LETTERA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II
AGLI ARTISTI
1999
A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «
epifanie » della bellezza per farne dono al mondo nella
creazione artistica.
«
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona » (Gn 1,31).
L'artista,
immagine di Dio Creatore
1.
Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire
qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera
delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa
negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni
tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei
colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi
quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte
le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.
Per
questo mi è sembrato non ci fossero parole più
appropriate di quelle della Genesi per iniziare questa mia Lettera a voi, ai
quali mi sento legato da esperienze che risalgono molto indietro nel tempo ed
hanno segnato indelebilmente la mia vita. Con questo scritto intendo mettermi
sulla strada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti che in
duemila anni di storia non si è mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di
futuro alle soglie del terzo millennio.
In
realtà, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o
da motivi funzionali, ma radicato nell'essenza stessa
sia dell'esperienza religiosa che della creazione artistica. La pagina iniziale
della Bibbia ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di
ogni persona che produce un'opera: nell'uomo artefice si rispecchia la
sua immagine di Creatore. Questa relazione è evocata con
particolare evidenza nella lingua polacca, grazie alla vicinanza
lessicale fra le parole stwórca (creatore) e twórca (artefice).
Qual
è la differenza tra « creatore » ed « artefice? » Chi crea dona l'essere
stesso, trae qualcosa dal nulla — ex nihilo sui et subiecti, si usa dire in
latino — e questo, in senso stretto, è modo di procedere proprio soltanto
dell'Onnipotente. L'artefice, invece, utilizza qualcosa di
già esistente, a cui dà forma e significato. Questo modo di agire è
peculiare dell'uomo in quanto immagine di Dio. Dopo aver
detto, infatti, che Dio creò l'uomo e la donna « a sua immagine » (cfr Gn 1,27),
Dio
ha, dunque, chiamato all'esistenza l'uomo trasmettendogli il compito di essere artefice. Nella « creazione artistica » l'uomo si
rivela più che mai « immagine di Dio », e realizza questo
compito prima di tutto plasmando la stupenda « materia » della propria
umanità e poi anche esercitando un dominio creativo sull'universo che lo
circonda. L'Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una
scintilla della sua trascendente sapienza all'artista umano, chiamandolo a
condividere la sua potenza creatrice. E ovviamente una partecipazione, che
lascia intatta l'infinita distanza tra il Creatore e la creatura, come sottolineava il Cardinale Nicolò Cusano:
« L'arte creativa, che l'anima ha la fortuna di ospitare, non s'identifica con quell'arte per essenza che è Dio, ma di essa è soltanto una
comunicazione ed una partecipazione ».(1)
Per
questo l'artista, quanto più consapevole del suo « dono », tanto più è spinto a guardare a se stesso e all'intero creato con
occhi capaci di contemplare e ringraziare, elevando a Dio il suo inno di lode.
Solo così egli può comprendere a fondo se stesso, la propria vocazione e la propria missione.
La
speciale vocazione dell'artista
2.
Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine.
Secondo l'espressione della Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il
compito di essere artefice della propria vita: in un
certo senso, egli deve farne un'opera d'arte, un capolavoro.
E importante cogliere la distinzione, ma anche la
connessione, tra questi due versanti dell'attività umana. La distinzione è evidente. Una cosa, infatti, è la
disposizione grazie alla quale l'essere umano è l'autore dei propri atti ed è
responsabile del loro valore morale, altra cosa è la disposizione per cui egli è artista, sa agire cioè secondo le esigenze
dell'arte, accogliendone con fedeltà gli specifici dettami.(2) Per questo
l'artista è capace di produrre oggetti, ma ciò, di per sé, non dice ancora
nulla delle sue disposizioni morali. Qui, infatti, non si tratta di plasmare se
stesso, di formare la propria personalità, ma soltanto di mettere a frutto
capacità operative, dando forma estetica alle idee concepite con la mente.
