CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLO STADIO COMUNALE
"BENTEGODI" DI VERONA
Nel pomeriggio, alle ore 15.30, il Santo Padre,
lasciato l’Episcopio, entra in Cattedrale per una breve visita in privato.
Quindi si reca in auto allo Stadio Comunale "Bentegodi"
dove alle 16 presiede
OMELIA DEL
SANTO PADRE
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
Cari fratelli e sorelle!
In questa Celebrazione eucaristica viviamo il momento
centrale del IV Convegno nazionale della Chiesa in Italia, che si raccoglie
quest’oggi attorno al Successore di Pietro. Il cuore di ogni evento ecclesiale
è l’Eucaristia, nella quale Cristo Signore ci convoca, ci parla, ci nutre e ci
invia. E’ significativo che il luogo prescelto per questa solenne liturgia sia
lo stadio di Verona: uno spazio dove abitualmente si celebrano non riti religiosi, ma manifestazioni sportive, coinvolgendo migliaia
di appassionati. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente
nella sua Parola, nell’assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in
modo eminente, nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Cristo viene oggi,
in questo moderno areopago, per effondere il suo Spirito sulla Chiesa che è in
Italia, perché, ravvivata dal soffio di una nuova Pentecoste, sappia
"comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", come propongono gli
Orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana per il decennio
2000-2010.
A voi, venerati Fratelli Vescovi, con i Presbiteri e
i Diaconi, a voi, cari delegati delle Diocesi e delle aggregazioni laicali, a
voi religiose, religiosi e laici impegnati rivolgo il mio più cordiale saluto,
che estendo a quanti si uniscono a noi mediante la radio e la televisione.
Saluto e abbraccio spiritualmente l’intera Comunità ecclesiale italiana, Corpo
di Cristo vivente. Desidero esprimere in modo speciale il mio
apprezzamento a quanti hanno a lungo faticato per la preparazione e
l’organizzazione di questo Convegno: il Presidente della Conferenza Episcopale
Cardinale Camillo Ruini, il Segretario Generale Mons. Giuseppe Betori con i
collaboratori dei vari uffici; il Cardinale Dionigi Tettamanzi
e gli altri membri del Comitato preparatorio; il Vescovo di Verona, Mons. Flavio Roberto Carraro, al
quale sono grato per le cortesi parole che mi ha rivolto all’inizio della
celebrazione a nome anche di questa amata comunità veronese che ci accoglie.
Un deferente pensiero va anche al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri
e alle altre distinte Autorità presenti; un cordiale ringraziamento infine agli
operatori della comunicazione che seguono i lavori di
quest’importante assise della Chiesa in Italia.
Le Letture bibliche, che poc’anzi
sono state proclamate, illuminano il tema del Convegno: "Testimoni di Gesù
risorto, speranza del mondo".
Dalla forza di questo amore, dalla salda fede nella
risurrezione di Gesù che fonda la speranza, nasce e costantemente si rinnova la
nostra testimonianza cristiana. E’ lì che si radica il nostro
"Credo", il simbolo di fede a cui ha attinto
la predicazione iniziale e che continua inalterato ad alimentare il Popolo di
Dio. Il contenuto del "kerygma", che
costituisce la sostanza dell’intero messaggio evangelico, è Cristo, il Figlio
di Dio fatto Uomo, morto e risuscitato per noi. La sua risurrezione è il
mistero qualificante del Cristianesimo, il compimento sovrabbondante di tutte
le profezie di salvezza, anche di quella che abbiamo ascoltato nella prima
Lettura, tratta dalla parte finale del Libro del profeta Isaia. Dal Cristo
Risorto, primizia dell’umanità nuova, rigenerata e rigenerante, è nato il
popolo dei "poveri" che hanno aperto il cuore al Vangelo e sono
diventati "querce di giustizia", "piantagione del Signore per
manifestare la sua gloria", ricostruttori di rovine, restauratori di città
desolate, stimati da tutti come stirpe benedetta dal Signore (cfr Is 61,3-4.9). Il
mistero della risurrezione del Figlio di Dio, che, salito al cielo accanto al
Padre, ha effuso su di noi lo Spirito Santo, ci fa abbracciare con un solo
sguardo Cristo e
Dal giorno della Pentecoste, infatti, la luce del
Signore risorto ha trasfigurato la vita degli Apostoli. Essi ormai avevano la
chiara percezione di non essere semplicemente discepoli di una dottrina nuova
ed interessante, ma testimoni prescelti e responsabili
di una rivelazione a cui era legata la salvezza dei loro contemporanei e di
tutte le future generazioni. La fede pasquale riempiva il loro cuore di un
ardore e di uno zelo straordinario, che li rendeva pronti ad affrontare ogni
difficoltà e persino la morte, ed imprimeva alle loro parole un’irresistibile
energia di persuasione. E così, un manipolo di persone, sprovviste di umane
risorse e forti soltanto della loro fede, affrontò senza paura dure
persecuzioni e il martirio. Scrive l’apostolo Giovanni: "Questa è la
vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede" (1 Gv 5,4b). La verità di
quest’affermazione è documentata anche in Italia da quasi due millenni di
storia cristiana, con innumerevoli testimonianze di martiri, di santi e beati,
che hanno lasciato tracce indelebili in ogni angolo della bella Penisola nella
quale viviamo. Alcuni di loro sono stati evocati all’inizio del Convegno e i
loro volti ne accompagnano i lavori.
Noi siamo gli eredi di quei testimoni vittoriosi! Ma
proprio da questa costatazione nasce la domanda: che
ne è della nostra fede? In che misura sappiamo noi oggi comunicarla? La
certezza che Cristo è risorto ci assicura che nessuna forza avversa potrà mai
distruggere
"Testimoni di Gesù risorto": questa
definizione dei cristiani deriva direttamente dal brano del Vangelo di Luca
oggi proclamato, ma anche dagli Atti degli Apostoli (cfr
At 1,8.22). Testimoni di Gesù risorto. Quel "di" va
capito bene! Vuol dire che il testimone è "di" Gesù risorto, cioè
appartiene a Lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza,
può parlare di Lui, farLo
conoscere, condurre a Lui, trasmettere la sua presenza. E’ esattamente il
contrario di quello che avviene per l’altra espressione: "speranza del mondo". Qui la preposizione
"del" non indica affatto appartenenza, perché Cristo non è del
mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo. La speranza, che è
Cristo, è nel mondo, è per il mondo, ma lo è proprio perché
Cristo è Dio, è "il Santo" (in ebraico Qadosh
). Cristo è speranza per il mondo perché è risorto, ed è risorto perché è
Dio. Anche i cristiani possono portare al mondo la speranza, perché sono di
Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con Lui al peccato e risorgono con
Lui alla vita nuova dell’amore, del perdono, del servizio, della non-violenza. Come dice sant’Agostino: "Hai
creduto, sei stato battezzato: è morta la vita vecchia, è stata uccisa sulla
croce, sepolta nel battesimo. E’ stata sepolta la vecchia, nella quale malamente sei vissuto: risorga la nuova" (Sermone Guelf. IX, in M. Pellegrino, Vox Patrum,
177). Solo se, come Cristo, non sono del mondo, i cristiani possono
essere speranza nel mondo e per il mondo.
Cari fratelli e sorelle, il mio augurio, che
sicuramente voi tutti condividete, è che
Al termine della Celebrazione Eucaristica, il
Santo Padre si trasferisce all’aeroporto "Catullo" di Verona-Villafranca per far ritorno a Roma. L’arrivo
all’aeroporto di Ciampino è previsto per le ore 19,50.