a) L'avvio di un nuovo cammino
87 La locuzione dottrina sociale risale a Pio XI (139) e
designa il «corpus» dottrinale riguardante temi di rilevanza sociale che, a
partire dall'enciclica «Rerum novarum»
(140) di Leone XIII, si è sviluppato nella Chiesa attraverso il Magistero dei
Romani Pontefici e dei Vescovi in comunione con essi. (141) La sollecitudine
sociale non ha avuto certamente inizio con tale documento, perché
Nella
sua continua attenzione per l'uomo nella società,
88
Gli eventi di natura economica che si produssero nel XIX secolo ebbero
conseguenze sociali, politiche e culturali dirompenti. Gli avvenimenti
collegati alla rivoluzione industriale sovvertirono secolari assetti sociali,
sollevando gravi problemi di giustizia e ponendo la prima grande questione
sociale, la questione operaia, suscitata dal conflitto tra capitale e lavoro.
In tale quadro
b) Dalla «Rerum
novarum» ai nostri giorni
La
«Rerum novarum» elenca gli errori che provocano il male sociale, esclude il
socialismo come rimedio ed espone, precisandola e attualizzandola, «la dottrina
cattolica sul lavoro, sul diritto di proprietà, sul principio di collaborazione
contrapposto alla lotta di classe come mezzo fondamentale per il cambiamento
sociale, sul diritto dei deboli, sulla dignità dei poveri e sugli obblighi dei
ricchi, sul perfezionamento della giustizia mediante la carità, sul diritto ad
avere associazioni professionali ». (144)
La
«Rerum novarum» è diventata il
documento ispirativo e di riferimento dell'attività cristiana in campo sociale.
(145) Il tema centrale dell'Enciclica è quello dell'instaurazione di un ordine
sociale giusto, in vista del quale è doveroso individuare dei criteri di
giudizio che aiutino a valutare gli ordinamenti socio-politici esistenti e a
prospettare linee d'azione per una loro opportuna trasformazione.
90 La «Rerum novarum»
ha affrontato la questione operaia con un metodo che diventerà «un paradigma
permanente» (146) per gli sviluppi successivi della dottrina sociale. I
principi affermati da Leone XIII saranno ripresi e approfonditi dalle
encicliche sociali successive. Tutta la dottrina sociale potrebbe essere intesa
come un'attualizzazione, un approfondimento ed un'espansione del nucleo
originario di principi esposti nella «Rerum
novarum». Con questo testo, coraggioso e lungimirante, Leone XIII «conferì
alla Chiesa quasi uno "statuto di cittadinanza" nelle mutevoli realtà
della vita pubblica» (147) e «scrisse una parola decisiva », (148) che divenne
«un elemento permanente della dottrina sociale della Chiesa », (149) affermando
che i gravi problemi sociali «potevano essere risolti soltanto mediante la
collaborazione tra tutte le forze» (150) e aggiungendo anche: «Quanto alla
Chiesa, essa non lascerà mai mancare in nessun modo l'opera sua ». (151)
91 All'inizio degli anni Trenta, a ridosso della grave
crisi economica del 1929, Pio XI pubblica l'enciclica «Quadragesimo anno »,
(152) commemorativa dei quarant'anni della «Rerum
novarum». Il Papa rilegge il passato alla luce di una situazione
economico-sociale in cui all'industrializzazione si era aggiunta l'espansione
del potere dei gruppi finanziari, in ambito nazionale ed internazionale. Era il
periodo post-bellico, in cui si andavano affermando in Europa i regimi
totalitari, mentre si inaspriva la lotta di classe. L'Enciclica ammonisce sul
mancato rispetto della libertà di associazione e ribadisce i principi di
solidarietà e di collaborazione per superare le antinomie sociali. I rapporti
tra capitale e lavoro devono essere all'insegna della cooperazione. (153)
La
«Quadragesimo anno» ribadisce il principio che il salario deve essere
proporzionato non solo alle necessità del lavoratore, ma anche a quelle della
sua famiglia. Lo Stato, nei rapporti col settore privato, deve applicare il
principio di sussidiarietà, principio che diverrà un elemento permanente della
dottrina sociale. L'Enciclica rifiuta il liberalismo inteso come illimitata
concorrenza delle forze economiche, ma riconferma il valore della proprietà
privata, richiamandone la funzione sociale. In una società da ricostruire fin
dalle basi economiche, che diventa essa stessa e tutta intera «la questione» da
affrontare, «Pio XI sentì il dovere e la responsabilità di promuovere una
maggiore conoscenza, una più esatta interpretazione e una urgente applicazione
della legge morale regolativa dei rapporti umani..., allo scopo di superare il
conflitto delle classi e di arrivare a un nuovo ordine sociale basato sulla
giustizia e sulla carità ». (154)
92 Pio XI non mancò di far sentire la sua voce contro i
regimi totalitari che durante il suo pontificato si affermarono in Europa.
