PREAMBOLO DELLA COSTITUZIONE EUROPEA
La prima versione
del Preambolo suonava: ”Ispirandosi ai retaggi culturali, religiosi e
umanistici dell’Europa i quali nutriti dapprima dalle civiltà greca e romana,
segnati dallo slancio spirituale che ha attraversato l’Europa e continua ad
essere presente nel suo patrimonio, e successivamente dalle correnti
filosofiche del secolo dei Lumi, hanno ancorato nella vita della società la sua
perfezione del ruolo centrale della persona umana, dei suoi diritti inviolabili
e inalienabili e del rispetto del diritto”.
Quando fu
presentata questa prima versione, molti, moltissimi e naturalmente anche
Infatti l’ultima
bozza si esprime così:
“Ispirandosi ai retaggi culturali, religiosi e umanistici
dell’Europa, i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato
nella vita della società la sua percezione del ruolo centrale della persona
umana, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e del rispetto del diritto”.
Rispondendo in
questa maniera alle critiche
Noi viviamo
immersi in un mondo che ci offre continuamente richiami alla civiltà greca,
romana, cristiana ed è impossibile non accorgersene.
IL NOSTRO AMBIENTE QUOTIDIANO
Per ora una
constatazione riferita al nostro ambiente quotidiano, poi faremo considerazioni
allargate all’intera Europa.
Siamo in piazza Brà: l’Arena non è una pallida
memoria, un debole ricordo del mondo romano, è una viva e grandiosa presenza
romana. Tanto viva che ancora oggi assolve alla funzione per la quale la
costruirono i Romani venti secoli fa: intrattenere i cittadini. Solo oggi è
cambiato il tipo di spettacolo, non più gladiatori che uccidono uomini, ma
esaltanti e catartiche opere musicali. Tra i Romani e noi, c’è di mezzo il
Cristianesimo. Il grande storico e archeologo francese Jérome Carcopino (1881),
accademico di Francia ricorda :”Nel 404 un editto di Onorio imperatore,
soppresse il combattimento dei gladiatori in Occidente. Così la cristianità
romana soppresse il delitto di lesa
umanità con cui i Cesari del paganesimo avevano macchiato l’impero nei loro
anfiteatri”. (Jérome Carcopino – “La vita quotidiana a Roma” – pag. 283).
In piazza Brà vediamo anche il Municipio con
le sue colonne di ordine colossale o gigante di origine romana, i cui capitelli
corinzi ci richiamano ai Greci, che crearono i tre ordini architettonici:
dorico, ionico, corinzio, universalmente impiegati e ancora presenti non solo
in Europa (basta pensare alla Casa Bianca, con portico ionico all’ingresso,
spesso sui nostri teleschermi).
Dall’alto del colle di S. Leonardo osserviamo
il panorama della nostra città, punteggiato da numerosi campanili che
testimoniano la presenza di varie chiese, ossia del Cristianesimo, e che come
indici puntati indicano il cielo e davanti a questa visione, viene alla mente,
prepotentemente, il salmo 19: ”I cieli immensi narrano del grande Iddio la
gloria”:
Come risulta chiaro, la presenza della
grecità, della romanità e del Cristianesimo è ben viva nel nostro angolo di
terra.
Adesso allarghiamo lo sguardo all’intera
Europa e in una stringatissima sintesi osserviamo come abbia veramente radici
elleniche, romane e cristiane che sono le fondamentali, le essenziali, alle
quali se ne aggiungono delle altre: giudaiche, germaniche, islamiche e avanti.
STRADE
ROMANE E CENTURIAZIONE IN EUROPA
Cominciamo con certi aspetti fisici. Ancora
oggi percorriamo delle strade che per alcuni tratti seguono il tracciato di
quelle romane e questo avviene in tutta l’area dell’Europa che fu romana. Lo
studioso americano Victor von Hagen (1908) che, con un gruppo di storici e di
archeologi di diverse nazioni, dedicò oltre sette anni allo studio e ai
sopralluoghi delle strade romane, scrisse un volume: “Le grandi strade di Roma
nel mondo” e alla pag. 13 afferma: “I monumenti più durevoli di Roma… sono le
onnipresenti strade romane che percorrevano come fili giganteschi tutto il
mondo allora conosciuto”. Questi fili giganteschi, le strade consolari, avevano
una lunghezza di ben 53.000 milia, pari a circa 78.800 km. Avevano grandissima
importanza militare, politica ed economica.
Un’altra universale impronta romana, molto
interessante ma poco nota, perché poco visibile, che ha coinvolto tutto
l’Impero romano è la centuriazione. I Romani quando conquistavano un
territorio, lo dividevano in grandi appezzamenti quadrati di 710 metri di lato,
orientati secondo la direttrice nord-sud, chiamati centurie, perché
questi quadrati di ca. 50 ettari di superficie venivano divisi inizialmente fra
100 persone: cittadini, coloni o veterani. Questa suddivisione era la base del
catasto, e fu usata in tutto l’Impero.
Di queste vestigia gli studiosi e gli
archeologi cominciarono ad avere qualche indizio verso la fine del Settecento e
solo all’inizio dell’Ottocento furono sicuri che si trattava della
centuriazione. Quando poi, circa un secolo più tardi, ebbero a disposizione la
fotografia aerea, poterono dimostrare che la centuriazione era presente più o
meno ampiamente in tutto l’Impero, anche in Inghilterra, in Africa ecc.
(Catalogo, “Misurare la terra: centuriazione e coloni” Autori vari).
La pianura padana fu una delle prime regioni
che conobbe questa suddivisione. “Nel suo paesaggio la centuriazione ha segnato
l’impronta che resta forse, a tutt’oggi, la più larga e la più duratura”.
(Emilio Sereni – “Storia del paesaggio agrario italiano” pag.50).
Qui offriamo l’immagine delle tracce dell’agro
centuriato di Cesena.
Queste presenze, le strade e le centurie,
nella modellazione del paesaggio agrario europeo, realizzata dai Romani, sono
le più estese e le più evidenti, ma accanto ad esse ci sono gli aspetti più
divulgati e noti: archi trionfali, ponti, acquedotti, templi, statue, mosaici,
ecc.