Ma se la
distinzione è fondamentale, non meno importante è la connessione tra queste due
disposizioni, la morale e l'artistica. Esse si condizionano reciprocamente in
modo profondo. Nel modellare un'opera, l'artista esprime di
fatto se stesso a tal punto che la sua produzione costituisce un
riflesso singolare del suo essere, di ciò che egli è e di come lo è. Ciò trova
innumerevoli conferme nella storia dell'umanità. L'artista, infatti, quando
plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di
essa, in un certo modo, svela anche la propria
personalità. Nell'arte egli trova una dimensione nuova e uno straordinario
canale d'espressione per la sua crescita spirituale. Attraverso le opere
realizzate, l'artista parla e comunica con gli altri. La storia dell'arte,
perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di
uomini. Le opere d'arte parlano dei loro autori, introducono alla conoscenza
del loro intimo e rivelano l'originale contributo da essi
offerto alla storia della cultura.
La
vocazione artistica a servizio della bellezza
3.
Scrive un noto poeta polacco, Cyprian Norwid: « La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il
lavoro è per risorgere ».(3)
Il
tema della bellezza è qualificante per un discorso sull'arte. Esso si è già
affacciato, quando ho sottolineato lo sguardo
compiaciuto di Dio di fronte alla creazione. Nel rilevare che quanto aveva
creato era cosa buona, Dio vide anche che era cosa bella.(4) Il rapporto tra
buono e bello suscita riflessioni stimolanti. La
bellezza è in un certo senso l'espressione visibile del bene,
come il bene è la condizione metafisica della bellezza. Lo avevano ben
capito i Greci che, fondendo insieme i due concetti, coniarono
una locuzione che li abbraccia entrambi: « kalokagathía«
, ossia « bellezza-bontà ». Platone scrive al riguardo: « La potenza del Bene
si è rifugiata nella natura del Bello ».(5)
E vivendo ed operando che l'uomo stabilisce il proprio
rapporto con l'essere, con la verità e con il bene. L'artista vive una peculiare relazione con la bellezza.
In un senso molto vero si può dire che la bellezza è
la vocazione a lui rivolta dal Creatore col dono del « talento artistico ». E, certo, anche questo è un talento da far fruttare, nella
logica della parabola evangelica dei talenti (cfr Mt 25,14-30).
Tocchiamo
qui un punto essenziale. Chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che
è la vocazione artistica — di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, di attore... — avverte al tempo
stesso l'obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per
metterlo a servizio del prossimo e di tutta l'umanità.
L'artista
ed il bene comune
4.
La società, in effetti, ha bisogno di artisti, come ha
bisogno di scienziati, di tecnici, di lavoratori, di professionisti, di
testimoni della fede, di maestri, di padri e di madri, che garantiscano la
crescita della persona e lo sviluppo della comunità attraverso quell'altissima forma di arte che è « l'arte educativa ».
Nel vasto panorama culturale di ogni nazione, gli
artisti hanno il loro specifico posto. Proprio mentre obbediscono al loro
estro, nella realizzazione di opere veramente valide e
belle, essi non solo arricchiscono il patrimonio culturale di ciascuna nazione
e dell'intera umanità, ma rendono anche un servizio sociale qualificato a
vantaggio del bene comune.
La
differente vocazione di ogni artista, mentre determina
l'ambito del suo servizio, indica i compiti che deve assumersi, il duro lavoro
a cui deve sottostare, la responsabilità che deve affrontare. Un artista
consapevole di tutto ciò sa anche di dover operare senza lasciarsi dominare
dalla ricerca di gloria fatua o dalla smania di una facile popolarità, ed ancor
meno dal calcolo di un possibile profitto personale. C'è dunque un'etica, anzi
una « spiritualità » del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla
vita e alla rinascita di un popolo. Proprio a questo sembra voler alludere Cyprian Norwid quando afferma: « La bellezza è per entusiasmare al lavoro,
il lavoro è per risorgere ».
L'arte
davanti al mistero del Verbo incarnato
5.
Questa
fondamentale manifestazione del « Dio-Mistero » si pose come incoraggiamento e
sfida per i cristiani, anche sul piano della creazione artistica. Ne è scaturita una fioritura di bellezza che proprio da qui,
dal mistero dell'Incarnazione, ha tratto la sua linfa. Facendosi uomo, infatti,
il Figlio di Dio ha introdotto nella storia dell'umanità tutta la ricchezza
evangelica della verità e del bene, e con essa ha
svelato anche una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è
colmo fino all'orlo.
