. Os 3).
Gesù Cristo, sposo della Chiesa, e il Sacramento del
matrimonio
13. La comunione tra
Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in
Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a
Sé come suo corpo.Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando
l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla
interamente.Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono
d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel
sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la
Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha
impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr.
Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della
nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il
Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di
amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale
raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale,
che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati
a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce.In una pagina
meritatamente famosa, Tertulliano ha ben espresso la grandezza di questa vita
coniugale in Cristo e la sua bellezza: «Come sarò capace di esporre la felicità
di quel matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta eucaristica conferma, la
benedizione suggella, gli angeli annunciano e il Padre ratifica?... Quale giogo quello di due fedeli uniti in un'unica
speranza, in un'unica osservanza, in un'unica servitù! Sono tutt'e due fratelli
e tutt'e due servono insieme; non vi è nessuna
divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente due in
una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito» (Tertulliano
«Ad uxorem», II; VIII, 6-8: CCL I, 393).Accogliendo e
meditando fedelmente la Parola di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio dei battezzati è uno dei sette
sacramenti della Nuova Alleanza (cfr. Conc. Ecum. Trident.,
Sessio XXIV, can. 1: I. D. Mansi, «Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima
Collectio», 33, 149s).Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono
definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione
di questo indistruttibile inserimento che l'intima
comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore (cfr. «Gaudium et
Spes», 48), viene elevata ed assunta nella carità
sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice.In
virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno
all'altra nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca
appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale,
del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa.Gli sposi sono pertanto il richiamo
permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per
l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende
partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio,
come ogni sacramento è memoriale, attualizzazione e profezia: «in quanto
memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il dovere di fare memoria delle
grandi opere di Dio e di darne testimonianza presso i loro figli; in quanto
attualizzazione, dà loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel
presente, l'uno verso l'altra e verso i figli, le esigenze di un amore che
perdona e che redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di
vivere e di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo» (Giovanni
Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison
des Equipes de Recherche», 3 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo
II», II, 2 [1979] 1032).Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio
è un simbolo reale dell'evento della salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi
partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che l'effetto
primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la grazia soprannaturale
stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente
cristiana perché rappresenta il mistero dell'Incarnazione del Cristo e il suo
mistero di Alleanza. E il contenuto della
partecipazione alla vita del Cristo è anch'esso specifico:
l'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti
della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e
dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira ad una
unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola
carne, conduce a non fare che un cuor solo e un'anima sola: esso esige
l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre
sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9). In una parola, si
tratta di caratteristiche normali di ogni amore
coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le
consolida, ma le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente
cristiani» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes de Recherche», 4 [3 Novembre 1979]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II, 2 [1979] 1032).
I figli, preziosissimo dono del matrimonio
14. Secondo il
disegno di Dio, il matrimonio è il fondamento della più ampia comunità della
famiglia, poiché l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono
ordinati alla procreazione ed educazione della prole,
in cui trovano il loro coronamento (cfr. «Gaudium et Spes», 50).Nella sua
realtà più profonda, l'amore è essenzialmente dono e l'amore coniugale, mentre
conduce gli sposi alla reciproca «conoscenza» che li fa
«una carne sola» (cfr. Gen 2,24), non si esaurisce all'interno della coppia,
poiché li rende capaci della massima donazione possibile, per la quale
diventano cooperatori con Dio per il dono della vita ad una nuova persona
umana. Così i coniugi, mentre si donano tra loro, donano al
di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro
amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile
del loro essere padre e madre.Divenendo genitori, gli sposi ricevono da Dio il
dono di una nuova responsabilità. Il loro amore parentale è chiamato a divenire
per i figli il segno visibile dello stesso amore di
Dio, «dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef
3,15).Non si deve, tuttavia, dimenticare che anche quando la procreazione non è
possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore. La sterilità
fisica infatti può essere occasione per gli sposi di
altri servizi importanti alla vita della persona umana, quali ad esempio
l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai
bambini poveri o handicappati.
La famiglia, comunione di persone
15. Nel matrimonio e nella
famiglia si costituisce un complesso di relazioni interpersonali - nuzialità,
paternità-maternità, filiazione, fraternità -, mediante le quali ogni persona
umana è introdotta nella «famiglia umana» e nella
«famiglia di Dio», che è la Chiesa.Il matrimonio e la famiglia cristiani
edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene generata e progressivamente introdotta, mediante
l'educazione, nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo
e l'educazione alla fede, essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio,
che è la Chiesa.La famiglia umana, disgregata dal peccato, è ricostituita nella
sua unità dalla forza redentrice della morte e risurrezione di Cristo (cfr.
«Gaudium et Spes», 78). Il matrimonio cristiano, partecipe dell'efficacia
salvifica di questo avvenimento, costituisce il luogo
naturale nel quale si compie l'inserimento della persona umana nella grande
famiglia della Chiesa.Il mandato di crescere e moltiplicarsi, rivolto in
principio all'uomo e alla donna, raggiunge in questo modo la sua intera verità
e la sua piena realizzazione.La Chiesa trova così
nella famiglia, nata dal sacramento, la sua culla e il luogo nel quale essa può attuare il proprio inserimento nelle generazioni umane,
e queste, reciprocamente, nella Chiesa.
Matrimonio e verginità
16. La verginità e il
celibato per il Regno di Dio non solo non contraddicono alla dignità del
matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la verginità
sono i due modi di esprimere e di vivere l'unico Mistero dell'Alleanza di Dio
con il suo popolo. Quando non si ha stima del matrimonio, non può esistere
neppure la verginità consacrata; quando la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato dal Creatore, perde significato il rinunciarvi
per il Regno dei Cieli.Dice infatti assai giustamente
san Giovanni Crisostomo: «Chi condanna il matrimonio priva anche la verginità
della gloria: chi invece lo loda, rende la verginità più ammirabile, e
splendente. Ciò che appare un bene soltanto a paragone di un male, non è poi un
grande bene; ma ciò che è ancora migliore di beni
universalmente riconosciuti tali, è certamente un bene al massimo grado» (San
Giovanni Crisostomo, «La Verginità», X: PG 48,540).Nella verginità l'uomo è in attesa, anche corporalmente, delle nozze escatologiche di
Cristo con la Chiesa, donandosi integralmente alla Chiesa nella speranza che
Cristo si doni a questa nella piena verità della vita eterna. La persona
vergine anticipa così nella sua carne il mondo nuovo della risurrezione futura
(cfr. Mt 22,30).In forza di questa testimonianza, la verginità tiene viva nella
Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e
da ogni impoverimento.Rendendo libero in modo speciale
il cuore dell'uomo (cfr. 1Cor 7,32-35), «così da accenderlo maggiormente di
carità verso Dio e verso tutti gli uomini» («Perfectae Caritatis», 12), la
verginità testimonia che il Regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla
preziosa che va preferita ad ogni altro valore sia pure grande, e va anzi
cercato come l'unico valore definitivo. E' per questo che
la Chiesa, durante tutta la sua storia, ha sempre difeso la superiorità di
questo carisma nei confronti di quello del matrimonio, in ragione del legame
del tutto singolare che esso ha con il Regno di Dio (cfr. Pio XII, «Sacra Virginitas», II: AAS 46 [1954] 174ss).Pur avendo
rinunciato alla fecondità fisica, la persona vergine diviene spiritualmente feconda, padre e madre di molti, cooperando alla
realizzazione della famiglia secondo il disegno di Dio.Gli sposi cristiani
hanno perciò il diritto di aspettarsi dalle persone vergini il buon esempio e
la testimonianza della fedeltà alla loro vocazione fino alla
morte. Come per gli sposi la fedeltà diventa talvolta difficile ed esige
sacrificio, mortificazione e rinnegamento di sé, così può avvenire anche per le
persone vergini. La fedeltà di queste, anche nella prova eventuale, deve
edificare la fedeltà di quelli (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
«Novo Incipiente», 9 [8 Aprile 1979]: AAS 71 [1979], 410s).Queste riflessioni
sulla verginità possono illuminare ed aiutare coloro che, per motivi
indipendenti dalla loro volontà, non hanno potuto sposarsi ed hanno poi
accettato la loro situazione in spirito di servizio.
PARTE TERZA
I COMPITI DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
Famiglia diventa ciò che sei!
17. Nel disegno di
Dio Creatore e Redentore la famiglia scopre non solo la sua «identità», ciò che
essa «è», ma anche la sua «missione)», ciò che essa può e deve «fare». I
compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia,
scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed
esistenziale. Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l'appello
insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità:
famiglia, «diventa» ciò che «sei»!Risalire al «principio» del gesto creativo di
Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi
secondo l'interiore verità non solo del suo essere ma
anche del suo agire storico. E poiché, secondo il disegno divino, è costituita
quale «intima comunità di vita e di amore («Gaudium et
Spes», 48), la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è,
ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata
e redenta troverà il suo componimento nel Regno di Dio. In una prospettiva poi
che giunge alle radici stesse della realtà, si deve dire
che l'essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente definiti dall'amore.
Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare
l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per
l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa.Ogni compito
particolare della famiglia è l'espressione e l'attuazione concreta di tale
missione fondamentale. E' necessario pertanto penetrare più a fondo nella
singolare ricchezza della missione della famiglia e scandagliarne i molteplici
ed unitari contenuti.In tal senso, partendo dall'amore e in costante
riferimento ad esso, il recente Sinodo ha messo in
luce quattro compiti generali della famiglia:1) la formazione di una comunità
di persone;2) il servizio alla vita;3) la partecipazione allo sviluppo della
società;4) la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.
La formazione di una comunità di persone
L'amore, principio e forza della comunione
18. La famiglia
fondata e vivificata dall'amore, è una comunità di persone: dell'uomo e della
donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere
fedelmente la realtà della comunione nell'impegno costante di sviluppare
un'autentica comunità di persone.Il principio interiore, la forza permanente e
la meta ultima di tale compito è l'amore: come, senza l'amore,
la famiglia non è una comunità di persone, così senza l'amore, la famiglia non
può vivere, crescere e perfezionarsi come comunità di persone. Quanto ho scritto nell'enciclica «Redemptor Hominis» trova la sua
originaria e privilegiata applicazione proprio nella famiglia come tale:
«L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere
incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene
rivelato l'amore, se non si incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo
fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (num. 10).L'amore tra l'uomo e la
donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l'amore tra i membri
della stessa famiglia - tra genitori e figli tra fratelli e sorelle, tra
parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo,
che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa,
fondamento e anima della comunità coniugale e familiare.L'indivisibile unità
della comunione coniugale
19. La prima
comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i
coniugi: in forza del patto d'amore coniugale, l'uomo e la donna «non sono più
due, ma una carne sola» (Mt 19,6; cfr. Gen 2,24) e sono chiamati a crescere
continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla
promessa matrimoniale del reciproco dono totale.Questa comunione coniugale
affonda le sue radici nella naturale complementarietà che esiste
tra l'uomo e la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi
di condividere l'intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò
tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma
in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana,
la conferma, la purifica e la eleva, conducendola a perfezione col sacramento
del matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre
agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d'amore che è immagine viva
e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile
Corpo mistico del Signore Gesù.Il dono dello Spirito è comandamento di vita per
gli sposi cristiani, ed insieme stimolante impulso
affinché ogni giorno progrediscano verso una sempre più ricca unione tra loro a
tutti i livelli - dei corpi dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze, e
delle volontà, delle anime (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio 1980]: AAS 72 [1980], 426s), -
rivelando così alla Chiesa e al mondo la nuova comunione d'amore, donata
dalla grazia di Cristo.Una simile comunione viene
radicalmente contraddetta dalla poligamia: questa, infatti, nega in modo
diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è
contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel
matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo.
Come scrive il Concilio Vaticano II: «L'unità del matrimonio confermata dal
Signore appare in maniera lampante anche dalla uguale
dignità personale sia dell'uomo che della donna, che deve essere riconosciuta
nel mutuo e pieno amore» («Gaudium et Spes», 49; cfr. Giovanni
Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio 1980]; l. c.).
Una comunione indissolubile
20. La comunione
coniugale si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità: «Questa intima
unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli,
esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità»
(«Gaudium et Spes», 48).E' dovere fondamentale della Chiesa riaffermare con
forza - come hanno fatto i Padri del Sinodo - la dottrina dell'indissolubilità
del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura
impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a quanti sono travolti
da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride
apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire
il lieto annuncio della definitività di quell'amore coniugale, che ha in Gesù
Cristo il suo fondamento e la sua forza (cfr. Ef 5,25).Radicata nella personale
e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli,
l'indissolubilità del matrimonio trova la sua verità
ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua Rivelazione. Egli vuole e
dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell'amore
assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e che il Signore
Gesù vive verso la sua Chiesa.Cristo rinnova il primitivo disegno che il
Creatore ha iscritto nel cuore dell'uomo e della donna, e nella celebrazione
del sacramento del matrimonio offre un «cuore nuovo»: così i coniugi non solo
possono superare la «durezza del cuore» (Mt 19,8), ma anche e soprattutto
possono condividere l'amore pieno e definitivo di Cristo, nuova ed eterna
Alleanza fatta carne. Come il Signore Gesù è il
«testimone fedele» (Ap 3,14), è il «sì» delle promesse di Dio (cfr. 2Cor 1,20)
e quindi la realizzazione suprema dell'incondizionata
fedeltà con cui Dio ama il suo popolo, così i coniugi cristiani sono chiamati a
partecipare realmente all'indissolubilità irrevocabile, che lega Cristo alla
Chiesa sua sposa, da Lui amata sino alla fine (cfr. Gc 13,1).Il dono del
sacramento è nello stesso tempo vocazione e comandamento per gli sposi
cristiani, perché rimangano tra loro fedeli per sempre, al di
là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà
del Signore: «Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt
19,6).Testimoniare l'inestimabile valore dell'indissolubilità e della fedeltà
matrimoniale è uno dei doveri più preziosi e più urgenti delle coppie cristiane
del nostro tempo. Per questo, insieme con tutti i confratelli che hanno preso
parte al Sinodo dei Vescovi, lodo e incoraggio tutte quelle numerose coppie
che, pur incontrando non lievi difficoltà, conservano e sviluppano il bene
dell'indissolubilità: assolvono così, in modo umile e coraggioso, il compito
loro affidato di essere nel mondo un «segno» - un
piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione, ma sempre
rinnovato - dell'instancabile fedeltà con cui Dio e Gesù Cristo amano tutti gli
uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche riconoscere il valore della
testimonianza di quei coniugi che, pur essendo stati abbandonati dal partner,
con la forza della fede e della speranza cristiana non sono passati ad una
nuova unione: anche questi coniugi danno un'autentica testimonianza di fedeltà,
di cui il mondo oggi ha grande bisogno. Per tale
motivo devono essere incoraggiati e aiutati dai pastori e dai fedeli della
Chiesa.
La più ampia comunione della famiglia
21. La comunione
coniugale costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la più ampia
comunione della famiglia, dei genitori e dei figli, dei fratelli e delle
sorelle tra loro, dei parenti e di altri familiari.Tale comunione si radica nei
legami naturali della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il suo
perfezionamento propriamente umano nell'instaurarsi e nel maturare dei legami
ancora più profondi e ricchi dello spirito: l'amore, che anima
i rapporti interpersonali dei diversi membri della famiglia, costituisce
la forza interiore che plasma e vivifica la comunione e la comunità
familiare.La famiglia cristiana è poi chiamata a fare l'esperienza di una nuova
e originale comunione, che conferma e perfeziona quella naturale e umana. In
realtà, la grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli» (Rm
8,29), è per sua natura e interiore dinamismo una «grazia di fraternità», come
la chiama san Tommaso d'Aquino («Summa Theologiae», II· II··, 14, 2, ad 4). Lo
Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e
l'alimento inesauribile della soprannaturale comunione che raccoglie e vincola
i credenti con Cristo e tra loro nell'unità della Chiesa di Dio. Una
rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo
può e deve dirsi «Chiesa domestica» («Lumen Gentium», 11; cfr. «Apostolicam
Actuositatem», 11).Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio
dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la
comunione delle persone, facendo della famiglia una
«scuola di umanità più completa e più ricca»: («Gaudium et Spes», 52) è quanto
avviene con la cura e l'amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col
servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie
e delle sofferenze.Un momento fondamentale per costruire una simile comunione è
costituito dallo scambio educativo tra genitori e figli (cfr. Ef 6,1-4; Col
3,20s), nel quale ciascuno dà e riceve. Mediante l'amore, il rispetto, l'obbedienza
verso i genitori, i figli portano il loro specifico e insostituibile contributo
all'edificazione di una famiglia autenticamente umana e cristiana («Gaudium et
Spes», 48). In questo saranno facilitati, se i genitori eserciteranno la loro
irrinunciabile autorità come un vero e proprio «ministero», ossia come un
servizio ordinato al bene umano e cristiano dei figli, e in particolare
ordinato a far loro acquistare una libertà veramente responsabile, e se i
genitori manterranno viva la coscienza del «dono», che
continuamente ricevono dai figli.La comunione familiare può essere conservata e
perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una
pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla
tolleranza, al perdono, alla riconciliazione. Nessuna famiglia ignora come
l'egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti aggrediscano
violentemente e a volte colpiscano mortalmente la propria comunione: di qui le
molteplici e varie forme di divisione nella vita familiare. Ma, nello stesso
tempo, ogni famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l'esperienza
gioiosa e rinnovatrice della «riconciliazione» cioè
della comunione ricostruita, dell'unità ritrovata. In particolare la
partecipazione al sacramento della riconciliazione e al banchetto dell'unico
Corpo di Cristo offre alla famiglia cristiana la grazia e la responsabilità di
superare ogni divisione e di camminare verso la piena verità della comunione
voluta da Dio, rispondendo così al vivissimo desiderio del Signore: che «tutti
siano una sola cosa» (Gv 17,21).
