Giovanni Paolo II
Ecclesia de Eucharistia
Lettera enciclica sull'Eucaristia nel
suo rapporto con la Chiesa
17 aprile 2003
INTRODUZIONE
1.
Giustamente il Concilio Vaticano
II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è " fonte e apice di tutta
la vita cristiana ".1 " Infatti, nella santissima
Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso
Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo
Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini ".2 Perciò lo
sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel
Sacramento dell'Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo
immenso amore.
2. Nel corso del Grande Giubileo
dell'Anno
Gli Apostoli che presero parte
all'Ultima Cena capirono il significato delle parole uscite dalle labbra di
Cristo? Forse no. Quelle parole si sarebbero chiarite pienamente soltanto al termine
del Triduum sacrum, del periodo cioè che va dalla sera del Giovedì fino
alla mattina della Domenica. In quei giorni si inscrive il mysterium
paschale; in essi si inscrive anche il mysterium eucharisticum.
3. Dal mistero pasquale nasce
" Fu crocifisso, morì e fu
sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte ".
Alle parole della professione di fede fanno eco le parole della contemplazione
e della proclamazione: " Ecce lignum crucis, in quo salus mundi
pependit. Venite adoremus ". È l'invito che
5. " Mysterium fidei!
- Mistero della fede! ". Quando il sacerdote pronuncia o canta queste
parole, i presenti acclamano: " Annunziamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta ".
In queste o simili parole
Questo pensiero ci porta a
sentimenti di grande e grato stupore. C'è, nell'evento pasquale e
nell'Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una " capienza "
davvero enorme, nella quale l'intera storia è contenuta, come destinataria
della grazia della redenzione. Questo stupore deve invadere sempre
6. Questo " stupore "
eucaristico desidero ridestare con la presente Lettera enciclica, in continuità
con l'eredità giubilare, che ho voluto consegnare alla Chiesa con
7. Da quando ho iniziato il mio
ministero di Successore di Pietro, ho sempre riservato al Giovedì Santo, giorno
dell'Eucaristia e del Sacerdozio, un segno di particolare attenzione, inviando
una lettera a tutti i sacerdoti del mondo. Quest'anno, venticinquesimo per me
di Pontificato, desidero coinvolgere più pienamente l'intera Chiesa in questa
riflessione eucaristica, anche per ringraziare il Signore del dono
dell'Eucaristia e del Sacerdozio: " Dono e mistero ".4 Se,
proclamando l'Anno del Rosario, ho voluto porre questo mio venticinquesimo anno
nel segno della contemplazione di Cristo alla scuola di Maria, non posso
lasciar passare questo Giovedì Santo 2003 senza sostare davanti al " volto
eucaristico " di Cristo, additando con nuova forza alla Chiesa la
centralità dell'Eucaristia. Di essa
8. Quando penso all'Eucaristia,
guardando alla mia vita di sacerdote, di Vescovo, di Successore di Pietro, mi
viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato
concesso di celebrarla. Ricordo la chiesa parrocchiale di Niegowić, dove
svolsi il mio primo incarico pastorale, la collegiata di san Floriano a
Cracovia, la cattedrale del Wawel, la basilica di san Pietro e le tante
basiliche e chiese di Roma e del mondo intero. Ho potuto celebrare
Il Concilio Vaticano II, pur non
avendo pubblicato uno specifico documento sul Mistero eucaristico, ne illustra,
comunque, i vari aspetti lungo l'intero arco dei suoi documenti, e specialmente
nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium e nella
Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium.
Io stesso, nei primi anni del mio
Ministero apostolico sulla Cattedra di Pietro, con
Purtroppo, accanto a queste luci, non
mancano delle ombre. Infatti vi sono luoghi dove si registra un pressoché
completo abbandono del culto di adorazione eucaristica. Si aggiungono, nell'uno
o nell'altro contesto ecclesiale, abusi che contribuiscono ad oscurare la retta
fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento. Emerge talvolta una
comprensione assai riduttiva del Mistero eucaristico. Spogliato del suo valore
sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un
incontro conviviale fraterno. Inoltre, la necessità del sacerdozio
ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata
e la sacramentalità dell'Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia
dell'annuncio. Di qui anche, qua e là, iniziative ecumeniche che, pur generose
nelle intenzioni, indulgono a prassi eucaristiche contrarie alla disciplina
nella quale
Confido che questa mia Lettera
enciclica possa contribuire efficacemente a che vengano dissipate le ombre di
dottrine e pratiche non accettabili, affinché l'Eucaristia continui a
risplendere in tutto il fulgore del suo mistero.
CAPITOLO PRIMO
MISTERO DELLA FEDE
11. " Il Signore Gesù, nella
notte in cui veniva tradito " (1 Cor 11,23), istituì il Sacrificio
eucaristico del suo corpo e del suo sangue. Le parole dell'apostolo Paolo ci
riportano alla circostanza drammatica in cui nacque l'Eucaristia. Essa porta
indelebilmente inscritto l'evento della passione e della morte del Signore. Non
ne è solo l'evocazione, ma la ri-presentazione sacramentale. È il sacrificio
della Croce che si perpetua nei secoli.9 Bene esprimono questa
verità le parole con cui il popolo, nel rito latino, risponde alla
proclamazione del " mistero della fede " fatta dal sacerdote: " Annunziamo
la tua morte, Signore! ".
Quando
12. Questo aspetto di carità
universale del Sacramento eucaristico è fondato sulle parole stesse del
Salvatore. Istituendolo, egli non si limitò a dire " Questo è il mio corpo
", " questo è il mio sangue ", ma aggiunse " dato per
voi...versato per voi " (Lc 22,19-20). Non affermò soltanto che ciò
che dava loro da mangiare e da bere era il suo corpo e il suo sangue, ma ne espresse
altresì il valore sacrificale, rendendo presente in modo sacramentale il
suo sacrificio, che si sarebbe compiuto sulla Croce alcune ore dopo per la
salvezza di tutti. "
Nel donare alla Chiesa il suo
sacrificio, Cristo ha altresì voluto fare suo il sacrificio spirituale della
Chiesa, chiamata ad offrire, col sacrificio di Cristo, anche se stessa. Ce lo
insegna, per quanto riguarda tutti i fedeli, il Concilio Vaticano II: "
Partecipando al Sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita
cristiana, offrono a Dio
14.
15. La ripresentazione
sacramentale nella Santa Messa del sacrificio di Cristo coronato dalla sua
risurrezione implica una specialissima presenza che – per riprendere le parole
di Paolo VI – " si dice "reale" non per esclusione, quasi che le
altre non siano "reali'', ma per antonomasia perché è sostanziale, e in
forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente ".22
È riproposta così la sempre valida dottrina del Concilio di Trento: " Con
la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la
sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, nostro Signore, e di
tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione in
modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica
transustanziazione ".23 Davvero l'Eucaristia è mysterium
fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere accolto solo
nella fede, come spesso ricordano le catechesi patristiche su questo divin
Sacramento. " Non vedere – esorta san Cirillo di Gerusalemme – nel pane e
nel vino dei semplici e naturali elementi, perché il Signore ha detto
espressamente che sono il suo corpo e il suo sangue: la fede te lo assicura,
benché i sensi ti suggeriscano altro ".24
" Adoro te devote, latens
Deitas ", continueremo a cantare con il Dottore Angelico. Di fronte a
questo mistero di amore, la ragione umana sperimenta tutta la sua finitezza. Si
comprende come, lungo i secoli, questa verità abbia stimolato la teologia ad
ardui sforzi di comprensione.
Sono sforzi lodevoli, tanto più
utili e penetranti quanto più capaci di coniugare l'esercizio critico del
pensiero col " vissuto di fede " della Chiesa, colto specialmente nel
" carisma certo di verità " del Magistero e " nell'intima
intelligenza delle cose spirituali " 25 che raggiungono
soprattutto i Santi. Resta il confine additato da Paolo VI: " Ogni
spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero,
per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella
realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han
cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo
e il sangue adorabili del Signore Gesù ad essere realmente dinanzi a noi sotto
le specie sacramentali del pane e del vino ".26
17. Attraverso la comunione al suo
corpo e al suo sangue, Cristo ci comunica anche il suo Spirito. Scrive
sant'Efrem: " Chiamò il pane suo corpo vivente, lo riempì di se stesso e
del suo Spirito. [...] E colui che lo mangia con fede, mangia Fuoco e Spirito.
[...] Prendetene, mangiatene tutti, e mangiate con esso lo Spirito Santo.
Infatti è veramente il mio corpo e colui che lo mangia vivrà eternamente
".27
19. La tensione escatologica
suscitata dall'Eucaristia esprime e rinsalda la comunione con
20. Conseguenza significativa
della tensione escatologica insita nell'Eucaristia è anche il fatto che essa dà
impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella
quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti. Se infatti la visione
cristiana porta a guardare ai " cieli nuovi " e alla " terra
nuova " (cfr Ap 21,1), ciò non indebolisce, ma piuttosto stimola
il nostro senso di responsabilità verso la terra presente.33
Desidero ribadirlo con forza all'inizio del nuovo millennio, perché i cristiani
si sentano più che mai impegnati a non trascurare i doveri della loro
cittadinanza terrena. È loro compito contribuire con la luce del Vangelo
all'edificazione di un mondo a misura d'uomo e pienamente rispondente al
disegno di Dio.