Già il 29 giugno 1931 aveva protestato contro le sopraffazioni del regime
fascista in Italia con l'enciclica «Non abbiamo bisogno». (155) Nel 1937
pubblicò l'enciclica «Mit brennender
Sorge», (156) sulla situazione della Chiesa Cattolica nel Reich germanico.
Il testo della «Mit brennender Sorge»
fu letto dal pulpito di tutte le chiese cattoliche in Germania, dopo essere
stato diffuso nella massima segretezza. L'Enciclica giungeva dopo anni di
soprusi e di violenze ed era stata espressamente richiesta a Pio XI dai Vescovi
tedeschi, in seguito alle misure sempre più coercitive e repressive adottate
dal Reich nel
Con
l'enciclica «Divini Redemptoris»,
(158) sul comunismo ateo e sulla dottrina sociale cristiana, Pio XI criticò in
modo sistematico il comunismo, definito «intrinsecamente perverso », (159) e
indicò come mezzi principali per porre rimedio ai mali da esso prodotti, il
rinnovamento della vita cristiana, l'esercizio della carità evangelica,
l'adempimento dei doveri di giustizia a livello interpersonale e sociale in
ordine al bene comune, l'istituzio-nalizzazione di corpi professionali e
inter-professionali.
93 I Radiomessaggi natalizi di Pio XII, (160)
insieme ad altri importanti interventi in materia sociale, approfondiscono la
riflessione magisteriale su un nuovo ordine sociale, governato dalla morale e
dal diritto e centrato sulla giustizia e sulla pace. Durante il suo
pontificato, Pio XII attraversò gli anni terribili della Seconda Guerra
Mondiale e quelli difficili della ricostruzione. Egli non pubblicò encicliche
sociali, tuttavia manifestò costantemente, in numerosissimi contesti, la sua
preoccupazione per l'ordine internazionale sconvolto: «Negli anni della guerra
e del dopoguerra, il Magistero sociale di Pio XII rappresentò per molti popoli
di tutti i continenti e per milioni di credenti e di non credenti la voce della
coscienza universale, interpretata e proclamata in intima connessione con
Una
delle caratteristiche degli interventi di Pio XII sta nel rilievo dato al
rapporto tra morale e diritto. Il Papa
insiste sulla nozione di diritto naturale, come anima dell'ordinamento che va
instaurato sul piano sia nazionale sia internazionale. Un altro aspetto
importante dell'insegnamento di Pio XII sta nella sua attenzione per le
categorie professionali e imprenditoriali, chiamate a concorrere in special
modo al raggiungimento del bene comune: «Per la sua sensibilità e intelligenza
nel cogliere i "segni dei tempi", Pio XII può considerarsi il
precursore immediato del Concilio Vaticano II e dell'insegnamento sociale dei
Papi che gli sono succeduti ». (162)
94 Gli anni Sessanta aprono orizzonti promettenti: la
ripresa dopo le devastazioni della guerra, l'inizio della decolonizzazione, i
primi timidi segnali di un disgelo nei rapporti tra i due blocchi, americano e
sovietico. In questo clima, il beato Giovanni XXIII legge in profondità i «
segni dei tempi ». (163) La questione sociale si sta universalizzando e
coinvolge tutti i Paesi: accanto alla questione operaia e alla rivoluzione
industriale, si delineano i problemi dell'agricoltura, delle aree in via di
sviluppo, dell'incremento demografico e quelli relativi alla necessità di una
cooperazione economica mondiale. Le disuguaglianze, in precedenza avvertite
all'interno delle Nazioni, appaiono a livello internazionale e fanno emergere
con sempre maggiore chiarezza la situazione drammatica in cui si trova il Terzo
Mondo.