Diritti e compiti della donna
Donna e società
23. Senza entrare ora
a trattare nei suoi vari aspetti l'ampio e complesso tema dei rapporti
donna-società, ma limitando il discorso ad alcuni rilievi essenziali, non si
può non osservare come nel campo più specificamente familiare un'ampia e
diffusa tradizione sociale e culturale abbia voluto
riservare alla donna solo il compito di sposa e madre, senza aprirla adeguatamente
ai compiti pubblici, in genere riservati all'uomo.Non c'è dubbio che l'uguale
dignità e responsabilità dell'uomo e della donna giustifichino pienamente
l'accesso della donna ai compiti pubblici. D'altra
parte la vera promozione della donna esige pure che
sia chiaramente riconosciuto il valore del suo compito materno e familiare nei
confronti di tutti gli altri compiti pubblici e di tutte le altre professioni.
Del resto, tali compiti e professioni devono tra loro integrarsi se si vuole
che l'evoluzione sociale e culturale sia veramente e pienamente umana.Ciò risulterà più facile se, come il Sinodo ha auspicato, una
rinnovata «teologia del lavoro» porrà in luce e approfondirà il significato del
lavoro nella vita cristiana e determinerà il fondamentale legame che esiste tra
il lavoro e la famiglia, e, di conseguenza, il significato originale ed
insostituibile del lavoro della casa e dell'educazione dei figli («Laborem
Exercens», 19). Pertanto la Chiesa può e deve aiutare la società attuale,
chiedendo instancabilmente che sia da tutti riconosciuto e onorato nel suo
valore insostituibile il lavoro della donna in casa. Ciò è di particolare
importanza nell'opera educativa: viene eliminata,
infatti, la radice stessa della possibile discriminazione tra i diversi lavori
e professioni, una volta che risulti chiaramente come tutti, in ogni campo, si
impegnino con identico diritto e con identica responsabilità. Apparirà così più
splendida l'immagine di Dio nell'uomo e nella donna.Se dev'essere riconosciuto
anche alle donne, come agli uomini, il diritto di accedere
ai diversi compiti pubblici, la società deve però strutturarsi in maniera tale
che le spose e le madri non siano di fatto costrette a lavorare fuori casa e
che le loro famiglie possano dignitosamente vivere e prosperare, anche se esse
si dedicano totalmente alla propria famiglia.Si deve inoltre superare la
mentalità secondo la quale l'onore della donna deriva più dal lavoro esterno
che dall'attività familiare. Ma ciò esige che gli
uomini stimino ed amino veramente la donna con ogni rispetto della sua dignità
personale, e che la società crei e sviluppi le condizioni adatte per il lavoro
domestico.La Chiesa, col dovuto rispetto per la diversa vocazione dell'uomo e
della donna, deve promuovere nella misura del possibile nella sua stessa vita
la loro uguaglianza di diritti e di dignità: e questo per il bene di tutti,
della famiglia, della società e della Chiesa.E' evidente però che tutto questo
significa per la donna non la rinuncia alla sua femminilità né l'imitazione del
carattere maschile, ma la pienezza della vera umanità femminile quale deve
esprimersi nel suo agire, sia in famiglia sia al di fuori di essa,
senza peraltro dimenticare in questo campo la varietà dei costumi e delle
culture.
Offese alla dignità della donna
24. Purtroppo il
messaggio cristiano sulla dignità della donna viene
contraddetto da quella persistente mentalità che considera l'essere umano non
come persona, ma come cosa, come oggetto di compravendita, al servizio
dell'interesse egoistico e del solo piacere: e prima vittima di tale mentalità
è la donna.Questa mentalità produce frutti assai amari, come il disprezzo
dell'uomo e della donna, la schiavitù, l'oppressione dei deboli, la
pornografia, la prostituzione - tanto più quando viene
organizzata - e tutte quelle varie discriminazioni che si incontrano
nell'ambito dell'educazione, della professione, della retribuzione del lavoro,
ecc.Inoltre, ancora oggi, in gran parte della nostra società, permangono molte
forme di avvilente discriminazione che colpiscono ed offendono gravemente
alcune categorie particolari di donne, come ad esempio, le spose che non hanno
figli, le vedove, le separate, le divorziate, le madri-nubili.Queste ed altre
discriminazioni sono state deplorate dai Padri Sinodali con tutta la forza
possibile: chiedo pertanto che da parte di tutti si svolga un'azione pastorale
specifica più vigorosa ed incisiva, affinché esse siano definitivamente vinte,
così da giungere alla stima piena dell'immagine di Dio che risplende in tutti gli essere umani, nessuno escluso.
L'uomo sposo e padre
25. Entro la
comunione-comunità coniugale e familiare, l'uomo è chiamato a vivere il suo
dono e compito di sposo e di padre.Egli vede nella sposa il compiersi del
disegno di Dio: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che
gli sia simile» (Gen 2,18), e fa sua l'esclamazione di Adamo,
il primo sposo: «Questa volta essa è carne dalla mia
carne e osso dalle mie ossa» (Ibid. 2,23).L'autentico amore coniugale suppone
ed esige che l'uomo porti profondo rispetto per l'eguale dignità della donna:
«Non sei il suo padrone - scrive san Ambrogio - bensì
il suo marito; non ti è stata data schiava, ma in moglie... Ricambia a lei le
sue attenzioni verso di te e sii ad essa grato del suo amore» («Exameron»,
V,7,19: CSEL 32,I,154). Con la sposa l'uomo deve vivere «una forma tutta
speciale di amicizia personale» (Paolo PP. VI,
«Humanae Vitae», 9). Il cristiano poi è chiamato a sviluppare un atteggiamento di amore nuovo, manifestando verso la propria sposa la
carità delicata e forte che Cristo ha per la Chiesa (cfr. Ef 5,25).L'amore alla
sposa diventata madre e l'amore ai figli sono per l'uomo la strada naturale per
la comprensione e la realizzazione della sua
paternità. Soprattutto là dove le condizioni sociali e culturali spingono
facilmente il padre ad un certo disimpegno rispetto alla famiglia o comunque ad una sua minor presenza nell'opera educativa, è
necessario adoperarsi perché si recuperi socialmente la convinzione che il
posto e il compito del padre nella e per la famiglia sono di un'importanza
unica e insostituibile (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Omelia ai
fedeli di Terni, 3-5 [19 Marzo 1981]: ASS 73 [1981], 268-271). Come
l'esperienza insegna, l'assenza del padre provoca squilibri psicologici e morali
e difficoltà notevoli nelle relazioni familiari, come pure, in circostanze
opposte, la presenza oppressiva del padre, specialmente là dove e ancora in
atto il fenomeno del «machismo», ossia della superiorità abusiva delle
prerogative maschili che umiliano la donna e inibiscono lo sviluppo di sane
relazioni familiari.Rivelando e rivivendo in terra la stessa
paternità di Dio (cfr. Ef 3,15), l'uomo è chiamato a garantire lo
sviluppo unitario di tutti i membri della famiglia: assolverà
a tale compito mediante una generosa responsabilità per la vita
concepita sotto il cuore della madre, un impegno educativo più sollecito e
condiviso con la propria sposa (cfr. «Gaudium et Spes», 52), un lavoro che non
disgreghi mai la famiglia ma la promuova nella sua
compattezza e stabilità, una testimonianza di vita cristiana adulta, che
introduca più evidentemente i figli nell'esperienza viva di Cristo e della
Chiesa.
I diritti del bambino
26. Nella famiglia,
comunità di persone, deve essere riservata una specialissima attenzione al
bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità personale, come pure
un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi
diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una
singolare urgenza quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato,
sofferente o handicappato.Sollecitando e vivendo una premura tenera e forte per
ogni bambino che viene in questo mondo, la Chiesa adempie una sua fondamentale
missione: è chiamata, infatti, a rivelare e a riproporre
nella storia l'esempio e il comandamento di Cristo Signore, che ha voluto porre
il bambino al centro del Regno di Dio: «Lasciate che i bambini vengano a me...
perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio»
(Lc 18,16; cfr. Mt 19,14; Mc 10,14).Ripeto nuovamente quanto ho detto
all'assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979: «Desidero...
esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono
i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle
presenti patrie terrene. Nessun paese del mondo, nessun
sistema politico può pensare al proprio avvenire se non attraverso l'immagine
di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice
patrimonio dei valori, dei doveri e delle aspirazioni della nazione alla quale
appartengono e di tutta la famiglia umana. La sollecitudine per il bambino
ancora prima della sua nascita, dal primo momento
della concezione e, in seguito, negli anni dell'infanzia e della giovinezza, è
la primaria e fondamentale verifica della relazione dell'uomo all'uomo. E
perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni
nazione e a tutta l'umanità, a tutti i bambini del mondo se non quel migliore
futuro in cui il rispetto dei diritti dell'uomo diventi piena realtà nelle
dimensioni del duemila che si avvicina?» (2 Ottobre 1979).L'accoglienza,
l'amore, la stima, il servizio molteplice ed unitario - materiale, affettivo,
educativo, spirituale - per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno
costituire sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in
particolare delle famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere
«in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52), porteranno
il loro prezioso contributo all'edificazione della comunità familiare e alla
stessa santificazione dei genitori (cfr. «Gaudium et Spes», 48).
Gli anziani in famiglia
27. Ci sono culture
che manifestano una singolare venerazione ed un grande amore per l'anziano:
lungi dall'essere estromesso dalla famiglia o dall'essere sopportato come un
peso inutile, l'anziano ridervi parte attiva e responsabile - pur dovendo
rispettare l'autonomia della nuova famiglia - e soprattutto svolge la preziosa
missione di testimone del passato e di ispiratore di
saggezza per i giovani e per l'avvenire.Altre culture, invece, specialmente in
seguito ad un disordinato sviluppo industriale ed
urbanistico, hanno condotto e continuano a condurre gli anziani a forme
inaccettabili di emarginazione, che sono fonte ad un tempo di acute sofferenze
per loro stessi e di impoverimento spirituale per tante famiglie.E' necessario
che l'azione pastorale della Chiesa stimoli tutti a scoprire e a valorizzare i
compiti degli anziani nella comunità civile ed ecclesiale, e in particolare
nella famiglia. In realtà, «la vita degli anziani ci aiuta a far luce sulla
scala dei valori umani; fa vedere la continuità delle generazioni e
meravigliosamente dimostra l'interdipendenza del Popolo di Dio. Gli anziani
inoltre hanno il carisma di oltrepassare le barriere fra le generazioni, prima
che queste insorgano. Quanti bambini hanno trovato comprensione e amore negli
occhi, nelle parole e nelle carezze degli anziani! E
quante persone anziane hanno volentieri sottoscritto le ispirate parole
bibliche che «corona dei vecchi sono i figli dei figli» (Pr 17,6) (Giovanni
Paolo PP. II Discorso ai partecipanti all'«International Forum on Active Aging»
5 [5 Settembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2 [1980] 539).
Il servizio della vita
La trasmissione della vita
Cooperatori dell'amore di Dio Creatore
28. Con la creazione dell'uomo e della donna a sua immagine e
somiglianza, Dio corona e porta a perfezione l'opera delle sue mani: Egli li
chiama ad una speciale partecipazione del suo amore ed insieme del suo potere
di Creatore e di Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a
trasmettere il dono della vita umana: «Dio li benedisse e disse loro:
"Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela"»
(Gen 1,28).Così il compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita,
il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore,
trasmettendo nella generazione l'immagine divina da uomo a
uomo (cfr. ibid. 5,1ss).La fecondità è il frutto e il
segno dell'amore coniugale, la testimonianza viva
della piena donazione reciproca degli sposi «II vero culto dell'amore coniugale
e tutta la struttura familiare che ne nasce senza trascurare gli altri fini del
matrimonio, a questo tendono, che i coniugi, con fortezza d'animo siano
disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso
di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia» («Gaudium et Spes»,
50).La fecondità dell'amore coniugale non si restringe però alla sola
procreazione dei figli, sia pure intesa nella sua dimensione specificamente
umana: si allarga e si arricchisce di tutti quei frutti di vita morale,
spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare ai
figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.
La dottrina e la norma sempre antiche e
sempre nuove della Chiesa
29. Proprio perché
l'amore dei coniugi è una singolare partecipazione al mistero della vita e
dell'amore di Dio stesso, la Chiesa sa di aver ricevuto la missione speciale di
custodire e di proteggere l'altissima dignità del matrimonio e la gravissima
responsabilità della trasmissione della vita umana.Così, in continuità con la
tradizione viva della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente Concilio
Vaticano II e il magistero del mio predecessore Paolo VI, espresso soprattutto nell'enciclica «Humanae Vitae», hanno trasmesso ai nostri
tempi un annuncio veramente profetico, che riafferma e ripropone
con chiarezza la dottrina e la norma sempre antiche e sempre nuove della Chiesa
sul matrimonio e sulla trasmissione della vita umana.Per questo, nella loro
ultima assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: «Questo Sacro
Sinodo, riunito nell'unità della fede col successore di Pietro, fermamente
mantiene ciò che nel Concilio Vaticano II (cfr. «Gaudium et Spes», 50) e, in
seguito, nell'enciclica «Humanae Vitae» viene proposto, e in particolare che l'amore coniugale deve
essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova vita (Propositio 22. La
conclusione del n. 11 dell'enciclica «Humanae Vitae» così afferma: «Richiamando
gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale interpreta dalla sua
costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve
rimanere aperto alla trasmissione della vita» AAS 60 [1968] 488).
La Chiesa sta dalla parte della vita
30. La dottrina della
Chiesa si colloca oggi in una situazione sociale e culturale, che la rende ad
un tempo più difficile da comprendere e più urgente ed insostituibile per
promuovere il vero bene dell'uomo e della donna.Infatti, il progresso
scientifico-tecnico, che l'uomo contemporaneo accresce di continuo nel suo
dominio sulla natura, non sviluppa solo la speranza di creare una nuova e
migliore umanità, ma anche un'angoscia sempre più profonda circa il futuro.
Alcuni si domandano se sia bene vivere o se non sia meglio neppure essere nati;
dubitano, se sia lecito chiamare altri alla vita, i quali forse malediranno la
propria esistenza in un mondo crudele, i cui terrori non sono neppure
prevedibili. Altri pensano di essere gli unici destinatari
dei vantaggi della tecnica ed escludono gli altri, ai quali vengono imposti
mezzi contraccettivi o metodi ancor peggiori. Altri ancora, imprigionati come
sono dalla mentalità consumistica e con l'unica preoccupazione di un continuo
aumento di beni materiali, finiscono per non comprendere più e quindi per
rifiutare la ricchezza spirituale di una nuova vita umana. La ragione ultima di
queste mentalità è l'assenza, nel cuore degli uomini di Dio, il cui amore
soltanto è più forte di tutte le possibile paure del
mondo e le può vincere.E' nata così una mentalità contro la vita (anti-life
mentality), come emerge in molte questioni attuali: si
pensi, ad esempio, a un certo panico derivato dagli studi degli ecologi e dei
futurologi sulla demografia, che a volte esagerano il pericolo dell'incremento
demografico per la qualità della vita.Ma la Chiesa
fermamente crede che la vita umana, anche se debole e sofferente, è sempre uno
splendido dono del Dio della bontà. Contro il pessimismo e l'egoismo, che
oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel «Sì», di quell'«Amen», che è Cristo stesso (cfr. 2Cor 1,19; Ap 3,14).
Al «no» che invade ed affligge il mondo, contrappone questo vivente «Sì», difendendo
in tal modo l'uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita.La
Chiesa è chiamata a manifestare nuovamente a tutti, con un più chiaro e fermo
convincimento, la sua volontà di promuovere con ogni mezzo e di difendere
contro ogni insidia la vita umana, in qualsiasi condizione e stadio di sviluppo
si trovi.Per questo la Chiesa condanna come grave
offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle attività dei governi
o di altre autorità pubbliche, che tentano di limitare
in qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel decidere dei figli. Di conseguenza qualsiasi violenza esercitata da tali autorità in
favore della contraccezione e persino della sterilizzazione e dell'aborto procurato
e del tutto da condannare e da respingere con forza. Allo stesso modo è da
esecrare come gravemente ingiusto il fatto che nelle relazioni internazionali
l'aiuto economico concesso per la promozione dei
popoli venga condizionato a programmi di contraccezione, sterilizzazione e
aborto procurato (cfr. Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi
alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo, 5 [24 Ottobre 1980]).
Perché il progetto
divino sia sempre più pienamente attuato
31. La Chiesa è
certamente consapevole anche dei molteplici e complessi problemi, che oggi in
molti Paesi coinvolgono i coniugi nel loro compito di trasmettere
responsabilmente la vita. Riconosce pure il grave problema dell'incremento
demografico, come si configura in varie parti del mondo, con le implicazioni
morali che esso comporta.Essa ritiene, tuttavia, che una approfondita
considerazione di tutti gli aspetti di tali problemi offra una nuova e più
forte conferma dell'importanza della dottrina autentica circa la regolazione
della natalità, riproposta nel Concilio Vaticano II e nell'enciclica «Humanae Vitae».Per
questo, insieme con i Padri del Sinodo, sento il dovere di rivolgere un
pressante invito ai teologi, affinché, unendo le loro forze per collaborare col
Magistero gerarchico, si impegnino a porre sempre
meglio in luce i fondamenti biblici, le motivazioni etiche e le ragioni
personalistiche di questa dottrina. Sarà così possibile, nel
contesto di un'esposizione organica, rendere la dottrina della Chiesa su
questo importante capitolo veramente accessibile a tutti gli uomini di buona
volontà, favorendone la comprensione ogni giorno più luminosa e profonda in tal
modo il progetto divino potrà essere sempre più pienamente attuato per la
salvezza dell'uomo e per la gloria del Creatore.A questo riguardo, il concorde
impegno dei teologi, ispirato da convinta adesione al Magistero, che è l'unica
guida autentica del Popolo di Dio, presenta particolare urgenza anche in
ragione dell'intimo legame che esiste tra la dottrina cattolica su questo punto
e la visione dell'uomo che la Chiesa propone: dubbi o errori nel campo
matrimoniale o familiare comportano un grave oscurarsi della verità integrale
sull'uomo in una situazione culturale già così spesso confusa e
contraddittoria. Il contributo di illuminazione e di
approfondimento, che i teologi sono chiamati ad offrire in adempimento del loro
compito specifico, ha un valore incomparabile e rappresenta un servizio
singolare, altamente meritorio, alla famiglia e all'umanità.