Molti sono i problemi che oscurano
l'orizzonte del nostro tempo. Basti pensare all'urgenza di lavorare per la
pace, di porre nei rapporti tra i popoli solide premesse di giustizia e di
solidarietà, di difendere la vita umana dal concepimento fino al naturale suo
termine. E che dire poi delle mille contraddizioni di un mondo "
globalizzato ", dove i più deboli, i più piccoli e i più poveri sembrano
avere ben poco da sperare? È in questo mondo che deve rifulgere la speranza
cristiana! Anche per questo il Signore ha voluto rimanere con noi
nell'Eucaristia, inscrivendo in questa sua presenza sacrificale e conviviale la
promessa di un'umanità rinnovata dal suo amore. Significativamente, il Vangelo
di Giovanni, laddove i Sinottici narrano l'istituzione dell'Eucaristia,
propone, illustrandone così il significato profondo, il racconto della "
lavanda dei piedi ", in cui Gesù si fa maestro di comunione e di servizio
(cfr Gv 13,1-20). Da parte sua, l'apostolo Paolo qualifica "
indegno " di una comunità cristiana il partecipare alla Cena del Signore,
quando ciò avvenga in un contesto di divisione e di indifferenza verso i poveri
(cfr 1 Cor 11,17– 22.27-34).34
Annunziare la morte del Signore
" finché egli venga " (1 Cor 11, 26) comporta, per quanti
partecipano all'Eucaristia l'impegno di trasformare la vita, perché essa
diventi, in certo modo, tutta " eucaristica ". Proprio questo frutto
di trasfigurazione dell'esistenza e l'impegno a trasformare il mondo secondo il
Vangelo fanno risplendere la tensione escatologica della Celebrazione
eucaristica e dell'intera vita cristiana: " Vieni, Signore Gesù! " (Ap
22,20).
CAPITOLO SECONDO
L'EUCARISTIA EDIFICA
21. Il Concilio Vaticano II ha
ricordato che
C'è un influsso causale
dell'Eucaristia, alle origini stesse della Chiesa. Gli evangelisti
precisano che sono stati i Dodici, gli Apostoli, a riunirsi con Gesù
nell'Ultima Cena (cfr Mt 26,20; Mc 14,17; Lc 22,14). È un
particolare di notevole rilevanza, perché gli Apostoli " furono ad un
tempo il seme del nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia ".37
Offrendo loro come cibo il suo corpo e il suo sangue, Cristo li coinvolgeva
misteriosamente nel sacrificio che si sarebbe consumato di lì a poche ore sul
Calvario. In analogia con l'Alleanza del Sinai, suggellata dal sacrificio e
dall'aspersione col sangue,38 i gesti e le parole di Gesù nell'Ultima
Cena gettavano le fondamenta della nuova comunità messianica, il Popolo della
nuova Alleanza.
Gli Apostoli, accogliendo nel
Cenacolo l'invito di Gesù: " Prendete e mangiate... Bevetene tutti...
" (Mt 26,26-27), sono entrati, per la prima volta, in comunione
sacramentale con Lui. Da quel momento, sino alla fine dei secoli,
Unendosi a Cristo, il Popolo della
nuova Alleanza, lungi dal chiudersi in se stesso, diventa
"sacramento" per l'umanità,39 segno e strumento della
salvezza operata da Cristo, luce del mondo e sale della terra (cfr Mt
5,13-16) per la redenzione di tutti.40 La missione della Chiesa è in
continuità con quella di Cristo: " Come il Padre ha mandato me, anch'io
mando voi " (Gv 20,21). Perciò dalla perpetuazione nell'Eucaristia
del sacrificio della Croce e dalla comunione col corpo e con il sangue di
Cristo
23. Con la comunione eucaristica
la Chiesa è parimenti consolidata nella sua unità di corpo di Cristo. San Paolo
si riferisce a questa efficacia unificante della partecipazione al
banchetto eucaristico quando scrive ai Corinzi: " E il pane che noi
spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo
pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo
dell'unico pane " (1 Cor 10,16-17). Puntuale e profondo il commento
di san Giovanni Crisostomo: " Che cos'è infatti il pane? È il corpo di
Cristo. Cosa diventano quelli che lo ricevono? Corpo di Cristo; ma non molti
corpi, bensì un solo corpo. Infatti, come il pane è tutt'uno, pur essendo
costituito di molti grani, e questi, pur non vedendosi, comunque si trovano in
esso, sì che la loro differenza scompare in ragione della loro reciproca
perfetta fusione; alla stessa maniera anche noi siamo uniti reciprocamente fra
noi e tutti insieme con Cristo ".42 L'argomentazione è
stringente: la nostra unione con Cristo, che è dono e grazia per ciascuno, fa
sì che in Lui siamo anche associati all'unità del suo corpo che è la Chiesa.
L'Eucaristia rinsalda l'incorporazione a Cristo, stabilita nel Battesimo
mediante il dono dello Spirito (cfr 1 Cor 12,13.27).
L'azione congiunta e inseparabile
del Figlio e dello Spirito Santo, che è all'origine della Chiesa, del suo
costituirsi e del suo permanere, è operante nell'Eucaristia. Ne è ben
consapevole l'Autore della Liturgia di san Giacomo: nell'epiclesi
dell'anafora si prega Dio Padre perché mandi lo Spirito Santo sui fedeli e sui
doni, affinché il corpo e il sangue di Cristo " a tutti coloro che ne
partecipano servano [...] per la santificazione delle anime e dei corpi ".43
La Chiesa è rinsaldata dal divino Paraclito attraverso la santificazione eucaristica
dei fedeli.
24. Il dono di Cristo e del suo
Spirito, che riceviamo nella comunione eucaristica, compie con sovrabbondante
pienezza gli aneliti di unità fraterna che albergano nel cuore umano, e insieme
innalza l'esperienza di fraternità insita nella comune partecipazione alla
stessa mensa eucaristica a livelli che si pongono ben al di sopra di quello
della semplice esperienza conviviale umana. Mediante la comunione al corpo di
Cristo la Chiesa raggiunge sempre più profondamente quel suo essere " in
Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e
dell'unità di tutto il genere umano ".44
Ai germi di disgregazione tra gli
uomini, che l'esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell'umanità a causa
del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di
Cristo. L'Eucaristia, costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità
fra gli uomini.
25. Il culto reso
all'Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita
della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del
Sacrificio eucaristico. La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si
conservano dopo la Messa – presenza che perdura fintanto che sussistono le
specie del pane e del vino45 – deriva dalla celebrazione del
Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale.46
Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto
eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché
la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie eucaristiche.47
È bello intrattenersi con Lui e,
chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13,25),
essere toccati dall'amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve
distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l'" arte della preghiera
",48 come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a
lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento
di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte,
miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza,
consolazione, sostegno!
Di questa pratica ripetutamente
lodata e raccomandata dal Magistero,49 numerosi Santi ci danno
l'esempio. In modo particolare, si distinse in ciò sant'Alfonso Maria de'
Liguori, che scriveva: " Fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù
sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a
noi ".50 L'Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il
celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di
attingere alla sorgente stessa della grazia. Una comunità cristiana che voglia
essere più capace di contemplare il volto di Cristo, nello spirito che ho
suggerito nelle Lettere apostoliche Novo millennio ineunte e Rosarium
Virginis Mariae, non può non sviluppare anche questo aspetto del culto
eucaristico, nel quale si prolungano e si moltiplicano i frutti della comunione
al corpo e al sangue del Signore.
CAPITOLO TERZO
L'APOSTOLICITÀ DELL'EUCARISTIA E DELLA CHIESA
26. Se, come ho ricordato sopra,
l'Eucaristia edifica la Chiesa e la Chiesa fa l'Eucaristia, ne consegue che la
connessione tra l'una e l'altra è strettissima. Ciò è così vero da consentirci
di applicare al Mistero eucaristico quanto diciamo della Chiesa quando, nel
Simbolo niceno-costantinopolitano, la confessiamo " una, santa, cattolica
e apostolica ". Una e cattolica è anche l'Eucaristia. Essa è pure santa,
anzi è il Santissimo Sacramento. Ma è soprattutto alla sua apostolicità che
vogliamo ora rivolgere la nostra attenzione.
27. Il Catechismo della
Chiesa Cattolica, nello spiegare come la Chiesa sia apostolica, ovvero
fondata sugli Apostoli, individua un triplice senso dell'espressione. Da
una parte, " essa è stata e rimane costruita sul "fondamento degli
Apostoli" (Ef 2,20), testimoni scelti e mandati in missione da
Cristo stesso ".51 Anche a fondamento dell'Eucaristia ci sono
gli Apostoli, non perché il Sacramento non risalga a Cristo stesso, ma perché
esso è stato affidato agli Apostoli da Gesù ed è stato tramandato da loro e dai
loro successori fino a noi. È in continuità con l'agire degli Apostoli,
obbedienti all'ordine del Signore, che la Chiesa celebra l'Eucaristia lungo i
secoli.
Il secondo senso, indicato dal
Catechismo, dell'apostolicità della Chiesa è che essa " custodisce e
trasmette, con l'aiuto dello Spirito che abita in essa, l'insegnamento, il buon
deposito, le sane parole udite dagli Apostoli ".52 Anche in
questo secondo senso l'Eucaristia è apostolica, perché viene celebrata
conformemente alla fede degli Apostoli. Il Magistero ecclesiastico in diverse
occasioni, nella bimillenaria storia del Popolo della nuova Alleanza, ha
precisato la dottrina eucaristica, anche per quanto attiene l'esatta
terminologia, proprio per salvaguardare la fede apostolica in questo eccelso
Mistero. Questa fede rimane immutata ed è essenziale per la Chiesa che tale
permanga.
