Articolo 5: IL
QUINTO COMANDAMENTO
Introduzione
Non uccidere (Es 20,13).
Avete inteso che fu detto
agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi
dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio (Mt 5,21-22).
[2258] «La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione
creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore,
suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine:
nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere
direttamente un essere umano innocente» .
I.
Il rispetto della vita umana
La testimonianza
della Storia Sacra
[2259] La Scrittura, nel racconto
dell’uccisione di Abele da parte del fratello Caino, rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell’uomo
della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L’uomo è
diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo
fratricidio: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal
suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha
bevuto il sangue di tuo fratello» (Gen
4,10-11).
[2260] L’alleanza di Dio e
dell’umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana e alla
violenza omicida dell’uomo:
Del sangue
vostro, ossia della vostra vita, io domando conto... Chi sparge il sangue
dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli
ha fatto l’uomo (Gen
9,5-6).
L’Antico Testamento ha sempre ritenuto il sangue
come un segno sacro della vita . Questo insegnamento è necessario in ogni
tempo.
[2261] La Scrittura precisa la
proibizione del quinto comandamento: «Non far morire l’innocente e il giusto» (Es 23,7). L’uccisione volontaria di un
innocente è gravemente contraria alla dignità dell’essere umano, alla «regola
d’oro» e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo
omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e
dappertutto.
[2262] Nel Discorso della montagna
il Signore richiama il precetto: «Non uccidere» (Mt 5,21); vi aggiunge la proibizione dell’ira, dell’odio, della vendetta.
Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l’altra guancia, di amare i propri nemici . Egli stesso non
si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero .
La legittima difesa
[2263] La legittima difesa delle
persone e delle società non costituisce un’eccezione alla proibizione di
uccidere l’innocente, uccisione in cui consiste l’omicidio volontario. «Dalla
difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la
conservazione della propria vita; mentre l’altro è l’uccisione
dell’attentatore... Il primo soltanto è intenzionale, l’altro è involontario» .
[2264] L’amore verso se stessi
resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far
rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si
rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore
un colpo mortale:
"Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del
necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora
la difesa è lecita... E non è necessario per la salvezza dell’anima che uno
rinunzi alla legittima difesa per evitare l’uccisione di altri: poiché un uomo
è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui". ( S.Tommaso )
[2265] La legittima difesa, oltre
che un diritto, può essere un grave dovere, per chi è responsabile della vita
di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in
stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità
hanno il diritto di usare le armi per respingere gli aggressori della comunità
civile affidata alla loro responsabilità.
[2266] Corrisponde ad una esigenza
di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il
diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali
della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il
dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha
innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando
è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La
pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza
delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa
deve contribuire alla correzione del colpevole.
[2267] L'insegnamento
tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento
dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di
morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente
dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se,
invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per
proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi,
poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e
sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi,
infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente
il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli
definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di
soppressione del reo "sono ormai molto rari, se non addirittura
praticamente inesistenti" (Evangelium vitae, n.56).
L’omicidio
volontario
[2268] Il quinto comandamento
proibisce come gravemente peccaminoso l’omicidio diretto e volontario.
L’omicida e coloro che volontariamente cooperano all’uccisione commettono un
peccato che grida vendetta al cielo .
L’infanticidio,
il fratricidio, il parricidio e l’uccisione del coniuge sono crimini
particolarmente gravi a motivo dei vincoli naturali che infrangono.
Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non possono giustificare
nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici poteri.
[2269] Il quinto comandamento
proibisce qualsiasi azione fatta con l’intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge
morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave
motivo, quanto di rifiutare l’assistenza ad una persona in pericolo.
Tollerare, da parte della società umana, condizioni
di miseria che portano alla morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è
una scandalosa ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano
pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro
fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro
imputabile .
L’omicidio involontario non è moralmente imputabile. Ma non
si è scagionati da una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è
agito in modo tale da causare la morte, anche senza l’intenzione di provocarla.
L’aborto
[2270] La vita umana deve essere
rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal
primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti
della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla
vita .
Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi
alla luce, ti avevo consacrato (Ger
1,5) .
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra (Sal 139,15).
[2271] Fin dal primo secolo la
Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo
insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto
come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:
Non uccidere il bimbo con
l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita .
Dio, padrone della vita, ha
affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve
essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve
essere protetta con la massima cura; e l’aborto come l’infanticidio sono
abominevoli delitti .
[2272] La cooperazione formale a un
aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di
scomunica questo delitto contro la vita umana. «Chi procura l’aborto, ottenendo l’effetto, incorre nella scomunica
latae sententiae» «per il fatto
stesso d’aver commesso il delitto» e
alle condizioni previste dal Diritto . La Chiesa non intende in tal modo
restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del
crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi
genitori e a tutta la società.
[2273] Il diritto inalienabile alla
vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo
della società civile e della sua legislazione:
«I diritti inalienabili
della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società
civile e dell’autorità politica; tali diritti dell’uomo non dipendono né dai
singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione
della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti
alla persona in forza dell’atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi
diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare... il diritto alla
vita e all’integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte» .
«Nel momento in cui una
legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la
legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l’uguaglianza
di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio
dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono
minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto... Come conseguenza del
rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal
momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni
penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti» .
[2274] L’embrione, poiché fin dal
concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella
sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere
umano.
La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se «rispetta la
vita e l’integrità dell’embrione e del feto umano ed è orientata alla sua
salvaguardia o alla sua guarigione individuale... Ma essa è gravemente in
contrasto con la legge morale quando contempla l’eventualità, in dipendenza dai
risultati, di provocare un aborto: una diagnosi... non deve equivalere a una
sentenza di morte» .
[2275] «Si devono ritenere leciti
gli interventi sull’embrione umano a patto che rispettino la vita e l’integrità
dell’embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano
finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di
salute o alla sua sopravvivenza individuale» .
«È immorale produrre
embrioni umani destinati a essere sfruttati come “materiale biologico”
disponibile» .
«Alcuni tentativi d’intervento sul patrimonio cromosomico o
genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani
selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni
sono contrarie alla dignità personale dell’essere umano, alla sua integrità e
alla sua identità» unica, irrepetibile .
L’eutanasia
[2276] Coloro la cui vita è
minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o
handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un’esistenza per
quanto possibile normale.
[2277] Qualunque ne siano i motivi
e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone
handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.
Così un’azione oppure
un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di
porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla
dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.
L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la
natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere.
[2278] L’interruzione di procedure
mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai
risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia
all’«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta
di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne
ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno
legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli
interessi legittimi del paziente.
[2279] Anche se la morte è
considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona
ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L’uso di analgesici per
alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i
suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non
è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come
inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della
carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.
Il suicidio
[2280] Ciascuno è responsabile
della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. È lui che ne rimane il
sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla
per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli
amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne
disponiamo.
[2281] Il suicidio contraddice la
naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria
vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è
un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di
solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle
quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio
vivente.
[2282] Se è commesso con
l’intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si
carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al
suicidio è contraria alla legge morale.
Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore
grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la
responsabilità del suicida.
[2283] Non si deve disperare della salvezza eterna delle
persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo
conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa
prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.