Nella visione integrale dell'uomo e della sua vocazione
32. Nel contesto di una cultura che gravemente deforma o
addirittura smarrisce il vero significato della sessualità umana, perché la
sradica dal suo essenziale riferimento alla persona, la Chiesa sente più
urgente e insostituibile la sua missione di presentare la sessualità come
valore e compito di tutta la persona creata, maschio e femmina, ad immagine di
Dio.In questa prospettiva il Concilio Vaticano II ha chiaramente affermato che
«quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione
responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo
dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da
criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della
persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione
e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga
coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale» («Gaudium et
Spes», 51).E' proprio movendo dalla «visione integrale dell'uomo e della sua
vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna»
(Paolo PP. VI, «Humanae Vitae», 7), che Paolo VI ha
affermato che la dottrina della Chiesa «è fondata sulla connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa,
tra i due significati dell'atto coniugale: il significato
unitivo e il significato procreativo» (Ibid. 12). Ed ha concluso
ribadendo che è da escludere come intrinsecamente disonesta «ogni azione che, o
in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle
sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere
impossibile la procreazione» (Ibid. 14).Quando i coniugi, mediante il ricorso
alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell'essere dell'uomo e della donna e nel
dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come «arbitri» del
disegno divino e «manipolano» e avviliscono la sessualità umana, e con essa la
persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione «totale».
Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei
coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio,
quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne
deriva, non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una
falsificazione dell'interiore verità del personale.Quando invece i coniugi,
mediante il ricorso a periodi di infecondità,
rispettano la connessione inscindibile dei significati unitivo e procreativo
della sessualità umana, si comportano come «ministri» del disegno di Dio ed
«usufruiscono» della sessualità secondo l'originario dinamismo della donazione
«totale», senza manipolazioni ed alterazioni (Ibid 13).Alla luce della stessa
esperienza di tante coppie di sposi e dei dati delle
diverse scienze umane, la riflessione teologica può cogliere ed è chiamata ad
approfondire la differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste
tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali: si tratta di una
differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che
coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità
umana tra loro irriducibili. La scelta dei ritmi naturali comporta
l'accettazione del tempo della persona, cioè della
donna, e con ciò l'accettazione anche del dialogo, del rispetto reciproco,
della comune responsabilità, del dominio di sé. Accogliere poi il tempo e il
dialogo significa riconoscere il carattere insieme spirituale e corporeo della
comunione coniugale, come pure vivere l'amore personale nella sua esigenza di
fedeltà. In questo contesto la coppia fa l'esperienza
che la comunione coniugale viene arricchita di quei valori di tenerezza e di
affettività, i quali costituiscono l'anima profonda della sessualità umana,
anche nella sua dimensione fisica. In tal modo la sessualità viene
rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e pienamente umana, non
mai invece «usata» come un «oggetto» che, dissolvendo l'unità personale di
anima e corpo, colpisce la stessa creazione di Dio nell'intreccio più intimo
tra natura e persona.
La Chiesa Maestra e Madre per i coniugi in difficoltà
33. Anche nel campo della morale coniugale la Chiesa è ed agisce
come Maestra e Madre.Come Maestra, essa non si stanca di proclamare la norma
morale che deve guidare la trasmissione responsabile della vita. Di tale norma
la Chiesa non è affatto né l'autrice né l'arbitra. In
obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura
e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la
propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di
radicalità e di perfezione.Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie
di sposi che si trovano in difficoltà su questo importante
punto della vita morale: conosce bene la loro situazione, spesso molto ardua e
a volte veramente tormentata da difficoltà di ogni genere, non solo individuali
ma anche sociali; sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la
realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti
nella norma morale.Ma è la stessa ed unica Chiesa ad
essere insieme Maestra e Madre. Per questo la Chiesa non cessa mai di invitare
e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza
mai falsificare e compromettere la verità: è infatti
convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge divina del
trasmettere la vita e quella di favorire l'autentico amore coniugale (cfr.
«Gaudium et Spes«, 51). Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve
sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto,
con la medesima persuasione del mio predecessore: «Non sminuire in nulla la salutare
dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 29).D'altra parte l'autentica pedagogia ecclesiale rivela il
suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un
impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni
umane - psicologiche, morali e spirituali - che sono indispensabili per
comprendere e vivere il valore e la norma morale.Non c'è dubbio che tra queste
condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l'umiltà e la fortezza
d'animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente
alla preghiera e ai sacramenti dell'Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid. 25). Così corroborati, i coniugi cristiani potranno
mantenere viva la coscienza del singolare influsso che
la grazia del sacramento del matrimonio esercita su tutte le realtà della vita
coniugale, e quindi anche sulla loro sessualità: il dono dello Spirito, accolto
e corrisposto dai coniugi, li aiuta a vivere la sessualità umana secondo il piano
di Dio e come segno dell'amore unitivo e fecondo di Cristo per la sua Chiesa.Ma tra le condizioni necessarie rientra anche la conoscenza
della corporeità e dei suoi ritmi di fertilità. In tal senso bisogna far di
tutto perché una simile conoscenza sia resa accessibile a tutti i coniugi, e
prima ancora alle persone giovani, mediante un'informazione ed una educazione chiare, tempestive e serie, ad opera di
coppie, di medici e di esperti. La conoscenza poi deve sfociare nell'educazione
all'autocontrollo: di qui l'assoluta necessità della virtù della castità e
della permanente educazione ad essa. Secondo la
visione cristiana, la castità non significa affatto né
rifiuto né disistima della sessualità umana: significa piuttosto energia
spirituale, che sa difendere l'amore dai pericoli dell'egoismo e
dell'aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione.Paolo VI,
con profondo intuito di sapienza e di amore, altro non ha fatto che dare voce
all'esperienza di tante coppie di sposi quando ha scritto nella sua enciclica:
«il dominio dell'istinto mediante la ragione e la libera volontà, impone
indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita
coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l'osservanza della
continenza periodica. Ma questa disciplina, propria
della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore coniugale, gli
conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie
al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità
arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di
serenità e di pace e agevola la soluzione di altri
problemi; favorisce l'attenzione verso l'altro coniuge, aiuta gli sposi a
bandire l'egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di
responsabilità nel compimento dei loro doveri. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per
l'educazione dei figli» («Humanae Vitae», 21).
L'itinerario morale degli sposi
34. E' sempre di
grande importanza possedere una retta concezione dell'ordine morale, dei suoi
valori e delle sue norme: l'importanza cresce, quando
più numerose e gravi si fanno le difficoltà a rispettarli.Proprio perché rivela
e propone il disegno di Dio Creatore, l'ordine morale non può essere qualcosa
di mortificante per l'uomo e di impersonale; al
contrario, rispondendo alle esigenze più profonde dell'uomo creato da Dio, si
pone al servizio della sua piena umanità, con l'amore delicato e vincolante con
cui Dio stesso ispira, sostiene e guida ogni creatura verso la sua felicità.Ma
l'uomo, chiamato a vivere responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di
Dio, è un essere storico, che si costruisce giorno per giorno, con le sue
numerose libere scelte: per questo egli conosce ama e
compie il bene morale secondo tappe di crescita.Anche
i coniugi, nell'ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un incessante
cammino, sostenuti dal desiderio sincero e operoso di conoscere sempre meglio i
valori che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà retta e
generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non possono
guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a
superare con impegno le difficoltà. «Perciò la
cosiddetta "legge della gradualità", o cammino graduale, non può
identificarsi con la "gradualità della legge", come se ci fossero
vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni
diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno divino, sono chiamati alla santità
nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in
quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino con animo
sereno, confidando nella grazia divina e nella propria volontà» (Giovanni Paolo
PP. II, Omelia per la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25 Ottobre
1980]: ASS 72 [1980] 1083). In questa stessa linea, rientra nella pedagogia
della Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente
la dottrina della «Humanae Vitae» come normativa per l'esercizio della loro
sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le
condizioni necessarie per osservare questa norma.Questa pedagogia, come ha
rilevato il Sinodo, comprende tutta la vita coniugale. Per questo il compito di
trasmettere la vita deve essere integrato nella missione globale
dell'intera vita cristiana, la quale senza la croce non può giungere alla
risurrezione. In simile contesto si comprende come non
si possa togliere il sacrificio dalla vita familiare, anzi si debba accettare
di cuore, perché l'amore coniugale si approfondisca e diventi fonte di intima
gioia.Questo comune cammino esige riflessione, informazione, idonea educazione
dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che sono impegnati nella pastorale
familiare: tutti costoro potranno aiutare i coniugi nel loro itinerario umano e
spirituale, che comporta la coscienza del peccato, il
sincero impegno di osservare la legge morale, il ministero della
riconciliazione. E' pure da tenere presente come nell'intimità coniugale siano implicate le volontà di due persone, chiamate però ad
una armonia di mentalità e di comportamento: ciò esige non poca pazienza,
simpatia e tempo. Di singolare importanza in questo campo è l'unità dei giudizi
morali e pastorali dei sacerdoti: tale unità dev'essere accuratamente ricercata
ed assicurata, perché i fedeli non abbiano a soffrire ansietà di coscienza
(cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 28).Il cammino dei coniugi sarà dunque
facilitato se, nella stima della dottrina della Chiesa e nella fiducia verso la
grazia di Cristo, aiutati ed accompagnati dai pastori d'anime e dall'intera
comunità ecclesiale, essi sapranno scoprire e sperimentare il valore di
liberazione e di promozione dell'amore autentico, che
il Vangelo offre ed il comandamento del Signore propone.
Suscitare convinzioni e offrire aiuti concreti
35. Di fronte al
problema di un'onesta regolazione della natalità, la comunità ecclesiale, nel
tempo presente, deve assumersi il compito di suscitare convinzioni e di offrire
aiuti concreti per quanti vogliono vivere la paternità e la maternità in modo
veramente responsabile.In questo campo, mentre si compiace dei risultati
raggiunti dalle ricerche scientifiche per una conoscenza più precisa dei ritmi
di fertilità femminile e stimola una più decisiva ed ampia estensione di tali
studi, la Chiesa non può non sollecitare con rinnovato vigore la responsabilità
di quanti - medici, esperti, consulenti coniugali, educatori, coppie - possono
aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel rispetto della
struttura e delle finalità dell'atto coniugale che lo esprime. Ciò significa un
impegno più vasto, decisivo e sistematico per far conoscere, stimare e
applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes de Recherche», 9 [3 Novembre 1979]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II 2 [1979] 1035; cfr. anche
Discorso ai Partecipanti al primo Congresso per la Famiglia d'Africa e d'Europa
(15 Gennaio 1981): «L'Osservatore Romano» (16 Gennaio 1981).Una preziosa
testimonianza può e deve essere data da quegli sposi che, mediante l'impegno
comune della continenza periodica, sono giunti ad una più matura responsabilità
personale di fronte all'amore ed alla vita. Come scriveva Paolo VI, «ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli
uomini la santità e la soavità della legge che unisce l'amore vicendevole degli
sposi con la loro cooperazione all'amore di Dio autore della vita umana»
(«Humanae Vitae», 25).
L'educazione
Il diritto-dovere educativo dei genitori
36. Il compito
dell'educazione affonda le radici nella primordiale vocazione dei coniugi a
partecipare all'opera creatrice di Dio: generando nell'amore e per amore una nuova persona, che in sé ha la vocazione alla
crescita ed allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito di
aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana. Come ha ricordato il
Concilio Vaticano II: «I genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli,
hanno l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come
i primi e principali educatori di essa. Questa loro
funzione educativa è tanto importante che, se manca, può appena essere
supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno
alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e
verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso
personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali di
cui appunto han bisogno tutte le società» («Gravissimum Educationis», 3).Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come
essenziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana; come originale
e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto
d'amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile,
e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri
usurpato.Al di là di queste caratteristiche, non si può dimenticare che
l'elemento più radicale, tale da qualificare il compito educativo dei genitori,
è l'amore paterno e materno, il quale trova nell'opera educativa il suo
compimento nel rendere pieno e perfetto il servizio alla vita: l'amore dei
genitori da sorgente diventa anima e pertanto norma, che ispira e guida tutta
l'azione educativa concreta, arricchendola di quei valori di dolcezza,
costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che sono il più
prezioso frutto dell'amore.
Educare ai valori essenziali della vita umana
37. Pur in mezzo alle
difficoltà dell'opera educativa, oggi spesso aggravate, i genitori devono con
fiducia e coraggio formare i figli ai valori essenziali della vita umana. I
figli devono crescere in una giusta libertà di fronte ai beni materiali,
adottando uno stile di vita semplice ed austero, ben convinti
che «l'uomo vale più per quello che è che per quello che ha» («Gaudium et
Spes», 35)In una società scossa e disgregata da tensioni e conflitti per il
violento scontro tra i diversi individualismi ed egoismi, i figli devono
arricchirsi non soltanto del senso della vera giustizia, che sola conduce al
rispetto della dignità personale di ciascuno, ma anche e ancora più del senso
del vero amore, come sollecitudine sincera e servizio disinteressato verso gli
altri, in particolare i più poveri e bisognosi. La famiglia è la prima e
fondamentale scuola di socialità: in quanto comunità di amore,
essa trova nel dono di sé la legge che la guida e la fa crescere. Il dono di
sé, che ispira l'amore dei coniugi tra di loro, si
pone come modello e norma del dono di sé quale deve attuarsi nei rapporti tra
fratelli e sorelle e tra le diverse generazioni che convivono nella famiglia. E la comunione e la partecipazione quotidianamente vissuta
nella casa, nei momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta
ed efficace pedagogia dei figli nel più ampio orizzonte della
società.L'educazione all'amore come dono di sé costituisce anche la premessa
indispensabile per i genitori chiamati ad offrire ai figli una chiara e
delicata educazione sessuale. Di fronte ad una cultura che «banalizza» in larga
parte la sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e
impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere egoistico, il
servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su di una cultura
sessuale che sia veramente e pienamente personale: la sessualità, infatti, è
una ricchezza di tutta la persona - corpo, sentimento e anima - e manifesta il
suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé
nell'amore.L'educazione sessuale, diritto e dovere fondamentale dei genitori,
deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita, sia in casa sia nei centri
educativi da essi scelti e controllati. In questo senso
la Chiesa ribadisce la legge della sussidiarietà, che
la scuola è tenuta ad osservare quando coopera all'educazione sessuale,
collocandosi nello spirito stesso che anima i genitori.In questo contesto è del tutto irrinunciabile l'educazione alla
castità, come virtù che sviluppa l'autentica maturità della persona e la rende
capace di rispettare e promuovere il «significato sponsale» del corpo. Anzi, i
genitori cristiani riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo
i segni della chiamata di Dio, per l'educazione alla verginità, come forma
suprema di quel dono di sé che costituisce il senso stesso della sessualità
umana.Per gli stretti legami che intercorrono tra la
dimensione sessuale della persona e i suoi valori etici, il compito educativo
deve condurre i figli a conoscere e a stimare le norme morali come necessaria e
preziosa garanzia per una responsabile crescita personale nella sessualità
umana.Per questo la Chiesa si oppone fermamente a
una certa forma di informazione sessuale, avulsa dai principi morali, così
spesso diffusa, la quale altro non sarebbe che un'introduzione all'esperienza
del piacere e uno stimolo che porta a perdere la serenità - ancora negli anni
dell'innocenza - aprendo la strada al vizio.
La missione educativa e il sacramento del matrimonio
38. Per i genitori cristiani la missione educativa, radicata come si è detto
nella loro partecipazione all'opera creatrice di Dio, ha una nuova e specifica
sorgente nel sacramento del matrimonio, che li consacra all'educazione propriamente
cristiana dei figli, li chiama cioè a partecipare alla stessa autorità e allo
stesso amore di Dio Padre e di Cristo Pastore, come pure all'amore materno
della Chiesa, e li arricchisce di sapienza, consiglio, fortezza e di ogni altro
dono dello Spirito Santo per aiutare i figli nella loro crescita umana e
cristiana.Dal sacramento del matrimonio il compito educativo riceve la dignità
e la vocazione di essere un vero e proprio «ministero» della Chiesa al servizio
della edificazione dei suoi membri. Tale è la
grandezza e lo splendore del ministero educativo dei genitori cristiani, che
san Tommaso non esita a paragonare al ministero dei sacerdoti: «Alcuni
propagano e conservano la vita spirituale con un ministero unicamente
spirituale, e questo spetta al sacramento dell'ordine; altri lo fanno quanto
alla vita ad un tempo corporale e spirituale e ciò avviene col sacramento del
matrimonio, nel quale l'uomo e la donna si uniscono per generare la prole ed educarla al culto di Dio («Summa contra Gentiles», IV, 58).La
coscienza viva e vigile della missione ricevuta col sacramento del matrimonio
aiuterà i genitori cristiani a porsi con grande
serenità e fiducia al servizio educativo dei figli e, nello stesso tempo, con
senso di responsabilità di fronte a Dio che li chiama e li manda ad edificare
la Chiesa nei figli. Così la famiglia dei battezzati, convocata quale chiesa
domestica dalla Parola e dal Sacramento, diventa insieme, come la grande
Chiesa, maestra e madre.
