CENTESIMUS ANNUS
DI GIOVANNI
PAOLO II
TRATTI CARATTERISTICI
DELLA RERUM NOVARUM
CAPITOLO
I
4.La grave contrapposizione della società
in classi è il motivo di fondo
dell'Enciclica di Leone XIII
a) Radicali mutamenti politici, economici, sociali e
tecnici nella seconda metà del secolo XIX.
Sul finire del secolo scorso
b) L'Enciclica «Rerum
Novarum» affronta in maniera organica la «questione operaia».
Nel momento culminante di questa contrapposizione, quando
ormai apparivano in piena luce la gravissima ingiustizia della realtà sociale,
quale esisteva in molte parti, ed il pericolo di una rivoluzione favorita dalle
concezioni allora chiamate «socialiste», Leone XIII intervenne con un Documento
che affrontava in modo organico la «questione operaia». L'Enciclica era stata
preceduta da altre, dedicate piuttosto ad insegnamenti di carattere politico,
mentre altre ancora seguiranno più tardi . In questo contesto è da ricordare,
in particolare, l'Enciclica libertas
praestantissimum, in cui era richiamato il legame costitutivo della libertà
umana con la verità, tale che una libertà che rifiuti di vincolarsi alla verità
scadrebbe in arbitrio e finirebbe col sottomettere se stessa alle passioni più
vili e con l'autodistruggersi. Da cosa derivano, infatti, tutti i mali a cui
4.
Al
tempo della «Rerum Novarum»
la società era caratterizzata dal
conflitto tra capitale e lavoro.
a) Leone XIII proclamò le condizioni fondamentali per
sanare il conflitto.
Le «cose nuove», alle quali il Papa si riferiva, erano
tutt'altro che positive. Il primo paragrafo dell'Enciclica descrive le «cose
nuove», che le han dato il nome, con parole forti: «Una volta suscitata la
brama di cose nuove, che da tempo sta sconvolgendo gli Stati, ne sarebbe
derivato come conseguenza che i desideri di cambiamenti si trasferissero alla
fine dall'ordine politico al settore contiguo dell'economia. Difatti, i
progressi incessanti dell'industria, le nuove strade aperte dalle professioni,
le mutate relazioni tra padroni e operai. L'accumulo della ricchezza nelle mani
di pochi, accanto alla miseria della moltitudine; la maggiore coscienza che i
lavoratori hanno acquistato di sé e, di conseguenza, una maggiore unione tra
essi ed inoltre il peggioramento dei costumi, tutte queste cose hanno fatto
scoppiare un conflitto» . Il Papa, e con lui
b) Insegnare una dottrina sociale è un compito della
missione evangelizzatrice della Chiesa.
In questo modo Leone XIII, sulle orme dei predecessori,
stabiliva un paradigma permanente per
c) L'annuncio della dottrina sociale della Chiesa è una
componente della «nuova evangelizzazione» del mondo moderno.
Ora, la validità di tale orientamento mi offre, a
distanza di cento anni, l'opportunità di dare un contributo all'elaborazione
della dottrina sociale cristiana. La «nuova evangelizzazione», di cui il mondo
moderno ha urgente necessità e su cui ho più volte insistito, deve annoverare
tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della
Chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, ad indicare la retta via
per rispondere alle grandi sfide dell'età contemporanea, mentre cresce il
discredito delle ideologie. Come allora, bisogna ripetere che non c'è vera
soluzione della «questione sociale» fuori del Vangelo e che, d'altra parte, le
«cose nuove» possono trovare in esso il loro spazio di verità e la dovuta
impostazione morale.
6.
La chiave di lettura della «Rerum Novarum»:
la dignità del lavoro e del lavoratore in quanto tale; il diritto alla proprietà privata
nell'ambito della destinazione universale dei beni della Terra.
Proponendosi di far luce sul conflitto
che si era venuto a creare tra capitale e lavoro, Leone XIII affermava i
diritti fondamentali dei lavoratori. Per questo, la chiave di lettura del testo
leoniano è la dignità del lavoratore in quanto tale e, per ciò stesso, la
dignità del lavoro, che viene definito come «l'attività umana ordinata a
provvedere ai bisogni della vita, e specialmente alla » . Il Pontefice
qualifica il lavoro come «personale», perché «la forza attiva è inerente alla
persona e del tutto propria di chi la esercita ed al cui vantaggio fu data» .
Il lavoro appartiene così alla vocazione di ogni persona; l'uomo, anzi, si
esprime e si realizza nella sua attività di lavoro. Nello stesso tempo, il
lavoro ha una dimensione «sociale» per la sua intima relazione sia con la
famiglia, sia anche col bene comune, «poiché si può affermare con verità che il
lavoro degli operai è quello che produce la ricchezza degli Stati» . É quanto
ho ripreso e sviluppato nell'Enciclica Laborem
exercens . Un altro principio rilevante è senza dubbio quello del diritto
alla «proprietà privata». Lo spazio
stesso, che l'Enciclica gli dedica, rivela l'importanza che gli si attribuisce.