Nella
storia della cultura tutto ciò costituisce un ampio capitolo di fede e di
bellezza. Ne hanno beneficiato soprattutto i credenti per la loro esperienza di
preghiera e di vita. Per molti di essi, in epoche di
scarsa alfabetizzazione, le espressioni figurative
della Bibbia rappresentarono persino una concreta mediazione catechetica.(7) Ma per tutti, credenti e non, le
realizzazioni artistiche ispirate alla Scrittura rimangono un riflesso del
mistero insondabile che avvolge ed abita il mondo.
Tra
Vangelo ed arte un'alleanza feconda
Di
questo il credente non si meraviglia: egli sa di essersi affacciato per un
attimo su quell'abisso di luce che ha in Dio la sua
sorgente originaria. C'è forse da stupirsi se lo spirito ne resta come
sopraffatto al punto da non sapersi esprimere che con balbettamenti? Nessuno
più del vero artista è pronto a riconoscere il suo limite ed a far proprie le
parole dell'apostolo Paolo, secondo il quale Dio « non dimora in templi
costruiti dalle mani dell'uomo », così che « non dobbiamo pensare che
Di altra natura
è la conoscenza di fede: essa suppone un incontro personale con Dio in Gesù Cristo. Anche questa
conoscenza, tuttavia, può trarre giovamento dall'intuizione artistica. Modello
eloquente di una contemplazione estetica che si sublima nella fede sono, ad esempio, le opere del Beato Angelico. Non meno significativa è, a questo proposito, la lauda estatica, che
san Francesco d'Assisi ripete due volte nella chartula
redatta dopo aver ricevuto sul monte della Verna le
stimmate di Cristo: « Tu sei bellezza... Tu sei bellezza! ».(8) San Bonaventura
commenta: « Contemplava nelle cose belle il Bellissimo e, seguendo le orme
impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto
».(9)
Un
approccio non dissimile si riscontra nella spiritualità orientale, ove Cristo è
qualificato come « il Bellissimo di bellezza più di tutti i mortali ».(10)
Macario il Grande commenta così la bellezza trasfigurante e liberatrice del
Risorto: « L'anima che è stata pienamente illuminata dalla bellezza indicibile
della gloria luminosa del volto di Cristo, è ricolma dello Spirito Santo... è
tutta occhio, tutta luce, tutta volto ».(11)
Ogni
forma autentica d'arte è, a suo modo, una via d'accesso alla realtà più
profonda dell'uomo e del mondo. Come tale, essa costituisce
un approccio molto valido all'orizzonte della fede, in cui la vicenda umana
trova la sua interpretazione compiuta. Ecco perché la pienezza
evangelica della verità non poteva non suscitare fin dall'inizio l'interesse
degli artisti, sensibili per loro natura a tutte le manifestazioni dell'intima
bellezza della realtà.
I
primordi
Quando ai
cristiani, con l'editto di Costantino, fu concesso di esprimersi in piena
libertà, l'arte divenne un canale privilegiato di manifestazione della fede. Lo
spazio cominciò a fiorire di maestose basiliche, in cui i canoni architettonici
dell'antico paganesimo venivano ripresi e insieme
piegati alle esigenze del nuovo culto. Come non ricordare almeno l'antica
Basilica di San Pietro e quella di San Giovanni in Laterano,
costruite a spese dello stesso Costantino? O, per gli
splendori dell'arte bizantina,
Mentre
l'architettura disegnava lo spazio sacro, progressivamente il bisogno di
contemplare il mistero e di proporlo in modo immediato ai semplici spinse alle
iniziali espressioni dell'arte pittorica e scultorea.