La prima esperienza di Chiesa
39. La missione dell'educazione
esige che i genitori cristiani propongano ai figli tutti quei contenuti che
sono necessari per la graduale maturazione della loro responsabilità da un
punto di vista cristiano ed ecclesiale. Riprenderanno allora le linee educative
sopra ricordate, con la cura di mostrare ai figli a quale profondità di
significati la fede e la carità di Gesù Cristo sanno condurre. Inoltre la
consapevolezza che il Signore affida loro la crescita di un figlio di Dio, di
un fratello di Cristo, di un tempio dello Spirito Santo, di un membro della
Chiesa, sorreggerà i genitori cristiani nel loro compito di rafforzare
nell'anima dei figli il dono della grazia divina.Il Concilio Vaticano II così
precisa il contenuto dell'educazione cristiana: «Essa non comporta solo la
maturità propria dell'umana persona... ma tende
soprattutto a far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza
del mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della
fede, che hanno ricevuto: imparino ad adorare Dio in spirito e verità (cfr. Gv
4,23), specialmente attraverso l'azione liturgica, si preparino a vivere la
propria vita secondo l'uomo nuovo della giustizia e nella santità della verità
(Ef 4,22-24), così raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di
Cristo (cfr. Ef 4,13) e diano il loro apporto all'aumento del corpo mistico.
Essi inoltre, consapevoli della loro vocazione, devono addestrarsi sia a
testimoniare quella speranza che è in loro (cfr. 1Pt
3,14), sia a promuovere la elevazione in senso cristiano
del mondo» («Gravissimum Educationis», 2).Anche il Sinodo, riprendendo e
sviluppando le linee conciliari, ha presentato la missione educativa della
famiglia cristiana come un vero ministero, per mezzo del quale viene trasmesso e irradiato il Vangelo, al punto che la
stessa vita di famiglia diventa itinerario di fede e in qualche modo
iniziazione cristiana e scuola della sequela di Cristo. Nella famiglia
cosciente di tale dono, come ha scritto Paolo VI, «tutti i membri evangelizzano
e sono evangelizzati» («Evangelii Nuntiandi», 71).In forza del mistero
dell'educazione i genitori mediante la testimonianza della vita, sono i primi
araldi del Vangelo presso i figli. Di più, pregando con i figli, dedicandosi
con essi alla lettura della Parola di Dio ed inserendoli
nell'intimo del Corpo - eucaristico ed ecclesiale - di Cristo mediante
l'iniziazione cristiana, diventano pienamente genitori generatori cioè non solo
della vita carnale, ma anche di quella che, mediante la rinnovazione dello
Spirito, scaturisce dalla Croce e risurrezione di Cristo.Perché i genitori
cristiani possano compiere degnamente il loro ministero educativo, i Padri
Sinodali hanno auspicato che sia preparato un adeguato
testo di catechismo per le famiglie, chiaro, breve e tale da poter essere
facilmente assimilato da tutti. Le conferenze episcopali sono state caldamente
invitate ad impegnarsi per la realizzazione di questo
catechismo.
Rapporti con altre forze educative
40. La famiglia è la
prima, ma non l'unica ed esclusiva comunità educante: la stessa dimensione
comunitaria, civile ed ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad un'opera più
ampia ed articolata, che sia il frutto della collaborazione ordinata delle
diverse forze educative. Queste forze sono tutte necessarie, anche se ciascuna
può e deve intervenire con una sua competenza e con un suo
contributo propri (cfr. «Gravissimum Educationis», 3).Il compito educativo
della famiglia cristiana ha perciò un posto assai importante nella pastorale
organica: ciò implica una nuova forma di collaborazione tra i genitori e le
comunità cristiane, tra i diversi gruppi educativi e i pastori. In questo senso
il rinnovamento della scuola cattolica deve riservare una speciale attenzione
sia ai genitori degli alunni sia alla formazione di una perfetta comunità
educante.Dev'essere assolutamente assicurato il diritto dei genitori alla
scelta di un'educazione conforme alla loro fede religiosa.Lo Stato e la Chiesa
hanno l'obbligo di dare alle famiglie tutti gli aiuti
possibili, affinché possano adeguatamente esercitare i loro compiti educativi.
Per questo sia la Chiesa sia lo Stato devono creare e
promuovere quelle istituzioni ed attività, che le famiglie giustamente
richiedono: e l'aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze delle
famiglie. Pertanto, tutti coloro che nella società
sono alla guida delle scuole non devono mai dimenticare che i genitori sono
stati costituiti da Dio stesso come primi e principali educatori dei figli, e
che il loro diritto è del tutto inalienabile.Ma
complementare al diritto, si pone il grave dovere dei genitori di impegnarsi a
fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli insegnanti ed i dirigenti delle
scuole.Se nelle scuole si insegnano ideologie
contrarie alla fede cristiana, la famiglia insieme ad altre famiglie, possibilmente
mediante forme associative familiari, deve con tutte le forze e con sapienza
aiutare i giovani a non allontanarsi dalla fede. In questo caso la famiglia ha
bisogno di aiuti speciali da parte dei pastori
d'anime, i quali non dovranno dimenticare che i genitori hanno l'inviolabile
diritto di affidare i loro figli alla comunità ecclesiale.
Un servizio molteplice alla vita
41. Il fecondo amore
coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali
la generazione e l'educazione sono quelle più
immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso
l'uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché è
obbedienza al dinamismo interiore profondo dell'amore come donazione di sé agli
altri.A questa prospettiva, per tutti ricca di valore e di impegno,
sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno l'esperienza della
sterilità fisica.Le famiglie cristiane che nella fede riconoscono tutti gli uomini
come figli del comune Padre dei cieli, verranno generosamente incontro ai figli
delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli non come estranei, ma come
membri dell'unica famiglia dei figli di Dio. I
genitori cristiani potranno così allargare il loro amore al
di là dei vincoli della carne e del sangue, alimentando i legami che si
radicano nello spirito e che si sviluppano nel servizio concreto ai figli di
altre famiglie, spesso bisognosi delle cose più necessarie.Le famiglie
cristiane sapranno vivere una maggiore disponibilità verso l'adozione e
l'affidamento di quei figli che sono privati dei genitori o da essi abbandonati: mentre questi bambini, ritrovando il
valore affettivo di una famiglia, possono fare esperienza dell'amorevole e
provvida paternità di Dio, testimoniata dai genitori cristiani, e così crescere
con serenità e fiducia nella vita, la famiglia intera sarà arricchita dai
valori spirituali di una più ampia fraternità.La fecondità delle famiglie deve
conoscere una sua incessante «creatività», frutto meraviglioso dello Spirito di
Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e
sofferenze della nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi
risposta. In questo quadro si presenta alle famiglie un vastissimo campo
d'azione: infatti, ancor più preoccupante dell'abbandono dei bambini è oggi il
fenomeno dell'emarginazione sociale e culturale, che duramente colpisce
anziani, ammalati, handicappati, tossicodipendenti, ex carcerati, ecc.In tal
modo si dilata enormemente l'orizzonte della paternità e della maternità delle
famiglie cristiane: il loro amore spiritualmente fecondo è sfidato da queste e
da tante altre urgenze del nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù continua ad avere «compassione» delle folle.
La partecipazione allo sviluppo della società
La famiglia prima e vitale cellula della società
42. «Poiché il
Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio
quale principio e fondamento dell'umana società», la famiglia e divenuta la
«prima e vitale cellula della società» («Apostolicam Actuositatem», 11).La
famiglia possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne
costituisce il fondamento e l'alimento continuo mediante il suo compito di
servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i
cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù
sociali, che sono l'anima della vita e dello sviluppo della società stessa.Così
in forza della sua natura e vocazione, lungi dal rinchiudersi in se stessa, la
famiglia si apre alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito
sociale.
La vita familiare come esperienza di comunione e di
partecipazione
43. La stessa
esperienza di comunione e di partecipazione, che deve caratterizzare la vita
quotidiana della famiglia, rappresenta il suo primo e fondamentale contributo
alla società.Le relazioni tra i membri della comunità familiare sono ispirate e
guidate dalla legge della «gratuità» che, rispettando e favorendo in tutti e in
ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza
cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso,
solidarietà profonda.Così la promozione di
un'autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa prima e
insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti
comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo,
dell'amore.In tal modo, come hanno ricordato i Padri Sinodali, la famiglia
costituisce il luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione
e di personalizzazione della società: essa collabora in un modo originale e
profondo alla costruzione del mondo, rendendo possibile una vita propriamente
umana, in particolare custodendo e trasmettendo le virtù e i «valori». Come scrive
il Concilio Vaticano II, nella famiglia «le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una
saggezza umana più completa e a comporre i diritti delle persone con le altre
esigenze della vita sociale («Gaudium et Spes», 52)Di conseguenza, di fronte ad
una società che rischia di essere sempre più spersonalizzata e massificata, e
quindi disumana e disumanizzante, con le risultanze negative di tante forme di
«evasione» - come sono, ad esempio, l'alcoolismo, la droga e lo stesso
terrorismo -, la famiglia possiede e sprigiona ancora oggi energie formidabili
capaci di strappare l'uomo dall'anonimato, di mantenerlo cosciente della sua
dignità personale, di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo,
attivamente con la sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società.
Compito sociale e politico
44. Il compito
sociale della famiglia non può certo fermarsi all'opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa la sua prima ed
insostituibile forma di espressione.Le famiglie, sia singole che
associate, possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di servizio
sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle
persone e situazioni che l'organizzazione previdenziale ed assistenziale delle
pubbliche autorità non riesce a raggiungere.Il contributo sociale della
famiglia ha una sua originalità, che domanda di essere
meglio conosciuta e più decisamente favorita, soprattutto man mano che i figli
crescono, coinvolgendo di fatto il più possibile tutti i membri (cfr.
«Apostolicam Actuositatem», 11).In particolare è da rilevare l'importanza
sempre più grande che nella nostra società assume l'ospitalità, in tutte le sue
forme, dall'aprire la porta della propria casa e ancor più del proprio cuore alle richieste dei fratelli, all'impegno
concreto di assicurare ad ogni famiglia la sua casa, come ambiente naturale che
la conserva e la fa crescere. Soprattutto la famiglia cristiana è chiamata ad
ascoltare la raccomandazione dell'apostolo: «Siate... premurosi nell'ospitalità»
(Rm 12,13), e quindi ad attuare, imitando l'esempio e condividendo la carità di
Cristo, l'accoglienza del fratello bisognoso: «Chi avrà dato
anche solo un bicchiere di acqua fresca ad uno di questi piccoli, perché è mio
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42).Il
compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico: le famiglie, cioè, devono per prime
adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non
offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della
famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere «protagoniste» della cosiddetta «politica
familiare» ed assumersi la responsabilità di trasformare la società:
diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, che si sono
limitate ad osservare con indifferenza. L'appello del Concilio Vaticano II a
superare l'etica individualistica ha perciò valore anche per la famiglia come
tale (cfr. «Gaudium et Spes», 30).
La società al servizio della famiglia
La carta dei diritti della famiglia
· di esistere e di
progredire come famiglia, cioè il diritto di ogni
uomo, specialmente anche se povero, a fondare una famiglia e ad avere i mezzi
adeguati per sostenerla;
· di esercitare la
propria responsabilità nell'ambito della trasmissione della vita e di educare i
figli;
· dell'intimità della
vita coniugale e familiare;
· della stabilità del
vincolo e dell'istituto matrimoniale;
· di credere e di
professare la propria fede, e di diffonderla;
· di educare i figli
secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e culturali, con gli
strumenti, i mezzi e le istituzioni necessarie;
· di ottenere la
sicurezza fisica, sociale, politica, economica, specialmente dei poveri e degli
infermi;
· il diritto
all'abitazione adatta a condurre convenientemente la vita familiare;
· di
espressione e di rappresentanza davanti alle pubbliche autorità
economiche, sociali e culturali e a quelle inferiori, sia direttamente sia
attraverso associazioni
· di creare
associazioni con altre famiglie e istituzioni, per svolgere in modo adatto e
sollecito il proprio compito;
· di proteggere i
minorenni mediante adeguate istituzioni e legislazioni da medicinali dannosi,
dalla pornografia, dall'alcoolismo, ecc.;
· di un onesto svago
che favorisca anche i valori della famiglia;
· il diritto degli
anziani ad una vita degna e ad una morte dignitosa;
·
il diritto di emigrare come famiglie per cercare una vita migliore (Propositio
42).
La Santa Sede,
accogliendo l'esplicita richiesta del Sinodo, avrà cura di approfondire tali
suggerimenti, elaborando una «carta dei diritti della famiglia» da proporre
agli ambienti e alle Autorità interessate.Grazia e responsabilità della
famiglia cristiana
47. Il compito
sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo
nuovo ed originale alla famiglia cristiana, fondata sul sacramento del
matrimonio. Assumendo la realtà umana dell'amore coniugale in tutte le
implicazioni, il sacramento abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani
a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a «cercare il regno di Dio
trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» («Lumen Gentium», 31).Il
compito sociale e politico rientra in quella missione
regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del
sacramento del matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al quale non
possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li stimola.In tal modo la
famiglia cristiana è chiamata ad offrire a tutti la
testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata ai problemi
sociali, mediante la «scelta preferenziale» dei poveri e degli emarginati. Perciò essa, progredendo nella sequela del Signore mediante
una speciale dilezione verso tutti i poveri, deve avere a cuore specialmente
gli affamati, gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza
famiglia.
Per un nuovo ordine internazionale
48. Di fronte alla
dimensione mondiale che oggi caratterizza i vari problemi sociali, la famiglia vede
allargarsi in modo del tutto nuovo il suo compito verso lo sviluppo della
società: si tratta di cooperare anche ad un nuovo ordine internazionale, perché
solo nella solidarietà mondiale si possono affrontare e risolvere gli enormi e
drammatici problemi della giustizia nel mondo, della libertà dei popoli, della
pace dell'umanità.La comunione spirituale delle famiglie cristiane, radicate
nella fede e speranza comuni e vivificate dalla carità, costituisce
un'interiore energia che origina, diffonde e sviluppa giustizia,
riconciliazione, fraternità e pace tra gli uomini. In quanto «piccola Chiesa»,
la famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza della «grande Chiesa», ad
essere segno di unità per il mondo e ad esercitare in
tal modo il suo ruolo profetico testimoniando il Regno e la pace di Cristo,
verso cui il mondo intero è in cammino.Le famiglie cristiane potranno far
questo sia mediante la loro opera educativa, offrendo cioè
ai figli un modello di vita fondato sui valori della verità, della libertà,
della giustizia e dell'amore, sia con un attivo e responsabile impegno per la
crescita autenticamente umana della società e delle sue istituzioni, sia col
sostenere in vario modo le associazioni specificamente dedicate ai problemi
dell'ordine internazionale.
La partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa
La famiglia nel mistero della Chiesa
49. Tra i compiti
fondamentali della famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale: essa, cioè, è posta al servizio dell'edificazione del Regno di Dio
nella storia, mediante la partecipazione alla vita e alla missione della
Chiesa.Per meglio comprendere i fondamenti, i contenuti e le caratteristiche di
tale partecipazione, occorre approfondire i molteplici e profondi vincoli che
legano tra loro la Chiesa e la famiglia cristiana, e costituiscono quest'ultima
come «una Chiesa in miniatura» (Ecclesia domestica) (cfr. «Lumen Gentium», 11; «Apostolicam Actuositatem», 11;
Giovanni Paolo PP II, Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei Vescovi, 3 [26
Settembre 1980]: AAS 72 [1980] 1008), facendo sì che questa, a suo modo,
sia viva immagine e storica ripresentazione del mistero stesso della Chiesa.E'
anzitutto la Chiesa Madre che genera, educa, edifica la famiglia cristiana,
mettendo in opera nei suoi riguardi la missione di salvezza che ha ricevuto dal
suo Signore. Con l'annuncio della Parola di Dio, la Chiesa rivela alla famiglia
cristiana la sua vera identità, ciò che essa è e deve essere secondo il disegno
del Signore; con la celebrazione dei sacramenti, la Chiesa arricchisce e
corrobora la famiglia cristiana con la grazia di Cristo in
ordine alla sua santificazione per la gloria del Padre; con la rinnovata
proclamazione del comandamento nuovo della carità, la Chiesa anima e guida la
famiglia cristiana al servizio dell'amore, affinché imiti e riviva lo stesso
amore di donazione e di sacrificio, che il Signore Gesù nutre per l'umanità
intera.A sua volta la famiglia cristiana è inserita a tal punto nel mistero
della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di salvezza
propria di questa: i coniugi e i genitori cristiani, in virtù del sacramento,
«hanno nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo
al Popolo di Dio» («Lumen Gentium», 11). Perciò non solo «ricevono» l'amore di
Cristo diventando comunità «salvata», ma sono anche
chiamati a «trasmettere» ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando
così comunità «salvante». In tal modo, mentre è frutto e segno della fecondità
soprannaturale della Chiesa, la famiglia cristiana è resa simbolo,
testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa (cfr. ibid. 41).