28. La Chiesa, infine, è
apostolica nel senso che, " fino al ritorno di Cristo, continua ad essere
istruita, santificata e guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella
missione pastorale: il collegio dei Vescovi, "coadiuvato dai sacerdoti ed
unito al successore di Pietro e supremo pastore della Chiesa" ".53
La successione agli Apostoli nella missione pastorale implica necessariamente
il sacramento dell'Ordine, ossia l'ininterrotta serie, risalente fino agli
inizi, di Ordinazioni episcopali valide.54 Questa successione è
essenziale, perché ci sia la Chiesa in senso proprio e pieno.
L'Eucaristia esprime anche questo
senso dell'apostolicità. Infatti, come insegna il Concilio Vaticano II, "
i fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione
dell'Eucaristia ",55 ma è il sacerdote ministeriale che "
compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome
di tutto il popolo ".56 Per questo nel Messale Romano è
prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la preghiera eucaristica,
mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio.57
29. L'espressione, ripetutamente
usata dal Concilio Vaticano II, secondo cui " il sacerdote ministeriale
compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo ",58 era
già ben radicata nell'insegnamento pontificio.59 Come ho avuto modo
di chiarire in altra occasione, in persona Christi " vuol dire di
più che "a nome", oppure "nelle veci" di Cristo. In
persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed
eterno Sacerdote, che è l'autore e il principale soggetto di questo suo proprio
sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno ".60
Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine,
nell'economia di salvezza scelta da Cristo, manifesta che l'Eucaristia, da loro
celebrata, è un dono che supera radicalmente il potere dell'assemblea ed
è comunque insostituibile per collegare validamente la consacrazione
eucaristica al sacrificio della Croce e all'Ultima Cena.
L'assemblea che si riunisce per la
celebrazione dell'Eucaristia necessita assolutamente di un sacerdote ordinato
che la presieda per poter essere veramente assemblea eucaristica. D'altra
parte, la comunità non è in grado di darsi da sola il ministro ordinato. Questi
è un dono che essa riceve attraverso la successione episcopale risalente
agli Apostoli. È il Vescovo che, mediante il sacramento dell'Ordine,
costituisce un nuovo presbitero conferendogli il potere di consacrare
l'Eucaristia. Pertanto " il Mistero eucaristico non può essere celebrato
in nessuna comunità se non da un sacerdote ordinato come ha espressamente
insegnato il Concilio Lateranense IV ".61
30. Tanto questa dottrina della
Chiesa cattolica sul ministero sacerdotale in rapporto all'Eucaristia quanto
quella sul Sacrificio eucaristico sono state oggetto, negli ultimi decenni, di
dialogo proficuo nell'ambito dell'azione ecumenica. Dobbiamo rendere
grazie alla Santissima Trinità perché si sono avuti al riguardo significativi
progressi ed avvicinamenti che ci fanno sperare in un futuro di piena
condivisione della fede. Rimane tuttora pienamente pertinente l'osservazione
fatta dal Concilio circa le Comunità ecclesiali sorte in Occidente dal secolo
XVI in poi e separate dalla Chiesa cattolica: " Le Comunità ecclesiali da
noi separate, quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante dal
Battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del
sacramento dell'Ordine, non hanno conservato la genuina ed integra sostanza del
Mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella Santa Cena fanno memoria della
morte e della risurrezione del Signore, professano che nella comunione di
Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa ".62
I fedeli cattolici, pertanto, pur
rispettando le convinzioni religiose di questi loro fratelli separati, debbono
astenersi dal partecipare alla comunione distribuita nelle loro celebrazioni,
per non avallare un'ambiguità sulla natura dell'Eucaristia e mancare, di
conseguenza, al dovere di testimoniare con chiarezza la verità. Ciò finirebbe
per ritardare il cammino verso la piena unità visibile. Similmente, non si può
pensare di sostituire la Santa Messa domenicale con celebrazioni ecumeniche
della Parola o con incontri di preghiera in comune con cristiani appartenenti
alle suddette Comunità ecclesiali oppure con la partecipazione al loro servizio
liturgico. Tali celebrazioni ed incontri, in se stessi lodevoli in circostanze
opportune, preparano alla desiderata piena comunione anche eucaristica, ma non
la possono sostituire.
Il fatto poi che il potere di
consacrare l'Eucaristia sia stato affidato solo ai Vescovi e ai presbiteri non
costituisce alcuna diminuzione per il resto del Popolo di Dio, giacché nella
comunione dell'unico corpo di Cristo che è la Chiesa questo dono ridonda a
vantaggio di tutti.
31. Se l'Eucaristia è centro e
vertice della vita della Chiesa, parimenti lo è del ministero sacerdotale. Per
questo, con animo grato a Gesù Cristo Signore nostro, ribadisco che
l'Eucaristia " è la principale e centrale ragion d'essere del Sacramento
del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione
dell'Eucaristia e insieme con essa ".63
Le attività pastorali del
presbitero sono molteplici. Se si pensa poi alle condizioni sociali e culturali
del mondo attuale, è facile capire quanto sia incombente sui presbiteri il
pericolo della dispersione in un gran numero di compiti diversi. Il
Concilio Vaticano II ha individuato nella carità pastorale il vincolo che dà
unità alla loro vita e alle loro attività. Essa – soggiunge il Concilio –
" scaturisce soprattutto dal Sacrificio eucaristico, il quale risulta
quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero ".64
Si capisce, dunque, quanto sia importante per la vita spirituale del sacerdote,
oltre che per il bene della Chiesa e del mondo, che egli attui la
raccomandazione conciliare di celebrare quotidianamente l'Eucaristia, " la
quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è
possibile che vi assistano i fedeli ".65 In questo modo il
sacerdote è in grado di vincere ogni tensione dispersiva nelle sue giornate,
trovando nel Sacrificio eucaristico, vero centro della sua vita e del suo
ministero, l'energia spirituale necessaria per affrontare i diversi compiti
pastorali. Le sue giornate diventeranno così veramente eucaristiche.
Dalla centralità dell'Eucaristia
nella vita e nel ministero dei sacerdoti deriva anche la sua centralità nella
pastorale a favore delle vocazioni sacerdotali. Innanzitutto perché la
supplica per le vocazioni vi trova il luogo di massima unione alla preghiera di
Cristo sommo ed eterno Sacerdote; ma anche perché la solerte cura del ministero
eucaristico da parte dei sacerdoti, congiunta alla promozione della
partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa dei fedeli all'Eucaristia
costituisce un efficace esempio e uno stimolo alla risposta generosa dei
giovani all'appello di Dio. Egli spesso si serve dell'esempio di zelante carità
pastorale di un sacerdote per seminare e sviluppare nel cuore del giovane il
germe della chiamata al sacerdozio.
32. Tutto questo mostra quanto sia
dolorosa e al di fuori del normale la situazione di una comunità cristiana che,
pur proponendosi per numero e varietà di fedeli quale parrocchia, manca
tuttavia di un sacerdote che la guidi. La parrocchia infatti è una comunità di
battezzati che esprimono e affermano la loro identità soprattutto attraverso la
celebrazione del Sacrificio eucaristico. Ma questo richiede la presenza di un
presbitero, al quale soltanto compete di offrire l'Eucaristia in persona
Christi. Quando la comunità è priva del sacerdote, giustamente si cerca di
rimediare in qualche modo affinché continuino le celebrazioni domenicali, e i
religiosi e i laici che guidano i loro fratelli e le loro sorelle nella
preghiera esercitano in modo lodevole il sacerdozio comune di tutti i fedeli,
basato sulla grazia del Battesimo. Ma tali soluzioni devono essere ritenute
solo provvisorie, mentre la comunità è in attesa di un sacerdote.
L'incompletezza sacramentale di
queste celebrazioni deve innanzitutto spingere l'intera comunità a pregare con
maggior fervore, affinché il Signore mandi operai nella sua messe (cfr Mt
9,38); e deve poi stimolarla a porre in atto tutti gli altri elementi
costitutivi di un'adeguata pastorale vocazionale, senza indulgere alla
tentazione di cercare soluzioni attraverso l'affievolimento delle qualità
morali e formative richieste ai candidati al sacerdozio.
33. Allorché, per scarsità di
sacerdoti, è stata affidata a fedeli non ordinati una partecipazione alla cura
pastorale di una parrocchia, abbiano costoro presente che, come insegna il
Concilio Vaticano II, " non è possibile che si formi una comunità
cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra
Eucaristia ".66 Sarà pertanto loro cura di mantenere viva nella
comunità una vera "fame" dell'Eucaristia, che conduca a non perdere
nessuna occasione di avere la celebrazione della Messa, anche approfittando
della presenza occasionale di un sacerdote non impedito a celebrarla dal diritto
della Chiesa.