Insieme sorgevano i primi abbozzi di un'arte della
parola e del suono, e se Agostino, fra i tanti temi della sua produzione,
includeva anche un De musica, Ilario, Ambrogio, Prudenzio, Efrem il Siro,
Gregorio di Nazianzo, Paolino di Nola, per non citare
che alcuni nomi, si facevano promotori di una poesia cristiana che spesso raggiunge
un alto valore non solo teologico ma anche letterario. Il loro programma
poetico valorizzava forme ereditate dai classici, ma attingeva alla pura linfa
del Vangelo, come efficacemente sentenziava il santo
poeta nolano: « La nostra unica arte è la fede e
Cristo è il nostro canto ».(12) Gregorio Magno, per parte sua, qualche tempo
più tardi poneva con la compilazione dell'Antiphonarium
la premessa per lo sviluppo organico di quella musica sacra così originale che
da lui ha preso nome. Con le sue ispirate modulazioni il
Canto gregoriano diverrà nei secoli la tipica espressione melodica della fede
della Chiesa durante la celebrazione liturgica dei sacri Misteri. Il « bello »
si coniugava così col « vero », perché anche attraverso le vie dell'arte gli animi fossero rapiti dal sensibile all'eterno.
In
questo cammino non mancarono momenti difficili. Proprio sul tema della
rappresentazione del mistero cristiano l'antichità conobbe un'aspra
controversia passata alla storia col nome di « lotta iconoclasta ». Le immagini
sacre, ormai diffuse nella devozione del popolo di Dio, furono fatte oggetto di una violenta contestazione. Il Concilio
celebrato a Nicea nel 787, che stabilì la liceità delle immagini e del loro
culto, fu un avvenimento storico non solo per la fede, ma per la stessa
cultura. L'argomento decisivo a cui i Vescovi si appellarono per dirimere la controversia fu il mistero dell'Incarnazione: se il Figlio
di Dio è entrato nel mondo delle realtà visibili, gettando un ponte mediante la
sua umanità tra il visibile e l'invisibile, analogamente si può pensare che una
rappresentazione del mistero possa essere usata, nella logica del segno, come
evocazione sensibile del mistero. L'icona non è venerata per se stessa, ma
rinvia al soggetto che rappresenta.(13)
Il
Medioevo
8.
I secoli che seguirono furono testimoni di un grande sviluppo dell'arte
cristiana. In Oriente continuò a fiorire l'arte delle icone, legata a significativi canoni teologici ed estetici e sorretta dalla
convinzione che, in un certo senso, l'icona è un sacramento: analogamente,
infatti, a quanto avviene nei Sacramenti, essa rende presente il mistero
dell'Incarnazione nell'uno o nell'altro suo aspetto. Proprio per questo la
bellezza dell'icona può essere soprattutto gustata all'interno di un tempio con
lampade che ardono e suscitano nella penombra infiniti riflessi di luce. Scrive
in proposito Pavel Florenskij:
« L'oro, barbaro, pesante, futile nella luce diffusa del giorno, con la luce
tremolante di una lampada o di una candela si ravviva, poiché sfavilla di
miriadi di scintille, ora qui ora là, facendo presentire altre luci non
terrestri che riempiono lo spazio celeste ».(14)
In
Occidente i punti di vista da cui partono gli artisti sono i più vari, in
dipendenza anche dalle convinzioni di fondo presenti
nell'ambiente culturale del loro tempo. Il patrimonio artistico che s'è venuto
accumulando nel corso dei secoli annovera una
vastissima fioritura di opere sacre altamente ispirate, che lasciano anche
l'osservatore di oggi colmo di ammirazione. Restano in primo piano le grandi
costruzioni del culto, in cui la funzionalità si sposa
sempre all'estro, e quest'ultimo si lascia ispirare
dal senso del bello e dall'intuizione del mistero. Ne nascono gli stili ben
noti alla storia dell'arte. La forza e la semplicità del romanico, espressa
nelle cattedrali o nei complessi abbaziali, si va gradatamente sviluppando
negli slanci e negli splendori del gotico. Dentro queste forme, non c'è solo il
genio di un artista, ma l'animo di un popolo. Nei giochi delle luci e delle
ombre, nelle forme ora massicce ora slanciate, intervengono certo
considerazioni di tecnica strutturale, ma anche tensioni proprie
dell'esperienza di Dio, mistero « tremendo » e « fascinoso ». Come sintetizzare
in pochi cenni, e per le diverse espressioni dell'arte, la potenza creativa dei
lunghi secoli del medioevo cristiano? Un'intera cultura, pur nei limiti sempre
presenti dell'umano, si era impregnata di Vangelo, e dove il pensiero teologico
realizzava
Umanesimo
e Rinascimento
9.
