124 Facendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la
dottrina sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle principali ed
inscindibili dimensioni della persona umana, così da cogliere le più rilevanti
sfaccettature del suo mistero e della sua dignità. Non sono infatti mancate
in passato, e si affacciano ancora drammaticamente sullo scenario della storia
attuale, molteplici concezioni riduttive, di carattere ideologico o dovute
semplicemente a forme diffuse del costume e del pensiero, riguardanti la
considerazione dell'uomo, della sua vita e dei suoi destini, accomunate dal
tentativo di offuscarne l'immagine mediante la sottolineatura di una sola delle
sue caratteristiche, a scapito di tutte le altre. (233)
125 La persona non può mai essere pensata unicamente come
assoluta individualità, edificata da se stessa e su se stessa, quasi che le sue
caratteristiche proprie non dipendessero da altri che da sé. Né può essere
pensata come pura cellula di un organismo disposto a riconoscerle, tutt'al più,
un ruolo funzionale all'interno di un sistema. Le concezioni riduttive della
piena verità dell'uomo sono state già più volte oggetto della sollecitudine
sociale della Chiesa, che non ha mancato di levare la sua voce nei confronti di
queste come di altre prospettive, drasticamente riduttive, preoccupandosi di
annunciare invece «che gli individui non ci appaiono slegati tra loro quali
granelli di sabbia; ma bensì uniti in organiche, armoniche e mutue relazioni»
(234) e che l'uomo non può essere inteso come «un semplice elemento e una
molecola dell'organismo sociale », (235) curando quindi che all'affermazione
del primato della persona non corrispondesse una visione individualistica o
massificata.
126 La fede cristiana, mentre invita a ricercare ovunque
ciò che è buono e degno dell'uomo (cfr. 1 Tess 5,21),« si pone al di sopra e
talvolta all'opposto delle ideologie in quanto riconosce Dio, trascendente
e Creatore, che interpella, a tutti i livelli della creazione, l'uomo quale
essere responsabilmente libero ». (236)
La
dottrina sociale si fa carico delle differenti dimensioni del mistero
dell'uomo, che richiede di essere accostato «nella piena verità della sua
esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e
sociale », (237) con un'attenzione specifica, così da consentirne la
valutazione più puntuale.
A) L'UNITÀ DELLA PERSONA
128 Mediante la sua corporeità l'uomo unifica in sé gli
elementi del mondo materiale, che «in lui toccano il loro vertice ed alzano
la voce per la libera lode del Creatore ». (240) Questa dimensione permette
all'uomo di inserirsi nel mondo materiale, luogo della sua realizzazione e
della sua libertà, non come in una prigione o in un esilio. Non è lecito
disprezzare la vita corporale; l'uomo, anzi, «è tenuto a considerare buono e
degno d'onore il proprio corpo, perché creato da Dio e destinato alla
risurrezione nell'ultimo giorno ». (241) La dimensione corporale, tuttavia, in
seguito alla ferita del peccato, fa sperimentare all'uomo le ribellioni del
corpo e le perverse inclinazioni del cuore, su cui egli deve sempre vigilare
per non rimanerne schiavo e per non restare vittima d'una visione puramente
terrena della sua vita.
Con
la sua spiritualità l'uomo supera la totalità delle cose e penetra nella
struttura più profonda della realtà. Quando si volge al cuore, quando, cioè,
riflette sul proprio destino, l'uomo si scopre superiore al mondo materiale,
per la sua dignità unica di interlocutore di Dio, sotto il cui sguardo decide
della sua vita. Egli, nella sua vita interiore, riconosce di avere «in se
stesso un'anima spirituale e immortale» e sa di non essere soltanto «una
particella della natura o un elemento anonimo della città umana ». (242)
B) APERTURA ALLA TRASCENDENZA E UNICITÀ DELLA PERSONA
a) Aperta alla trascendenza
130 Alla persona umana appartiene l'apertura alla
trascendenza: l'uomo è aperto verso l'infinito e verso tutti gli esseri creati.
È aperto anzitutto verso l'infinito, cioè Dio, perché con la sua intelligenza e
la sua volontà si eleva al di sopra di tutto il creato e di se stesso, si rende
indipendente dalle creature, è libero di fronte a tutte le cose create e si
protende verso la verità ed il bene assoluti. È aperto anche verso l'altro, gli
altri uomini e il mondo, perché solo in quanto si comprende in riferimento a un
tu può dire io. Esce da sé, dalla conservazione egoistica della propria vita,
per entrare in una relazione di dialogo e di comunione con l'altro.
