III. Le offese alla verità
[2475] I discepoli di Cristo hanno
rivestito «l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità
vera»
(Ef 4,24). Bandita la
menzogna, essi hanno deposto «ogni
malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza» (1Pt 2,1).
[2476] Falsa testimonianza e
spergiuro.
Una affermazione contraria alla verità, quando è fatta pubblicamente, riveste
una gravità particolare. Fatta davanti ad un tribunale, diventa una falsa
testimonianza . Quando la si fa sotto giuramento, è uno spergiuro. Simili modi
di comportarsi contribuiscono sia alla condanna di un innocente sia alla
assoluzione di un colpevole, oppure ad aggravare la pena in cui è incorso
l’accusato . Compromettono gravemente l’esercizio della giustizia e l’equità
della sentenza pronunciata dai giudici.
[2477] Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito
ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno . Si
rende colpevole:
di giudizio temerario colui
che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento,
una colpa morale nel prossimo;
di maldicenza colui
che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui
a persone che li ignorano;
di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità,
nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro
conto.
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[2478] Per evitare il giudizio
temerario, ciascuno cercherà di interpretare, per quanto è possibile, in un
senso favorevole i pensieri, le parole e le azioni del suo prossimo:
"Ogni buon cristiano deve essere più disposto a salvare l’affermazione
del prossimo che a condannarla; e se non la possa salvare, cerchi di sapere
quale significato egli le dia; e, se le desse un significato erroneo, lo
corregga con amore; e, se non basta, cerchi tutti i mezzi adatti perché,
dandole il significato giusto, si salvi". ( S.Ignazio di Loyola )
[2479] Maldicenze e calunnie
distruggono la reputazione e l’onore del prossimo. Ora, l’onore
è la testimonianza sociale resa alla dignità umana, e ognuno gode di un diritto
naturale all’onore del proprio nome, alla propria reputazione e al rispetto.
Ecco perché la maldicenza e la calunnia offendono le virtù della giustizia e
della carità.
[2480] È da bandire qualsiasi
parola o atteggiamento che, per lusinga, adulazione o compiacenza,
incoraggi e confermi altri nella malizia dei loro atti e nella perversità della
loro condotta. L’adulazione è una colpa grave se si fa complice di vizi o di
peccati gravi. Il desiderio di rendersi utile o l’amicizia non giustificano una
doppiezza del linguaggio. L’adulazione è un peccato veniale quando nasce
soltanto dal desiderio di riuscire piacevole, evitare un male, far fronte ad
una necessità, conseguire vantaggi leciti.
[2481] La iattanza o millanteria costituisce una colpa
contro la verità. Ciò vale anche per l’ironia
che tende ad intaccare l’apprezzamento di qualcuno caricaturando, in
maniera malevola, un qualche aspetto del suo comportamento.
[2482] «La menzogna consiste nel dire il falso con
l’intenzione di ingannare» . Nella menzogna il Signore denuncia un’opera
diabolica: «Voi... avete per padre il diavolo... non vi è verità in lui. Quando
dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44).
[2483] La menzogna è l’offesa più
diretta alla verità. Mentire è parlare o agire contro la verità per indurre in
errore. Ferendo il rapporto dell’uomo con la verità e con il suo prossimo, la
menzogna offende la relazione fondamentale dell’uomo e della sua parola con il
Signore.
[2484] La gravità della menzogna si commisura alla natura della
verità che essa deforma, alle circostanze, alle intenzioni del mentitore, ai
danni subiti da coloro che ne sono le vittime. Se la menzogna, in sé, non
costituisce che un peccato veniale, diventa mortale quando lede in modo grave
le virtù della giustizia e della carità.
[2485] La menzogna è per sua natura
condannabile. È una profanazione della parola, la cui funzione è di comunicare
ad altri la verità conosciuta. Il proposito deliberato di indurre il prossimo
in errore con affermazioni contrarie alla verità costituisce una mancanza in
ordine alla giustizia e alla carità. La colpevolezza è maggiore quando
l’intenzione di ingannare rischia di avere conseguenze funeste per coloro che
sono sviati dal vero.
[2486] La menzogna (essendo una
violazione della virtù della veracità) è una autentica violenza fatta
all’altro. Lo colpisce nella sua capacità di conoscere, che è la condizione di
ogni giudizio e di ogni decisione. Contiene in germe la divisione degli spiriti
e tutti i mali che questa genera. La menzogna è dannosa per ogni società;
scalza la fiducia tra gli uomini e lacera il tessuto delle relazioni sociali.
[2487] Ogni
colpa commessa contro la giustizia e la verità impone il dovere di
riparazione, anche se il colpevole è stato perdonato. Quando è impossibile
riparare un torto pubblicamente, bisogna farlo in privato; a colui che ha
subito un danno, qualora non possa essere risarcito direttamente, va data
soddisfazione moralmente, in nome della carità. Tale dovere di riparazione
riguarda anche le colpe commesse contro la reputazione altrui. La riparazione,
morale e talvolta materiale, deve essere commisurata al danno che è stato arrecato.
Essa obbliga in coscienza.