La felice temperie culturale, da cui germoglia la straordinaria fioritura
artistica dell'Umanesimo e del Rinascimento, ha riflessi significativi
anche sul modo in cui gli artisti di questo periodo si rapportano al tema
religioso. Naturalmente le ispirazioni sono variegate quanto lo sono i loro
stili, o almeno quelli dei più grandi tra essi. Ma non è nelle mie intenzioni richiamare cose che voi,
artisti, ben conoscete. Vorrei piuttosto, scrivendovi da questo Palazzo
Apostolico, che è anche uno scrigno di capolavori forse unico al mondo, farmi
voce dei sommi artisti che qui hanno riversato le
ricchezze del loro genio, intriso spesso di grande profondità spirituale. Da
qui parla Michelangelo, che nella Cappella Sistina ha come raccolto, dalla
Creazione al Giudizio Universale, il dramma e il mistero del mondo, dando volto
a Dio Padre, a Cristo giudice, all'uomo nel suo faticoso cammino dalle origini
al traguardo della storia. Da qui parla il genio delicato e profondo di
Raffaello, additando nella varietà dei suoi dipinti, e specie nella « Disputa »
della Stanza della Segnatura, il mistero della rivelazione del Dio Trinitario,
che nell'Eucaristia si fa compagnia dell'uomo, e proietta luce sulle domande e
le attese dell'intelligenza umana. Da qui, dalla maestosa Basilica dedicata al
Principe degli Apostoli, dal colonnato che da essa si
diparte come due braccia aperte ad accogliere l'umanità, parlano ancora un
Bramante, un Bernini, un Borromini,
un Maderno, per non citare che i maggiori, dando
plasticamente il senso del mistero che fa della Chiesa una comunità universale,
ospitale, madre e compagna di viaggio per ogni uomo alla ricerca di Dio.
L'arte
sacra ha trovato, in questo complesso straordinario, un'espressione di eccezionale potenza, raggiungendo livelli di imperituro valore
insieme estetico e religioso. Ciò che sempre di più la caratterizza, sotto
l'impulso dell'Umanesimo e del Rinascimento, e poi delle successive tendenze
della cultura e della scienza, è un interesse crescente per l'uomo, il mondo,
la realtà della storia. Questa attenzione, di per sé, non è
affatto un pericolo per la fede cristiana, centrata sul mistero
dell'Incarnazione, e dunque sulla valorizzazione dell'uomo da parte di Dio.
Proprio i sommi artisti su menzionati ce lo
dimostrano. Basterebbe pensare al modo con cui Michelangelo esprime, nelle sue
pitture e sculture, la bellezza del corpo umano.(16)
Del
resto, anche nel nuovo clima degli ultimi secoli, in cui parte della società
sembra divenusta indifferente alla fede, l'arte
religiosa non ha interrotto il suo cammino. La constatazione si amplia, se dal
versante delle arti figurative, passiamo a considerare il grande sviluppo che,
proprio nello stesso arco di tempo, ha avuto la musica
sacra, composta per le esigenze liturgiche, o anche solo legata a temi
religiosi. A parte i tanti artisti che si sono dedicati principalmente ad essa — come non ricordare almeno un Pier Luigi da Palestrina, un Orlando di Lasso, un Tomás
Luis de Victoria? — è noto che molti grandi
compositori — da Handel a Bach,
da Mozart a Schubert, da Beethoven a Berlioz, da Liszt a Verdi — ci hanno dato
opere di grandissima ispirazione anche in questo campo.
Verso
un rinnovato dialogo
10.
E vero però che nell'età moderna, accanto a questo umanesimo
cristiano che ha continuato a produrre significative espressioni di cultura e
di arte, si è progressivamente affermata anche una forma di umanesimo
caratterizzato dall'assenza di Dio e spesso dall'opposizione a lui. Questo
clima ha portato talvolta a un certo distacco tra il
mondo dell'arte e quello della fede, almeno nel senso di un diminuito interesse
di molti artisti per i temi religiosi.
Voi
sapete tuttavia che
Si
comprende, dunque, perché al dialogo con l'arte
Nello
spirito del Concilio Vaticano II
11.