Il Papa è ben cosciente del fatto che la proprietà privata non è un valore
assoluto, né tralascia di proclamare i principi di necessaria complementarità,
come quello della destinazione universale dei beni della Terra. D'altra parte, è senz'altro vero che il tipo
di proprietà privata, che egli precipuamente considera, è quello della
proprietà della terra. Ciò, tuttavia,
non impedisce che le ragioni addotte per tutelare la proprietà privata, ossia
per affermare il diritto di possedere le cose necessarie per lo sviluppo
personale e della propria famiglia -- quale che sia la forma concreta che
questo diritto può assumere--, conservino oggi il loro valore. Ciò deve essere
nuovamente affermato sia di fronte ai cambiamenti, di cui siamo testimoni, avvenuti
nei sistemi dove imperava la proprietà collettiva dei mezzi di produzione; sia
anche di fronte ai crescenti fenomeni di povertà o, più esattamente, agli
impedimenti della proprietà privata, che si presentano in tante parti del
mondo, comprese quelle in cui predominano i sistemi che dell'affermazione del
diritto di proprietà privata fanno il loro fulcro. A seguito di detti
cambiamenti e della persistenza della povertà, si rivela necessaria una più
profonda analisi del problema, come sarà sviluppata più avanti.
7.
Un diritto preminente affermato nella «Rerum
Novarum» è quello di creare libere associazioni professionali.
In stretta relazione col diritto di proprietà l'Enciclica
di Leone XIII afferma parimenti altri diritti, come propri e inalienabili della
persona umana. Tra essi è preminente, per lo spazio che il Papa gli dedica e
l'importanza che gli attribuisce, il «diritto naturale dell'uomo» a formare
associazioni private; il che significa, anzitutto, il diritto a creare
associazioni professionali di imprenditori e operai, o di soli operai. Si coglie qui la ragione per cui
8.
Il «giusto salario» è un altro diritto dell'operaio enunciato nella «Rerum Novarum».
a) Ogni uomo, come persona, ha diritto di procurarsi
quanto è necessario per sé e la sua famiglia, con il proprio lavoro.
Subito dopo il Papa enuncia un altro diritto dell'operaio
in quanto persona. Si tratta del diritto al «giusto salario» il quale non può
essere lasciato «al libero consenso delle parti: sicché il datore di lavoro,
pagata la mercede, ha fatto la sua parte, né sembra sia debitore di
altro». Lo Stato--si diceva a quel
tempo--non ha potere di intervenire nella determinazione di questi contratti se
non per assicurare l'adempimento di quanto e stato esplicitamente pattuito. Una
simile concezione delle relazioni tra padroni e operai, puramente pragmatica ed
ispirata ad un rigoroso individualismo, viene severamente biasimata
nell'Enciclica, perché contraria alla duplice natura del lavoro, come fatto
personale e necessario. Poiché, se il lavoro, in quanto personale, rientra
nella disponibilità che ciascuno ha delle proprie facoltà ed energie in quanto
necessario è regolato dal grave obbligo che ciascuno ha di «conservarsi in
vita». «di qui nasce per necessaria conseguenza, conclude il Papa, il diritto
di procurarsi i mezzi di sostentamento, che per la povera gente si riducono al
salario del proprio lavoro». Il salario
deve essere sufficiente a mantenere l'operaio e la sua famiglia. Se il
lavoratore, «costretto dalla necessità, o per timore del peggio, accetta patti
più duri perché imposti dal proprietario o dall'imprenditore, e che volenti o
nolenti debbono essere accettati, è chiaro che subisce una violenza contro la
quale la giustizia protesta».
b) Anche oggi gravi carenze nei rapporti tra capitale e
lavoro.
Volesse Dio che queste parole, scritte mentre avanzava il
cosiddetto «capitalismo selvaggio», non debbano oggi essere ripetute con la
medesima severità. Purtroppo, si riscontrano ancora oggi casi di contratti tra
padroni e operai, nei quali è ignorata la più elementare giustizia in materia
di lavoro minorile o femminile, circa gli orari di lavoro, lo stato igienico
dei locali e l'equa retribuzione. E questo nonostante le Dichiarazioni e
Convenzioni internazionali al riguardo,
e le stesse leggi interne degli Stati. Il Papa attribuiva all'«autorità
pubblica» lo «stretto dovere» di prendersi debita cura del benessere dei
lavoratori, perché non facendolo si offendeva la giustizia; anzi, non esitava a
parlare di «giustizia distributiva».
9. Anche il
diritto dell'operaio al libero esercizio dei doveri religiosi
fu reclamato
da Leone XIII.