Ma è inutile insistere. Sulle radici greche e
romane dell’Europa convengono anche gli estensori della prima bozza, tanto è
vero che in essa le avevano espressamente citate.
SETTIMANA
E CALENDARIO
Dobbiamo pertanto dedicare delle righe alle
radici cristiane che furono escluse dagli estensori del preambolo, come abbiamo
già ricordato, solo perché spinti da una cieca faziosità che fece loro
volontariamente ignorare una realtà storica evidentissima che cercheremo di
dimostrare.
Consideriamo ora un’istituzione che ci ricorda
e la romanità e il Cristianesimo: la settimana. I romani la adottarono nel
corso del primo secolo a. C. Quando noi diciamo lunedì, martedì ecc. forse non
pensiamo che usiamo un nome dei Romani: lunae dies, giorno della luna
ecc. E quando diciamo domenica, usiamo un nome cristiano: dies dominica,
giorno del Signore “reso obbligatoriamente festivo da Costantino, imperatore,
nel 321”. (Alberto Barzanò – “Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale” –
pag.342).
Parlando di settimana viene spontaneo
ricordare che il calendario che usiamo noi oggi è quello che i Romani
chiamavano Giuliano perché riformato da Giulio Cesare (100 - 44 a.C.) nell’anno
46 a.C., che fissò l’anno in 365 giorni, aggiungendo inoltre un giorno
bisestile ogni quattro anni. Questo calendario fu seguito fino al 1582.
Nel corso del VI secolo intanto Dionigi il
Piccolo, dotto monaco scozzese, stabilì la data della nascita di Gesù Cristo
nell’anno 753 dalla fondazione di Roma e con questo monaco iniziò l’abitudine
di datare gli avvenimenti contando gli anni prima o dopo Cristo e di fare
incominciare l’Era cristiana o volgare dalla nascita di Cristo.
Tale sistema di datazione non solo fu seguito
dai popoli cristiani ma anche da alcuni non cristiani.
Nel calendario giuliano c’era un errore per
eccesso di 11’14” all’anno. Se ne accorse Gregorio XIII (papa, 1572 – 1585),
corresse quindi il calendario e ordinò alla cristianità di omettere nell’anno
1582 dieci giorni e che il 5 ottobre diventasse il 15 ottobre e inoltre stabilì
di sopprimere secondo una certa regola dei giorni bisestili.
Noi oggi seguiamo un calendario romano
corretto da un papa, e usiamo un sistema di datazione stabilito da un monaco.
SACRO
ROMANO IMPERO
E’ notorio che con l’editto di Milano di Costantino
(313 d.C.) i Cristiani ebbero la libertà di culto e che l’imperatore Teodosio
il grande (379 – 395) realizzò l’unificazione religiosa dell’Impero con il
Cristianesimo.
Clodoveo (48 1 – 511), re dei Franchi, creò un
regno unificato dando Parigi come capitale e si convertì al Cattolicesimo nel
496. Il suo esempio fu seguito dal suo popolo che diventò cristiano. I
Longobardi si convertirono dall’arianesimo al cattolicesimo, seguendo l’esempio
della loro regina Teodolinda morta nel 628.
Nell’anno 800 Carlo Magno, che domina sulla
Francia, su gran parte dell’Italia e dell’Europa centrale e occidentale, viene incoronato a Roma da papa Leone III con
il titolo di Sacro Romano Imperatore. “…molti aspetti dell’incoronazione
di Carlo Magno stanno ad attestare la formazione di una unità sufficientemente
distinta, una unità dell’Europa cristiana, occidentale, non solo romana, ma
anche franca e germanica. La consacrazione dell’imperatore esprimeva la
grandezza e la forza morale della Chiesa di Roma…che solo da quel momento si
chiamerà cattolica. Religione e politica indubbiamente si mescolano e si
rendevano solidali. Le monete di Carlo Magno portarono incise le parole
“christiana religio” (religione cristiana)”. (Carlo Curcio – “Europa, storia di
un’idea” – pag. 97 e pag. 99). Alcuni storici parlando dell’impero di Carlo
Magno usano l’espressione: christiana respublica (repubblica cristiana).
SIMBOLO
DELLA REPUBBLICA CRISTIANA
Come simbolo di questa Respublica
christiana mi si presenta davanti agli occhi lo splendido mosaico con
la scena del
Buon Pastore del Mausoleo di Galla Placidia (morta
450) a Ravenna. Quantun-que risalga alla prima metà del V secolo e quindi
preceda tutte le conversioni al Cattolicesimo dei popoli barbari già ricordate,
questo mosaico può essere interpretato come rappresentazione simbolica
dell’Europa cristiana: le pecorelle rappresentano i popoli europei, sia latini
che barbari convertiti e costituiscono una unità armonizzata dal Cristianesimo.
Tutte le pecorelle, ossia i popoli europei, si volgono verso il Buon Pastore,,
cioè il Cristo di cui hanno accolto la dottrina. Se come simbolo la scena può
essere interpretata così, stilisticamente essa costituisce una delle
composizioni più belle dell’arte paleocristiana e offre i caratteri della più
pura arte classica romana: armonia, sicurezza del disegno, vigoroso
naturalismo, saldo plasticismo fatto risaltare dai colori. Quindi qui
abbiamo una felicissima sintesi di un
soggetto cristiano, Gesù Cristo nella veste di Buon Pastore e di uno stile
classico di netta ascendenza romana. Sottolineiamo poi che la prima
manifestazione artistica europea è l’Arte paleocristiana, ossia del vecchio,
del primo Cristianesimo e dura fino alla fine del VI secolo.
FINE
DEL SACRO ROMANO IMPERO
Nel 962 con Ottone I il Grande (imperatore,
962 – 973) avrà inizio il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica.
Gli imperatori vengono incoronati a Roma dal papa e hanno nominalmente autorità
su tutto il mondo cattolico. L’ultimo imperatore incoronato dal papa è Federico
III di Asburgo nel 1452. L’istituzione però sussisterà fino a quando Napoleone
I alla Dieta della Confederazione Renana (12 luglio 1806) a Strasburgo deciderà
di non riconoscere più l’esistenza del Sacro Romano Impero Germanico. Pochi
giorni dopo Francesco II d’Asburgo-Lorena, imperatore del Sacro Romano Impero
Germanico rinuncia al titolo di imperatore di Germania e si chiamerà soltanto
Francesco I Imperatore d’Austria.