Un compito ecclesiale proprio e originale
50. La famiglia
cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della
Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al
servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in
quanto intima comunità di vita e di amore.Se la famiglia cristiana è comunità,
i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la
fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve
avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto
coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio
alla Chiesa e al mondo. Devono essere nella fede «un cuore solo e un'anima sola» (cfr. At 4,32), mediante il
comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle
opere di servizio alla comunità ecclesiale e civile.La famiglia cristiana, poi,
edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse
realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di
vita; è allora nell'amore coniugale e familiare - vissuto nella sua
straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalità, unicità, fedeltà e
fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9) - che si esprime e si realizza
la partecipazione della famiglia cristiana alla missione profetica, sacerdotale
e regale di Gesù Cristo e della sua Chiesa: l'amore e la vita costituiscono
pertanto il nucleo della missione salvifica della famiglia cristiana nella
Chiesa e per la Chiesa.Lo ricorda il Concilio Vaticano
II quando scrive: «La famiglia metterà con generosità
in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze
spirituali. Perciò la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come
immagine e partecipazione del patto di amore del
Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore
del mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità
generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi che con l'amorevole cooperazione di
tutti i suoi membri» («Gaudium et Spes», 48)Posto così il fondamento della
partecipazione della famiglia cristiana alla missione ecclesiale, è ora da
illustrare il suo contenuto nel triplice e unitario riferimento a Gesù Cristo
Profeta, Sacerdote e Re, presentando perciò la famiglia cristiana come 1)
comunità credente ed evangelizzante, 2) comunità in dialogo con Dio, 3)
comunità al servizio dell'uomo.
La famiglia cristiana comunità credente ed evangelizzante
La fede scoperta e ammirazione del disegno di Dio sulla
famiglia
51. Partecipe della
vita e della missione della Chiesa, la quale sta in religioso ascolto della
Parola di Dio e la proclama con ferma fiducia (cfr.
«Dei Verbum», 1), la famiglia cristiana vive il suo compito profetico
accogliendo e annunciando la Parola di Dio: diventa così, ogni giorno di più,
comunità credente ed evangelizzante.Anche agli sposi e
ai genitori cristiani è chiesta l'obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26): sono
chiamati ad accogliere la Parola del Signore, che ad essi
rivela la stupenda novità - la Buona Novella - della loro vita coniugale e
familiare, resa da Cristo santa e santificante. Infatti, soltanto nella fede
essi possono scoprire e ammirare in gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia,
costituendoli segno e luogo dell'alleanza d'amore tra Dio e gli uomini, tra
Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa.Già la stessa preparazione al matrimonio
cristiano si qualifica come itinerario di fede: si pone, infatti, come
privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e approfondiscano la fede
ricevuta col Battesimo e nutrita con l'educazione cristiana. In tal modo
riconoscono e liberamente accolgono la vocazione a vivere la sequela di Cristo
e il servizio del Regno di Dio nello stato matrimoniale.Il momento fondamentale
della fede degli sposi è dato dalla celebrazione del sacramento del matrimonio,
che nella sua profonda natura è la proclamazione, nella Chiesa, della Buona
Novella sull'amore coniugale: esso è Parola di Dio che «rivela» e «compie» il
progetto sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi, introdotti nella misteriosa
e reale partecipazione all'amore stesso di Dio per l'umanità. Se in se stessa
la celebrazione sacramentale del matrimonio è proclamazione della Parola di
Dio, in quanti sono a vario titolo protagonisti e
celebranti deve essere una «professione di fede» fatta entro e con la Chiesa,
comunità di credenti.Questa professione di fede richiede di essere prolungata
nel corso della vita vissuta degli sposi e della famiglia: Dio, infatti, che ha
chiamato gli sposi «al» matrimonio, continua a chiamarli «nel» matrimonio (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 25). Dentro e
attraverso i fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza
di tutti i giorni, Dio viene ad essi rivelando e
proponendo le «esigenze» concrete della loro partecipazione all'amore di Cristo
per la Chiesa in rapporto alla particolare situazione - familiare, sociale ed
ecclesiale - nella quale si trovano.La scoperta e l'obbedienza al disegno di
Dio devono farsi «insieme» dalla comunità coniugale e familiare, attraverso la
stessa esperienza umana dell'amore vissuto nello Spirito di Cristo tra gli
sposi, tra i genitori e i figli.Per questo, come la grande Chiesa, così anche
la piccola Chiesa domestica ha bisogno di essere continuamente e intensamente
evangelizzata: da qui il suo dovere di educazione
permanente nella fede.
Il ministero di evangelizzazione
della famiglia cristiana
52. Nella misura in
cui la famiglia cristiana accoglie il Vangelo e matura nella fede diventa
comunità evangelizzante. Riascoltiamo Paolo VI: «La famiglia, come la Chiesa,
deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque nell'intimo di una famiglia cosciente di
questa missione tutti i componenti evangelizzano e
sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma
possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile
famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell'ambiente nel quale è inserita» («Evangelii Nuntiandi», 71).Come ha ripetuto il Sinodo, riprendendo il mio appello lanciato a
Puebla, la futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa
domestica (cfr. Discorso alla III Assemblea Generale dei
Vescovi dell'America Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204).
Questa missione apostolica della famiglia è radicata nel battesimo e riceve
dalla grazia sacramentale del matrimonio una nuova forza per trasmettere la
fede. per santificare e trasformare l'attuale società
secondo il disegno di Dio.La famiglia cristiana, soprattutto oggi, ha una
speciale vocazione ad essere testimone dell'alleanza pasquale di Cristo,
mediante la costante irradiazione della gioia dell'amore e della sicurezza
della speranza, della quale deve rendere ragione: «La famiglia cristiana
proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della
vita beata» («Lumen Gentium», 35).L'assoluta necessità della catechesi familiare
emerge con singolare forza in determinate situazioni, che la Chiesa purtroppo
registra in diversi luoghi: «Laddove una legislazione antireligiosa pretende
persino di impedire l'educazione alla fede, laddove una diffusa miscredenza o
un invadente secolarismo rendono praticamente
impossibile una vera crescita religiosa, questa che si potrebbe chiamare
"Chiesa domestica" resta l'unico ambiente, in cui fanciulli e giovani
possono ricevere una autentica catechesi» (Giovanni Paolo PP. II «Catechesi
Tradendae», 68).
Un servizio ecclesiale
53. Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e
insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta
come dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di concretezza e di testimonianza
quotidiana (cfr. ibid. 36).La famiglia deve formare i
figli alla vita, in modo che ciascuno adempia in pienezza il suo compito
secondo la vocazione ricevuta da Dio. Infatti, la famiglia che è aperta ai
valori trascendenti, che serve i fratelli nella gioia,
che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua
quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il
primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al
Regno di Dio.Il ministero di evangelizzazione e di
catechesi dei genitori deve accompagnare la vita dei figli anche negli anni
della loro adolescenza e giovinezza, quando questi, come spesso avviene,
contestano o addirittura rifiutano la fede cristiana ricevuta nei primi anni
della loro vita. Come nella Chiesa l'opera di evangelizzazione
non va mai disgiunta dalla sofferenza dell'apostolo, così nella famiglia
cristiana i genitori devono affrontare con coraggio e con grande serenità
d'animo le difficoltà, che il loro ministero di evangelizzazione alcune volte
incontra negli stessi figli.Non si dovrà dimenticare che il servizio svolto dai
coniugi e dai genitori cristiani in favore del Vangelo è essenzialmente un
servizio ecclesiale, rientra cioè nel contesto
dell'intera Chiesa quale comunità evangelizzata ed evangelizzante. In quanto radicato e derivato dall'unica missione della Chiesa ed
in quanto ordinato all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo (cfr.
1Cor 12,4ss; Ef 4,12s), il ministero di evangelizzazione
e di catechesi della Chiesa domestica deve restare in intima comunione e deve
responsabilmente armonizzarsi con tutti gli altri servizi di evangelizzazione e
di catechesi, presenti e operanti nella comunità ecclesiale, sia diocesana sia
parrocchiale.
Predicare il Vangelo ad ogni creatura
La famiglia cristiana comunità in dialogo con Dio
Il santuario domestico della Chiesa
Il matrimonio sacramento di mutua santificazione e atto
di culto
56. Fonte propria e
mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è
il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante
del battesimo. In virtù del mistero della morte e risurrezione di Cristo, entro
cui il matrimonio cristiano nuovamente inserisce, l'amore coniugale viene purificato e santificato: «il Signore si è degnato di
sanare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e di carità»
(«Gaudium et Spes», 49).Il dono di Gesù Cristo non si esaurisce nella
celebrazione del sacramento del matrimonio, ma accompagna i
coniugi lungo tutta la loro esistenza. Lo ricorda esplicitamente il
Concilio Vaticano II, quando dice che Gesù Cristo
«rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per
lei, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre,
con mutua dedizione... Per questo motivo i coniugi cristiani sono corroborati e
sono consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro
stato. Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale
e familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la
loro vita è pervasa di fede, speranza e carità,
tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua
santificazione, e perciò partecipano alla glorificazione di Dio («Gaudium et
Spes», 48).La vocazione universale alla santità è rivolta anche ai coniugi e ai
genitori cristiani: viene per essi specificata dal
sacramento celebrato e tradotta concretamente nelle realtà proprie della
esistenza coniugale e familiare («Lumen Gentium», 41). Nascono di qui la grazia
e l'esigenza di una autentica e profonda spiritualità
coniugale e familiare, che si ispiri ai motivi della creazione, dell'alleanza,
della Croce, della risurrezione e del segno, sui quali più volte si è
soffermato il Sinodo.Il matrimonio cristiano, come tutti i sacramenti che «sono
ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione
del Corpo di Cristo, e, infine a rendere culto a Dio» («Sacrosantum Concilium»,
59), è in se stesso un atto liturgico di glorificazione di Dio in Gesù Cristo e
nella Chiesa: celebrandolo, i coniugi cristiani professano la loro gratitudine
a Dio per il sublime dono ad essi elargito di poter rivivere nella loro
esistenza coniugale e familiare l'amore stesso di Dio per gli uomini e del
Signore Gesù per la Chiesa sua sposa.E come dal sacramento derivano ai coniugi
il dono dell'obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così
dallo stesso sacramento discendono la grazia e l'impegno morale di trasformare
tutta la loro vita in un continuo «sacrificio spirituale» (cfr. 1Pt 2,5; «Lumen
Gentium», 34). Anche agli sposi e ai genitori
cristiani, in particolare per quelle realtà terrene e temporali che li
caratterizzano, si applicano le parole del Concilio: «Così anche i laici, in
quanto adoratori dappertutto santamente operanti, consacrano a Dio il mondo
stesso» («Lumen Gentium», 34).
Matrimonio ed Eucaristia
57. II compito di
santificazione della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel battesimo e
la sua massima espressione nell'Eucaristia, alla quale
è intimamente legato il matrimonio cristiano. Il Concilio Vaticano II ha voluto
richiamare la speciale relazione che esiste tra l'Eucaristia e il matrimonio,
chiedendo che questo «in via ordinaria si celebri nella Messa» («Sacrosantum
Concilum», 78): riscoprire e approfondire tale relazione è del tutto
necessario, se si vogliono comprendere e vivere con maggior intensità le grazie
e le responsabilità del matrimonio e della famiglia cristiana.L'Eucaristia è la
fonte stessa del matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti,
ripresenta l'alleanza di amore di Cristo con la
Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce (cfr. Gv 19,34). E'
in questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i coniugi cristiani
trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e
continuamente vivificata la loro alleanza coniugale. In quanto ripresentazione
del sacrificio d'amore di Cristo per la Chiesa, l'Eucaristia è sorgente di
carità. E nel dono eucaristico della carità la
famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima della sua «comunione» e della
sua «missione»: il Pane eucaristico fa dei diversi membri della comunità
familiare un unico corpo, rivelazione e partecipazione della più ampia unità
della Chiesa; la partecipazione poi al Corpo «dato» e al Sangue «versato» di
Cristo diventa inesauribile sorgente del dinamismo missionario ed apostolico
della famiglia cristiana.
Il Sacramento della conversione e della riconciliazione
58. Parte essenziale
e permanente del compito di santificazione della
famiglia cristiana è l'accoglienza dell'appello evangelico alla conversione
rivolto a tutti i cristiani, che non sempre rimangono fedeli alla «novità» di
quel battesimo, che li ha costituiti «santi». Anche la
famiglia cristiana non è sempre coerente con la legge della grazia e della
santità battesimale, proclamata nuovamente dal sacramento del matrimonio.Il
pentimento e il perdono vicendevole in seno alla famiglia cristiana, che tanta
parte hanno nella vita quotidiana, trovano il momento sacramentale specifico
nella penitenza cristiana. A riguardo dei coniugi così scriveva Paolo VI nell'enciclica «Humanae vitae»: «Se il peccato facesse
ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza
alla misericordia di Dio, che viene elargita con
abbondanza nel sacramento della penitenza» (num. 25).La celebrazione di questo
sacramento acquista un significato particolare per la vita familiare: mentre
nella fede scoprono come il peccato contraddice non solo all'alleanza con Dio
ma anche all'alleanza dei coniugi e alla comunione della famiglia, gli sposi e
tutti i membri della famiglia sono condotti all'incontro con Dio «ricco di
misericordia» (Ef 2,4), il quale, elargendo il suo
amore che è più potente del peccato (cfr. Giovanni Paolo PP: II «Dives in Misericordia», 13), ricostruisce e perfeziona l'alleanza
coniugale e la comunione familiare.
La preghiera familiare
59. La Chiesa prega
per la famiglia cristiana e la educa a vivere in generosa coerenza con il dono
e il compito sacerdotale, ricevuti da Cristo Sommo Sacerdote. In realtà, il sacerdozio battesimale dei fedeli, vissuto nel
matrimonio-sacramento, costituisce per i coniugi e per la famiglia il
fondamento di una vocazione e di una missione sacerdotale, per la quale le loro
esistenze quotidiane si trasformano in «sacrifici spirituali graditi a Dio per
mezzo di Gesù Cristo» (cfr. 1Pt 2,5): è quanto avviene, non solo con la
celebrazione dell'Eucaristia e degli altri sacramenti e con l'offerta di se
stessi alla gloria di Dio, ma anche con la vita di preghiera, con il dialogo
orante col Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo.La preghiera familiare ha
sue caratteristiche. E' una preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme,
genitori e figli insieme. La comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto
ed esigenza di quella comunione che viene donata dai
sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai membri della famiglia cristiana
si possono applicare in modo particolare le parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza: «In verità vi dico
ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque
cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché
dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,19s).Tale
preghiera ha come contenuto originale la stessa vita di famiglia, che in tutte
le sue diverse circostanze viene interpretata come
vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo appello: gioie e
dolori, speranze e tristezze, nascite e compleanni, anniversari delle nozze dei
genitori, partenze, lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la
morte di persone care, ecc. segnano l'intervento dell'amore di Dio nella storia
della famiglia, così come devono segnare il momento favorevole per il
rendimento di grazie, per l'implorazione, per l'abbandono fiducioso della
famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La dignità, poi, e la
responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa domestica possono essere
vissute solo con l'aiuto incessante di Dio, che immancabilmente sarà concesso,
se sarà implorato con umiltà e fiducia nella preghiera.
Educatori di preghiera
Preghiera liturgica e privata
61. Tra la preghiera
della Chiesa e quella dei singoli fedeli vi è un profondo
e vitale rapporto, come ha chiaramente riaffermato il Concilio Vaticano II
(cfr. «Sacrosantum Concilium», 12). Ora una finalità importante della preghiera
della Chiesa domestica è di costituire, per i figli, la naturale introduzione
alla preghiera liturgica propria dell'intera Chiesa, nel senso sia di preparare
ad essa, sia di estenderla nell'ambito della vita
personale, familiare e sociale. Di qui la necessità di una
progressiva partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana
all'Eucaristia, soprattutto domenicale e festiva, e agli altri
sacramenti, in particolare quelli dell'iniziazione cristiana dei figli. Le
direttive conciliari hanno aperto una nuova possibilità alla famiglia
cristiana, che è stata annoverata tra i gruppi ai quali si raccomanda la
celebrazione comunitaria dell'Ufficio divino (cfr. «Institutio Generalis de
Liturgia Horarum» 27). Così pure sarà cura della famiglia cristiana celebrare,
anche nella casa e in forma adatta ai suoi membri, i
tempi e le festività dell'anno liturgico.Per preparare e prolungare nella casa
il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera
privata, che presenta una grande varietà, di forme:
questa varietà mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo cui lo
Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle diverse esigenze e
situazioni di vita di chi si rivolge al Signore. Oltre alla preghiera del
mattino e della sera, sono espressamente da consigliare, seguendo anche le
indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la meditazione della Parola di
Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di
Gesù, le varie forme di culto alla Vergine Santissima, la benedizione della
mensa, l'osservanza della pietà popolare.Nel rispetto della libertà dei figli
di Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli
alcune pratiche di pietà con una particolare sollecitudine ed
insistenza. Tra queste è da ricordare la recita del Rosario: «Vogliamo ora, in
continuità con i nostri predecessori, raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia... Non v'è dubbio che la Corona
della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed
efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana è invitata a recitare.
Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l'incontro
familiare diventa tempo di preghiera. il Rosario ne
sia espressione frequente e gradita» (Paolo PP. VI «Marialis Cultus», 52-54).
Così l'autentica devozione mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella
generosa sequela degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima,
costituisce uno strumento privilegiato per alimentare la comunione d'amore
della famiglia e per sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei, la
Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera
speciale anche la Madre delle famiglie cristiane delle Chiese domestiche.
Preghiera e vita
62. Non si dovrà mai dimenticare che la preghiera è parte
costitutiva essenziale della vita cristiana, colta nella sua integralità e
centralità, anzi appartiene alla nostra stessa «umanità»: è «la prima
espressione della verità interiore dell'uomo, la prima condizione
dell'autentica libertà dello spirito» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso al
Santuario della Mentorella [29 Ottobre 1978]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo
II, I [1978] 78 s.).Per questo la preghiera non rappresenta
affatto un'evasione dall'impegno quotidiano, ma costituisce la spinta
più forte perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le
sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal
senso, l'effettiva partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all'intensità della preghiera
con la quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo
Signore (cfr. «Apostolicam Actuositatem», 4).Dall'unione vitale con Cristo,
alimentata dalla liturgia, dall'offerta di sé e dalla preghiera, deriva pure la
fecondità della famiglia cristiana nel suo specifico servizio di promozione
umana, che di per se non può non portare alla
trasformazione del mondo (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Discorso ai Vescovi della XII Regione Pastorale degli Stati Uniti d'America [21
Settembre 1978]: ASS 70 [1978] 767).