Giovanni
XXIII, nell'enciclica «Mater et magistra»,
(164) «mira ad aggiornare i documenti già conosciuti e a fare un ulteriore
passo in avanti nel processo di coinvolgimento di tutta la comunità cristiana
». (165) Le parole-chiave dell'Enciclica sono comunità e socializzazione: (166)
95 Con l'enciclica «Pacem
in terris», (167) Giovanni XXIII mette in evidenza il tema della pace, in
un'epoca segnata dalla proliferazione nucleare. La «Pacem in terris» contiene, inoltre, una prima approfondita
riflessione della Chiesa sui diritti; è l'Enciclica della pace e della dignità
umana. Essa prosegue e completa il discorso della «Mater et magistra» e, nella direzione indicata da Leone XIII,
sottolinea l'importanza della collaborazione tra tutti: è la prima volta che un
documento della Chiesa viene indirizzato anche «a tutti gli uomini di buona
volontà », (168) che vengono chiamati a un «compito immenso: il compito di
ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia,
nell'amore, nella libertà ». (169) La «Pacem
in terris» si sofferma sui pubblici poteri della comunità mondiale,
chiamati ad «affrontare e risolvere i problemi a contenuto economico, sociale,
politico, culturale che pone il bene comune universale ».(170) Nel decimo
anniversario della «Pacem in terris»,
il Cardinale Maurice Roy, Presidente della Pontificia Commissione Giustizia e
Pace, inviò a Paolo VI una Lettera unitamente a un Documento con una serie di
riflessioni sulla capacità dell'insegnamento dell'Enciclica giovannea di
illuminare i problemi nuovi connessi con la promozione della pace. (171)
96
La
«Gaudium et spes» affronta
organicamente i temi della cultura, della vita economico-sociale, del
matrimonio e della famiglia, della comunità politica, della pace e della
comunità dei popoli, alla luce della visione antropologica cristiana e della
missione della Chiesa. Tutto è considerato a partire dalla persona e in
direzione della persona: «la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per
se stessa». (176) La società, le sue strutture e il suo sviluppo devono essere
finalizzati al «perfezionamento della persona umana». (177) Per la prima volta
il Magistero della Chiesa, al suo più alto livello, si esprime in modo così
ampio sui diversi aspetti temporali della vita cristiana: «Si deve riconoscere
che l'attenzione data dalla Costituzione ai cambiamenti sociali, psicologici,
politici, economici, morali e religiosi ha stimolato sempre più... la
preoccupazione pastorale della Chiesa per i problemi degli uomini e il dialogo
con il mondo ». (178)
97 Un altro documento del Concilio Vaticano II molto
importante nel « corpus» della dottrina sociale della Chiesa è la dichiarazione
«Dignitatis humanae», (179) in cui si
proclama il diritto alla libertà religiosa. Il documento tratta il tema in due
capitoli. Nel primo, di carattere generale, si afferma che il diritto alla
libertà religiosa si fonda sulla dignità della persona umana e che deve essere
sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società. Il
secondo capitolo affronta il tema alla luce della Rivelazione e ne chiarisce le
implicazioni pastorali, ricordando che si tratta di un diritto riguardante non
solo le singole persone, ma anche le diverse comunità.
98 «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace», (180)
afferma Paolo VI nell'enciclica «Populorum
progressio», (181) che può essere considerata come un ampliamento del
capitolo sulla vita economico-sociale della «Gaudium et spes », nonostante introduca alcune significative
novità. In particolare, il documento traccia le coordinate di uno sviluppo
integrale dell'uomo e di uno sviluppo solidale dell'umanità: «due tematiche
queste che sono da considerarsi come gli assi intorno ai quali si struttura il
tessuto dell'Enciclica. Volendo convincere i destinatari dell'urgenza di
un'azione solidale, il Papa presenta lo sviluppo come "il passaggio da
condizioni di vita meno umane a condizioni più umane" e ne specifica le
caratteristiche» . (182) Tale passaggio non è circoscritto alle dimensioni
meramente economiche e tecniche, ma implica per ogni persona l'acquisizione della
cultura, il rispetto della dignità degli altri, il riconoscimento «dei valori
supremi, e di Dio che ne è la sorgente e il termine ». (183) Lo sviluppo a
vantaggio di tutti risponde all'esigenza di una giustizia su scala mondiale che
garantisca una pace planetaria e renda possibile la realizzazione di «un
umanesimo plenario », (184) governato dai valori spirituali.