La
persona è aperta alla totalità dell'essere, all'orizzonte illimitato
dell'essere. Essa ha in sé la capacità di trascendere i singoli oggetti
particolari che conosce, in effetti, grazie a questa sua apertura all'essere
senza confini. L'anima umana è in un certo senso, per la sua dimensione
conoscitiva, tutte le cose: «tutte le cose immateriali godono di una certa
infinità, in quanto abbracciano tutto, o perché si tratta dell'essenza di una
realtà spirituale che funge da modello e somiglianza di tutto, come è nel caso
di Dio, oppure perché possiede la somiglianza d'ogni cosa o in atto come negli
Angeli oppure in potenza come nelle anime ». (245)
b) Unica e irripetibile
La
persona umana va sempre compresa nella sua irripetibile ed ineliminabile
singolarità. L'uomo esiste, infatti, anzitutto come soggettività, come centro
di coscienza e di libertà, la cui vicenda unica e non paragonabile ad alcun'
altra esprime la sua irriducibilità a qualunque tentativo di costringerlo entro
schemi di pensiero o sistemi di potere, ideologici o meno. Questo impone
anzitutto l'esigenza non soltanto del semplice rispetto da parte di chiunque, e
specialmente delle istituzioni politiche e sociali e dei loro responsabili nei
riguardi di ciascun uomo di questa terra, ma ben più, ciò comporta che il primo
impegno di ciascuno verso l'altro e soprattutto di queste stesse istituzioni,
vada posto precisamente nella promozione dello sviluppo integrale della
persona.
c) Il rispetto della dignità umana
132 Una società giusta può essere realizzata soltanto nel
rispetto della dignità trascendente della persona umana. Essa rappresenta il
fine ultimo della società, la quale è ad essa ordinata: «Pertanto l'ordine
sociale e il suo progresso devono sempre far prevalere il bene delle persone,
perché l'ordine delle cose dev'essere adeguato all'ordine delle persone e non
viceversa ». (246) Il rispetto della dignità umana non può assolutamente
prescindere dal rispetto di questo principio: bisogna «considerare il prossimo,
nessuno eccettuato, come un altro se stesso, tenendo conto prima di tutto della
sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente». (247) Occorre che tutti
i programmi sociali, scientifici e culturali, siano presieduti dalla
consapevolezza del primato di ogni essere umano. (248)
La
persona non può essere finalizzata a progetti di carattere economico, sociale e
politico imposti da qualsivoglia autorità, sia pure in nome di presunti
progressi della comunità civile nel suo insieme o di altre persone, nel
presente o nel futuro. È necessario pertanto che le autorità pubbliche vigilino
con attenzione, affinché ogni restrizione della libertà o comunque ogni onere
imposto all'agire personale non sia mai lesivo della dignità personale e
affinché venga garantita l'effettiva praticabilità dei diritti umani. Tutto
questo, ancora una volta, si fonda sulla visione dell'uomo come persona, vale a
dire come soggetto attivo e responsabile del proprio processo di crescita,
insieme alla comunità di cui è parte.
134 Gli autentici mutamenti sociali sono effettivi e
duraturi soltanto se fondati su decisi cambiamenti della condotta personale.
Non sarà mai possibile un'autentica moralizzazione della vita sociale, se non a
partire dalle persone e facendo riferimento ad esse: infatti, «l'esercizio
della vita morale attesta la dignità della persona ». (250) Alle persone
compete evidentemente lo sviluppo di quegli atteggiamenti morali, fondamentali
in ogni convivenza che voglia dirsi veramente umana (giustizia, onestà,
veracità, ecc.), che in nessun modo potrà essere semplicemente attesa da altri
o delegata alle istituzioni. A tutti, e in modo particolare a coloro che in
varia forma detengono responsabilità politiche, giuridiche o professionali nei
riguardi di altri, spetta di essere coscienza vigile della società e per primi
testimoni di una convivenza civile e degna dell'uomo.
C)
a) Valore e limiti della libertà
L'uomo
giustamente apprezza la libertà e con passione la cerca: giustamente vuole, e
deve, formare e guidare, di sua libera iniziativa, la sua vita personale e
sociale, assumendosene personalmente la responsabilità. (253) La libertà,
infatti, non solo permette all'uomo di mutare convenientemente lo stato di cose
a lui esterno, ma determina la crescita del suo essere persona, mediante scelte
conformi al vero bene: (254) in tal modo, l'uomo genera se stesso, è padre del
proprio essere, (255) costruisce l'ordine sociale. (256)
136 La libertà non è in opposizione alla dipendenza
creaturale dell'uomo da Dio. (257)
137 Il retto esercizio della libertà personale esige
precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e
culturale che « troppo spesso sono misconosciute e violate. ...situazioni
di accecamento e di ingiustizia gravano sulla vita morale ed inducono tanto i
forti quanto i deboli nella tentazione di peccare contro la carità.