La famiglia cristiana comunità al servizio dell'uomo
Il comandamento nuovo dell'amore
63. La Chiesa, popolo
profetico-sacerdotale-regale, ha la missione di
portare tutti gli uomini ad accogliere nella fede la Parola di Dio, e
celebrarla e professarla nei sacramenti e nella preghiera, ed infine a manifestarla
nella concretezza della vita secondo il dono e il comandamento nuovo
dell'amore.La vita cristiana trova la sua legge non in un codice scritto, ma
nell'azione personale dello Spirito Santo che anima e guida il cristiano, cioè nella «legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù»
(Rm 8,2): «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato» (Ibid. 5,5).Ciò ha
valore anche per la coppia e per la famiglia cristiana: loro guida e norma è lo Spirito di Gesù, diffuso nei cuori con la celebrazione
del sacramento del matrimonio. In continuità col battesimo nell'acqua e nello
Spirito il matrimonio ripropone la legge evangelica
dell'amore e col dono dello Spirito la incide più a fondo nel cuore dei coniugi
cristiani: il loro amore, purificato e salvato, è frutto dello Spirito, che
agisce nel cuore dei credenti, e si pone, nello stesso tempo, come il
comandamento fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà
responsabile.La famiglia cristiana viene così animata
e guidata con la legge nuova dello Spirito ed in intima comunione con la
Chiesa, popolo regale, è chiamata a vivere il suo «servizio» d'amore a Dio e ai
fratelli. Come Cristo esercita la sua potestà regale
ponendosi al servizio degli uomini (Mc 10,45), così il cristiano trova
il senso autentico della sua partecipazione alla regalità del suo Signore nel
condividerne lo spirito e il comportamento di servizio nei confronti dell'uomo:
«Questa potestà Egli (Cristo) l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi
siano costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa
vincano in se stessi il regno del peccato (cfr. Rm
6,12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza
conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è
regnare. Il Signore infatti desidera dilatare il suo
regno anche per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè "della verità e
della vita, il regno della santità e della grazia, il regno della giustizia,
dell'amore e della pace"; e in questo regno anche le stesse creature
saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa
libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21)» («Lumen Gentium», 36).
Scoprire in ogni fratello l'immagine di Dio
64. Animata e
sostenuta dal comandamento nuovo dell'amore, la famiglia cristiana vive
l'accoglienza, il rispetto, il servizio verso ogni uomo, considerato sempre
nella sua dignità di persona e di figlio di Dio.Ciò deve avvenire, anzitutto,
all'interno e a favore della coppia e della famiglia, mediante il quotidiano
impegno a promuovere un'autentica comunità di persone, fondata e alimentata
dall'interiore comunione di amore. Ciò deve poi
svilupparsi entro la più vasta cerchia della comunità ecclesiale, entro cui la
famiglia cristiana è inserita: grazie alla carità della famiglia, la Chiesa può
e deve assumere una dimensione più domestica, cioè più
familiare, adottando uno stile più umano e fraterno di rapporti.La
carità va oltre i propri fratelli di fede, perché «ogni uomo è mio fratello»;
in ciascuno, soprattutto se povero, debole, sofferente e ingiustamente
trattato, la carità sa scoprire il volto di Cristo e un fratello da amare e da
servire.Perché il servizio dell'uomo sia vissuto dalla
famiglia secondo lo stile evangelico, occorrerà attuare con premura quanto
scrive il Concilio Vaticano II: «Affinché tale
esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni sospetto e manifestarsi
tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e
Cristo Signore al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso»
(«Apostolicam Actuositatem», 8)La famiglia cristiana, mentre nella carità
edifica la Chiesa, si pone al servizio dell'uomo e del mondo, attuando
veramente quella «promozione umana», il cui contenuto è stato sintetizzato nel Messaggio
del Sinodo alle famiglie: «Un altro compito della famiglia è quello di formare
gli uomini all'amore e di praticare l'amore in ogni rapporto con gli altri,
cosicché essa non si chiuda in se stessa, bensì rimanga aperta alla comunità,
essendo mossa dal senso della giustizia e dalla sollecitudine verso gli altri, nonché dal dovere della propria responsabilità verso la
società intera» (Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi alle Famiglie cristiane
nel mondo contemporaneo, 12 [24 Ottobre 1980]).
PARTE QUARTA
I tempi della pastorale familiare
65. Come ogni realtà
vivente, anche la famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo la
preparazione del fidanzamento e la celebrazione sacramentale del matrimonio, la
coppia inizia il cammino quotidiano verso la
progressiva attuazione dei valori e dei doveri del matrimonio stesso.Alla luce
della fede e in virtù della speranza, anche la famiglia cristiana partecipa, in
comunione con la Chiesa, all'esperienza del pellegrinaggio terreno verso la
piena rivelazione e realizzazione del Regno di
Dio.Perciò è da sottolineare una volta di più
l'urgenza dell'intervento pastorale della Chiesa a sostegno della famiglia.
Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si affermi e si
sviluppi, dedicandosi a un settore veramente
prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran
parte dalla Chiesa domestica (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi dell'America Latina, IV, a [28
Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204).La sollecitudine pastorale della
Chiesa non si limiterà soltanto alle famiglie cristiane più vicine, ma,
allargando i propri orizzonti sulla misura del Cuore di Cristo, si mostrerà
ancor più viva per l'insieme delle famiglie in genere, e per quelle, in
particolare, che si trovano in situazioni difficili o irregolari. Per tutte la Chiesa avrà una parola di verità, di bontà, di
comprensione, di speranza, di viva partecipazione alle loro difficoltà a volte
drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto disinteressato affinché possano
avvicinarsi al modello di famiglia, che il Creatore ha voluto fin dal
«principio» e che Cristo ha rinnovato con la sua grazia redentrice.L'azione
pastorale della Chiesa deve essere progressiva, anche nel senso che deve
seguire la famiglia, accompagnandola passo a passo nelle diverse tappe della
sua formazione e del suo sviluppo.
La preparazione
66. Più che mai necessaria ai nostri giorni è la preparazione dei
giovani al matrimonio e alla vita familiare. In alcuni Paesi sono ancora
le famiglie stesse che, secondo antiche usanze, si
riservano di trasmettere ai giovani i valori riguardanti la vita matrimoniale e
familiare, mediante una progressiva opera di educazione o iniziazione. Ma i mutamenti sopravvenuti in seno a quasi tutte le società
moderne esigono che non solo la famiglia, ma anche la società e la Chiesa siano
impegnate nello sforzo di preparare adeguatamente i giovani alle responsabilità
del loro domani. Molti fenomeni negativi che oggi si lamentano nella
vita familiare derivano dal fatto che, nelle nuove situazioni, i giovani non
solo perdono di vista la giusta gerarchia dei valori, ma, non possedendo più
criteri sicuri di comportamento, non sanno come affrontare e risolvere le nuove
difficoltà. L'esperienza però insegna che i giovani ben
preparati alla vita familiare in genere riescono meglio degli altri.Ciò
vale ancor più per il matrimonio cristiano, il cui influsso si estende sulla
santità di tanti uomini e donne. Per questo la Chiesa deve promuovere migliori
e più intensi programmi di preparazione al matrimonio, per eliminare, il più
possibile, le difficoltà in cui si dibattono tante coppie a
ancor più per favorire positivamente il sorgere e il maturare dei matrimoni
riusciti.La preparazione al matrimonio va vista e attuata come un processo
graduale e continuo. Essa, infatti, comporta tre principali momenti: una
preparazione remota, una prossima e una immediata.La
preparazione remota ha inizio fin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia
familiare, orientata a condurre i fanciulli a scoprire
se stessi come esseri dotati di una ricca e complessa psicologia e di una
personalità particolare con le proprie forze e debolezze. E' il periodo in cui
va istillata la stima per ogni autentico valore umano, sia nei rapporti
interpersonali, sia in quelli sociali, con quel che ciò significa per la
formazione del carattere, per il dominio ed il retto uso delle proprie
inclinazioni, per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro
sesso, e così via. E' richiesta, inoltre, specialmente per i cristiani, una
solida formazione spirituale e catechetica, che sappia
mostrare nel matrimonio una vera vocazione e missione, senza escludere la
possibilità del dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita sacerdotale o
religiosa.Su questa base in seguito si imposterà, a
largo respiro, la preparazione prossima, la quale - dall'età opportuna e con
un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale - comporta una più
specifica preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa
rinnovata catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto necessaria, affinché il sacramento sia celebrato e
vissuto con le dovute disposizioni morali e spirituali. La formazione religiosa
dei giovani dovrà essere integrata, al momento conveniente e secondo le varie
esigenze concrete, da una preparazione alla vita a due che, presentando il
matrimonio come un rapporto interpersonale dell'uomo e della donna da
svilupparsi continuamente, stimoli ad approfondire i problemi della sessualità
coniugale e della paternità responsabile, con le conoscenze medico-biologiche
essenziali che vi sono connesse, ed avvii alla familiarità con retti metodi di educazione dei figli, favorendo l'acquisizione degli
elementi di base per un'ordinata conduzione della famiglia (lavoro stabile,
sufficiente disponibilità finanziaria, saggia amministrazione, nozioni di
economia domestica, ecc.).lnfine non si dovrà tralasciare la preparazione
all'apostolato familiare, alla fraternità e collaborazione con le altre
famiglie, all'inserimento attivo in gruppi, associazioni, movimenti e
iniziative che hanno per finalità il bene umano e cristiano della famiglia.La
preparazione immediata a celebrare il sacramento del matrimonio deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che precedono le
nozze quasi a dare un nuovo significato, nuovo contenuto e forma nuova al
cosiddetto esame prematrimoniale richiesto dal diritto canonico. Sempre
necessaria in ogni caso, tale preparazione si impone
con maggiore urgenza per quei fidanzati che ancora presentassero carenze e
difficoltà nella dottrina e nella pratica cristiana.Tra gli elementi da
comunicare in questo cammino di fede, analogo al catecumenato, ci deve essere
anche una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei
significati di grazia e di responsabilità del matrimonio cristiano, nonché la preparazione a prendere parte attiva e consapevole
ai riti della liturgia nuziale.Alle diverse fasi della preparazione al
matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi linee indicative - devono sentirsi impegnate la famiglia cristiana e tutta la
comunità ecclesiale. E' auspicabile che le conferenze episcopali, come sono
interessate ad opportune iniziative per aiutare i futuri sposi ad essere più
consapevoli della serietà della loro scelta e i pastori d'anime ad accertarsi
delle loro convenienti disposizioni, così curino che
sia emanato un Direttorio per la pastorale della famiglia. In esso si dovranno stabilire, anzitutto, gli elementi minimi
di contenuto, di durata e di metodo dei «Corsi di preparazione», equilibrando
fra loro i diversi aspetti - dottrinali, pedagogici, legali e medici - che interessano
il matrimonio, e strutturandoli in modo che quanti si
preparano al matrimonio, al di là di un approfondimento intellettuale, si
sentano spinti ad inserirsi vitalmente nella comunità ecclesiale.Benché il
carattere di necessità e di obbligatorietà della
preparazione immediata al matrimonio non sia da sottovalutare - ciò che
succederebbe qualora se ne concedesse facilmente la dispensa - tuttavia, tale
preparazione, deve essere sempre proposta e attuata in modo che la sua
eventuale omissione non sia di impedimento per la celebrazione delle nozze.
La celebrazione
67. Il matrimonio
cristiano richiede di norma una celebrazione liturgica, che esprima
in forma sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e
sacramentale del patto coniugale fra i battezzati.In quanto
gesto sacramentale di santificazione, la celebrazione del matrimonio - inserita
nella liturgia, culmine di tutta l'azione della Chiesa e fonte della sua
forza santificatrice (cfr. «Sacrosantum Concilium» 10) - deve essere per sé
valida, degna e fruttuosa. Si apre qui un vasto campo alla sollecitudine
pastorale, affinché siano pienamente assolte le esigenze derivanti dalla natura
del patto coniugale elevato a sacramento, e sia altresì fedelmente osservata la
disciplina della Chiesa per quanto riguarda il libero consenso, gli
impedimenti, la forma canonica e il rito stesso della celebrazione. Quest'ultimo dev'essere semplice e dignitoso, secondo le norme
delle competenti autorità della Chiesa, alle quali spetta pure - secondo le
concrete circostanze di tempo e di luogo e in conformità con le norme impartite
dalla Sede Apostolica (cfr. «Ordo celebrandi Matrimonium», 17) - di
assumere eventualmente nella celebrazione liturgica quegli elementi propri di
ciascuna cultura, che meglio valgono ad esprimere il profondo significato umano
e religioso del patto coniugale purché nulla contengano di meno confacente con
la fede e la morale cristiana.In quanto segno, la celebrazione liturgica deve
svolgersi in modo da costituire, anche nella sua realtà esteriore, una
proclamazione della Parola di Dio e una professione di fede della comunità dei credenti. L'impegno pastorale si esprimerà qui con la
cura intelligente e diligente della «liturgia della Parola» e con l'educazione
alla fede dei partecipanti alla celebrazione e, in primo luogo, dei nubendi.In
quanto gesto sacramentale della Chiesa, la celebrazione liturgica del
matrimonio deve coinvolgere la comunità cristiana, con la partecipazione piena,
attiva e responsabile di tutti i presenti, secondo il posto e il compito di
ciascuno: gli sposi, il sacerdote, i testimoni, i parenti, gli amici, gli altri
fedeli, tutti membri di un'assemblea che manifesta e vive il mistero di Cristo
e della sua Chiesa.Per la celebrazione del matrimonio cristiano nell'ambito delle
culture o tradizioni ancestrali, si seguano i principi
qui sopra enunziati.
Celebrazione del matrimonio ed evangelizzazione
dei battezzati non credenti
68. Proprio perché
nella celebrazione del sacramento una attenzione tutta
speciale va riservata alle disposizioni morali e spirituali dei nubendi, in
particolare alla loro fede, va qui affrontata una difficoltà non infrequente,
nella quale possono trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto della nostra
società secolarizzata.La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere primario
dei pastori di farla riscoprire, di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni che consigliano
alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è imperfettamente
disposto.Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli
altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell'economia della
creazione, di essere lo stesso patto coniugale
istituito dal Creatore «al principio». La decisione dunque dell'uomo e della
donna di sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale
tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata,
implica realmente, anche se non in modo pienamente consapevole, un
atteggiamento di profonda obbedienza alla volontà di Dio, che non può darsi
senza la sua grazia. Essi sono già, pertanto, inseriti in un vero e proprio
cammino di salvezza, che la celebrazione del sacramento e l'immediata
preparazione alla medesima possono completare e portare a termine, data la
rettitudine della loro intenzione.E' vero, d'altra parte, che in alcuni
territori motivi di carattere più sociale che non autenticamente religioso
spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa. La cosa non desta
meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che riguarda solo chi
si sposa. Esso è per sua stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli
sposi davanti alla società. E da sempre la sua
celebrazione è stata una festa, che unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque,
che motivi sociali entrino, assieme a quelli
personali, nella richiesta di sposarsi in chiesa.Tuttavia, non si deve
dimenticare che questi fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente
già inseriti nell'Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la loro
retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio e, quindi,
almeno implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa intende fare quando
celebra il matrimonio. E, dunque, il solo fatto che in questa richiesta entrino
anche motivi di carattere sociale non giustifica un
eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del resto, come ha insegnato il
Concilio Vaticano II, i sacramenti con le parole e gli elementi rituali nutrono
ed irrobustiscono la fede (cfr. «Sacrosantum Concilium», 59): quella fede verso
cui i fidanzati già sono incamminati in forza della rettitudine della loro
intenzione, che la grazia di Cristo non manca certo di favorire e di
sostenere.Voler stabilire ulteriori criteri di
ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che dovrebbero
riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi rischi.
Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il
rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati, con
grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini
per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di
mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati
dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la
tradizione ecclesiale.Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i
nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa
intende compiere quando si celebra il matrimonio dei
battezzati, il pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione. Anche se a
malincuore, egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far
comprendere agli interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono essi stessi ad impedire quella celebrazione
che pure domandano.Ancora una volta appare in tutta la sua urgenza
la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e
post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni
uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non
solo validamente ma anche fruttuosamente.
Pastorale post-matrimoniale
69. La cura pastorale
della famiglia regolarmente costituita significa, in concreto, l'impegno di
tutte le componenti della comunità ecclesiale locale
nell'aiutare la coppia a scoprire e a vivere la sua nuova vocazione e missione.
Perché la famiglia divenga sempre più una vera comunità di amore,
è necessario che tutti i suoi membri siano aiutati e formati alle loro
responsabilità di fronte ai nuovi problemi che si presentano, al servizio
reciproco, alla compartecipazione attiva alla vita di famiglia.Ciò vale
soprattutto per le giovani famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità, sono più
esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà,
come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di
figli. I giovani coniugi sappiano accogliere cordialmente e valorizzare
intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e generoso di altre
coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del matrimonio e della
famiglia. Così in seno alla comunità ecclesiale - grande
famiglia formata da famiglie cristiane - si attuerà un mutuo scambio di
presenza e di aiuto fra tutte le famiglie, ciascuna mettendo a servizio delle
altre la propria esperienza umana, come pure i doni di fede e di grazia.
