TRASCENDENTALE
Dal latino transcendens; nel linguaggio scolastico si dice di
una proprietà fondamentale dell'ente (essere), che lo accompagna sempre e dovunque e che, di conseguenza,
appartiene a tutti gli enti
e non solo a qualche categoria particolare.
La dottrina dei trascendentali risale ad Aristotele (Metaf. III, e. 1), il quale insegna che l'unità, la verità
e la bontà sono qualità che appartengono all'ente
in quanto tale.
L'unità, la verità,la bontà si riferiscono
analogicamente a tutti gli enti, sia
alle sostanze sia agli accidenti, sia alle realtàmateriali sia a quelle immateriali (Metaf. III, e. 1; XI, c. 7).
In S. Tommaso tali proprietà trascendentali sono connesse con un radicale
ripensamento
L'Angelico fa vedere
che all'essere in quanto essere (come pure all'ente in quanto ente, in quanto cioé è una partecipazione
dell'essere: id quod participat
esse) spettano di diritto tutte quelle
proprietà che si possono «convertire» con esso, vale a dire quelle proprietà che hanno la stessa estensione dell'essere, anche se non la medesima connotazione, per cui non si distinguono dall'essere (ente) realmente ma soltanto concettualmente. Tali sono l'unità,
la verità e la bontà.
In qualche caso S. Tommaso include tra i trascendentali
anche res (cosa) e aliquid (qualcosa), che tuttavia, come nota lo stesso S. Tommaso, non possono essere trattati come veri trascendentali, ossia come proprietà dell'essere (ente), perché sono
semplicemente dei sinonimi di ens (De Ver., q.
Queste tre modalità (unità, verità, bontà) «aggiungono all'ente qualche cosa senza peraltro imporre delle restrizioni al suo contenuto; infatti se imponessero delle restrizioni non sarebbero proprietà universali dell'ente. Perciò non può trattarsi che di
aggiunte di ordine logico, cioé delle connotazioni:
l'uno aggiunge all'ente la connotazione
della negazione (in quanto dice che è indiviso); mentre la verità e l'unità aggiungono la connotazione di una relazione: relazione con l'intelletto nel caso della
verità; relazione con la volontà nel
caso della bontà» (De Pot., q.
Come s'è detto la dottrina aristotelica dei trascendentali in S. Tommaso subisce qualche importante ritocco e integrazione, richiesti
dalla sua applicazione oltre che all'ente anche
all'esse ipsum che sta all'origine
di ogni ente
e che non può non essere dotato di unità,
verità e bontà, dato che l'ente è uno, vero
e buono soltanto grazie alla sua partecipazione dell'Essere stesso. L'innovazione più significativa è la distinzione all'interno di ogni trascendentale di un modello e di una copia,
di una misura
e di un misurato, di ciò
che è (buono, vero, uno) per essenza e cio che lo è per partecipazione (cfr. In 1 Periherm.,
lect. 3, nn. 28-29). Così c'e
una bontà, una verità, una
unità che funge da modello
e da misura di tutto ciò
che è buono, uno, vero per partecipazione. Questo titolo spetta ovviamente alla bontà, verità, unità
di Dio.
Il quadro dei trascendentali
tracciato da
(V. BONTÀ, VERITÀ, UNITÀ,
BELLEZZA).