Il Concilio Vaticano II ha gettato le basi di un rinnovato rapporto fra
Su
questa base, a conclusione del Concilio, i Padri hanno rivolto agli artisti un
saluto e un appello: « Questo mondo — hanno detto — nel quale noi viviamo ha
bisogno di bellezza, per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la
verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che
resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare
nell'ammirazione ».(19) Appunto in questo spirito di profonda stima per la
bellezza,
12.
Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo,
L'arte
ha bisogno della Chiesa?
13.
Di
fatto, il soggetto religioso è fra i più trattati dagli artisti di ogni epoca.
Appello
agli artisti
14.
Con questa Lettera mi rivolgo a voi, artisti del mondo intero, per confermarvi
la mia stima e per contribuire al riannodarsi di una più proficua cooperazione
tra l'arte e
Ogni
essere umano, in un certo senso, è sconosciuto a se
stesso. Gesù Cristo non soltanto rivela Dio, ma «
svela pienamente l'uomo all'uomo ».(23) In Cristo Dio
ha riconciliato a sé il mondo. Tutti i credenti sono chiamati a rendere questa
testimonianza; ma tocca a voi, uomini e donne che avete
dedicato all'arte la vostra vita, dire con la ricchezza della vostra genialità
che in Cristo il mondo è redento: è redento l'uomo, è redento il corpo umano, è
redenta l'intera creazione, di cui san Paolo ha scritto che « attende con
impazienza la rivelazione dei figli di Dio » (Rm
8,19). Essa aspetta la rivelazione dei figli di Dio anche mediante l'arte e
nell'arte. E questo il vostro
compito. A contatto con le opere d'arte, l'umanità di tutti i tempi — anche
quella di oggi — aspetta di essere illuminata sul
proprio cammino e sul proprio destino.
Spirito
creatore ed ispirazione artistica
15.
Nella Chiesa risuona spesso l'invocazione allo Spirito Santo: Veni, Creator Spiritus ... — « Vieni, o Spirito creatore, visita le
nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato ».(24)
Lo
Spirito Santo, « il Soffio » (ruah), è Colui a cui fa
cenno già il Libro della Genesi: « La terra era informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque » (1,2). Quanta affinità esiste tra le parole « soffio — spirazione
» e « ispirazione »! Lo Spirito è il misterioso
artista dell'universo. Nella prospettiva del
terzo millennio, vorrei augurare a tutti gli artisti di poter ricevere in
abbondanza il dono di quelle ispirazioni creative da cui prende inizio ogni
autentica opera d'arte.
Cari
artisti, voi ben lo sapete, molti sono gli stimoli, interiori ed esteriori, che
possono ispirare il vostro talento. Ogni autentica ispirazione, tuttavia,
racchiude in sé qualche fremito di quel « soffio » con cui lo Spirito creatore
pervadeva sin dall'inizio l'opera della creazione. Presiedendo alle misteriose
leggi che governano l'universo, il divino soffio dello Spirito creatore
s'incontra con il genio dell'uomo e ne stimola la capacità creativa. Lo
raggiunge con una sorta di illuminazione interiore,
che unisce insieme l'indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le
energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l'idea e a darle
forma nell'opera d'arte. Si parla allora giustamente, se pure analogicamente,
di « momenti di grazia », perché l'essere umano ha la possibilità di fare una
qualche esperienza dell'Assoluto che lo trascende.
La
« Bellezza » che salva
16.
Sulla soglia ormai del terzo millennio, auguro a tutti voi, artisti carissimi,
di essere raggiunti da queste ispirazioni creative con intensità particolare.
La bellezza che trasmetterete alle generazioni di domani sia tale da destare in
esse lo stupore! Di fronte alla sacralità della vita e
dell'essere umano, di fronte alle meraviglie dell'universo, l'unico
atteggiamento adeguato è quello dello stupore.
Da
qui, dallo stupore, potrà scaturire quell'entusiasmo
di cui parla Norwid nella poesia a cui mi riferivo
all'inizio. Di questo entusiasmo hanno bisogno gli
uomini di oggi e di domani per affrontare e superare le sfide cruciali che si
annunciano all'orizzonte. Grazie ad esso l'umanità,
dopo ogni smarrimento, potrà ancora rialzarsi e riprendere il suo cammino. In
questo senso è stato detto con profonda intuizione che « la bellezza salverà il
mondo ».(25)
La
bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. E
invito a gustare la vita e a sognare il futuro. Per questo la bellezza
delle cose create non può appagare, e suscita quell'arcana
nostalgia di Dio che un innamorato del bello come sant'Agostino
ha saputo interpretare con accenti ineguagliabili: « Tardi ti ho amato,
bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! ».(26)
I
vostri molteplici sentieri, artisti del mondo, possano condurre tutti a quell'Oceano infinito di bellezza dove lo stupore si fa
ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia.