CAPITOLO QUARTO
L'EUCARISTIA E LA COMUNIONE ECCLESIALE
34. L'Assemblea straordinaria del
Sinodo dei Vescovi, nel 1985, identificò nell'" ecclesiologia di comunione
" l'idea centrale e fondamentale dei documenti del Concilio Vaticano II.67
La Chiesa, mentre è pellegrinante qui in terra, è chiamata a mantenere ed a
promuovere sia la comunione con Dio Trinità sia la comunione tra i fedeli. A
questo fine essa ha la Parola e i Sacramenti, soprattutto l'Eucaristia, della
quale essa " continuamente vive e cresce " 68 e nella
quale in pari tempo esprime se stessa. Non a caso il termine comunione è
diventato uno dei nomi specifici di questo eccelso Sacramento.
L'Eucaristia appare dunque come
culmine di tutti i Sacramenti nel portare a perfezione la comunione con Dio
Padre mediante l'identificazione col Figlio Unigenito per opera dello Spirito
Santo. Con acutezza di fede esprimeva questa verità un insigne scrittore della
tradizione bizantina: nell'Eucaristia, " a preferenza di ogni altro
sacramento, il mistero [della comunione] è così perfetto da condurre all'apice
di tutti i beni: qui è l'ultimo termine di ogni umano desiderio, perché qui
conseguiamo Dio e Dio si congiunge a noi con l'unione più perfetta ".69
Proprio per questo è opportuno coltivare nell'animo il costante desiderio
del Sacramento eucaristico. È nata di qui la pratica della " comunione
spirituale ", felicemente invalsa da secoli nella Chiesa e raccomandata da
Santi maestri di vita spirituale. Santa Teresa di Gesù scriveva: " Quando
non vi comunicate e non partecipate alla messa, potete comunicarvi
spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa... Così in voi si imprime
molto dell'amore di nostro Signore ".70
35. La celebrazione
dell'Eucaristia, però, non può essere il punto di avvio della comunione, che
presuppone come esistente, per consolidarla e portarla a perfezione. Il
Sacramento esprime tale vincolo di comunione sia nella dimensione invisibile
che, in Cristo, per l'azione dello Spirito Santo, ci lega al Padre e tra noi,
sia nella dimensione visibile implicante la comunione nella dottrina
degli Apostoli, nei Sacramenti e nell'ordine gerarchico. L'intimo rapporto
esistente tra gli elementi invisibili e gli elementi visibili della comunione
ecclesiale è costitutivo della Chiesa come sacramento di salvezza.71
Solo in questo contesto si ha la legittima celebrazione dell'Eucaristia e la
vera partecipazione ad essa. Perciò risulta un'esigenza intrinseca
all'Eucaristia che essa sia celebrata nella comunione, e concretamente
nell'integrità dei suoi vincoli.
36. La comunione invisibile, pur
essendo per sua natura sempre in crescita, suppone la vita di grazia, per mezzo
della quale si è resi " partecipi della natura divina " (2 Pt 1,4),
e la pratica delle virtù della fede, della speranza e della carità. Solo così
infatti si ha vera comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non
basta la fede, ma occorre perseverare nella grazia santificante e nella carità,
rimanendo in seno alla Chiesa col " corpo " e col " cuore ";
72 occorre cioè, per dirla con le parole di san Paolo, " la
fede che opera per mezzo della carità " (Gal 5,6).
L'integrità dei vincoli invisibili
è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente
all'Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo. A questo dovere lo
richiama lo stesso Apostolo con l'ammonizione: " Ciascuno, pertanto,
esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice " (1
Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza,
esortava i fedeli: " Anch'io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di
non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un
tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se
tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di
castighi ".73
In questa linea giustamente il Catechismo
della Chiesa Cattolica stabilisce: " Chi è consapevole di aver
commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione
prima di accedere alla comunione ".74 Desidero quindi ribadire
che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha
concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine
di una degna ricezione dell'Eucaristia, " si deve premettere la
confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale ".75
37. L'Eucaristia e la Penitenza
sono due sacramenti strettamente legati. Se l'Eucaristia rende presente il
Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa
che da essa deriva un'esigenza continua di conversione, di risposta personale
all'esortazione che san Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: " Vi
supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio " (2
Cor 5, 20). Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato
grave, allora l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento della
Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al
Sacrificio eucaristico.
Il giudizio sullo stato di grazia,
ovviamente, spetta soltanto all'interessato, trattandosi di una valutazione di
coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente
e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale
del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non
sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione
morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non
ammissione alla comunione eucaristica di quanti " ostinatamente
perseverano in peccato grave manifesto ".76
38. La comunione ecclesiale, come
ho già ricordato, è anche visibile, e si esprime nei vincoli elencati
dallo stesso Concilio allorché insegna: " Sono pienamente incorporati
nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano
integra la sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel
suo organismo visibile sono uniti con Cristo – che la dirige mediante il Sommo
Pontefice e i Vescovi – dai vincoli della professione di fede, dei Sacramenti,
del governo ecclesiastico e della comunione ".77
L'Eucaristia, essendo la suprema
manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa, esige di essere
celebrata in un contesto di integrità dei legami anche esterni di comunione.
In modo speciale, poiché essa è " come la consumazione della vita
spirituale e il fine di tutti i Sacramenti ",78 richiede che
siano reali i vincoli della comunione nei Sacramenti, particolarmente nel
Battesimo e nell'Ordine sacerdotale. Non è possibile dare la comunione alla
persona che non sia battezzata o che rifiuti l'integra verità di fede sul
Mistero eucaristico. Cristo è la verità e rende testimonianza alla verità (cfr
Gv 14,6; 18,37); il Sacramento del suo corpo e del suo sangue non consente
finzioni.
39. Inoltre, per il carattere
stesso della comunione ecclesiale e del rapporto che con essa ha il sacramento
dell'Eucaristia, va ricordato che " il Sacrificio eucaristico, pur
celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di
quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del
Signore, riceve l'intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua
perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa
una, santa, cattolica ed apostolica ".79 Deriva da ciò che una
comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse
autosufficiente, ma deve mantenersi in sintonia con ogni altra comunità
cattolica.
La comunione ecclesiale
dell'assemblea eucaristica è comunione col proprio Vescovo e col
Romano Pontefice. Il Vescovo, in effetti, è il principio visibile e il
fondamento dell'unità nella sua Chiesa particolare.80 Sarebbe
pertanto una grande incongruenza se il Sacramento per eccellenza dell'unità
della Chiesa fosse celebrato senza una vera comunione col Vescovo. Scriveva
sant'Ignazio di Antiochia: " Si ritenga sicura quell'Eucaristia che si
realizza sotto il Vescovo o colui a cui egli ne ha dato incarico ".81
Parimenti, poiché " il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il
perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della
moltitudine dei fedeli ",82 la comunione con lui è un'esigenza
intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico. Di qui la grande
verità espressa in vari modi dalla Liturgia: " Ogni celebrazione
dell'Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con
il Papa, con l'Ordine episcopale, con tutto il clero e con l'intero popolo.
Ogni valida celebrazione dell'Eucaristia esprime questa universale comunione
con Pietro e con l'intera Chiesa, oppure oggettivamente la richiama, come nel
caso delle Chiese cristiane separate da Roma ".83
40. L'Eucaristia crea comunione
ed educa alla comunione. San Paolo scriveva ai fedeli di Corinto
mostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee
eucaristiche, fossero in contrasto con quello che celebravano, la Cena del
Signore. Conseguentemente l'Apostolo li invitava a riflettere sulla vera realtà
dell'Eucaristia, per farli ritornare allo spirito di comunione fraterna (cfr
1 Cor 11,17-34). Efficacemente si faceva eco di questa esigenza
sant'Agostino il quale, ricordando la parola dell'Apostolo: " Voi siete
corpo di Cristo e sue membra " (1 Cor 12,27), osservava: " Se
voi siete il suo corpo e le sue membra, sulla mensa del Signore è deposto quel
che è il vostro mistero; sì, voi ricevete quel che è il vostro mistero ".84
E da tale constatazione deduceva: " Cristo Signore [...] consacrò sulla
sua mensa il mistero della nostra pace e unità. Chi riceve il mistero
dell'unità, ma non conserva il vincolo della pace, riceve non un mistero a suo
favore, bensì una prova contro di sé ".85
41. Questa peculiare efficacia nel
promuovere la comunione, che è propria dell'Eucaristia, è uno dei motivi
dell'importanza della Messa domenicale. Su di essa e sulle altre ragioni che la
rendono fondamentale per la vita della Chiesa e dei singoli fedeli mi sono
soffermato nella Lettera apostolica circa la santificazione della domenica Dies
Domini,86 ricordando, tra l'altro, che per i fedeli
partecipare alla Messa è un obbligo, a meno che non abbiano un impedimento
grave, sicché ai Pastori s'impone il corrispettivo dovere di offrire a tutti
l'effettiva possibilità di soddisfare al precetto.87 Più
recentemente, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte,
nel tracciare il cammino pastorale della Chiesa all'inizio del terzo millennio,
ho voluto dare particolare rilievo all'Eucaristia domenicale, sottolineandone
l'efficacia creativa di comunione: " Essa – scrivevo – è il luogo
privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata. Proprio
attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa
anche il giorno della Chiesa, che può svolgere così in modo efficace il
suo ruolo di sacramento di unità ".88
42. La custodia e la promozione
della comunione ecclesiale è un compito di ogni fedele, che trova
nell'Eucaristia, quale sacramento dell'unità della Chiesa, un campo di speciale
sollecitudine. Più in concreto, questo compito ricade con particolare
responsabilità sui Pastori della Chiesa, ognuno nel proprio grado e secondo il
proprio ufficio ecclesiastico. Perciò la Chiesa ha dato delle norme che mirano
insieme a favorire l'accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla Mensa
eucaristica e a determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve astenere
dall'amministrare la comunione. La cura nel favorirne la fedele osservanza
diventa espressione effettiva di amore verso l'Eucaristia e verso la Chiesa.