DIRITTO
CANONICO E SUOI INFLUSSI
“Il diritto canonico eserciterà un notevolissimo
influsso sullo sviluppo del diritto europeo, da quello penale e processuale a
quello del diritto di famiglia, limitando e rendendo più difficile la pratica
di istituti condannati dalla morale cristiana, come il divorzio, tanto che
alcuni studiosi parleranno al proposito di un diritto “romano-cristiano”
(Enciclopedia del Cristianesimo – pag.239)
Nel medioevo l’influsso del Cristianesimo fu
ampio e capillare e attenuerà il rigore della sanzione penale tipica del mondo
barbarico, la pena del taglione che impone la regola “occhio per occhio, dente
per dente”. Inoltre il diritto canonico induce a prendere in considerazione la
volontà di chi agisce per stabilire il grado di colpevolezza: si pongono così
le basi remote del diritto penale moderno.
Tipico è ancora il divieto di prestito su
interesse o usura.
MONTI
DI PIETA’
L’usura era “la grande piaga sociale” del
tempo. Il beato Bernardino da Feltre (XV
sec.), francescano, combattè coraggiosamente l’usura e “propugnò i “Monti di
Pietà”, una specie di organizzazione bancaria per poveri, non più strozzati
dagli usurai, ma ai quali contro un modesto pegno, veniva prestato denaro a
bassissimo interesse”. (Piero Bargellini – “Mille Santi del giorno” pag. 540).
I Monti di Pietà si diffusero rapidamente per opera dei Francescani che ne
furono fervidi e convinti fautori. Queste istituzioni diedero un po’ di
sollievo ai più miserabili e ai derelitti.
Visto che si parla di denaro merita un cenno
il capitalismo, grande protagonista nel mondo moderno e che ha suscitato negli
ultimi decenni anche delle polemiche a proposito delle sue origini che taluni
volevano trovare nel protestantesimo. Certamente invece il capitalismo ha
origini cristiane medioevali e tante sue istituzioni sono nate appunto nel
Medioevo. “Dal contratto di affitto alle lettere di cambio, dall’assegno
bancario, alle tratte e alle cambiali,dalle principali forme e tecniche del
credito, all’attività bancaria” sono tutte invenzioni medioevali. (Oreste
Bazzichi “Alle radici del capitalismo. Medioevo e scienza economica”, pag. 11)
OSPEDALI
E OSPIZI
Con i Monti di Pietà il Medioevo cristiano è
andato in aiuto ai poveri e ai bisognosi e naturalmente ha pensato a maggior
ragione, agli ammalati creando ospedali e ospizi. “La pietà religiosa sarebbe
sterile, se non producesse opere di misericordia” (Piero Bargellini) Queste
istituzioni, nate dallo spirito cristiano, più tardi furono laicizzate.
“Tra i primi medici cristiani vi furono molti
alti sacerdoti come Eusebio vescovo di Roma. I cristiani si dedicano con
infinita pietà e fervore grandissimo all’assistenza degli ammalati. Gli
ospedali pubblici cominciano a fiorire dovunque. Nel 400, Fabiola erige a Roma
il primo grande ospedale. Questi primi ospizi portano il nome di nosocomium,
xenodochion o brephotrophium” (Arturo Castiglioni – “Storia della medicina”
vol. I – pag. 229). Nell’832 è fondato a Siena l’ospedale di S. Maria della
Scala dal beato Sorore.
Ben presto agli ospedali si aggiunsero gli
ospizi per i viandanti e i pellegrini e le lebbroserie. “La medicina si avvia
nuovamente, nell’epoca della decadenza della civiltà romana a riparare
all’ombra della Chiesa e diviene, sotto l’influenza del Cristianesimo
dominante, medicina dogmatica della quale è primo articolo la fede e scopo
essenziale l’assistenza agli infermi, considerata come opera di umana e divina
pietà” (A. Castiglioni – opera citata – pag. 230).
Il passo è breve per passare dagli ospedali
alle “medicine che a quel tempo erano preparate usualmente con i semplici”
(Castiglioni, opera citata, pag. 266) ossia le piante medicinali, che sono
tornate in voga anche oggi. C’erano in uso numerosi libri dal titolo Horti
o Hortuli (orti, orticelli) le cui prime compilazioni furono fatte nel
IV – V secolo nei chiostri ad uso dei monaci per insegnar loro la scelta delle
piante medicinali. Nell’abbazia benedettina di Praglia (Padova) c’è “Il
chiostro botanico” che era destinato alla coltivazione di piante medicinali.
Nei secoli passati erano famose le farmacie dei monasteri benedettini.
Per assistere gli ammalati e portarli
all’ospedale a Firenze c’era l’Arciconfraternita della Misericordia, attiva già
nel 1240, opera altamente benefica, istituita da S. Pietro Martire, veronese.
Altra istituzione analoga, a Firenze, era il Bigallo.
Nel medioevo per assolvere a questo compito
c’erano istituzioni locali. Nei tempi moderni sorse una organizzazione per
assolvere a questo scopo e ad altri scopi umanitari: La Croce Rossa
internazionale. Primo propugnatore nel 1861 fu Ferdinando Palasciano di Capua,
ma il primo organizzatore fu il ginevrino Enrico Dunant (1828 – 1910) che dopo
aver presenziato ai disastri della battaglia di Solforino (24 giugno 1859)
promosse la Conferenza di Ginevra (1864) e la fondazione della Croce Rossa. La
sua bandiera è una croce rossa in campo bianco. A questa organizzazione
umanitaria aderirono anche nazioni musulmane, ma essendo la croce un simbolo
troppo scopertamente cristiano, esse adottarono la mezzaluna, emblema di
Costantinopoli.
UNIVERSITA’
Se la Chiesa pensò allo stato economico e allo
stato di salute delle persone, con altrettanta dedizione e slancio essa curò la
cultura. Cominciamo con gli amanuensi dei capitoli delle cattedrali e delle
abbazie che con la loro opera di copiare i libri dell’antichità a mano, quindi
il nome amanuensi, furono gli artefici della trasmissione della cultura antica
al mondo moderno. Oltre a copiare i testi classici con cui riempirono
biblioteche, copiavano ancora i libri che servivano nelle chiese per la
liturgia e quelli necessari per gli scolari.
