CENTESIMUS ANNUS
DI GIOVANNI
PAOLO II
PRESENTAZIONE
1. Nei primi mesi e anni del suo pontificato Giovanni Paolo
II si dedicò soprattutto a un magistero teologico-pastorale, che aveva il suo asse in Cristo
Redentore dell'uomo (la sua prima enciclica Redemptor hominis), prima parte di una trilogia
trinitaria, a cui sarebbero seguite le altre encicliche sul Padre ricco di
misericordia (Dives in misericordia) e sullo Spirito santo
vivificante (Dominum et vivificantem). Pur provenendo da una lontana vita di
lavoro e dall'esperienza pastorale in una grande
diocesi, dove i problemi della condizione operaia e della oppressione politica
erano vivi e gravi, è probabile che non abbia formulato fin da principio un
programma di magistero sociale, che invece concepì nella nuova esperienza
pontificale della situazione del mondo del lavoro a raggio mondiale (vedi enc. Laborem exercens) e
della necessità di nuovi rapporti di solidarietà e di
collaborazione tra i popoli (vedi enc. Sollicitudo rei socialis).
In seguito gli avvenimenti del 1989 gli dovettero suggerire riflessioni nuove
sulla necessità e la possibilità di un nuovo ordine mondiale, visto alla luce
del Vangelo e con gli occhi della Chiesa, principalmente per quanto riguarda il grande problema di una struttura economica di
mercato, unica rimasta in piedi dopo il crollo del marxismo--come ideologia e
come sistema economico-politico assunto da Lenin e dai suoi successori--ma
anche del «socialismo reale» nel quale era stato tradotto nei vari Paesi soggiogati
dai regimi comunisti. La struttura di libero mercato, e in essa
il capitale, aveva vinto il confronto con l'ideologia e la struttura opposta e
non soltanto perché questa era miseramente crollata e aveva dimostrato la sua
inconsistenza e incapacità di risolvere i problemi del mondo operaio e, più in
generale, la questione sociale. Era anche vero che il capitalismo, come sistema
nato intorno alle possibilità di uso, impiego,
sfruttamento--e purtroppo anche di abuso--offerte dal capitale, aveva effettivamente
creato ricchezza e portato benessere a masse sempre più vaste di uomini, di
famiglie e di gruppi sociali, sicché sembravano adempiute le previsioni e
giustificate le tesi degli economisti liberali che avevano tracciato e condotto
il cammino dell'economia, della finanza, del rapporto tra imprenditori e
prestatori d'opera nella società moderna e particolarmente negli Stati
occidentali. I nuovi problemi potevano cosi riassumersi in quello del ruolo
economico e culturale dell'Occidente, della sua consistenza morale oltre che
finanziaria, della sua unità politica, della solidarietà che era chiamato a esercitare verso i Paesi usciti dalla dominazione marx-socialista e verso tutti i popoli più bisognosi e poco
sviluppati della Terra.
2. I nuovi
termini della questione sociale».
Il centenario dell'enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891) per il
Papa è stata un'occasione propizia per raccogliere le sue riflessioni,
confrontate con quelle di economisti, sociologi,
storici, moralisti, operatori economici--consultati e ascoltati secondo il suo
metodo di ascolto e di valutazione silenziosa--ed esporle in una nuova
Enciclica di indole sociale (la decima con quella di Leone XIII), per
richiamare l'attenzione universale sulle nuove dimensioni e in parte sui nuovi
termini in cui si pone, oggi, la «questione sociale» che Leone XIII aveva
affrontato soprattutto sotto l'aspetto, allora preminente, della condizione e
dei diritti degli operai. É nata così l'enciclica Centesimus Annus, della
quale si potrà vedere, nelle pagine seguenti, non solo il testo, ma anche la
struttura concettuale che ne costituisce la spina dorsale dottrinale.
Vogliamo qui far notare che essa è pienamente dentro il quadro teologico del
magistero papale. Essa è penetrata di spirito evangelico, richiamato e fatto
presente anche con espliciti riferimenti e testi. E anzi, l'Autore attribuisce questa enciclica, come anche quella di Leone XIII, allo
Spirito Santo: il vero maestro e conduttore della vita della Chiesa. In modo
particolare vogliamo segnalare l'accento ( Cfr. il cap. V e il Discorso del 1° maggio 1991) posto sui
problemi della ingiusta ripartizione di beni tra Paesi industrializzati e Paesi
poveri; della ingiusta distribuzione dei beni all'interno di una stessa
nazione; dello sfruttamento dei beni in rapporto all'ecologia del creato; del
ruolo dei poteri pubblici che hanno il compito di curare la destinazione dei
beni a vantaggio di tutti e non solo di gruppi particolari; del pericolo per
gli Stati di trasformarsi in organismi assistenziali facilmente bloccati entro
strutture e meccanismi burocratici; della necessità per il libero mercato e per
lo stesso movimento del capitale di darsi delle regole in funzione del bene
comune, al quale va ordinato e subordinato anche il legittimo profitto.
INTRODUZIONE
1.
I motivi di questa enciclica.