Animato da vero spirito apostolico, questo aiuto da famiglia
a famiglia costituirà uno dei modi più semplici, più efficaci e alla portata di
tutti per trasfondere capillarmente quei valori cristiani, che sono il punto di
partenza e di arrivo di ogni cura pastorale. In tal modo le giovani famiglie
non si limiteranno solo a ricevere, ma a loro volta, così aiutate, diverranno
fonte di arricchimento per le altre famiglie, già da
tempo costituite, con la loro testimonianza di vita e il loro contributo
fattivo.Nell'azione pastorale verso le giovani famiglie, poi, la Chiesa dovrà
riservare una specifica attenzione per educarle a vivere responsabilmente
l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e di servizio alla
vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con la comune e
generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana. Quando,
con l'avvento dei figli, la coppia diventa in senso pieno e specifico una
famiglia, la Chiesa sarà ancora vicina ai genitori perché accolgano i loro
figli e li amino come dono ricevuto dal Signore della vita, assumendo con gioia
la fatica di servirli nella loro crescita umana e cristiana.
Strutture della pastorale familiare
L'azione pastorale è
sempre espressione dinamica della realtà della Chiesa, impegnata nella sua
missione di salvezza. Anche la pastorale familiare -
forma particolare e specifica della pastorale - ha come suo principio operativo
e come protagonista responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue strutture
e i suoi operatori.
La comunità ecclesiale e in particolare la parrocchia
70. Comunità al tempo
stesso salvata e salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella sua
duplice dimensione universale e particolare: questa si esprime e si attua nella
comunità diocesana, pastoralmente divisa in comunità
minori fra cui si distingue, per la sua peculiare importanza, la parrocchia.La
comunione con la Chiesa universale non mortifica, ma garantisce e promuove la
consistenza e l'originalità delle diverse Chiese particolari; queste ultime
restano il soggetto operativo più immediato e più efficace per l'attuazione
della pastorale familiare. In tal senso ogni Chiesa locale e, in termini più
particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della
grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in
ordine a promuovere la pastorale della famiglia. Ogni piano di pastorale
organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere
dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia.Alla luce di tale
responsabilità va compresa anche l'importanza di un'adeguata preparazione da
parte di quanti verranno più specificamente impegnati
in questo genere di apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le religiose, fin
dal tempo della loro formazione, vengano orientati e
formati in maniera progressiva e adeguata ai rispettivi compiti. Fra le altre
iniziative mi compiaccio di sottolineare la recente
creazione in Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, di un Istituto
Superiore consacrato allo studio dei problemi della famiglia. Anche in alcune
diocesi sono stati fondati Istituti di questo genere; i Vescovi s'impegnino
affinché il più gran numero possibile di sacerdoti, prima di assumere
responsabilità parrocchiali, vi frequentino corsi
specializzati. Altrove corsi di formazione vengono
periodicamente tenuti presso Istituti Superiori di studi teologici e pastorali.
Tali iniziative vanno incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed aperte,
ovviamente, anche ai laici che presteranno la loro opera professionale (medica,
legale, psicologica, sociale, educativa) in aiuto della famiglia.
La famiglia
71. Ma soprattutto dev'essere riconosciuto il posto singolare che, in
questo campo, spetta alla missione dei coniugi e delle famiglie cristiane, in
forza della grazia ricevuta nel sacramento. Tale
missione dev'essere posta a servizio dell'edificazione della Chiesa, della
costruzione del Regno di Dio nella storia. Ciò è richiesto come atto di
docile obbedienza a Cristo Signore. Egli, infatti, in forza del matrimonio dei
battezzati elevato a sacramento, conferisce agli sposi cristiani una peculiare
missione di apostoli, inviandoli come operai nella sua
vigna, e, in modo tutto speciale, in questo campo della famiglia.In questa attività essi operano in comunione e collaborazione
con gli altri membri della Chiesa, che pure s'impegnano a favore della famiglia,
mettendo a frutto i loro doni e ministeri. Tale apostolato si svolgerà
anzitutto in seno alla propria famiglia, con la testimonianza della vita
vissuta in conformità della legge divina in tutti i suoi aspetti, con la
formazione cristiana dei figli, con l'aiuto dato alla loro maturazione nella
fede, con l'educazione alla castità, con la preparazione alla vita, con la
vigilanza per preservarli dai pericoli ideologici e morali da
cui spesso sono minacciati, col loro graduale e responsabile inserimento
nella comunità ecclesiale e in quella civile, con l'assistenza e il consiglio
nella scelta della vocazione, col mutuo aiuto tra i membri della famiglia per
la comune crescita umana e cristiana, e così via. L'apostolato della famiglia,
poi, si irradierà con opere di carità spirituale e
materiale verso le altre famiglie, specialmente quelle più bisognose di aiuto e
di sostegno, verso i poveri, i malati, gli anziani, gli handicappati, gli
orfani, le vedove, i coniugi abbandonati, le madri nubili e quelle che, in
situazioni difficili, sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno, ecc.
Le associazioni di famiglie per le famiglie
72. Sempre
nell'ambito della Chiesa, soggetto responsabile della pastorale familiare, sono
da ricordare i diversi raggruppamenti di fedeli, nei quali si manifesta e si
vive in qualche misura il mistero della Chiesa di Cristo. Sono perciò da
riconoscere e valorizzare - ciascuna in rapporto alle caratteristiche,
finalità, incidenze e metodi propri - le diverse comunità ecclesiali, i vari
gruppi e i numerosi movimenti impegnati in vario modo, a diverso titolo e a diverso livello, nella pastorale familiare.Per tale motivo
il Sinodo ha espressamente riconosciuto l'utile apporto di tali associazioni di
spiritualità, di formazione e di apostolato. Sarà loro
compito suscitare nei fedeli un vivo senso di solidarietà, favorire una
condotta di vita ispirata al Vangelo e alla fede della Chiesa, formare le
coscienze secondo i valori cristiani e non sui parametri della pubblica
opinione, stimolare alle opere di carità vicendevole e verso gli altri con uno
spirito di apertura, che faccia delle famiglie
cristiane una vera sorgente di luce e un sano fermento per le altre.Similmente
e desiderabile, che, con vivo senso del bene comune, le famiglie cristiane si impegnino attivamente a ogni livello anche in altre
associazioni non ecclesiali. Alcune di tali associazioni si propongono la
preservazione, trasmissione e tutela dei sani valori etici e culturali dei
rispettivi popoli, lo sviluppo della persona umana, la protezione medica,
giuridica e sociale della maternità e dell'infanzia, la giusta promozione della donna e la lotta a quanto mortifica la sua
dignità, l'incremento della mutua solidarietà, la conoscenza dei problemi
connessi con la responsabile regolazione della fecondità secondo i metodi
naturali conformi alla dignità umana e alla dottrina della Chiesa. Altre mirano
alla costruzione di un mondo più giusto e più umano, alla promozione
di leggi giuste che favoriscano il retto ordine sociale nel pieno rispetto
della dignità e di ogni legittima libertà dell'individuo e della famiglia, a
livello sia nazionale sia internazionale, alla collaborazione con la scuola e
con le altre istituzioni, che completano l'educazione dei figli, e così via
Operatori della pastorale familiare
Oltre
che la famiglia - oggetto, ma anzitutto soggetto essa stessa della pastorale
familiare - vanno ricordati anche gli altri principali operatori in questo
particolare settore.
I vescovi ed i presbiteri
73. Il primo
responsabile della pastorale familiare nella diocesi è il vescovo. Come Padre e Pastore egli dev'essere particolarmente sollecito di
questo settore, senza dubbio prioritario, della pastorale. Ad esso deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo,
personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a
quanti, nelle diverse strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della
famiglia. Avrà particolarmente a cuore il proposito di far sì che la propria
diocesi sia sempre più una vera «famiglia diocesana», modello e sorgente di
speranza per tante famiglie che vi appartengono. La creazione del Pontificio
Consiglio per la Famiglia va vista in questo contesto:
essere un segno dell'importanza che attribuisco alla pastorale della famiglia
nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a promuoverla
ad ogni livello.I vescovi si valgono in modo particolare dei presbiteri, il cui
compito - come ha espressamente sottolineato il Sinodo - costituisce parte
essenziale del ministero della Chiesa verso il matrimonio e la famiglia. Lo
stesso si dica di quei diaconi, ai quali eventualmente venga
affidata la cura di questo settore pastorale.La loro responsabilità si estende
non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere personale
e sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze,
affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere
la loro vita alla luce del Vangelo. Non è superfluo notare che da tale
missione, se esercitata col dovuto discernimento e con vero spirito apostolico,
il ministro della Chiesa attinge nuovi stimoli ed energie spirituali anche per
la propria vocazione e per l'esercizio stesso del ministero.Tempestivamente e
seriamente preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi costantemente, nei riguardi delle
famiglie, come padre, fratello, pastore e maestro, aiutandole coi sussidi della
grazia e illuminandole con la luce della verità. Il loro insegnamento e i loro consigli, quindi, dovranno essere sempre in piena
consonanza col Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il Popolo
di Dio a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita
concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di curare con
ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai fedeli
ansietà di coscienza.Pastori e laici partecipano,
nella Chiesa, alla missione profetica di Cristo: i laici, testimoniando la fede
con le parole e con la vita cristiana; i pastori, discernendo in tale
testimonianza ciò che è espressione di fede genuina da ciò che è meno
rispondente alla luce della fede; la famiglia, in quanto comunità cristiana,
con la sua peculiare partecipazione e testimonianza di fede. Si avvia
così un dialogo anche tra i pastori e le famiglie. I teologi e gli esperti di
problemi familiari possono essere di grande aiuto a tale dialogo, spiegando
esattamente il contenuto del Magistero della Chiesa e quello dell'esperienza
della vita di famiglia. In tal modo l'insegnamento del
Magistero viene meglio compreso e si spiana la strada
al suo progressivo sviluppo. Giova tuttavia ricordare che la norma prossima e
obbligatoria nella dottrina della fede - anche circa i problemi della famiglia
- compete al Magistero gerarchico. Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti
di problemi familiari e il Magistero giovano non poco alla retta intelligenza
della fede ed a promuovere - entro i confini di essa -
il legittimo pluralismo.
Religiosi e Religiose
74. Il contributo che
i religiosi e le religiose, e le anime consacrate in genere, possono dare
all'apostolato della famiglia trova la sua prima,
fondamentale e originale espressione proprio nella loro consacrazione a Dio,
che li rende «davanti a tutti i fedeli... richiamo di quel mirabile connubio
operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la
Chiesa ha Cristo come unico suo sposo» («Perfectae Caritatis», 12), e testimoni
di quella carità universale che, per mezzo della castità abbracciata per il
Regno dei cieli, li rende sempre più disponibili per dedicarsi generosamente al
servizio divino e alle opere di apostolato.Di qui la possibilità che religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di
altri Istituti di perfezione, singolarmente o associati, sviluppino un loro
servizio alle famiglie, con particolare sollecitudine verso i bambini,
specialmente se abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o handicappati;
visitando le famiglie e prendendosi cura dei malati; coltivando rapporti di
rispetto e di carità con famiglie incomplete, in difficoltà o disgregate;
offrendo la propria opera di insegnamento e di consulenza nella preparazione
dei giovani al matrimonio e nell'aiuto alle coppie per una procreazione
veramente responsabile; aprendo le proprie case all'ospitalità semplice e
cordiale, affinché le famiglie possano trovarvi il senso di Dio, il gusto della
preghiera e del raccoglimento, l'esempio concreto di una vita vissuta in carità
e letizia fraterna come membri della più grande famiglia di Dio.Vorrei
aggiungere l'esortazione più pressante ai responsabili degli Istituti di vita
consacrata, a voler considerare - sempre nel sostanziale rispetto del carisma
proprio ed originario - l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti
prioritari, resi più urgenti dall'odierno stato di cose.
Laici specializzati
75. Non poco
giovamento possono recare alle famiglie quei laici
specializzati (medici, uomini di legge, psicologi, assistenti sociali,
consulenti, ecc.) che sia individualmente sia impegnati in diverse associazioni
e iniziative, prestano la loro opera di illuminazione, di consiglio, di
orientamento, di sostegno. Ad essi possono bene
applicarsi le esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla Confederazione
dei Consultori familiari di ispirazione cristiana: «E' un impegno il vostro,
che ben merita la qualifica di missione, tanto nobili sono le finalità che
persegue e tanto determinati, per il bene della società e della stessa comunità
cristiana, sono i risultati che ne derivano... Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno della famiglia è destinato ad
avere un'efficacia che, travalicando il suo ambito proprio, raggiunge anche
altre persone ed incide sulla società. Il futuro del mondo e
della Chiesa passa attraverso la famiglia» (num. 3-4 [29 Novembre 1980]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1453).
Recettori e operatori della comunicazione sociale
76. Una parola a
parte è da riservare a questa categoria tanto importante nella vita moderna. E'
risaputo che gli strumenti della comunicazione sociale «incidono, e spesso
profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo e intellettuale, sia sotto
l'aspetto morale e religioso, nell'ambito di quanti li usano», specialmente se
giovani (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali [7 Aprile 1969]: ASS 61 [1969] 455). Essi, perciò,
possono esercitare un benefico influsso sulla vita e sui costumi della famiglia
e sulla educazione dei figli, ma al tempo stesso
nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili» (Giovanni Paolo PP. II,
Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980 [1· Maggio
1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II» III, 1 [1980] 1042, e potrebbero
diventare veicolo - a volte abilmente e sistematicamente manovrato, come
purtroppo accade in diversi Paesi del mondo - di ideologie
disgregatrici e di visioni deformate della vita, della famiglia, della
religione, della moralità, non rispettose della vera dignità e del destino
dell'uomo.Pericolo tanto più reale, in quanto «l'odierno modo di vivere -
specialmente nelle nazioni più industrializzate - porta assai
spesso le famiglie a scaricarsi delle loro responsabilità educative,
trovando nella facilità di evasione (rappresentata, in casa, specialmente dalla
televisione e da certe pubblicazioni), il modo di tenere occupati tempo ed
attività dei bambini e dei ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1981, 5 [10 Maggio 1980]:
«L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di qui «il dovere...
di proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle "aggressioni"
che subiscono dai mass-media», procurando che l'uso di questi in famiglia sia
accuratamente regolato. Così pure dovrebbe stare altrettanto a cuore
alla famiglia cercare, per i propri figli, anche altri diversivi più sani, più
utili e formativi fisicamente, moralmente e spiritualmente, «per potenziare e
valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie»
(Ibid).Poiché, poi, gli strumenti della comunicazione sociale - al pari della
scuola e dell'ambiente - incidono spesso anche in notevole misura sulla
formazione dei figli, i genitori, in quanto recettori, devono farsi parte
attiva nell'uso moderato, critico, vigile e prudente di essi,
individuando quale influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa
che consenta «di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi sereni e
oggettivi, che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei programmi
proposti» (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).Con eguale impegno i genitori
cercheranno di influire sulla scelta e preparazione dei programmi stessi,
mantenendosi in contatto - con opportune iniziative - con i responsabili dei
vari momenti della produzione e della trasmissione, per assicurarsi che non
siano abusivamente trascurati o espressamente conculcati quei valori umani
fondamentali che fanno parte del vero bene comune della società, ma, al
contrario, vengano diffusi programmi atti a
presentare, nella loro giusta luce, i problemi della famiglia e la loro
adeguata soluzione. A tal proposito il mio predecessore di venerabile memoria., Paolo VI, scriveva: «I produttori devono conoscere e
rispettare le esigenze della famiglia, e questo suppone, a volte, in essi un vero coraggio, e sempre un alto senso di
responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti ad evitare tutto ciò che può ledere
la famiglia nella sua esistenza, nella sua stabilità,
nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni offesa ai valori fondamentali
della famiglia - si tratti di erotismo o di violenza,
di apologia del divorzio o di atteggiamenti antisociali dei giovani - è
un'offesa al vero bene dell'uomo (Ibid.).Ed io stesso, in analoga occasione,
facevo rilevare che le famiglie «devono poter contare in non piccola misura
sulla buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei
professionisti dei media: editori, scrittori,
produttori, direttori, drammaturghi, informatori, commentatori ed attori»
(Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980: «Insegnamenti
di Giovanni Paolo II», III, 1 [1980] 1044). Perciò è
doveroso che anche da parte della Chiesa si continui a dedicare ogni cura a
queste categorie di operatori, incoraggiando e
sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che vi si sentono chiamati e ne
hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati settori.
La pastorale familiare nei casi difficili
Circostanze particolari
77. Un impegno
pastorale ancor più generoso, intelligente e prudente, sull'esempio del Buon
Pastore, è richiesto nei confronti di quelle famiglie che - spesso
indipendentemente dalla propria volontà o premute da altre esigenze di diversa
natura - si trovano ad affrontare situazioni obiettivamente difficili.A questo
proposito è necessario richiamare specialmente l'attenzione su alcune categorie
particolari, che maggiormente abbisognano non solo di
assistenza, ma di un'azione più incisiva sulla pubblica opinione e soprattutto
sulle strutture culturali, economiche e giuridiche, al fine di eliminare al
massimo le cause profonde dei loro disagi.Tali sono, ad esempio, le famiglie
dei migranti per motivi di lavoro; le famiglie di quanti sono
costretti a lunghe assenze, quali, ad esempio, i militari, i naviganti,
gli itineranti d'ogni tipo; le famiglie dei carcerati, dei profughi e degli
esiliati; le famiglie che nelle grande città vivono praticamente emarginate;
quelle che non hanno casa; quelle incomplete o monoparentali; le famiglie con i
figli handicappati o drogati, le famiglie di alcoolizzati; quelle sradicate dal
loro ambiente culturale e sociale o in rischio di perderlo; quelle discriminate
per motivi politici o per altre ragioni; le famiglie ideologicamente divise;
quelle che non riescono ad avere facilmente un contatto con la parrocchia;
quelle che subiscono violenza o ingiusti trattamenti a motivo della propria
fede; quelle composte da coniugi minorenni; gli anziani, non raramente
costretti a vivere in solitudine e senza adeguati mezzi di sussistenza.Le
famiglie dei migranti, specialmente trattandosi di operai
e di contadini, devono poter trovare dappertutto, nella Chiesa, la loro patria.
E' questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo segno di
unità nella diversità. Per quanto è possibile siano assistiti da
sacerdoti del loro stesso rito, cultura e idioma. Spetta pure alla Chiesa fare
appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita sociale,
economica e politica, affinché gli operai trovino lavoro nella propria regione
e patria, siano retribuiti con giusto salario, le famiglie vengano al più
presto riunite, siano prese in considerazione nella loro identità culturale, trattate al pari delle altre, ed ai loro figli sia data
l'opportunità della formazione professionale e dell'esercizio della
professione, come pure del possesso della terra necessaria per lavorare e
vivere.Un problema difficile è quello delle famiglie ideologicamente divise. In
questi casi si richiede una particolare cura pastorale. Anzitutto bisogna, con
discrezione, mantenere un contatto personale con tali famiglie. I credenti
devono essere fortificati nella fede e sostenuti nella vita cristiana. Anche se la parte fedele al cattolicesimo non può cedere,
tuttavia bisogna sempre mantenere vivo il dialogo con l'altra parte. Devono
essere moltiplicate le manifestazioni di amore e di
rispetto, nella ferma speranza di mantenere salda l'unità. Molto dipende anche
dai rapporti tra genitori e figli. Le ideologie estranee alla fede possono, del
resto, stimolare i membri credenti della famiglia a crescere nella fede e nella
testimonianza di amore.Altri momenti difficili, nei
quali la famiglia ha bisogno dell'aiuto della comunità ecclesiale e dei suoi
pastori, possono essere: l'adolescenza irrequieta contestatrice ed a volte
tempestosa dei figli; il loro matrimonio, che li stacca dalla famiglia di origine; l'incomprensione o la mancanza di amore da parte
delle persone più care; l'abbandono da parte del coniuge o la sua perdita, che
apre la dolorosa esperienza della vedovanza, della morte di un familiare che
mutila e trasforma in profondità il nucleo originario della famiglia.Similmente
non può essere trascurato dalla Chiesa il momento dell'età anziana, con tutti i
suoi contenuti positivi e negativi: di possibile
approfondimento dell'amore coniugale sempre più purificato e nobilitato dalla
lunga e ininterrotta fedeltà; di disponibilità a porre a servizio degli altri,
in forma nuova, la bontà e la saggezza accumulata e le energie rimaste; di
pesante solitudine, più spesso psicologica e affettiva che non fisica, per
l'eventuale abbandono o per una insufficiente attenzione da parte dei figli e
dei parenti; di sofferenza per la malattia, per il progressivo declino delle
forze, per l'umiliazione di dover dipendere da altri, per l'amarezza di
sentirsi forse di peso ai propri cari, per l'avvicinarsi degli ultimi momenti
della vita. Sono queste le occasioni nelle quali - come hanno insinuato i Padri
Sinodali - più facilmente si possono far comprendere e vivere quegli elevati
aspetti della spiritualità matrimoniale e familiare, che si ispirano
al valore della Croce e risurrezione di Cristo, fonte di santificazione e di
profonda letizia nella vita quotidiana, nella prospettiva delle grandi realtà
escatologiche della vita terrena.In tutte queste diverse situazioni non sia mai
trascurata la preghiera, sorgente di luce e di forza ed alimento della speranza
cristiana.
Matrimoni misti
78. Il numero
crescente dei matrimoni fra cattolici ed altri battezzati richiede
pure una peculiare attenzione pastorale alla luce degli orientamenti e delle
norme, contenute nei più recenti documenti della Santa Sede e in quelli
elaborati dalle Conferenze episcopali, per consentirne l'applicazione concreta
alle diverse situazioni.Le coppie che vivono in matrimonio misto presentano
peculiari esigenze, le quali possono ridursi a tre capi principali.Vanno,
anzitutto, tenuti presenti gli obblighi della parte cattolica derivanti dalla
fede, per quanto concerne il libero esercizio di essa
e il conseguente obbligo di provvedere, secondo le proprie forze, a battezzare
e ad educare i figli nella fede cattolica (cfr. Paolo PP. VI, Motu Proprio «Matrimonia Mixta», 4-5: ASS 62 [1970], 257ss; cfr. Giovanni
Paolo PP. II, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Segretariato per
l'unione dei cristiani [13 Novembre 1981]: «L'Osservatore Romano» [14 Novembre
1981]).Bisogna tenere presenti le particolari difficoltà inerenti ai rapporti
tra marito e moglie, per quanto riguarda il rispetto della libertà religiosa:
questa può essere violata sia mediante pressioni indebite per ottenere il
cambiamento delle convinzioni religiose della comparte, sia mediante
impedimenti frapposti alla libera manifestazione di esse
nella pratica religiosa.Per quanto riguarda la forma liturgica e canonica del
matrimonio, gli Ordinari possono largamente far uso delle loro facoltà per
varie necessità.Nel trattare di queste speciali esigenze bisogna
tener presenti i punti seguenti:
· nell'apposita preparazione a questo tipo di matrimonio, deve
essere compiuto ogni ragionevole sforzo per far ben comprendere la dottrina
cattolica sulle qualità ed esigenze del matrimonio, come pure per assicurarsi
che in futuro, non abbiano a verificarsi le pressioni e gli ostacoli, di cui si
è parlato sopra;
· è di somma
importanza che, con l'appoggio della comunità, la parte cattolica venga fortificata nella sua fede e positivamente aiutata a
maturare nella comprensione e nella pratica di essa, in modo da diventare vera
testimone credibile in seno alla famiglia, attraverso la vita stessa e la
qualità dell'amore dimostrato all'altro coniuge e ai figli.
I matrimoni fra
cattolici ed altri battezzati presentano, pur nella loro
particolare fisionomia, numerosi elementi che è bene valorizzare e
sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia per l'apporto che possono
dare al movimento ecumenico. Ciò è particolarmente vero
quando ambedue i coniugi sono fedeli ai loro impegni religiosi. Il
comune battesimo e il dinamismo della grazia forniscono agli sposi, in questi
matrimoni, la base e la motivazione per esprimere la loro unità nella sfera dei
valori morali e spirituali.A tal fine, anche per mettere in
evidenza l'importanza ecumenica di un tale matrimonio misto, vissuto
pienamente nella fede dei due coniugi cristiani, va ricercata - anche se non
sempre ciò si rivela facile - una cordiale collaborazione tra il ministro
cattolico e quello non cattolico, fin dal tempo della preparazione al
matrimonio e delle nozze.Quanto alla partecipazione del coniuge non cattolico
alla comunione eucaristica, si seguano le norme impartite dal Segretariato per
l'unione dei cristiani (Istruz. «In quibus rerum
circumstantiis» [15 Giugno 1972], 518-525; Nota del 17 Ottobre 1973: ASS 64
[1973] 616-619).In varie parti del mondo si registra, oggi, un crescente
numero di matrimoni fra cattolici e non battezzati. In molti di essi il coniuge non battezzato professa un'altra religione e
le sue convinzioni devono essere trattate con rispetto, secondo i principi
della Dichiarazione «Nostra Aetate» del Concilio Ecumenico Vaticano II circa le
relazioni con le religioni non cristiane; ma in non pochi altri,
particolarmente nelle società secolarizzate, la persona non battezzata non
professa alcuna religione. Per questi matrimoni è necessario che le Conferenze
episcopali ed i singoli vescovi prendano misure pastorali adeguate, dirette a
garantire la difesa della fede del coniuge cattolico e la tutela del libero
esercizio di essa, soprattutto per quanto concerne il
dovere di fare quanto è in suo potere perché i figli siano battezzati ed
educati cattolicamente. Il coniuge cattolico deve essere, altresì, sostenuto in
ogni modo nell'impegno di offrire all'interno della famiglia una genuina
testimonianza di fede e di vita cattolica.
Azione pastorale di fronte ad alcune situazioni
irregolari
79. Nella sua
sollecitudine di tutelare la famiglia in ogni sua dimensione, non soltanto in
quella religiosa, il Sinodo dei Vescovi non ha tralasciato di prendere in
attenta considerazione alcune situazioni religiosamente e spesso anche
civilmente irregolari, che - negli odierni rapidi mutamenti delle culture -
vanno purtroppo diffondendosi anche fra i cattolici, con non lieve danno dello
stesso istituto familiare e della società, di cui esso costituisce la cellula
fondamentale.
Il matrimonio per esperimento
80. Una prima
situazione irregolare è data da quello che chiamano «matrimonio per
esperimento», che molti oggi vorrebbero giustificare, attribuendo ad esso un certo valore. Già la stessa ragione umana insinua la
sua inaccettabilità, mostrando quanto sia poco
convincente che si faccia un «esperimento» nei riguardi di persone umane, la
cui dignità esige che siano sempre e solo il termine dell'amore di donazione
senza alcun limite né di tempo né di altra circostanza.Dal canto suo, la Chiesa
non può ammettere un tale tipo di unione per
ulteriori, originali motivi, derivanti dalla fede. Da una parte, infatti, il
dono del corpo nel rapporto sessuale è il simbolo reale della donazione di
tutta la persona: una tale donazione peraltro, nell'attuale economia non può
attuarsi con verità piena senza il concorso dell'amore di carità, dato da
Cristo. Dall'altra parte, poi, il matrimonio fra due battezzati è il simbolo
reale dell'unione di Cristo con la Chiesa, una unione
non temporanea o «ad esperimento», ma eternamente fedele; tra due battezzati,
pertanto, non può esistere che un matrimonio indissolubile.Tale situazione
ordinariamente non può essere superata, se la persona umana, fin dall'infanzia,
con l'aiuto della grazia di Cristo e senza timori, non è stata educata a
dominare la nascente concupiscenza e ad instaurare con gli altri rapporti di amore genuino. Ciò non si ottiene senza una vera
educazione all'amore autentico e al retto uso della sessualità, tale che
introduca la persona umana secondo ogni sua dimensione, e perciò anche in
quella che riguarda il proprio corpo, nella pienezza del mistero di Cristo.Sarà
molto utile indagare sulle cause di questo fenomeno, anche nel suo aspetto
psicologico e sociologico, per giungere a trovare un'adeguata terapia.
Unioni libere di fatto
81. Si tratta di unioni senza alcun vincolo istituzionale pubblicamente
riconosciuto, né civile né religioso. Questo fenomeno - esso pure sempre più
frequente - non può non attirare l'attenzione dei pastori d'anime, anche perché
alla sua base possono esserci elementi molto diversi fra loro, agendo sui quali
sarà forse possibile limitarne le conseguenze.Alcuni, infatti, vi si
considerano quasi costretti da situazioni difficili - economiche, culturali e
religiose - in quanto, contraendo regolare matrimonio, verrebbero
esposti ad un danno, alla perdita di vantaggi economici, a discriminazioni,
ecc. In altri, invece, si riscontra un atteggiamento di disprezzo, di
contestazione o di rigetto della società, dell'istituto familiare,
dell'ordinamento socio-politico, o di sola ricerca del piacere. Altri, infine,
vi sono spinti dall'estrema ignoranza e povertà, talvolta da condizionamenti
dovuti a situazioni di vera ingiustizia, o anche da una certa immaturità
psicologica, che li rende incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e
definitivo. In alcuni Paesi le consuetudini tradizionali prevedono il
matrimonio vero e proprio solo dopo un periodo di coabitazione e dopo la
nascita del primo figlio.Ognuno di questi elementi pone alla
Chiesa ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne derivano, sia
religiose e morali (perdita del senso religioso del matrimonio, visto alla luce
dell'Alleanza di Dio con il suo popolo: privazione della grazia del sacramento;
grave scandalo), sia anche sociali (distruzione del concetto di famiglia;
indebolimento del senso di fedeltà anche verso la società; possibili traumi
psicologici nei figli; affermazione dell'egoismo).Sarà cura dei pastori
e della comunità ecclesiale conoscere tali situazioni e le loro cause concrete,
caso per caso; avvicinare i conviventi con discrezione e rispetto; adoperarsi
con una azione di paziente illuminazione, di
caritatevole correzione, di testimonianza familiare cristiana, che possa
spianare loro la strada verso la regolarizzazione della situazione.Soprattutto,
però, sia fatta opera di prevenzione, coltivando il senso della fedeltà in
tutta l'educazione morale e religiosa dei giovani, istruendoli circa le
condizioni e le strutture che favoriscono tale fedeltà, senza la quale non si
dà vera libertà, aiutandoli a maturare spiritualmente, facendo loro comprendere
la ricca realtà umana e soprannaturale del matrimonio-sacramento.Il Popolo di
Dio si adoperi anche presso le pubbliche autorità affinché resistendo a queste
tendenze disgregatrici della stessa società e dannose per la dignità, sicurezza
e benessere dei singoli cittadini, si adoperino perché l'opinione pubblica non
sia indotta a sottovalutare l'importanza istituzionale del matrimonio e della
famiglia. E poiché in molte regioni, per l'estrema povertà derivante da
strutture socioeconomiche ingiuste o inadeguate, i giovani non sono in
condizione di sposarsi come si conviene, la società e le pubbliche autorità
favoriscono il matrimonio legittimo mediante una serie di interventi
sociali e politici, garantendo il salario familiare, emanando disposizioni per
un'abitazione adatta alla vita familiare, creando adeguate possibilità di
lavoro e di vita.
Cattolici uniti col solo matrimonio civile
82. E' sempre più
diffuso il caso di cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono
contrarre il solo matrimonio civile, rifiutando o almeno rimandando quello
religioso. La loro situazione non può equipararsi senz'altro a quella dei
semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra almeno un
certo impegno a un preciso e probabilmente stabile
stato di vita, anche se spesso non è estranea a questo passo la prospettiva di
un eventuale divorzio. Ricercando il pubblico riconoscimento del vincolo da
parte dello Stato, tali coppie mostrano di essere disposte ad assumersene, con
i vantaggi, anche gli obblighi. Ciò nonostante, neppure questa situazione è
accettabile da parte della Chiesa.L'azione pastorale tenderà a far comprendere
la necessità della coerenza tra la scelta di vita e la fede che si professa, e
cercherà di far quanto è possibile per indurre tali persone a regolare la
propria situazione alla luce dei principi cristiani. Pur trattandole con grande carità, e interessandole alla vita delle rispettive
comunità, i pastori della Chiesa non potranno purtroppo ammetterle ai
sacramenti.
Separati e divorziati non risposati
83. Motivi diversi,
quali incomprensioni reciproche, incapacità di aprirsi a rapporti
interpersonali, ecc. possono dolorosamente condurre il matrimonio valido a una frattura spesso irreparabile. Ovviamente la
separazione deve essere considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro
ragionevole tentativo si sia dimostrato vano.La
solitudine e altre difficoltà sono spesso retaggio del
coniuge separato, specialmente se innocente. In tal caso la
comunità ecclesiale deve più che mai sostenerlo; prodigargli stima,
solidarietà, comprensione ed aiuto concreto in modo che gli sia possibile
conservare la fedeltà anche nella difficile situazione in cui si trova;
aiutarlo a coltivare l'esigenza del perdono propria dell'amore cristiano e la
disponibilità all'eventuale ripresa della vita coniugale anteriore.Analogo
è il caso del coniuge che ha subito divorzio, ma che - ben conoscendo
l'indissolubilità del vincolo matrimoniale valido - non si lascia coinvolgere
in una nuova unione, impegnandosi invece unicamente nell'adempimento dei suoi
doveri di famiglia e delle responsabilità della vita cristiana. In tal caso il
suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana assume un particolare valore di
testimonianza di fronte al mondo e alla Chiesa, rendendo ancor più necessaria,
da parte di questa, un'azione continua di amore e di
aiuto, senza che vi sia alcun ostacolo per l'ammissione ai sacramenti.
I divorziati risposati
I senza-famiglia
85. Ancora una parola
desidero aggiungere per una categoria di persone che,
per la concreta condizione in cui si trovano a vivere - e spesso non per loro
deliberata volontà - io considero particolarmente vicine al Cuore di Cristo e
degne dell'affetto della sollecitudine fattiva della Chiesa e dei
pastori.Esistono al mondo moltissime persone le quali, disgraziatamente, non
possono riferirsi in alcun modo a ciò che si potrebbe definire in senso proprio
una famiglia. Grandi settori dell'umanità vivono in condizioni di enorme povertà, in cui la promiscuità, la carenza di
abitazioni, l'irregolarità ed instabilità dei rapporti, l'estrema mancanza di
cultura non consentono praticamente di poter parlare di vera famiglia. Ci sono
altre persone che, per motivi diversi, sono rimaste sole al mondo. Eppure per
tutti costoro esiste un «buon annunzio della
famiglia».In favore di quanti vivono in estrema povertà, già ho parlato
dell'urgente necessità di lavorare coraggiosamente per trovare soluzioni, anche
a livello politico, che consentano di aiutarli a
superare questa inumana condizione di prostrazione. E' un compito che incombe,
solidarmente, all'intera società, ma in maniera speciale alle autorità in forza
della loro carica e delle conseguenti responsabilità, nonché
alle famiglie, che devono dimostrare grande comprensione e volontà di aiuto.A
coloro che non hanno una famiglia naturale bisogna aprire ancor più le porte
della grande famiglia che è la Chiesa, la quale si concretizza a sua volta nella
famiglia diocesana e parrocchiale, nelle comunità ecclesiali di base o nei
movimenti apostolici. Nessuno è privo della famiglia in questo mondo: la Chiesa
è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono «affaticati e
oppressi» (cfr. Mt 11,28).
CONCLUSIONE
Dato
a Roma, presso san Pietro, il 22 novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re
dell'universo, dell'anno 1981, quarto del Pontificato.