Allontanandosi dalla legge morale, l'uomo attenta alla propria libertà, si fa
schiavo di se stesso, spezza la fraternità coi suoi simili e si ribella contro
la volontà divina ». (259) La liberazione dalle ingiustizie promuove la libertà
e la dignità umana: tuttavia «occorre, anzitutto, fare appello alle capacità spirituali
e morali della persona e all'esigenza permanente della conversione interiore,
se si vogliono ottenere cambiamenti economici e sociali che siano veramente a
servizio dell'uomo ». (260)
b) Il vincolo della libertà con la verità e la legge
naturale
138 Nell' esercizio della libertà, l'uomo compie atti
moralmente buoni, costruttivi della sua persona e della società, quando
obbedisce alla verità, ossia quando non pretende di essere creatore e padrone
assoluto di quest'ultima e delle norme etiche. (261) La libertà, infatti,
«non ha il suo punto di partenza assoluto e incondizionato in se stessa, ma
nell'esistenza dentro cui si trova e che rappresenta per essa, nello stesso
tempo, un limite e una possibilità. È la libertà di una creatura, ossia una
libertà donata, da accogliere come un germe e da far maturare con
responsabilità ». (262) In caso contrario, muore come libertà, distrugge l'uomo
e la società. (263)
139 La verità circa il bene e il male è riconosciuta
praticamente e concretamente dal giudizio della coscienza, il quale porta ad
assumere la responsabilità del bene compiuto e del male commesso: «Così nel
giudizio pratico della coscienza, che impone alla persona l'obbligo di
compiere un determinato atto, si rivela il vincolo della libertà con la verità.
Proprio per questo la coscienza si esprime con atti di "giudizio" che
riflettono la verità sul bene, e non come "decisioni" arbitrarie. E
la maturità e la responsabilità di questi giudizi - e, in definitiva,
dell'uomo, che ne è il soggetto si misurano non con la liberazione della
coscienza dalla verità oggettiva, in favore di una presunta autonomia delle
proprie decisioni, ma, al contrario, con una pressante ricerca della verità e
con il farsi guidare da essa nell'agire ». (264)
141 Nella diversità delle culture, la legge naturale lega
gli uomini tra loro, imponendo dei principi comuni. Per quanto la sua
applicazione richieda adattamenti alla molteplicità delle condizioni di vita,
secondo i luoghi, le epoche e le circostanze, (270) essa è immutabile, «rimane
sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso... Anche
se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né
strappare dal cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e
delle società ». (271)
I
suoi precetti, tuttavia, non sono percepiti da tutti con chiarezza ed
immediatezza. Le verità religiose e morali possono essere conosciute «da tutti
e senza difficoltà, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore »,
(272) solo con l'aiuto della Grazia e della Rivelazione. La legge naturale
offre un fondamento preparato da Dio alla legge rivelata e alla Grazia, in
piena armonia con l'opera dello Spirito. (273)
142 La legge naturale, che è legge di Dio, non può essere
cancellata dalla malvagità umana. (274) Essa pone il fondamento morale
indispensabile per edificare la comunità degli uomini e per elaborare la legge
civile, che trae le conseguenze di natura concreta e contingente dai principi
della legge naturale. (275) Se si oscura la percezione dell'universalità della
legge morale naturale, non si può edificare una reale e duratura comunione con
l'altro, perché, quando manca una convergenza verso la verità e il bene, «in
maniera imputabile o no, i nostri atti feriscono la comunione delle persone,
con pregiudizio di ciascuno ». (276) Solo una libertà radicata nella comune
natura, infatti, può rendere tutti gli uomini responsabili ed è in grado di
giustificare la morale pubblica. Chi si autoproclama misura unica delle cose e
della verità non può convivere pacificamente e collaborare con i propri simili.
