Articolo 7: IL
SETTIMO COMANDAMENTO
Introduzione
Non rubare (Es 20,15; Dt 5,19).
Non rubare (Mt 19,18).
[2401] Il settimo comandamento
proibisce di prendere o di tenere ingiustamente i beni del prossimo e di
arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo. Esso prescrive la
giustizia e la carità nella gestione dei beni materiali e del frutto del lavoro
umano. Esige, in vista del bene comune, il rispetto della destinazione
universale dei beni e del diritto di proprietà privata. La vita cristiana si
sforza di ordinare a Dio e alla carità fraterna i beni di questo mondo.
IV. L’attività economica e la
giustizia sociale
[2426] Lo sviluppo delle attività
economiche e l’aumento della produzione sono destinati a soddisfare i bisogni
degli esseri umani. La vita economica non mira solo ad accrescere la produzione
dei beni e ad aumentare il profitto o la potenza; essa è prima di tutto
ordinata al servizio delle persone, dell’uomo nella sua integralità e di tutta
la comunità umana. Realizzata secondo i propri metodi, l’attività economica
deve essere esercitata nell’ambito dell’ordine morale, nel rispetto della
giustizia sociale, in modo che risponda al disegno di Dio sull’uomo .
[2427] Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create
ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l’opera
della creazione sottomettendo la terra . Il lavoro, quindi, è un dovere: «Chi
non vuol lavorare, neppure mangi» (2Ts
3,10) . Il lavoro esalta i doni del Creatore e i talenti ricevuti. Può
anche essere redentivo. Sopportando la penosa fatica del lavoro in unione con Gesù, l’artigiano di Nazaret e il
crocifisso del Calvario, l’uomo in un certo modo coopera con il Figlio di Dio
nella sua opera redentrice. Si mostra discepolo di Cristo portando la croce,
ogni giorno, nell’attività che è chiamato a compiere . Il lavoro può essere un
mezzo di santificazione e un’animazione delle realtà terrene nello Spirito di
Cristo.
[2428] Nel lavoro la persona
esercita e attualizza una parte delle capacità iscritte nella sua natura. Il
valore primario del lavoro riguarda l’uomo stesso, che ne è l’autore e il
destinatario. Il lavoro è per l’uomo, e non l’uomo per il lavoro .Ciascuno deve
poter trarre dal lavoro i mezzi di sostentamento per la propria vita e per
quella dei suoi familiari, e servire la comunità umana.
[2429] Ciascuno ha il diritto di
iniziativa economica; ciascuno userà legittimamente i propri talenti per
concorrere a un’abbondanza di cui tutti possano godere, e per raccogliere dai
propri sforzi i giusti frutti. Procurerà di conformarsi agli ordinamenti
emanati dalle legittime autorità in vista del bene comune .
[2430] La vita economica chiama in causa interessi diversi,
spesso tra loro opposti. Così si spiega l’emergere dei conflitti che la
caratterizzano . Si farà di tutto per comporre tali conflitti attraverso
negoziati che rispettino i diritti e i doveri di ogni parte sociale: i
responsabili delle imprese, i rappresentanti dei lavoratori, per esempio le
organizzazioni sindacali, ed, eventualmente, i pubblici poteri.
[2431] La responsabilità dello
Stato. «L’attività economica, in particolare quella dell’economia di
mercato, non può svolgersi in un vuoto istituzionale, giuridico e politico.
Essa suppone, al contrario, sicurezza circa le garanzie delle libertà
individuali e della proprietà, oltre che una moneta stabile e servizi pubblici
efficienti. Il principale compito dello Stato, pertanto, è quello di garantire
tale sicurezza, di modo che chi lavora possa godere i frutti del proprio lavoro
e, quindi, si senta stimolato a compierlo con efficienza e onestà... Compito
dello Stato è quello di sorvegliare e guidare l’esercizio dei diritti umani nel
settore economico; in questo campo, tuttavia, la prima responsabilità non è
dello Stato, bensì dei singoli e dei diversi gruppi e associazioni di cui si
compone la società» .
[2432] I responsabili di imprese hanno, davanti alla società, la
responsabilità economica ed ecologica delle loro operazioni . Hanno il dovere
di considerare il bene delle persone e non soltanto l’aumento dei profitti.
Questi, comunque, sono necessari. Permettono di realizzare gli investimenti che
assicurano l’avvenire delle imprese. Garantiscono l’occupazione.
[2433] L’accesso al lavoro e
alla professione deve essere aperto a tutti, senza ingiusta discriminazione: a
uomini e a donne, a chi è in buone condizioni psico-fisiche e ai disabili, agli
autoctoni e agli immigrati . In rapporto alle circostanze, la società deve da
parte sua aiutare i cittadini a trovare un lavoro e un impiego .
[2434] Il giusto salario è il frutto legittimo del lavoro.
Rifiutarlo o non darlo a tempo debito può rappresentare una grave ingiustizia .
Per stabilire l’equa remunerazione, si deve tener conto sia dei bisogni sia
delle prestazioni di ciascuno. «Il lavoro va remunerato in modo tale da
garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una
vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale,
corrispondentemente al tipo di attività e grado di rendimento economico di
ciascuno, nonché alle condizioni dell’impresa e al bene comune» . Non è
sufficiente l’accordo tra le parti a giustificare moralmente l’ammontare del
salario.
[2435] Lo sciopero è moralmente legittimo quando appare
come lo strumento inevitabile, o quanto meno necessario, in vista di un
vantaggio proporzionato. Diventa moralmente inaccettabile allorché è
accompagnato da violenze oppure gli si assegnano obiettivi non direttamente
connessi con le condizioni di lavoro o in contrasto con il bene comune.
[2436] È
ingiusto non versare agli organismi di sicurezza sociale i contributi stabiliti
dalle legittime autorità.La privazione del lavoro, a causa
della disoccupazione, quasi sempre rappresenta, per chi ne è vittima, un’offesa
alla sua dignità e una minaccia per l’equilibrio della vita. Oltre al danno che
egli subisce personalmente, numerosi rischi ne derivano per la sua famiglia .