43. Nel considerare l'Eucaristia
quale sacramento della comunione ecclesiale vi è un argomento da non
tralasciare a causa della sua importanza: mi riferisco al suo rapporto con
l'impegno ecumenico. Noi tutti dobbiamo ringraziare la Trinità Santissima
perché, in questi ultimi decenni, molti fedeli in ogni parte del mondo sono
stati toccati dal desiderio ardente dell'unità fra tutti i cristiani. Il
Concilio Vaticano II, all'inizio del Decreto sull'ecumenismo, riconosce in ciò
uno speciale dono di Dio.89 È stata una grazia efficace che ha messo
in cammino per la via ecumenica sia noi, figli della Chiesa cattolica, sia i
nostri fratelli delle altre Chiese e Comunità ecclesiali.
L'aspirazione verso la meta
dell'unità ci sospinge a volgere lo sguardo all'Eucaristia, la quale è il
supremo Sacramento dell'unità del Popolo di Dio, essendone l'adeguata
espressione e l'insuperabile sorgente.90 Nella celebrazione del
Sacrificio eucaristico la Chiesa eleva la sua supplica a Dio Padre di misericordia,
perché doni ai suoi figli la pienezza dello Spirito Santo così che diventino in
Cristo un solo corpo e un solo spirito.91 Nel presentare questa
preghiera al Padre della luce, da cui discende " ogni buon regalo e ogni
dono perfetto " (Gc 1,17), la Chiesa crede nella sua efficacia,
poiché prega in unione con Cristo capo e sposo, il quale fa sua la supplica
della sposa unendola a quella del suo sacrificio redentore.
44. Proprio perché l'unità della
Chiesa, che l'Eucaristia realizza mediante il sacrificio e la comunione al
corpo e al sangue del Signore, ha l'inderogabile esigenza della completa
comunione nei vincoli della professione di fede, dei Sacramenti e del governo
ecclesiastico, non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino
a che non sia ristabilita l'integrità di tali vincoli. Siffatta concelebrazione
non sarebbe un mezzo valido, e potrebbe anzi rivelarsi un ostacolo al
raggiungimento della piena comunione, attenuando il senso della distanza
dal traguardo e introducendo o avallando ambiguità sull'una o sull'altra verità
di fede. Il cammino verso la piena unità non può farsi se non nella verità. In
questo tema il divieto della legge della Chiesa non lascia spazio a incertezze,92
in ossequio alla norma morale proclamata dal Concilio Vaticano II.93
Vorrei comunque ribadire quello
che nella Lettera enciclica Ut unum sint soggiungevo, dopo aver
preso atto dell'impossibilità della condivisione eucaristica: " Eppure noi
abbiamo il desiderio ardente di celebrare insieme l'unica Eucaristia del
Signore, e questo desiderio diventa già una lode comune, una stessa
implorazione. Insieme ci rivolgiamo al Padre e lo facciamo sempre di più
"con un cuore solo" ".94
45. Se in nessun caso è legittima
la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso
rispetto all'amministrazione dell'Eucaristia, in circostanze speciali, a
singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena
comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l'obiettivo è di
provvedere a un grave bisogno spirituale per l'eterna salvezza di singoli
fedeli, non di realizzare una intercomunione, impossibile fintanto che
non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale.
In tal senso si è mosso il
Concilio Vaticano II, fissando il comportamento da tenere con gli Orientali
che, trovandosi in buona fede separati dalla Chiesa cattolica, chiedono
spontaneamente di ricevere l'Eucaristia dal ministro cattolico e sono ben
disposti.95 Questo modo di agire è stato poi ratificato da entrambi
i Codici, nei quali è considerato anche, con gli opportuni adeguamenti, il caso
degli altri cristiani non orientali che non sono in piena comunione con la
Chiesa cattolica.96
46. Nell'Enciclica Ut unum
sint io stesso ho manifestato apprezzamento per questa normativa, che
consente di provvedere alla salvezza delle anime con l'opportuno discernimento:
" È motivo di gioia ricordare che i ministri cattolici possano, in
determinati casi particolari, amministrare i sacramenti dell'Eucaristia, della
Penitenza, dell'Unzione degli infermi ad altri cristiani che non sono in piena
comunione con la Chiesa cattolica, ma che desiderano ardentemente riceverli, li
domandano liberamente, e manifestano la fede che la Chiesa cattolica confessa
in questi Sacramenti. Reciprocamente, in determinati casi e per particolari
circostanze, anche i cattolici possono fare ricorso per gli stessi Sacramenti
ai ministri di quelle Chiese in cui essi sono validi ".97
Occorre badare bene a queste
condizioni, che sono inderogabili, pur trattandosi di casi particolari
determinati, poiché il rifiuto di una o più verità di fede su questi Sacramenti
e, tra di esse, di quella concernente la necessità del Sacerdozio ministeriale
affinché siano validi, rende il richiedente non disposto ad una loro legittima
amministrazione. Ed anche inversamente, un fedele cattolico non potrà ricevere
la comunione presso una comunità mancante del valido sacramento dell'Ordine.98
La fedele osservanza dell'insieme
delle norme stabilite in questa materia99 è manifestazione e, al
contempo, garanzia di amore sia verso Gesù Cristo nel santissimo Sacramento,
sia verso i fratelli di altra confessione cristiana, ai quali è dovuta la
testimonianza della verità, come anche verso la stessa causa della promozione
dell'unità.
CAPITOLO QUINTO
IL DECORO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
47. Chi legge nei Vangeli
sinottici il racconto dell'istituzione eucaristica, resta colpito dalla
semplicità e insieme dalla " gravità ", con cui Gesù, la sera
dell'Ultima Cena, istituisce il grande Sacramento. C'è un episodio che, in
certo senso, fa da preludio: è l'unzione di Betania. Una donna,
identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù
un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in
particolare in Giuda (cfr Mt 26,8; Mc 14,4; Gv 12,4) – una
reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei
poveri, costituisse uno " spreco " intollerabile. Ma la valutazione
di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli
indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – " i poveri
li avete sempre con voi " (Mt 26,11; Mc 14,7; cfr Gv 12,8)
– Egli guarda all'evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e
apprezza l'unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell'onore
di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte,
indissolubilmente legato com'è al mistero della sua persona.
Il racconto continua, nei Vangeli
sinottici, con l'incarico dato da Gesù ai discepoli per l'accurata
preparazione della " grande sala " necessaria per consumare la
cena pasquale (cfr Mc 14,15; Lc 22, 12), e con la narrazione
dell'istituzione dell'Eucaristia. Lasciando almeno in parte intravedere il
quadro dei riti ebraici della cena pasquale fino al canto dell'Hallel
(cfr Mt 26,30; Mc 14,26), il racconto offre in maniera concisa
quanto solenne, pur nelle varianti delle diverse tradizioni, le parole dette da
Cristo sul pane e sul vino, da Lui assunti quali concrete espressioni del suo
corpo donato e del suo sangue versato. Tutti questi particolari sono ricordati
dagli Evangelisti alla luce di una prassi di " frazione del pane "
ormai consolidata nella Chiesa primitiva. Ma certo, fin dalla storia vissuta di
Gesù, l'evento del Giovedì Santo porta visibilmente i tratti di una "
sensibilità " liturgica, modulata sulla tradizione antico- testamentaria e
pronta a rimodularsi nella celebrazione cristiana in sintonia col nuovo
contenuto della Pasqua.
48. Come la donna dell'unzione di
Betania, la Chiesa non ha temuto di " sprecare ", investendo
il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al
dono incommensurabile dell'Eucaristia. Non meno dei primi discepoli
incaricati di predisporre la " grande sala ", essa si è sentita
spinta lungo i secoli e nell'avvicendarsi delle culture a celebrare
l'Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull'onda delle parole
e dei gesti di Gesù, sviluppando l'eredità rituale del giudaismo, è nata la
liturgia cristiana. E in effetti, che cosa mai potrebbe bastare, per
esprimere in modo adeguato l'accoglienza del dono che lo Sposo divino
continuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata delle singole
generazioni di credenti il Sacrificio offerto una volta per tutte sulla Croce,
e facendosi nutrimento di tutti i fedeli? Se la logica del " convito
" ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di
banalizzare questa " dimestichezza " col suo Sposo dimenticando che
Egli è anche il suo Signore e che il " convito " resta pur sempre un
convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito
eucaristico è davvero convito " sacro ", in cui la semplicità dei
segni nasconde l'abisso della santità di Dio: " O Sacrum convivium, in
quo Christus sumitur! ". Il pane che è spezzato sui nostri altari,
offerto alla nostra condizione di viandanti in cammino sulle strade del mondo,
è " panis angelorum ", pane degli angeli, al quale non ci si
può accostare che con l'umiltà del centurione del Vangelo: " Signore, non
sono degno che tu entri sotto il mio tetto " (Mt 8,8; Lc 7,6).