100 All'inizio degli anni Settanta, in un clima turbolento
di contestazione fortemente ideologica, Paolo VI riprende l'insegnamento
sociale di Leone XIII e lo aggiorna, in occasione dell'ottantesimo anniversario
della «Rerum novarum», con
101 Novant'anni dopo la «Rerum
novarum», Giovanni Paolo Il dedica l'enciclica «Laborem exercens» (187) al lavoro, bene fondamentale per la
persona, fattore primario dell'attività economica e chiave di tutta la
questione sociale. La «Laborem exercens»
delinea una spiritualità e un' etica del lavoro, nel contesto di una profonda
riflessione teologica e filosofica. Il lavoro non dev'essere inteso soltanto in
senso oggettivo e materiale, ma bisogna tenere in debita considerazione anche
la sua dimensione soggettiva, in quanto attività che esprime sempre la persona.
Oltre ad essere paradigma decisivo della vita sociale, il lavoro ha tutta la
dignità di un ambito in cui deve trovare realizzazione la vocazione naturale e
soprannaturale della persona.
102 Con l'enciclica «Sollicitudo
rei socialis», (188) Giovanni Paolo II commemora il ventesimo anniversario
della « Populorum progressio» e
affronta nuovamente il tema dello sviluppo, lungo due direttrici: «da una
parte, la situazione drammatica del mondo contemporaneo, sotto il profilo dello
sviluppo mancato del Terzo Mondo, e dall'altra, il senso, le condizioni e le
esigenze di uno sviluppo degno dell'uomo». (189) L'Enciclica introduce la
differenza tra progresso e sviluppo e afferma che « il vero sviluppo non può
limitarsi alla moltiplicazione dei beni e dei servizi, cioè a ciò che si
possiede, ma deve contribuire alla pienezza dell'''essere'' dell'uomo. In
questo modo, s'intende delineare con chiarezza la natura morale del vero
sviluppo ». (190) Giovanni Paolo II, evocando il motto del pontificato di Pio
XII, «Opus iustitiae pax», la pace
come frutto della giustizia, commenta: « Oggi si potrebbe dire, con la stessa
esattezza e la stessa forza di ispirazione biblica (cfr. Is 32,17; Gc 3,18): Opus solidaritatis pax, la pace come
frutto della solidarietà ». (191)
103 Nel centesimo anniversario della «Rerum novarum», Giovanni Paolo II promulga la sua terza enciclica
sociale, la «Centesimus annus», (192)
da cui emerge la continuità dottrinale di cent'anni di Magistero sociale della
Chiesa. Riprendendo uno dei principi basilari della concezione cristiana
dell'organizzazione sociale e politica, che era stato il tema centrale
dell'Enciclica precedente, il Papa scrive: « il principio, che oggi chiamiamo
di solidarietà... è più volte enunciato da Leone XlII col nome di
"amicizia"...; da Pio XI è designato col nome non meno significativo
di "carità sociale", mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo
le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di
"civiltà dell'amore"». (193) Giovanni Paolo II mette in evidenza come
l'insegnamento sociale della Chiesa corra lungo l'asse della reciprocità tra
Dio e l'uomo: riconoscere Dio in ogni uomo e ogni uomo in Dio è la condizione
di un autentico sviluppo umano. L'articolata ed approfondita analisi delle «res novae», e specialmente della grande
svolta del 1989 con il crollo del sistema sovietico, contiene un apprezzamento
per la democrazia e per l'economia libera, nel quadro di un'indispensabile
solidarietà.
c) Nella luce e sotto l'impulso del Vangelo
104 I documenti qui richiamati costituiscono le pietre
miliari del cammino della dottrina sociale dai tempi di Leone XIII ai nostri
giorni. Questa sintetica rassegna si allungherebbe di molto se si tenesse
conto di tutti gli interventi motivati, oltre che da un tema specifico, « dalla
preoccupazione pastorale di proporre alla comunità cristiana e a tutti gli
uomini di buona volontà i principi fondamentali, i criteri universali e gli
orientamenti idonei a suggerire le scelte di fondo e la prassi coerente per
ogni situazione concreta ». (194)
All'elaborazione
e all'insegnamento della dottrina sociale,