La quasi totalità delle scuole nell’Alto
medioevo (V – X secolo) erano presso le cattedrali, le abbazie e le parrocchie
e la più parte degli studenti era costituita da giovinetti che si avviavano
allo stato monacale o ecclesiastico. Importantissimo è che proprio dalle scuole
delle cattedrali nel XII –XIII secolo nacquero le Università, la massima fucina
di cultura di allora e di oggi. “Queste Università sono delle creazioni
ecclesiastiche, in un certo qual modo, il prolungamento delle scuole
episcopali, da cui si differenziavano per la loro dipendenza dal papa anziché
dal vescovo del luogo”. (Régine Pernoud – Luce del Medioevo” – pag. 111)
TEATRO
Anche per il teatro le radici sono nel
Cristianesimo, anzi addirittura nelle chiese, dove i riti e gli eventi
soprattutto di Natale e di Pasqua e vite di Santi e di Martiri erano dialogati
e rievocati con una materiale rappresentazione. Questa forma di liturgia, nata
a Roma,Carlo Magno nel sec. VIII, in obbedienza al papa Adriano I (771 –795) la
fece adottare in tutte le chiese dell’Impero e furono inviati cantori romani
fino in Britannia ad insegnare questi riti liturgici tradotti parzialmente in
rappresentazioni dialogate. Questa forma liturgica fu seguita prestissimo nelle
solenni abbazie benedettine di qua e di là dalle Alpi e in genere nelle grandi
chiese della Cattolicità. Questi primi accenni drammatici furono battezzati
dagli storici con la denominazione di “Dramma liturgico”. Ad un certo momento
la rappresentazione “s’avanza fino al portico (della chiesa); s’inoltra sul
sagrato; finalmente, esce in piazza. E’ “il teatro delle masse” del Medioevo;
ed è il principio del Dramma moderno”. Scrive queste righe Silvio d’Amico (1887
– 1955), uno dei più grandi storici del teatro, nella sua opera: “Storia del
Teatro drammatico”, vol. I, pag. 241)
Interessante è il parere di un altro studioso,
Agostino Lombardo che nella sua “Storia del teatro, medioevo e rinascimento” a
pag. 11 scrive che questo processo che porta alla maturazione del teatro “non è
limitato ad un singolo paese o regione, ma che, al contrario, data l’unità
della Chiesa, e l’unità quindi della cultura medioevale, non ha confini
nazionali ma si attua nell’intera Europa”.
MUSICA
Alcune parti di queste rappresentazioni erano
accompagnate dalla musica che si era
affermata a Roma nel corso del V secolo e nel VII secolo sarà chiamata canto
romano e alla fine dell’VIII secolo canto gregoriano. Carlo Magno
contribuisce decisamente alla diffusione del canto gregoriano e nel X e XI
secolo diversi monasteri divengono centri famosi per la divulgazione di questa
musica. Il canto gregoriano fu subito introdotto anche in Inghilterra. “Questo
canto è il patrimonio più antico, perfettamente documentabile, di tutta la
musica europea. Il patrimonio profano, fiorito a partire dall’ VIII secolo...
si serve molto spesso, per quanto riguarda la musica di note melodie prese a
prestito dal Gregoriano, che vengono adottate senza alcuna modifica”. (Fratelli
Fabbri – “Storia della musica” – vol. XII – pagg. 14 e 21).
Qualche secolo più tardi Guido d’Arezzo (ca.
990 – 1050), celebre monaco benedettino e teorico musicale, introdusse il nome
delle note che usiamo ancora oggi. Suo grande merito però è l’aver fissato il
sistema di lettura musicale basato sul pentagramma.
Per quanto poi riguarda le creazioni musicali
possiamo dire che alcuni dei vertici assoluti hanno temi cristiani. Mi limiterò
a pochissimi esempi. La “Missa solemnis” secondo alcuni critici e alcuni
direttori d’orchestra è il capolavoro eccelso di Beethoven (1770 – 1827)che
come tutti sanno è uno dei massimi compositori. Per il grande Hàndel (1685 –
1759) autore del “Messiah” basta il titolo per vedere che si tratta di un
soggetto cristiano. Il sommo Johan Sebastian Bach (1685 – 1750) tra tanti
capolavori ha composto anche due passioni, quella secondo S. Matteo e quella
secondo S. Giovanni. Del sorprendente riformatore teorico e pratico
dell’orchestra Hector Berlioz (1803 – 1869) ricorderemo “La grande messe des
morts “ (1837), il “Te Deum” (1849) e la trilogia “L’enfance du Christ”
(L’infanzia di Cristo) (1850 – 54). Senza ulteriori citazioni diciamo che quasi
tutti i compositori hanno composto della musica sacra.
EDIFICI
SACRI
Nel corso del X secolo era giunta a un
notevole livello l’opera di disboscamento, di bonifica di paludi e di
dissodamento di vasti comprensori incolti, opera iniziata dai Benedettini, che
in questo campo, come anche in altri, furono dei pionieri.
Anche l’artigianato fece dei progressi. A
tutto questo si accompagnò una discreta crescita demografica. A coronamento di
tutti questi aspetti positivi si ebbe un miglioramento economico. Le comunità
potevano quindi disporre di qualche cosa e subito, essendo cristiane, pensarono
di costruire una decorosa casa del Signore, una chiesa, e gareggiarono tra loro
per realizzare la più bella.
Rodolfo il Glabro, monaco nell’abbazia di
Cluny e cronista, vissuto tra il X e l’XI secolo, scrive a pagina 106 della sua
opera “Storia dell’anno Mille”: “Era come se il mondo stesso, scotendosi,
volesse spogliarsi della sua vecchiezza – era l’anno 1003 – per rivestirsi di
un bianco manto di chiese”.
Il manto di chiese, in parte cambiò di forme
nel corso dei secoli, ma copre ancora oggi l’Europa con chiese cattoliche,
protestanti o anglicane, ma sempre cristiane. E sempre cristiane sono pure
quelle della Chiesa ortodossa nell’Europa orientale.
