Come si può
desumere dall'Index Thomisticus,
S. Tommaso conosce il termine cultura ma lo usa, come
fanno generalmente tutti gli autori latini dell’antichità e del medioevo, o
nel significato letterale di cultura dei campi o nel significato metaforico di
culto degli idoli o culto degli dei; egli non lo adopera mai nei tre nuovi
sensi che il termine cultura ha acquisito successivamente: dì erudizione, di
educazione, di struttura della società. Ciò non significa
che egli ignori la res designata da queste nuove accezioni. Tutt'altro: quantomeno dell'educazione e dell'erudizione
egli ha un concetto molto elaborato e profondo.
Per
trattare della cultura nel senso di educazione egli
si avvale del termine disciplina di cui dà la seguente definizione: “Disciplina
autem est receptio cognitionis ab alio” (In I anal., lect. 1, n. 9). Nella questione XI del De Veritate dedicata al maestro (De magistro) ci ha lasciato un luminoso saggio di pedagogia.
Sulla necessità dell’educazione (disciplina) egli si è espresso egregiamente
anche nella Summa Theologica, in un brano che vale
la pena riprendere alla lettera. A coloro che sostengono
che non c'è bisogno di disciplina (educazione) perché l'uomo sarebbe già munito
dalla natura stessa di tutto ciò che gli occorre l'Aquinate
replica: certamente. «per natura l'uomo ha una certa attitudine alla
virtù come abbiamo già visto; una la perfezione di
codesta virtù viene da lui raggiunta mediante una disciplina. Del resto vediamo
che l'uomo fa fronte anche alle sue necessità di cibo e dì vestiario mediante
l'industria personale, di cui la natura offre i primi elementi, cioè la ragione e le mani, non però il completo sviluppo,
come negli altri animali, ai quali la natura offre già completo rivestimento
e cibo. Ora l'uomo non risulta facilmente preparato
in se stesso a tale disciplina. Poiché la perfezione
della virtù consiste principalmente nel ritrarre l'uomo dai piaceri illeciti,
che attirano di più, specialmente i giovani, sui quali la disciplina è
chiamata ad agire maggiormente. Perciò è necessario che gli uomini siano
applicati da altri a codesta disciplina, per poter
raggiungere la virtù» (I‑II, q.
Per parlare
della cultura nel senso di erudizione S. Tommaso si
avvale soprattutto dei termini scientia e philosophia che, a suo giudizio, sono le forme più elevate
del sapere umano. L'analisi che egli fa di tale sapere è così acuta e la
strutturazione così perfetta che gli storici non esitano a dire
che nel medioevo la filosofia della cultura tocca con lui la vetta più alta, in
quanto S. Tommaso riesce a conferire alle cognizioni parziali della cultura
classica e patristica una struttura unitaria, sintetizzante ed organica. M. Grabmann, che ha ricostruito abilmente le linee
fondamentali della filosofia della cultura dell'Aquinate,
dichiara che il suo merito principale è di avere portato a compimento “la grande missione della cultura del suo tempo: la valorizzazione
del pensiero aristotelico da poco riapparso, a vantaggio della Weltanschauung cristiana, della teologia e della
filosofia”. Però, si affretta a precisare lo stesso Grabmann,
quella di S. Tommaso non è una filosofia della cultura in senso moderno: “In S.
Tommaso la filosofia della cultura è la deduzione, la dimostrazione e la
critica dei valori e dei beni della cultura secondo i principi e i canoni
metafisici e teologici del sistema” (M. Grabmann, La
filosofia della cultura secondo S. Tommaso, tr. it., Bologna 1931, pp. 12‑14). In effetti, come abbiamo
visto, S. Tommaso studia la cultura soprattutto nella sua funzione pedagogica:
come formazione della persona, attraverso l'assimilazione di quei valori che
maggiormente contribuiscono ad arricchirla e a realizzarla. Tali sono i valori
del Vero, del Bene, del Bello e del Santo.
S. Tommaso non ha nessuna familiarità con la cultura
concepita come forma spirituale di un popolo, di una
nazione, che è il concetto più moderno di cultura. La funzione della cultura
intesa in questo modo è diventata oggetto di ricerche approfondite e
sistematiche, dando origine a quella importante
disciplina che si chiama antropologia culturale, soltanto verso la fine del XIX
secolo (con Tylor, Boas, Durkheim ecc.). Lo studio di questo aspetto
della cultura è estremamente importante, perché è quello che ci fa capire
l'essere di una società (popolo, nazione), la sua vita, ì suoi dinamismi, le
sue strutture, il suo sviluppo, i suoi obiettivi, il suo ruolo nella storia. È uno studio fondamentale anche per la comprensione e la soluzione
di numerosi problemi, in particolare il problema del rinnovamento della
cultura, il problema della inculturazione del
messaggio cristiano, il problema della localizzazione della Chiesa, il problema
della natura della Chiesa stessa in quanto popolo di Dio ecc. Anche se l'Aquinate non ha elaborato nessuna filosofia della cultura
in senso moderno, nella sua antropologia ha presentato un ricchissimo
concetto dell'uomo, che è dì grandissimo aiuto nella costruzione di una
filosofia della cultura intesa come forma spirituale, ossia come anima della
società.
(Vedi: CIVILTA’, RELIGIONE)
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Battista Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S.Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.