Vi
orienti ed ispiri il mistero del Cristo risorto, della cui contemplazione gioisce
in questi giorni
Vi
accompagni
«
Emerge dal caos il mondo dello spirito »! Dalle parole che Adam Mickiewicz scriveva in un momento di grande
travaglio per la patria polacca(28) traggo un auspicio per voi: la vostra arte
contribuisca all'affermarsi di una bellezza autentica che, quasi riverbero
dello Spirito di Dio, trasfiguri la materia, aprendo gli animi al senso
dell'eterno.
Con
i miei auguri più cordiali!
Dal
Vaticano, 4 aprile 1999, Pasqua di Risurrezione.
______________________________________________________________________________
NOTE
(1) Dialogus de ludo globi, lib. II: Philosophisch-Theologische
Schriften, Wien 1967, III,
p. 332.
(2) Le virtù morali, e tra queste in particolare la
prudenza, consentono al soggetto di agire in armonia con il criterio del bene e
del male morale: secondo la recta ratio agibilium (il giusto criterio dei comportamenti). L'arte,
invece, è definita in filosofia come recta ratio factibilium (il giusto
criterio delle realizzazioni).
(3) Promethidion: Bogumil vv. 185-186: Pisma wybrane, Warszawa 1968, vol. 2, p. 216.
(4) Espresse efficacemente questo aspetto la traduzione
greca dei Settanta, rendendo il termine t(o-)b (buono) del testo ebraico con kalón (bello).
(5) Filebo,
(6) GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Fides et ratio
(14 settembre 1998), 80: AAS 91 (1999), 67.
(7) Questo principio pedagogico è stato autorevolmente
enunciato da S. Gregorio Magno in una lettera del 599 al Vescovo di Marsiglia
Sereno: « La pittura è adoperata nelle chiese perché gli analfabeti, almeno
guardando sulle pareti, leggano ciò che non sono capaci di decifrare sui codici
», Epistulae, IX, 209: CCL 140A, 1714.
(8) Lodi di Dio altissimo, vv. 7
e 10: Fonti Francescane, n. 261. Padova 1982, p. 177.
(9) Legenda maior, IX, 1: Fonti
Francescane, n.
(10) Enkomia dell'Orthós del Santo e Grande Sabato.
(11) Omelia I, 2: PG 34, 451.
(12) « At nobis ars una fides et musica Christus »: Carmen 20, 31: CCL 203, 144.
(13) Cfr GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Duodecimum
saeculum (4 dicembre 1987), 8-9: AAS 80 (1988),
247-249.
(14) La prospettiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1984,
p. 63.
(15) Paradiso XXV, 1-2.
(16) Cfr GIOVANNI PAOLO II, Omelia
alla Messa per la conclusione dei restauri degli affreschi di Michelangelo
nella Cappella Sistina (8 aprile 1994): Insegnamenti 171 (1994), 899-904.
(17) Cfr AAS 56 (1964), 438-444.
(18) N. 62.
(19) Messaggio agli artisti (8 dicembre 1965): AAS 58
(1966), 13.
(20) Cfr n. 122.
(21) CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 62.
(22) La teologia nel XII secolo, Milano 1992, p. 9.
(23) CON. ECUM. VAT. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 22.
(24) Inno ai Vespri di Pentecoste.
(25) F. DOSTOEVSKIJ, L'Idiota, P.
III, cap. V, Milano 1998, p. 645.
(26) « Sero te amavi, pulchritudo tam antiqua et tam nova, sero
te amavi! », Confessiones 10, 27: CCL 27,251.
(27) Paradiso XXXI, 134-135.
(28) Oda do mlodosci, v. 69: Wybór poezji, Wroclaw
1986, vol. I, p. 63.