49. Sull'onda di questo elevato
senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero
eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l'istanza di un
interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di
espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza
dell'evento celebrato. Nasce da questo il percorso che ha condotto,
progressivamente, a delineare uno speciale statuto di regolamentazione della
liturgia eucaristica, nel rispetto delle varie tradizioni ecclesiali
legittimamente costituite. Su questa base si è sviluppato anche un ricco
patrimonio di arte. L'architettura, la scultura, la pittura, la musica,
lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell'Eucaristia,
direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione.
È stato così, ad esempio, per
l'architettura, che ha visto il passaggio, non appena il contesto storico lo ha
consentito, dalle iniziali sedi eucaristiche poste nelle " domus
" delle famiglie cristiane alle solenni basiliche dei primi secoli,
alle imponenti cattedrali del Medioevo, fino alle chiese grandi o
piccole, che hanno via via costellato le terre raggiunte dal cristianesimo. Le
forme degli altari e dei tabernacoli si sono sviluppate dentro gli spazi delle
aule liturgiche seguendo di volta in volta non solo i motivi dell'estro, ma
anche i dettami di una precisa comprensione del Mistero. Altrettanto si può
dire della musica sacra, se solo si pensa alle ispirate melodie
gregoriane, ai tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi
liturgici della Santa Messa. E non si rileva forse un'enorme quantità di produzioni
artistiche, dalle realizzazioni di un buon artigianato alle vere opere
d'arte, nell'ambito degli oggetti e dei paramenti utilizzati per la
Celebrazione eucaristica?
Si può dire così che l'Eucaristia,
mentre ha plasmato la Chiesa e la spiritualità, ha inciso fortemente sulla
" cultura ", specialmente in ambito estetico.
50. In questo sforzo di adorazione
del Mistero colto in prospettiva rituale ed estetica, hanno, in certo senso,
" gareggiato " i cristiani dell'Occidente e dell'Oriente. Come non
rendere grazie al Signore, in particolare, per il contributo dato all'arte
cristiana dalle grandi opere architettoniche e pittoriche della tradizione
greco-bizantina e di tutta l'area geografica e culturale slava? In Oriente
l'arte sacra ha conservato un senso singolarmente forte del mistero, spingendo
gli artisti a concepire il loro impegno nella produzione del bello non soltanto
come espressione del loro genio, ma anche come autentico servizio alla fede.
Essi, andando ben oltre la semplice perizia tecnica, hanno saputo aprirsi con
docilità al soffio dello Spirito di Dio.
Gli splendori delle architetture e
dei mosaici nell'Oriente e nell'Occidente cristiano sono un patrimonio
universale dei credenti, e portano in se stessi un auspicio, e direi un pegno,
della desiderata pienezza di comunione nella fede e nella celebrazione. Ciò
suppone ed esige, come nel celebre dipinto della Trinità di Rublëv, una
Chiesa profondamente " eucaristica ", in cui la condivisione del
mistero di Cristo nel pane spezzato è come immersa nell'ineffabile unità delle
tre Persone divine, facendo della Chiesa stessa un'" icona " della
Trinità.
In questa prospettiva di un'arte
tesa ad esprimere, in tutti i suoi elementi, il senso dell'Eucaristia secondo
l'insegnamento della Chiesa, occorre prestare ogni attenzione alle norme che
regolano la costruzione e l'arredo degli edifici sacri. Ampio è lo
spazio creativo che la Chiesa ha sempre lasciato agli artisti, come la storia
dimostra e come io stesso ho sottolineato nella Lettera agli artisti.100
Ma l'arte sacra deve contraddistinguersi per la sua capacità di esprimere
adeguatamente il Mistero colto nella pienezza di fede della Chiesa e secondo le
indicazioni pastorali convenientemente offerte dall'Autorità competente. È
questo un discorso che vale per le arti figurative come per la musica sacra.
51. Ciò che è avvenuto nelle terre
di antica cristianizzazione in tema di arte sacra e di disciplina liturgica, si
va sviluppando anche nei continenti in cui il cristianesimo è più giovane.
È, questo, l'orientamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II a proposito
dell'esigenza di una sana quanto doverosa " inculturazione ". Nei
miei numerosi viaggi pastorali ho avuto modo di osservare, in tutte le parti
del mondo, di quanta vitalità sia capace la Celebrazione eucaristica a contatto
con le forme, gli stili e le sensibilità delle diverse culture. Adattandosi
alle cangianti condizioni di tempo e di spazio, l'Eucaristia offre nutrimento
non solo ai singoli, ma agli stessi popoli, e plasma culture cristianamente
ispirate.
È necessario tuttavia che questo
importante lavoro di adattamento sia compiuto nella costante consapevolezza
dell'ineffabile Mistero con cui ogni generazione è chiamata a misurarsi. Il
" tesoro " è troppo grande e prezioso per rischiare di impoverirlo o
di pregiudicarlo mediante sperimentazioni o pratiche introdotte senza
un'attenta verifica da parte delle competenti Autorità ecclesiastiche. La
centralità del Mistero eucaristico, peraltro, è tale da esigere che la verifica
avvenga in stretto rapporto con la Santa Sede. Come scrivevo nell'Esortazione
apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, " una simile
collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e celebra l'unica fede
professata da tutti ed essendo eredità di tutta la Chiesa non può essere
determinata dalle Chiese locali isolate dalla Chiesa universale ".101
52. Si comprende, da quanto detto,
la grande responsabilità che hanno, nella Celebrazione eucaristica, soprattutto
i sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi,
assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità
che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa universale,
che è sempre chiamata in causa dall'Eucaristia. Occorre purtroppo lamentare
che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare,
per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati
abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti. Una certa reazione al
" formalismo " ha portato qualcuno, specie in alcune regioni, a
ritenere non obbliganti le " forme " scelte dalla grande tradizione
liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate
e spesso del tutto sconvenienti.
Sento perciò il dovere di fare un
caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano
osservate con grande fedeltà. Esse sono un'espressione concreta dell'autentica
ecclesialità dell'Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia
non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità
nella quale si celebrano i Misteri. L'apostolo Paolo dovette rivolgere parole
brucianti nei confronti della comunità di Corinto per le gravi mancanze nella
loro Celebrazione eucaristica, che avevano condotto a divisioni (skísmata)
e alla formazione di fazioni ('airéseis) (cfr 1 Cor 11, 17-34).
Anche nei nostri tempi, l'obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere
riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e
universale, resa presente in ogni celebrazione dell'Eucaristia. Il sacerdote
che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a
queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro
amore per la Chiesa. Proprio per rafforzare questo senso profondo delle norme
liturgiche, ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare
un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo
tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero
affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa
permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il
carattere sacro e la dimensione universale.
CAPITOLO SESTO
ALLA SCUOLA DI MARIA, DONNA " EUCARISTICA "
53. Se vogliamo riscoprire in
tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non
possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa. Nella Lettera
apostolica Rosarium Virginis Mariae, additando la Vergine
Santissima come Maestra nella contemplazione del volto di Cristo, ho inserito
tra i misteri della luce anche l'istituzione dell'Eucaristia.102
In effetti, Maria ci può guidare verso questo Santissimo Sacramento, perché ha
con esso una relazione profonda.
A prima vista, il Vangelo tace su
questo tema. Nel racconto dell'istituzione, la sera del Giovedì Santo, non si
parla di Maria. Si sa invece che Ella era presente tra gli Apostoli, " concordi
nella preghiera " (At 1,14), nella prima comunità radunata dopo
l'Ascensione in attesa della Pentecoste. Questa sua presenza non poté certo
mancare nelle Celebrazioni eucaristiche tra i fedeli della prima generazione
cristiana, assidui " nella frazione del pane " (At 2,42).
Ma al di là della sua
partecipazione al Convito eucaristico, il rapporto di Maria con l'Eucaristia si
può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore.
Maria è donna " eucaristica " con l'intera sua vita. La Chiesa,
guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo
rapporto con questo Mistero santissimo.
54. Mysterium fidei! Se
l'Eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da
obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può
esserci di sostegno e di guida in simile atteggiamento. Il nostro ripetere il
gesto di Cristo nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato: " Fate
questo in memoria di me! " diventa al tempo stesso accoglimento
dell'invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione: " Fate quello che vi
dirà " (Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di
Cana, Maria sembra dirci: " Non abbiate tentennamenti, fidatevi della
parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è
ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue,
consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per
farsi in tal modo "pane di vita" ".
55. In certo senso, Maria ha esercitato
la sua fede eucaristica prima ancora che l'Eucaristia fosse istituita,
per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per
l'incarnazione del Verbo di Dio. L'Eucaristia, mentre rinvia alla passione
e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l'Incarnazione.
Maria concepì nell'Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del
corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza
sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il
corpo e il sangue del Signore.
C'è pertanto un'analogia
profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'Angelo, e
l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A
Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva " per opera dello
Spirito Santo " era il " Figlio di Dio " (cfr Lc 1,30–35).
In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene
chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si
rende presente con l'intero suo essere umano- divino nei segni del pane e del
vino.
" Beata colei che ha creduto
" (Lc 1,45): Maria ha anticipato, nel mistero dell'Incarnazione,
anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella Visitazione, porta in
grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, " tabernacolo
" – il primo " tabernacolo " della storia – dove il Figlio di
Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all'adorazione di
Elisabetta, quasi " irradiando " la sua luce attraverso gli occhi e
la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di
Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse
l'inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione
eucaristica?