Ancora oggi sentendo il nome di molte città
europee, istintivamente lo accostiamo al nome di una chiesa e, naturalmente, in
tanti casi, anche a qualche edificio civile. Sentendo Vienna si pensa subito
alla cattedrale di Santo Stefano “chiamata comunemente dai viennesi il duomo e
che è il centro non solo religioso ma anche nazionale dell’Austria”. (Louis
Barcata – “Qui Vienna” – pag. 29). Udendo Parigi, si pensa naturalmente alla
Torre Eiffel, ma anche alla cattedrale di Notre Dame. Il nome di Londra farà
venire in mente la Torre dell’orologio o del Big Ben e la storica abbazia di
Westminster. Liverpool è orgogliosa delle due moderne cattedrali: quella enorme
anglicana (1904) e quella cattolica con una grandiosa cupola (1933). Colonia
richiama immediatamente alla sua superba Cattedrale che la domina con le due
torri in facciata alte 156 metri. Ulm porta subito a pensare alla gigantesca
torre alta 161 metri che costituisce la facciata del duomo. Non possiamo
dimenticare Mosca, nome che evoca il suo Cremlino con il Gran Palazzo (1840) e
con le antiche cattedrali dell’Assunzione, dell’Arcangelo S. Michele, del
Salvatore e dell’Annunciazione (XV secolo) con le loro numerose cupole a bulbo.
E gli esempi non finirebbero più.
FONTI
CRISTIANE D’ISPIRAZIONE
Se passiamo ai musei, dalla Russia al Portogallo,
dall’Italia all’Inghilterra, credo non sia difficile convenire che buona parte
dei quadri in essi esposti rappresenta temi tratti dal Vecchio e dal Nuovo
Testamento e da vite di Santi e di Martiri.
Consideriamo ora alcuni capolavori delle
letterature europee per constatare come il Cristianesimo sia presente e queste
opere siano di chiara ispirazione cristiana.
Incominciamo con quello che certamente è il
massimo poema del Medioevo cristiano e di tutti i tempi: “La divina Commedia di
Dante Alighieri (1265 – 1321). Non si deve dimenticare il più notevole poema
della lingua inglese: “Il Paradiso perduto” di John Milton (1608 – 1674) dove
la religiosità puritana trovò nobile e severa espressione. Ancora ricordiamo
del tedesco Klopstock (1726 – 1804) la “Messiade”, poema epico dove si celebra
“ una fede sana, fuor da dubbi e nebbie filosofiche” e dove si imprime “nuovo
vigore e nitore alla lingua poetica”. (Giovanna Federici Ajroldi – “Centouno
capolavori tedeschi” pag. 47).
Non si può non dedicare un breve cenno al più
noto capolavoro della lingua tedesca di Wolfgang Goethe (1749 – 1832) il
“Faust” “poema drammatico, alimentato da una sensibilità sostanzialmente
cristiana” (Giuseppe Gambetti – “Centouno capolavori tedeschi” – pag. 138)
SERVIZIO
POSTALE
Con la caduta dell’Impero romano (476 d.C.) il
servizio postale fu vittima di un completo disfacimento e “le uniche strutture
che avevano bisogno di corrispondere intensamente erano i conventi per
motivazioni religiose – e più tardi – le università per motivi culturali”. I
monaci stabilirono “un efficiente sistema di corrieri capaci di collegare le
abbazie in tutta Europa. Gli ordini religiosi si limitavano però al trasporto
della propria corrispondenza e solo eccezionalmente accettavano lettere dai privati”.
“Il sistema di collegamento si sviluppò tanto che l’abbazia di Montecassino
poteva disporre di proprie navi per corrispondere con le colonie monastiche del
Mediterraneo. Queste navi, comandate da un frate e condotte da monaci conversi,
erano veri e propri conventi naviganti”. “I Cistercensi di Citeaux (Francia)
stabilirono linee di messaggeri a cavallo in grado di collegare i seimila
conventi dell’ordine sparsi in tutta Europa dalla Spagna alla Polonia”. “Le
messaggerie dei monasteri perderanno la loro importanza solo nel XVII secolo”.
(Augusto Leggio – “Nel tempo e nello spazio. Storia illustrata della Posta e
della Telecomunicazione”. Da pag. 76 a pag. 81)
La filosofia che
domina in tutta Europa nel Medioevo, è la Scolastica, ossia la filosofia che si
insegnava nelle scuole episcopali, abbaziali e universitarie. La Scolastica fu
varia e ricca nella sua espressione e nei capaci pensatori che la elaborarono.
“La Scolatica è fondata sulla concezione cristiana della realtà e della vita; trae
partito anche dalle filosofie antiche, ma in quanto si confanno con quella
concezione; è intimamente connessa con la teologia cristiana, di cui fu anche
ritenuta una propedeutica razionale”. (“Dizionario enciclopedico moderno” –
Labor).
Essa si svolge
dalla Rinascenza carolingia fino al Rinascimento. Comprende un periodo di
preparazione che dal IX secolo va fino alla metà dell’XI; un periodo di
sviluppo che occupa la seconda metà
dell’XI secolo, e tutto il XII; il periodo di massima fioritura si ha nel XIII
secolo con i giganti del pensiero cristiano e del pensiero medioevale, S.
Tommaso d’Aquino (1225 – 1274), domenicano e S. Bonaventura di Bagnorea (1221 –
1274), francescano.
“Di enorme valore
per la Scolastica fu la diffusione in tutta Europa degli scritti e del pensiero
di Aristotele, in gran parte attraverso la traduzione dei testi arabi”. (M. E.
Bunson “Dizionario Universale del Medioevo pag. 561)
Come corpo di
dottrine e atteggiamento di pensiero la Scolastica è rimasta sempre viva nel
corso della cultura europea e dalla metà del XIX secolo è rifiorita con il nome
di Neoscolastica o Neotomismo e ha i suoi centri nell’Università di Lovanio
(Belgio), fondata nel 1425, ancor oggi fulcro del pensiero cattolico in Belgio,
l’Università cattolica internazionale di Friburgo (Svizzera), fondata nel 1889,
centro della cultura cattolica svizzera e l’Università cattolica di Milano,
istituita nel 1921.