A tali diritti Leone XIII ne aggiunge un altro, sempre a
proposito della condizione operaia, che desidero ricordare per l'importanza che
ha: il diritto di adempiere liberamente i doveri religiosi. Il Papa lo proclama
nel contesto degli altri diritti e doveri degli operai, nonostante il clima
generale che, anche ai suoi tempi, considerava certe questioni come attinenti
esclusivamente all'ambito privato. Egli afferma la necessità del riposo
festivo, perché l'uomo sia riportato al pensiero dei beni celesti e al culto
dovuto alla maestà divina. Di questo
diritto, radicato in un comandamento, nessuno può privare l'uomo: « A nessuno è
lecito violare impunemente la dignità dell'uomo, di cui Dio stesso dispone con
grande rispetto»; di conseguenza, lo Stato deve assicurare all'operaio
l'esercizio di tale libertà. Non
sbaglierebbe chi in questa limpida affermazione vedesse il germe del principio
del diritto alla libertà religiosa, divenuto poi oggetto di molte solenni
Dichiarazioni e Convenzioni internazionali,
nonché della nota Dichiarazione conciliare e del mio ripetuto
insegnamento. Al riguardo, ci si deve
domandare se gli ordinamenti legali vigenti e la prassi delle società
industrializzate assicurino oggi effettivamente l'elementare diritto al riposo
festivo.
10.
Nel rapporto tra Stato e cittadini Leone XIII ha richiamato il principio
basilare cristiano della solidarietà.
a) La condanna di Leone XIII del socialismo e del
liberalismo ci ricorda le nuove forme di povertà esistenti oggi nel mondo.
Un'altra importante nota, ricca di insegnamenti per i
nostri giorni, è la concezione dei rapporti tra lo Stato ed i cittadini.
b) Il concetto di «amicizia» nei rapporti sociali,
richiamato da Leone XIII è un principio fondamentale che oggi chiamiamo
«solidarietà».
In tal modo il principio, che oggi chiamiamo di
solidarietà, e la cui validità, sia nell'ordine interno a ciascuna Nazione, sia
nell'ordine internazionale, ho richiamato nella Sollicitudo rei socialis, si
dimostra come uno dei principi basilari della concezione cristiana
dell'organizzazione sociale e politica. Esso è più volte enunciato da Leone
XIII col nome di «amicizia», che troviamo già nella filosofia greca; da Pio XI
è designato col nome non meno significativo di «carità sociale», mentre Paolo
VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della
questione sociale, parlava di «civiltà dell'amore».
11. Dalla
lettura dell'Enciclica di Leone XIII risulta la costante preoccupazione e
dedizione della Chiesa verso i poveri.
a) La «Rerum
Novarum» è una Enciclica sui poveri. Lo Stato deve impegnarsi per il bene
di tutti.
La rilettura dell'Enciclica alla luce delle realtà
contemporanee permette di apprezzare la costante preoccupazione e dedizione
della Chiesa verso quelle categorie di persone, che sono oggetto di
predilezione da parte del Signore Gesù. Il contenuto del testo è un'eccellente
testimonianza della continuità, nella Chiesa, della cosiddetta «opzione
preferenziale per i poveri», opzione che ho definito come una « forma speciale
di primato nell'esercizio della carità cristiana». L'Enciclica sulla «questione operaia»,
dunque, è un'Enciclica sui poveri e sulla terribile condizione, alla quale il
nuovo e non di raro violento processo di industrializzazione aveva ridotto
grandi moltitudini. Anche oggi, in gran parte del mondo, simili processi di
trasformazione economica, sociale e politica producono i medesimi mali. Se
Leone XIII si appella allo Stato per rimediare secondo giustizia alla
condizione dei poveri, lo fa anche perché riconosce opportunamente che lo Stato
ha il compito di sovraintendere al bene comune e di curare che ogni settore
della vita sociale, non escluso quello economico, contribuisca a promuoverlo,
pur nel rispetto della giusta autonomia di ciascuno di essi. Ciò, però, non
deve far pensare che per Papa Leone ogni soluzione della questione sociale debba
venire dallo Stato. Al contrario, egli insiste più volte sui necessari limiti
dell'intervento dello Stato e sul suo carattere strumentale, giacché
l'individuo, la famiglia e la società gli sono anteriori ed esso esiste per
tutelare i diritti dell'uno e delle altre, e non già per soffocarli.
b) La corretta concezione della persona umana e del suo
valore unico è il motivo di fondo dell'Enciclica di Leone XIII.
A nessuno sfugge l'attualità di queste riflessioni.
Sull'importante tema delle limitazioni inerenti alla natura dello Stato
converrà tornare più avanti; intanto, i punti sottolineati, non certo gli unici
dell'Enciclica, si pongono in continuità nel Magistero sociale della Chiesa,
anche alla luce di una sana concezione della proprietà privata, del lavoro, del
processo economico, della realtà dello Stato e, prima di tutto, dell'uomo
stesso. Altri temi saranno menzionati in seguito nell'esaminare taluni aspetti
della realtà contemporanea; ma occorre tener presente fin d'ora che ciò che fa
da trauma e, in certo modo, da guida all'Enciclica ed a tutta la dottrina
sociale della Chiesa, è la corretta concezione della persona umana e del suo
valore unico, in quanto « l'uomo... in terra è la sola creatura che Dio abbia
voluto per se stessa». In lui ha scolpito
la sua immagine e somiglianza (Gen1,26), conferendogli una dignità
incomparabile, sulla quale più volte insiste l'Enciclica. In effetti, al di là
dei diritti che l'uomo acquista col proprio lavoro, esistono diritti che non
sono il corrispettivo di nessuna opera da lui prestata, ma che derivano
dall'essenziale sua dignità di persona.