56. Maria fece sua, con tutta la
vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione
sacrificale dell'Eucaristia. Quando portò il bimbo Gesù al tempio di
Gerusalemme " per offrirlo al Signore " (Lc 2,22), si sentì
annunciare dal vecchio Simeone che quel Bambino sarebbe stato " segno di
contraddizione " e che una " spada " avrebbe trapassato anche
l'anima di lei (cfr Lc 2,34-35). Era preannunciato così il dramma del
Figlio crocifisso e in qualche modo veniva prefigurato lo " stabat
Mater " della Vergine ai piedi della Croce. Preparandosi giorno per
giorno al Calvario, Maria vive una sorta di " Eucaristia anticipata
", si direbbe una " comunione spirituale " di desiderio e di
offerta, che avrà il suo compimento nell'unione col Figlio nella passione, e si
esprimerà poi, nel periodo post-pasquale, nella sua partecipazione alla
Celebrazione eucaristica, presieduta dagli Apostoli, quale " memoriale
" della passione.
Come immaginare i sentimenti di
Maria, nell'ascoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri
Apostoli le parole dell'Ultima Cena: " Questo è il mio corpo che è dato
per voi " (Lc 22,19)? Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato
nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere
l'Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel
cuore che aveva battuto all'unisono col suo e un rivivere ciò che aveva
sperimentato in prima persona sotto la Croce.
57. " Fate questo in memoria
di me " (Lc 22, 19). Nel " memoriale " del Calvario è
presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte.
Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a
nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna
ciascuno di noi: " Ecco tuo figlio! ". Ugualmente dice anche a
ciascuno di noi: " Ecco tua madre! " (cfr Gv 19,26-27).
Vivere nell'Eucaristia il
memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo
dono. Significa prendere con noi – sull'esempio di Giovanni – colei che ogni
volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l'impegno
di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci
accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa,
in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia
sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed
Eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica
è unanime, sin dall'antichità, nelle Chiese dell'Oriente e dell'Occidente.
58. Nell'Eucaristia la Chiesa si
unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di
Maria. È verità che si può approfondire rileggendo il Magnificat in prospettiva
eucaristica. L'Eucaristia, infatti, come il cantico di Maria, è innanzitutto
lode e rendimento di grazie. Quando Maria esclama " L'anima mia magnifica
il Signore e il mio Spirito esulta in Dio mio salvatore ", ella porta in
grembo Gesù. Loda il Padre " per " Gesù, ma lo loda anche " in
" Gesù e " con " Gesù. È precisamente questo il vero "
atteggiamento eucaristico ".
Al tempo stesso Maria fa memoria
delle meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza, secondo la
promessa fatta ai padri (cfr Lc 1,55), annunciando la meraviglia che
tutte le supera, l'Incarnazione redentrice. Nel Magnificat è infine
presente la tensione escatologica dell'Eucaristia. Ogni volta che il Figlio di
Dio si ripresenta a noi nella " povertà " dei segni sacramentali, pane
e vino, è posto nel mondo il germe di quella storia nuova in cui i potenti sono
" rovesciati dai troni ", e sono " innalzati gli umili "
(cfr Lc 1,52). Maria canta quei " cieli nuovi " e quella
" terra nuova " che nell'Eucaristia trovano la loro anticipazione e
in certo senso il loro " disegno " programmatico. Se il Magnificat
esprime la spiritualità di Maria, nulla più di questa spiritualità ci aiuta
a vivere il Mistero eucaristico. L'Eucaristia ci è data perché la nostra vita,
come quella di Maria, sia tutta un magnificat!
CONCLUSIONE
59. " Ave, verum corpus
natum de Maria Virgine! ". Pochi anni or sono ho celebrato il
cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio. Sperimento oggi la grazia di
offrire alla Chiesa questa Enciclica sull'Eucaristia, nel Giovedì Santo che
cade nel mio venticinquesimo anno di ministero petrino. Lo faccio con il
cuore colmo di gratitudine. Da oltre mezzo secolo, ogni giorno, da quel 2
novembre 1946 in cui celebrai la mia prima Messa nella cripta di San Leonardo
nella cattedrale del Wawel a Cracovia, i miei occhi si sono raccolti sull'ostia
e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo "
contratti " e il dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la
sua misteriosa " contemporaneità ". Ogni giorno la mia fede ha potuto
riconoscere nel pane e nel vino consacrati il divino Viandante che un giorno si
mise a fianco dei due discepoli di Emmaus per aprire loro gli occhi alla luce e
il cuore alla speranza (cfr Lc 24,13-35).
Lasciate, miei carissimi fratelli
e sorelle, che io renda con intimo trasporto, in compagnia e a conforto della
vostra fede, la mia testimonianza di fede nella Santissima Eucaristia. " Ave,
verum corpus natum de Maria Virgine, / vere passum, immolatum, in cruce pro
homine! ". Qui c'è il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il
pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela. Mistero
grande, che ci supera, certo, e mette a dura prova la capacità della nostra
mente di andare oltre le apparenze. Qui i nostri sensi falliscono – " visus,
tactus, gustus in te fallitur ", è detto nell'inno Adoro te devote
–, ma la sola fede, radicata nella parola di Cristo a noi consegnata dagli
Apostoli, ci basta. Lasciate che, come Pietro alla fine del discorso
eucaristico nel Vangelo di Giovanni, io ripeta a Cristo, a nome di tutta la
Chiesa, a nome di ciascuno di voi: " Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna " (Gv 6,68).
60. All'alba di questo terzo
millennio, noi tutti figli della Chiesa siamo sollecitati a camminare con un
rinnovato slancio nella vita cristiana. Come ho scritto nella Lettera
apostolica Novo millennio ineunte, " non si tratta di
inventare un "nuovo programma". Il programma c'è già: è quello di
sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in
ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in
Lui la vita trinitaria, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento
nella Gerusalemme celeste ".103 L'attuazione di questo
programma di un rinnovato slancio nella vita cristiana passa attraverso
l'Eucaristia.
Ogni impegno di santità, ogni
azione tesa a realizzare la missione della Chiesa, ogni attuazione di piani
pastorali deve trarre la necessaria forza dal Mistero eucaristico e ad esso si
deve ordinare come al suo culmine. Nell'Eucaristia abbiamo Gesù, abbiamo il suo
sacrificio redentore, abbiamo la sua risurrezione, abbiamo il dono dello
Spirito Santo, abbiamo l'adorazione, l'obbedienza e l'amore al Padre. Se trascurassimo
l'Eucaristia, come potremmo rimediare alla nostra indigenza?
61. Il Mistero eucaristico –
sacrificio, presenza, banchetto – non consente riduzioni né
strumentalizzazioni; va vissuto nella sua integrità, sia nell'evento
celebrativo, sia nell'intimo colloquio con Gesù appena ricevuto nella
comunione, sia nel momento orante dell'adorazione eucaristica fuori della
Messa. Allora la Chiesa viene saldamente edificata e si esprime ciò che essa
veramente è: una, santa, cattolica e apostolica; popolo, tempio e famiglia di
Dio; corpo e sposa di Cristo, animata dallo Spirito Santo; sacramento
universale di salvezza e comunione gerarchicamente strutturata.
La via che la Chiesa percorre in
questi primi anni del terzo millennio è anche via di rinnovato impegno
ecumenico. Gli ultimi decenni del secondo millennio, culminati nel Grande
Giubileo, ci hanno sospinto in tale direzione, sollecitando tutti i battezzati
a corrispondere alla preghiera di Gesù " ut unum sint " (Gv
17,11). È una via lunga, irta di ostacoli che superano la capacità umana;
ma abbiamo l'Eucaristia e davanti ad essa possiamo sentire in fondo al cuore,
come rivolte a noi, le stesse parole che udì il profeta Elia: " Su mangia,
perché è troppo lungo per te il cammino " (1 Re 19,7). Il tesoro
eucaristico, che il Signore ha messo a nostra disposizione, ci stimola verso il
traguardo della sua piena condivisione con tutti i fratelli, ai quali ci unisce
il comune Battesimo. Per non disperdere tale tesoro, occorre però rispettare le
esigenze derivanti dal suo essere Sacramento della comunione nella fede e nella
successione apostolica.
Dando all'Eucaristia tutto il
rilievo che essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna
dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di
questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi
secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo "
tesoro ". Sospinta dall'amore, la Chiesa si preoccupa di trasmettere alle
successive generazioni cristiane, senza perderne alcun frammento, la fede e la
dottrina sul Mistero eucaristico. Non c'è pericolo di esagerare nella cura di
questo Mistero, perché " in questo Sacramento si riassume tutto il mistero
della nostra salvezza ".104
62. Mettiamoci, miei carissimi
fratelli e sorelle, alla scuola dei Santi, grandi interpreti della vera
pietà eucaristica. In loro la teologia dell'Eucaristia acquista tutto lo
splendore del vissuto, ci " contagia " e, per così dire, ci "
riscalda ". Mettiamoci soprattutto in ascolto di Maria Santissima,
nella quale il Mistero eucaristico appare, più che in ogni altro, come
mistero di luce. Guardando a lei conosciamo la forza trasformante che
l'Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell'amore.