Tra i numerosi
seguaci sia religiosi che laici di questa moderna rifioritura della Scolastica,
ricordiamo alcuni dei più noti: il francescano Agostino Gemelli (1878 – 1952) e
don Francesco Oliati (1886 – 1962) per l’Italia, Jacques Maritain (1882 - 1973)
e Etienne Gilson ((1884 - 1968) per la Francia.
Teniamo presente
che certe idee di più di un filosofo scolastico furono riprese da pensatori
moderni. Il famoso argomento ontologico dell’esistenza di Dio di S. Anselmo
d’Aosta (1033 – 1109) “fu accettato, pur modificandolo, da Duns Scoto (1266 –
1308), da Cartesio (1596 –1650) e da Leibniz (1646 – 1716)” (Celestino Argenta
“Costruttori d’Europa” – pag. 74) e in genere dai razionalisti prekantiani. La
concezione della logica del francescano Raimondo Lullo (1235 ca – 1315),
mistico e teologo spagnolo, ebbe notevole influenza sul Rianascimento (Giordano
Bruno, 1548 – 1600) e sul secolo XVII (Gottfried Wilhelm Leibniz, 1646 – 1716).
Il volontarismo di Giovanni Duns Scoto (1266 – 1308), francescano chiamato
“Doctor subtilis” – Dottore sottile – ebbe sviluppo nel francese Renato
Cartesio (1596 – 1650), nel tedesco Guglielmo Wundt (1832 – 1920), nel francese
Maurizio Blondel (1861 – 1949).
Come abbiamo visto
“la Scolatica non muore col Medioevo, ma soltanto perde nella moderna civiltà
quel primato che aveva goduto un tempo. Le capacità dialettiche della filosofia
moderna, lo spirito finemente analitico dei moderni pensatori è certo derivato
dall’uso rigoroso del raziocinio di cui diedero esempio i grandi Maestri della
Scolastica…Sicché anche a questo proposito la continuità del pensiero umano è
mantenuta. La filosofia del
Cristianesimo, insomma, non ha ancora esaurite le sue risorse, né estinta la
sua vitalità” (Luigi Stefanini – “Il pensiero moderno” – pagg. 10-11)
I primi segni di un risveglio delle scienze
lo si avvertì intorno all’anno mille quando si ebbe una ripresa
dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio e dell’economia in generale.
Si può dire che simbolo di “questa ripresa è Gerberto d’Aurillac (ca. 945 –
1003), monaco benedettino, che dopo aver insegnato matematica a Reims e in
altri centri di studio, divenne papa col nome di Silvestro II (999 – 1003).
Egli può venir considerato come l’elemento di trapasso dal periodo di decadenza
dei secoli precedenti alla rinascita del sec. XI. La sua cultura, infatti,
sebbene generica e superficiale, rivela tuttavia alcuni interessi nuovi, una
nuova apertura d’orizzonte, che lasciano ormai percepire imminente un radicale
mutamento. Gerberto si occupa ancora di varie discipline, ma porta in ciascuna
di esse e specialmente nella matematica freschezza di indagine”: (Ludovico
Geymonat – “Storia delle scienze” – vol. I, pagg. 97 – 98).
“Nella seconda
metà del sec. XIII e soprattutto nel XIV, la matematica fece il suo ingresso
trionfale nelle università, a partire da Oxford, dove si distinse Roberto
Grossatesta (1175 – 1253), seguito da Ruggero Bacone (1210 –1299), singolare
figura di frate francescano inglese, filosofo , scienziato e alchimista. Nel
suo libro “Opus maius” – Opera maggiore – sono contenuti studi di ottica che
precorrono persino l’ottica galileiana e molte nozioni di uso pratico come
quelle relative alla polvere da sparo”. (Enciclopedia Garzanti – vol. V – pag.
3361). L’inglese Roberto Grossatesta insegnò ad Oxford dal 1224 al 1235, quando
fu eletto vescovo di Lincoln. E’ noto come astronomo e fu molto versato in
ottica, matematica e scienze.
Un altro
personaggio che contribuì al progresso scientifico è Nicola Oresme (ca. 1320 –
1382), filosofo francese, vescovo di Lisieux dal 1378, che cooperò alla nascita
della matematica e della scienza moderna. “Scrisse un trattato “De moneta” (ca.
1360), che è un primo studio scientifico sul denaro. I suoi studi sul movimento
dei corpi, insieme a Giovanni Buridano, anticiparono i successivi sviluppi di
Leonardo da Vinci (1452 – 1519) e del Copernico (1473 – 1543). La sua opera
sulla geometria analitica anticipò le teorie di Galileo (1564 – 1642) e quelle
di Cartesio (1596 –1650)”. (M. E. Bunson – “Dizionario Enciclopedico del
Medioevo”).
“Nicola Oresme
adoperando per la prima volta nella storia della scienza una rappresentazione
grafica corrispondente al nostro uso delle coordinate, trovò la legge, ancor
oggi accettata, che nel moto uniformemente vario lega lo spazio percorso dal
mobile al tempo impiegato a percorrerlo”. (Mario Gliozzi – “Storia della
Scienza” vol. II – pag. 25).
Si deve citare
anche il grande pittore Giotto (1267 – 1337) che con la sua prospettiva
empirica si stacca completamente dalla piatta staticità bizantina e preannuncia
decisamente la prospettiva geometrica rinascimentale di Brunelleschi (1337 –
1446), Masaccio (1401 – 1428) e Piero della Francesca (1415 – 1492).
I monaci hanno
contribuito enormemente ad allargare le conoscenze geografiche viaggiando
soprattutto in Asia. Nel primo Medioevo le nostre cognizioni sull’Asia
derivavano dalle opere di geografi arabi, ma in un secondo tempo dei monaci
viaggiarono e scrissero utili e preziose relazioni.
Giovanni da Pian
del Carpine (Pian del Carpino, Perugina, fine del XII sec. – 1252) fu tra i
primi compagni di S. Francesco, diffuse l’ordine dei Minori in alcune nazioni
europee. Fu uno dei più grandi viaggiatori europei. Nel 1245 si recò quale
legato di Innocenzo IV presso il kahn dei Tartari e scrisse la “Historia
Mongolorum” (Storia dei Mongoli), primo trattato storico-geografico sul paese
dei Tartari scritto da un europeo.