(277)
143 La libertà è misteriosamente inclinata a tradire
l'apertura alla verità e al bene umano e troppo spesso preferisce il male e la
chiusura egoistica, elevandosi a divinità creatrice del bene e del male:
« Costituito da Dio nella giustizia, l'uomo, tentato dal Maligno, fin
dall'inizio della storia abusò della sua libertà, erigendosi contro Dio e
mirando a raggiungere il suo fine al di fuori di Dio. ... Rifiutando spesso di
riconoscere Dio come suo principio, l'uomo ha anche sconvolto il giusto ordine
riguardante il suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia
verso se stesso, sia verso gli altri uomini e tutte le cose create ». (278) La
libertà dell'uomo ha bisogno, pertanto, di essere liberata. Cristo, con la
forza del Suo mistero pasquale, libera l'uomo dall'amore disordinato di se
stesso, (279) che è fonte del disprezzo del prossimo e dei rapporti improntati
al dominio sull'altro; Egli rivela che la libertà si realizza nel dono di sé.
(280) Con il Suo sacrificio sulla croce, Gesù reintroduce ogni uomo nella
comunione con Dio e con i propri simili.
D) L'UGUAGLIANZA IN DIGNITÀ DI TUTI E LE PERSONE
144 «Dio non fa preferenze di persone» (At 10,34; cfr. Rm
2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di
creature a Sua immagine e somiglianza. (28l) L'Incarnazione del Figlio di
Dio manifesta l'uguaglianza di tutte le persone quanto a dignità: « Non c'è più
giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna,
poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gai 3,28; cfr. Rm 10,12; l Cor
12,13; Col 3,11).
Poiché
sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di
ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell'uomo davanti agli
altri uomini. (282) Questo è, inoltre, il fondamento ultimo della radicale
uguaglianza e fraternità fra gli uomini, indipendentemente dalla loro razza,
Nazione, sesso, origine, cultura, classe.
145 Solo
il riconoscimento della dignità umana può rendere possibile la crescita comune
e personale di tutti (cfr. Gc 2,1-9).
Per favorire una simile crescita è necessario, in particolare, sostenere gli
ultimi, assicurare effettivamente condizioni di pari opportunità tra uomo e
donna, garantire un'obiettiva eguaglianza tra le diverse classi sociali davanti
alla legge. (283)
Anche
nei rapporti tra popoli e Stati, condizioni di equità e di parità sono il
presupposto per un autentico progresso della comunità internazionale. (284)
Malgrado gli avanzamenti verso tale direzione, non bisogna dimenticare che
esistono ancora molte disuguaglianze e forme di dipendenza. (285)
A
un'uguaglianza nel riconoscimento della dignità di ciascun uomo e di ciascun
popolo, deve corrispondere la consapevolezza che la dignità umana potrà essere
custodita e promossa soltanto in forma comunitaria, da parte dell'umanità
intera. Soltanto con l'azione concorde di uomini e di popoli sinceramente
interessati al bene di tutti gli altri, si può raggiungere un'autentica
fratellanza universale; (286) viceversa, il permanere di condizioni di
gravissima disparità e disuguaglianza impoverisce tutti.
146 Il« maschile» e il «femminile» differenziano due
individui di uguale dignità, che non riflettono però un'uguaglianza statica,
perché lo specifico femminile è diverso dallo specifico maschile e questa
diversità nell'uguaglianza è arricchente e indispensabile per un'armoniosa
convivenza umana: « La condizione per assicurare la giusta presenza della
donna nella Chiesa e nella società è una considerazione più penetrante e
accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile,
destinata a precisare l'identità personale propria della donna nel suo rapporto
di diversità e di reciproca complementarità con l'uomo, non solo per quanto
riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e più
profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato
personale ». (287)
147 La donna è il complemento dell'uomo, come l'uomo è il
complemento della donna: donna e uomo si completano a vicenda, non solo dal
punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. È soltanto grazie
alla dualità del « maschile» e del « femminile» che 1'« umano» si realizza
appieno. È « l'unità dei due », (288) ossia una « unidualità» relazionale, che
consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un
dono che è al tempo stesso una missione: « A questa "unità dei due" è
affidata da Dio non soltanto l'opera della procreazione e la vita della
famiglia, ma la costruzione stessa della storia ». (289) « La donna è
"aiuto" per l'uomo, come l'uomo è "aiuto" per la donna! »:
(290) nel loro incontro si realizza una concezione unitaria della persona
umana, basata non sulla logica dell'egocentrismo e dell'auto affermazione, ma
su quella dell'amore e della solidarietà.