Contemplandola assunta in Cielo in anima e corpo, vediamo uno squarcio dei
" cieli nuovi " e della " terra nuova " che si apriranno ai
nostri occhi con la seconda venuta di Cristo. Di essi l'Eucaristia costituisce
qui in terra il pegno e, in qualche modo, l'anticipazione: " Veni,
Domine Iesu! " (Ap 22,20).
Nell'umile segno del pane e del
vino, transustanziati nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo cammina con noi,
quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per tutti testimoni di
speranza. Se di fronte a questo Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il
cuore illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce bene come
atteggiarsi, inabissandosi nell'adorazione e in un amore senza limiti.
Facciamo nostri i sentimenti di
san Tommaso d'Aquino, sommo teologo e insieme appassionato cantore di Cristo
eucaristico, e lasciamo che anche il nostro animo si apra nella speranza alla
contemplazione della meta, verso la quale il cuore aspira, assetato com'è di
gioia e di pace:
" Bone pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserere... ".
"Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi".
Dato a Roma, presso San
Pietro, il 17 aprile, Giovedì Santo, dell'anno 2003, venticinquesimo del mio
Pontificato, Anno del Rosario.
IOANNES PAULUS II
NOTE
1Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.
2Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei
presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.
3Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae (16
ottobre 2002), 21: AAS 95 (2003), 19.
4È questo il titolo che ho voluto dare a una testimonianza
autobiografica in occasione del cinquantesimo del mio sacerdozio.
5Leonis XIII ActaXXII (1903), 115-136.
6AAS39 (1947), 521-595.
7AAS57 (1965), 753-774.
8AAS72 (1980), 113-148.
9Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, 47: " Salvator noster [...] Sacrificium
Eucharisticum Corporis et Sanguinis sui instituit, quo Sacrificium Crucis in
saecula, donec veniret, perpetuaret ".
10Catechismo della Chiesa Cattolica, 1085.
11Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium,
3.
12Cfr Paolo VI, Solenne professione di fede, 30 giugno
1968, 24: AAS 60 (1968), 442; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dominicae
Cenae (24 febbraio 1980), 12: AAS 72 (1980), 142.
13Catechismo della Chiesa Cattolica, 1382.
14Ibid., 1367.
15Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3: PG 63, 131.
16Cfr Conc. Ecum. Tridentino,
Sess. XXII, Doctrina de ss. Missae sacrificio, cap. 2: DS 1743:
" Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la
offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso
sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi ".
17Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei (20 novembre 1947):
AAS 39 (1947), 548.
18Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (15 marzo
1979), 20: AAS 71 (1979), 310.
19Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.
20De sacramentis,V, 4,
26: CSEL 73, 70.
21Sul Vangelo di Giovanni, XII,
20: PG 74, 726.
22Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57
(1965), 764.
23Sess. XIII, Decr. de ss. Eucharistia, cap. 4: DS 1642.
24Catechesi mistagogiche, IV, 6:
SCh 126, 138.
25Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei
Verbum, 8.
26Solenne professione di fede,
30 giugno 1968, 25: AAS 60 (1968), 442-443.
27Omelia IV per la Settimana Santa: CSCO413/ Syr. 182, 55.
28Anafora.
29Preghiera Eucaristica III.
30Solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo, antifona al
Magnificat dei II Vespri.
31Messale Romano, Embolismo
dopo il Padre nostro.
32Lettera agli Efesini, 20:
PG 5, 661.
33Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, 39.
34" Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando
si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi
trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto:
"Questo è il mio corpo", è il medesimo che ha detto: "Voi mi
avete visto affamato e non mi avete nutrito", e "Quello che avete fatto
al più piccolo dei miei fratelli l'avete fatto a me" [...]. A che serve
che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d'oro, quando lui muore di
fame? Comincia a saziare lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare
anche l'altare ": S. Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 50,
3-4: PG 58, 508- 509; cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo
rei socialis (30 dicembre 1987), 31: AAS 80 (1988), 553-556.
35Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 3.
36Ibid.
37Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad gentes,
5.
38" Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo,
dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi
sulla base di tutte queste parole!" " (Es 24, 8).
39Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.
40Cfr ibid., 9.
41Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis,
5. Lo stesso Decreto, al n. 6 dice: " Non è possibile che sia costruita
una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione
della santissima Eucaristia ".
42Omelie sulla I Lettera ai Corinzi, 24, 2: PG 61, 200. Cfr Didachè, IX, 4: F.X.
Funk, I, 22; S. Cipriano, Ep. LXIII, 13: PL 4, 384.
43PO26, 206.
44Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.
45Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia,
can. 4: DS 1654.
46Cfr Rituale Romanum: De sacra communione et de cultu mysterii
eucharistici extra Missam, 36 (n. 80).
47Cfr ibid., 38-39 (nn. 86-90).
48Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6
gennaio 2001), 32: AAS 93 (2001), 288.
49" Durante il giorno i fedeli non omettano di fare la visita
al Santissimo Sacramento, che dev'essere custodito in luogo distintissimo, col
massimo onore nelle chiese, secondo le leggi liturgiche, perché la visita è
prova di gratitudine, segno d'amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore
là presente ": Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre
1965): AAS 57 (1965), 771.
50Visite al SS. Sacramento ed a Maria Santissima, Introduzione: Opere ascetiche, Avellino 2000, p. 295.
51N. 857.
52Ibid.
53Ibid.
54Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Sacerdotium
ministeriale (6 agosto 1983), III.2: AAS 75 (1983), 1005.
55Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 10.
56Ibid.
57Cfr Institutio generalis: Editio typica tertia, n. 147.
58Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 10 e 28; Decr.
sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 2.
59" Il ministro dell'altare agisce in persona di Cristo in
quanto capo, che offre a nome di tutte le membra ": Pio XII, Lett. enc.
Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 556; cfr Pio X,
Esort. ap. Haerent animo (4 agosto 1908): Pii X Acta, IV, 16; Pio
XI, Lett. enc. Ad catholici sacerdotii (20 dicembre 1935): AAS 28
(1936), 20.
60Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 8: AAS
72 (1980), 128-129.
61Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Sacerdotium
ministeriale (6 agosto 1983), III.4: AAS 75 (1983), 1006; cfr Conc.
Ecum. Lateranense IV, cap. 1, Cost. sulla fede cattolica Firmiter credimus:
DS 802.
62Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis
redintegratio, 22.
63Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 2: AAS
72 (1980), 115.
64Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum
Ordinis, 14.
65Ibid., 13; cfr Codice di
Diritto Canonico, can. 904; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali,
can. 378.
66Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum
Ordinis, 6.
67Cfr Relazione finale, II.C.1: L'Osservatore Romano, 10
dicembre 1985, p. 7.
68Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium,
26.
69Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, IV, 10: SCh 355,
270.
70Cammino di perfezione, c. 35.
71Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi
della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis
notio (28 maggio 1992), 4: AAS 85 (1993), 839-840.
72Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14.
73Omelie su Isaia 6, 3: PG
56, 139.
74N. 1385; cfr Codice di Diritto Canonico, can. 916;
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 711.
75Discorso ai membri della Sacra Penitenzieria Apostolica e ai
Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali di Roma (30 gennaio 1981): AAS 73
(1981), 203. Cfr
Conc. Ecum. Tridentino,
Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia, cap. 7 et can. 11: DS 1647,
1661.
76Can. 915; cfr
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 712.
77Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14.
78San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, q. 73, a.
3c.
79Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi
della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis
notio (28 maggio 1992), 11: AAS 85 (1993), 844.
80Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23.
81Lettera agli Smirnesi,8: PG
5, 713.
82Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium,
23.
83Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi
della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis
notio (28 maggio 1992), 14: AAS 85 (1993), 847.
84Sermo272: PL 38, 1247.
85Ibid., 1248.
86Cfr nn. 31-51: AAS 90 (1998), 731-746.
87Cfr ibid., nn. 48-49: AAS 90
(1998), 744.
88N. 36: AAS 93 (2001), 291-292.
89Cfr Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 1.
90Cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.
91" Fa' che noi, che partecipiamo all'unico pane e all'unico
calice, siamo uniti gli uni gli altri nella comunione dell'unico Spirito Santo
": Anafora della Liturgia di S. Basilio.
92Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 908; Codice dei
Canoni delle Chiese Orientali, can. 702; Pontificio Consiglio per la
Promozione dell'Unità dei Cristiani, Direttorio per l'ecumenismo (25
marzo 1993), 122-125, 129-131: AAS 85 (1993), 1086-1089; Congregazione
per la Dottrina della Fede, Lettera Ad exsequendam (18 maggio 2001):
AAS 93 (2001), 786.
93" La comunicazione in cose sacre che offende l'unità della
Chiesa o include la formale adesione all'errore o il pericolo di errare nella
fede, di scandalo e di indifferentismo, è proibita dalla legge divina ":
Decr. sulle Chiese orientali cattoliche Orientalium Ecclesiarum, 26.
94N. 45: AAS 87 (1995), 948.
95Decr. sulle Chiese orientali cattoliche Orientalium
Ecclesiarum, 27.
96Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 844 §§ 3-4; Codice
dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671 §§ 3-4.
97N. 46: AAS 87 (1995), 948.
98Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 22.
99Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 844; Codice dei
Canoni delle Chiese Orientali, can. 671.
100Cfr AAS 91 (1999), 1155-1172.
101N. 22: AAS 92 (2000), 485.
102Cfr n. 21: AAS 95 (2003), 20.
103N. 29: AAS 93 (2001), 285.
104San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, q. 83, a. 4
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