Nello stesso
secolo Guglielmo di Rubruquis (ca. 1220 – ca. 1295), monaco francescano
fiammingo, nel 1253 fu mandato da Luigi IX, re di Francia, nell’impero mongolo.
Al suo ritorno scrisse per il re un libro sulle sue avventure con osservazioni
molto dettagliate.
Dopo
questi due francescani è la volta di Marco Polo (ca. 254 –1324) che andò in
Asia con il padre Niccolò e lo zio Maffeo nel 1271. Questi tre partirono con la
benedizione del papa Gregorio X che era amico dei Polo. Arrivati alla corte
dell’imperatore dei Mongoli, Kublai Khan vicino a Pechino, gli consegnarono
(1275) alcune lettere del papa e Marco Polo rimase presso l’imperatore. Visitò
poi la Cina sud-occidentale e la Birmania. Ritornando vide altri paesi
asiatici. Tutti e tre i Polo rientrarono a Venezia nel 1295. Marco dettò, in
prigione a Genova, il suo libro “Il Milione” a Rustichello da Pisa che alimentò
la fantasia dei suoi contemporanei e delle generazioni successive. Il Milione
fu la principale fonte di conoscenza dell’Oriente durante il Rinascimento.
Dopo Marco Polo altri due missionari
francescani andarono in Cina: frate Giovanni da Monte Corvino (1247 – 1328) che
dal 1307 fu arcivescovo di Pechino e frate Odorico da Pordenone (ca. 1286
–1331), che, trascorsi alcuni anni a Pechino, tornò in patria e scrisse una
relazione molto nota del suo viaggio.
E’ evidente come tanti progressi nella
conoscenza della geografia abbiano origine nel Medioevo cristiano per opera di
coraggiosi monaci che hanno posto le basi per sempre più lunghi viaggi verso
sempre nuove regioni.
Dell’Oriente si parlava molto e per le
informazioni dei missionari e per le notizie e i prodotti portati dai mercanti.
Ed ecco alla ribalta della storia Cristoforo Colombo (Genova, 1451 –
Valladolid, 1506) che ebbe un’intuizione geniale e propose che, essendo la
terra rotonda, navigando nell’Oceano verso ovest, si sarebbe arrivati in India.
Lo confortò in questa idea e lo convinse definitivamente della sua bontà Paolo
Del Pozzo Toscanelli (Firenze, 1397 –1482) astronomo, matematico, geografo e
medico. Isabella di Castiglia (1451 – 1504) e il consorte Ferdinando II
d’Aragona (1452 – 1516), conosciuti come i “Re Cattolici” finanziarono
l’impresa, iniziata il 3 agosto 1492 dal porto di Palos. Cristoforo Colombo, il
protagonista di uno degli avvenimenti più stupefacenti della storia
dell’umanità e della più grande scoperta geografica di tutti i tempi –
raddoppiava la superficie del mondo allora conosciuto – morì nel 1506, dopo
quattro viaggi, senza sapere di aver scoperto un nuovo continente e sempre
convinto di aver raggiunto l’Asia.
La data della sua imprevista, ma
importantissima scoperta – 1492 – fu adottata come punto di conclusione del
Medioevo e di inizio dell’Evo Moderno. Anche questo fondamentale e
significativo punto di riferimento ha una radice cristiana. L’impresa, che lo
determinò, fu compiuta da un cristiano e resa possibile dai Re Cattolici di
Spagna.
ALFABETO CIRILLICO
Se
un russo è intento a leggere un giornale o una poesia del suo grande poeta
Pùskin (1799 – 1837), difficilmente penserà che i caratteri che compongono le
parole che passano sotto i suoi occhi sono stati inventati da S. Cirillo,
monaco cattolico (Tessalonica, 827 – Roma, 869). S. Cirillo e suo fratello S.
Metodio (Tessalonica, 815 – Moravia, 885) studiosi, linguisti e attivi
missionari, Patroni d’Europa insieme a S. Benedetto, convertirono al
Cristianesimo i popoli slavi della Moravia, della Pannonia ed altri, pertanto
furono chiamati:”Apostoli degli Slavi”. Essendo quei popoli analfabeti e non
avendo una scrittura, Cirillo, per facilitare la loro conversione, inventò un
alfabeto capace di tradurre in segni e quindi in una scrittura i complessi
suoni della lingua slava: è l’alfabeto cirillico. Il successo fu immediato. I
due fratelli tradussero in slavo parte della Bibbia e tutti i testi liturgici
cattolici. Così i due Santi furono di aiuto alla nascita della letteratura
slava e della lingua russa, parlata in Russia e in tutto il mondo slavo e
offrirono ancora ai popoli slavi “lo strumento per una propria cultura: la
scrittura detta cirillica”. (Ettore Lo Gatto – “La letteratura russa” – pag. 2)
Così
anche l’Europa orientale, oltre ad altri influssi, presenta e usufruisce di evidenti
radici cristiane: l’alfabeto e la scrittura inventati da S. Cirillo. Radici
cristiane che più appariscenti, più onnipresenti e più durature è difficile
inventare.
UNICA
FONTE: IL CRISTIANESIMO
Abbiamo visto come tutte le manifestazioni che
nobilitano l’uomo: poesia, pittura, scultura, architettura, teatro, musica,
filosofia, scienza, medicina, opere assistenziali e sociali e qualsiasi altra
manifestazione umana abbiano la loro sorgente nel Cristianesimo e siano sorte
in un’atmosfera cristiana.
Anche la trinità laico-giacobina della
Rivoluzione francese: fratellanza, uguaglianza e libertà non è altro che la
trasposizione in termini laici di valori cristiani che a quei tempi, ai tempi
della Rivoluzione, erano già vecchi di diciotto secoli.