148 Le persone handicappate sono soggetti pienamente
umani, titolari di diritti e doveri: « pur con le limitazioni e le
sofferenze inscritte nel loro corpo e nelle loro facoltà, pongono in maggior
rilievo la dignità e la grandezza dell'uomo ». (291) Poiché la persona
portatrice di handicap è un soggetto con tutti i suoi diritti, essa deve essere
aiutata a partecipare alla vita familiare e sociale in tutte le dimensioni e a
tutti i livelli accessibili alle sue possibilità.
Bisogna
promuovere con misure efficaci ed appropriate i diritti della persona
handicappata: « Sarebbe radicalmente indegno dell'uomo, e negazione della
comune umanità, ammettere alla vita della società, e dunque al lavoro, solo i
membri pienamente funzionanti perché, così facendo, si ricadrebbe in una grave
forma di discriminazione, quella dei forti e dei sani contro i deboli ed i
malati ». (292) Una grande attenzione dovrà essere rivolta non solo alle
condizioni di lavoro fisiche e psicologiche, alla giusta rimunerazione, alla
possibilità di promozioni ed all'eliminazione dei diversi ostacoli, ma anche
alle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata: « Anch'essa ha
bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di
intimità », (293) secondo le proprie possibilità e nel rispetto dell'ordine
morale, che è lo stesso per i sani e per coloro che portano un handicap.
E)
149 La persona è costitutivamente un essere sociale,
(294) perché così l'ha voluta Dio che l'ha creata. (295) La natura
dell'uomo si manifesta, infatti, come natura di un essere che risponde ai
propri bisogni sulla base di una soggettività relazionale, ossia alla maniera
di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessità di
integrarsi e di collaborare con i propri simili ed è capace di comunione con
loro nell'ordine della conoscenza e dell'amore: « Una società è un insieme di
persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di
loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo: è
erede del passato e prepara l'avvenire ». (296)
Occorre
pertanto sottolineare che la vita comunitaria è una caratteristica naturale che
distingue l'uomo dal resto delle creature terrene. L'agire sociale porta su di
sé un particolare segno dell'uomo e dell'umanità, quello di una persona
operante in una comunità di persone: questo segno determina la sua qualifica
interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura. (297) Tale
caratteristica relazionale acquista, alla luce della fede, un senso più
profondo e stabile. Fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), e
costituita nell'universo visibile per vivere in società (cfr. Gen 2,20.23) e
dominare la terra (cfr. Gen 1,26.28-30), la persona umana è perciò sin
dall'inizio chiamata alla vita sociale: « Dio non ha creato l'uomo come un
"essere solitario", ma lo ha voluto come un "essere sociale".
La vita sociale non è, dunque, estrinseca all'uomo: egli non può crescere né
realizzare la sua vocazione se non in relazione con gli altri». (298)
150 La socialità umana non sfocia automaticamente verso
la comunione delle persone, verso il dono di sé. A causa della superbia e
dell'egoismo, l'uomo scopre in se stesso germi di asocialità, di chiusura
individualistica e di sopraffazione dell'altro. (299) Ogni società, degna di
tal nome, può ritenersi nella verità quando ogni suo membro, grazie alla
propria capacità di conoscere il bene, lo persegue per sé e per gli altri. È
per amore del proprio e dell'altrui bene che ci si unisce in gruppi stabili,
aventi come fine il raggiungimento di un bene comune. Anche le varie società
devono entrare in relazioni di solidarietà, di comunicazione e di
collaborazione, a servizio dell'uomo e del bene comune. (300)
151 La socialità umana non è uniforme, ma assume
molteplici espressioni. Il bene comune dipende, infatti, da un sano
pluralismo sociale. Le molteplici società sono chiamate a costituire un tessuto
unitario ed armonico, al cui interno sia possibile ad ognuna conservare e
sviluppare la propria fisionomia e autonomia. Alcune società, come la famiglia,
la comunità civile e la comunità religiosa sono più immediatamente rispondenti
all'intima natura dell'uomo, altre procedono piuttosto dalla libera volontà:
«Al fine di favorire la partecipazione del maggior numero possibile di persone
alla vita sociale, si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di
istituzioni "a scopi economici, culturali, sociali, sportivi, ricreativi,
professionali, politici, tanto all'interno delle comunità politiche, quanto sul
piano mondiale". Tale "socializzazione" esprime parimenti la
tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi, al fine di
conseguire obiettivi che superano le capacità individuali. Essa sviluppa le
doti della persona, in particolare, il suo spirito di iniziativa e il suo senso
di responsabilità. Concorre a tutelare i suoi diritti ». (301)