Il centenario della promulgazione dell'Enciclica del mio
predecessore Leone XIII di v.m.,
che inizia con le parole Rerum Novarum , segna una data di rilevante importanza nella
presente storia della Chiesa ed anche nel mio pontificato. Essa infatti, ha avuto il privilegio di esser commemorata con
solenni Documenti dai Sommi Pontefici, a partire dal quarantesimo anniversario
fino al novantesimo: si può dire che il suo iter storico è stato ritmato da
altri scritti che la rievocavano ed insieme la attualizzavano . Nel fare
altrettanto per il centesimo anniversario su richiesta
di numerosi Vescovi, istituzioni ecclesiali, centri di studi, imprenditori e
lavoratori, sia a titolo individuale che come membri di associazioni, desidero
anzitutto soddisfare il debito di gratitudine che l'intera Chiesa ha verso il
grande Papa e il suo «immortale Documento» . Desidero anche mostrare che la
ricca linfa, che sale da quella radice, non si è esaurita col passare degli
anni, ma è anzi diventata più feconda. Ne danno testimonianza le iniziative di
vario genere che hanno preceduto, accompagnano e seguiranno questa
celebrazione, iniziative promosse dalle Conferenze episcopali, da Organismi
internazionali, da Università ed Istituti accademici, da Associazioni
professionali e da altre istituzioni e persone in tante parti del mondo.
2.
Con l'Enciclica «Rerum Novarum»
ha inizio in modo
organico la «dottrina sociale della Chiesa».
La presente Enciclica partecipa a queste celebrazioni per
ringraziare Dio, dal quale «discende ogni buon regalo e ogni
dono perfetto» (Gc1,17), poiché si è servito di un Documento emanato cento anni
or sono dalla Sede di Pietro, operando nella Chiesa e nel mondo tanto bene e
diffondendo tanta luce. La commemorazione, che qui vien
fatta, riguarda l'Enciclica leoniana ed insieme le
Encicliche e gli altri scritti dei miei predecessori, che hanno contribuito a
renderla presente e operante nel tempo, costituendo quella che sarebbe stata chiamata «dottrina sociale», «insegnamento
sociale», o anche «magistero sociale» della Chiesa. Alla validità di tale
insegnamento si riferiscono già due Encicliche che ho pubblicato negli anni del
mio pontificato:
3. Importanza
attuale di una rilettura della «Rerum Novarum».
a) Invito alla lettura delle «cose nuove» di oggi.
Intendo ora proporre una «rilettura» dell'Enciclica leoniana, invitando a «guardare indietro», al suo testo
stesso per scoprire nuovamente la ricchezza dei principi fondamentali, in essa formulati, per la soluzione della questione operaia. Ma
invito anche a «guardare intorno», alle «cose nuove», che ci circondano
ed in cui ci troviamo, per cosi dire, immersi, ben diverse dalle «cose nuove»
che contraddistinsero l'ultimo decennio del secolo passato. Invito, infine, a «guardare
al futuro», quando già s'intravede il terzo Millennio
dell'era cristiana, carico di incognite, ma anche di promesse. Incognite e
promesse che fanno appello alla nostra immaginazione e creatività, stimolando
anche la nostra responsabilità, quali discepoli dell'«unico maestro», Cristo
(Mt23,8), nell'indicare la via, nel proclamare la verità e nel comunicare la
vita che è lui (Gv14,6).
b) La tradizione della Chiesa: un grande
tesoro vivo e vitale anche oggi.
Così facendo, sarà confermato non solo il permanente
valore di tale insegnamento, ma si manifesterà anche il vero senso della
Tradizione della Chiesa, la quale, sempre viva e vitale, costruisce sopra il
fondamento posto dai nostri padri nella fede e, segnatamente, sopra quel che
gli Apostoli trasmisero alla Chiesa in nome di Gesù
Cristo, il fondamento «che nessuno può sostituire» (1Cor3,11). Fu per la
coscienza della sua missione di successore di Pietro
che Leone XIII si propose di parlare, e la stessa coscienza anima oggi il suo
successore. Come lui, e come i Pontefici prima e dopo
di lui, mi ispiro all'immagine evangelica dello «scriba divenuto discepolo del
Regno dei cieli», del quale il Signore dice che «è simile ad un padrone di
casa, che dal suo tesoro sa trarre cose nuove e cose antiche» (Mt13,52). Il
tesoro è la grande corrente della Tradizione della
Chiesa, che contiene le «cose antiche», ricevute e trasmesse da sempre, e
permette di leggere le «cose nuove», in mezzo alle quali trascorre la vita
della Chiesa e del mondo. Di tali cose che incorporandosi alla Tradizione,
diventano antiche ed offrono occasioni e materiale per il suo arricchimento e
per l'arricchimento della vita di fede fa parte anche l'operosità feconda di
milioni e milioni di uomini, che, stimolati dal
Magistero sociale, si sono sforzati di ispirarsi ad esso in ordine al proprio
impegno nel mondo. Agendo individualmente, o variamente coordinati in gruppi,
associazioni ed organizzazioni, essi hanno costituito come un grande movimento per la difesa della persona umana e la tutela
della sua dignità, il che nelle alterne vicende della storia ha contribuito a
costruire una società più giusta o, almeno, a porre argini e limiti
all'ingiustizia.
c) Analisi di alcuni avvenimenti
della storia recente.
La presente Enciclica mira a mettere in
evidenza la fecondità dei principi espressi da Leone XIII, i quali
appartengono al patrimonio dottrinale della Chiesa e, per tale titolo,
impegnano l'autorità del suo Magistero. Ma la sollecitudine pastorale mi ha
spinto, altresì, a proporre l'analisi di alcuni
avvenimenti della storia recente. É superfluo rilevare che il considerare
attentamente il corso degli avvenimenti per discernere le nuove esigenze
dell'evangelizzazione fa parte del compito dei
Pastori. Tale esame, tuttavia, non intende dare giudizi definitivi, in quanto
di per sé non rientra nell'ambito specifico del Magistero