Basta analizzare le prime due parole della
preghiera insegnata da Gesù medesimo agli Apostoli: il Padre nostro. Se è Padre
nostro, ossia di tutti noi, ne deriva che noi abbiamo lo stesso padre e quindi
siamo fratelli, ci unisce la fratellanza. Secondo la dottrina cattolica siamo
stati creati ad “immagine e somiglianza di Dio” (Genesi 1, 26 – 27) secondo uno
stesso modello, pertanto l’uguaglianza è il carattere che ci unisce. Inoltre
siamo stati creati completamente liberi, di conseguenza la libertà è una nostra
prerogativa.
Possiamo concludere che la tanto celebrata e
decantata triade della Rivoluzione francese: fratellanza, uguaglianza e libertà
è figlia del Cristianesimo.
OPINIONI
PIU’ CHE AUTOREVOLI
A bilanciare, o meglio, a destituire di ogni
peso la immeritata esclusione delle radici cristiane dal Preambolo decisa dagli
intellettuali moderni di Giscard d’Estaing citerò – dopo tutte le cose che
abbiamo riferito – l’opinione di alcuni dei più geniali e creativi intelletti europei degli ultimi secoli, vera
gloria dell’Europa moderna, e di qualche studioso contemporaneo.
Servendomi, per due nomi eccellenti, delle
citazioni addotte dal bibliotecario dell’Ambrosiana (Milano) mons. Gianfranco
Ravasi in un suo articolo su “Avvenire” del 5 giugno 2003, ricordo la frase del
più grande poeta tedesco, Wolfgang Goethe (1749 – 1832): “La lingua materna
d’Europa è il Cristianesimo” e le parole del più grande filosofo tedesco e
forse d’Europa Emanuel Kant (1724 – 1804): “Il Vangelo è la fonte da cui è
scaturita la nostra civiltà”. Ricordo un saggio del massimo filosofo italiano
del’900, Benedetto Croce (1866 – 1952) il cui titolo riassume il contenuto
dello scritto “Non possiamo non dirci cristiani”. Ancora uno dei più seri
storici odierni del Medioevo, Franco Cardini sintetizza la sua idea su questo
argomento nella frase: “L’Europa al suo nascere è stata Cristianità”.
(“Avvenire; 12 –06 –2003).
E per ultimo diamo la parola al più squisito e
affascinante lirico romantico tedesco e profondo pensatore, Novalis (1772 –
1801) che scrisse il breve e densissimo saggio: “Europa oder die Christenheit”
(Europa o Cristia-nesimo). “Il titolo ne riassume la tesi: l’unità europea è
unità nel Cristianesimo”. (Ladislao Mittner – “Storia della lette-ratura tedesca”,
pag. 775).
Ora ciascun lettore davanti alle chiare,
precise e numerose testimonianze di tanti personaggi veramente validi, anzi
validissimi, può tirare da sé una logica conclusione.
EPISODIO
ILLUMINANTE
Sono tentato di chiedere al cortese lettore ancora
un paio di minuti per ricordare un episodio illuminante.
Ci fu almeno un’altra volta nella storia
plurimillenaria dell’Europa che in un certo momento gli intellettuali cercarono
di denigrare e di cancellare un periodo dell’arte. Fu una cosa ben più leggera
di quella di oggi, ma vale la pena di ricordarla per la conclusione che ebbe.
Gli uomini del Rinascimento (chiaramente da:
rinascere) XV - XVI secolo, che per rinnovare l’arte e la letteratura, la
cultura in generale, si ispirarono direttamente alla classicità e vollero far
rinascere l’antichità, bollarono l’arte del momento immediatamente precedente
col termine “gotico” che per loro aveva un significato dispregiativo e si
comportarono come non fosse mai esistita. Il Vasari (1511 – 1574), il più noto
storico dell’arte italiana, ebbe a scrivere: “mostruosa e barbara la maniera
(=lo stile) trovata dai Gothi”. Però dalla metà del XVIII secolo si svolse un
processo di rivalutazione del gotico sostenuto in maniera particolare dal
Romanticismo.
Nel corso del XIX secolo nacque addirittura un movimento
neogotico – nuovo gotico – che realizzò diverse opere architettoniche, sia
religiose che civili, nell’intera area europea e un adeguato tipo di
ornamentazione. A Verona abbiamo il neogotico Santuario di Santa Teresa a
Tombetta, costruito nei primi anni del’900.
E’ facile
prevedere che come lo stile gotico fu misconosciuto e disprezzato e qualche
secolo più tardi rivalutato, richiamato in vita e ancora usato, se il Preambolo
rimarrà nella manchevole e distorta forma attuale, quando arriveranno persone
più obiettive e imparziali – le costituzioni sono sempre perfettibili –
provvederanno a correggere le gravi manchevolezze rilevate.
Le cose da ricordare sarebbero ancora molte, sia del
mondo antico che del mondo cristiano. Ho citato soltanto alcune delle più
importanti, che hanno contribuito a dare un volto all’Europa moderna, sia nel
suo aspetto fisico che in quello culturale. Naturalmente ognuno può aggiungere
quello che la memoria gli suggerisce.
A questo punto non riesco a liberare la memoria da due
versi di un’arietta dell’abate e poeta Pietro Metastasio (1698 – 1782):
Ovunque
il guardo io giro,
immenso
Dio ti vedo.
E di modificarli così:
Ovunque
il guardo io giro,
cristiane
radici vi vedo.
Ne convengo, sul piano metrico e musicale il verso
modificato costituisce veramente un delitto, ma sul piano concettuale fotografa
la oggettiva realtà dell’Europa: dappertutto vediamo continui richiami
cristiani.
UN
BRINDISI?
E se volessimo chiudere in bellezza e brindare
alla fine della stesura della Costituzione europea con uno spumante che il
Preambolo, a dire il vero, in questa forma non merita, ci capita ancora tra i
piedi, anzi tra le mani un ritrovato di un benedettino, perché non dobbiamo
scordare che fu proprio un monaco benedettino francese (quindi della patria di
Giscard d’Estaing!) dom Pérignon (1638 – 1715) che si accorse che con certi
procedimenti il buon vino diventa spumante. Anche qui un benedettino! Ancora
una volta la Chiesa cristiana, una radice cristiana! Tutti sanno quale successo
ebbe e ha questa preziosa scoperta del modesto benedettino.
Brindiamo, allora, al rinnovamento del Preambolo!
Giuseppe
Scudellari