La passione per la verità
Il mondo ha bisogno di "testimoni della
verità appassionati e coerenti". In un'epoca in cui il relativismo
ha convinto molti dell'impossibilità di conoscere la verità, la passione per
cercarla e trasmetterla si è trasformata in un compito gradito per i cristiani. "Amò in maniera disinteressata la
verità. Egli la cercò dovunque essa si potesse manifestare, evidenziando al
massimo la sua universalità. In lui, il Magistero della Chiesa ha visto e
apprezzato la passione per la verità; il suo pensiero, proprio perché si
mantenne sempre nell'orizzonte della verità universale, oggettiva e
trascendente, raggiunse «vette che l'intelligenza umana non avrebbe mai potuto
pensare" (1).
Queste parole di Giovanni Paolo II si riferiscono a San
Tommaso di Aquino e sono un elogio significativo di
un grande santo, ma nello stesso tempo dimostrano quanto valore dia
Lodare la finezza filosofica e teologica di un santo
significa pure elogiare un determinato atteggiamento di fronte alla verità:
l'amore, la passione, la ricerca, l'apertura verso di essa
e il saperla riconoscere. Parte della
missione della Chiesa consiste nell'accendere e diffondere nell'animo dei
cristiani e di tutti gli uomini la passione e la tensione verso la verità. È
stato questo un obiettivo costante del magistero di Giovanni Paolo II - ne sono
chiari esempi le encicliche Fides et
ratio o Veritatis splendor - e identico è
l'atteggiamento di Benedetto XVI da quando, fin dai primi giorni del suo
pontificato, incoraggia tutti a non lasciarsi vincere dalla mentalità
relativista, che non è che un modo di rinunciare alla ricerca sulle verità che
danno senso alla vita, con il conseguente restringimento dell'orizzonte vitale.
Il relativismo, al quale si riferiva già alcuni anni fa
il cardinal Ratzinger come al "problema centrale
della fede cristiana"(3) è piuttosto una posizione di fronte alla vita, che
facilmente prende piede nella cultura, impregnando le relazioni sociali tra gli
uomini. Non è soltanto un sistema filosofico o una struttura dottrinale, bensì
uno stile di pensiero in cui si evita di parlare in termini di vero o falso,
dal momento che non si riconosce un'esigenza di validità oggettiva sui giudizi circa
realtà che trascendono quanto ciascuno può vedere e toccare: Dio, l'anima, e
perfino il più intimo traguardo dell'amore.
Questo atteggiamento, inoltre, comporta un modo di fare che manifesta
una perplessità di fondo di fronte alla realtà: dal momento che non posso conoscere
niente in modo certo, neppure posso prendere decisioni che richiedano una
donazione indiscussa e definitiva. Tutto può cambiare, tutto è provvisorio.
In fondo, secondo questa posizione, è talmente imperfetto
e relativo ciò che possiamo conoscere e affermare sulle realtà divine e su
quelle che riguardano il senso della vita e del mondo, che le nostre parole non
hanno alcun contenuto di verità. Con
questa prospettiva, qualsiasi tentativo di sfuggire al metodo di calcolo e di
controllo delle scienze sperimentali, unica fonte autorizzata del sapere,
appare illusorio, o è semplicemente giudicato come un ritorno alla conoscenza prescientifica, o una restaurazione di antiche mitologie.
VERITÀ E LIBERTÀ
Il relativismo cerca di imporre un'impostazione
esistenziale: se non posso giungere a nessuna conclusione sicura, per lo meno
cerchiamo di stabilire una via - un metodo - che mi permetta di ottenere la
maggiore quantità di felicità possibile nel nostro povero mondo; una felicità
che, per la stessa dinamica dei fatti - contingenti e limitati - sarà
frammentaria e insufficiente. Logicamente,
in questo contesto, la cosa più importante è eludere il problema della verità:
qualsiasi opinione ha diritto di cittadinanza nella nostra cultura, purché non
abbia pretese di universalità, o voglia dare una spiegazione tendenzialmente
completa su Dio e sul mondo
Così, le verità religiose rimangono in balìa
delle preferenze del momento o del gusto, ridotte a questioni opinabili - per
alcuni forse privilegiate, in mezzo al supermercato di credenze e congetture confezionate
e distribuite nell'oceano del soprannaturale - e prive di razionalità, proprio
perché non si possono convalidare secondo i criteri della scienza sperimentale.
In questo modo, il relativismo diventa la giustificazione
vitale, non teorica, per condurre un'esistenza vivibile in un mondo privo di
spessore. E quale migliore garanzia, affinché tutti gli uomini possano
mantenere una convivenza pacifica, di quella di un mondo senza verità? In molte delle nostre società, un'idea
debole di ragione si è imposta come base necessaria della democrazia e della
coabitazione: in una società multiculturale, multietnica e multireligiosa il
difendere l'esistenza di verità conduce al conflitto e alla violenza, perché
coloro che sono convinti di tali verità vengono
sospettati di voler imporre - è fondamentalismo,
dicono - ciò che non è altro che pura opinione.
Invece, curiosamente, accade il contrario. La mancanza di
sensibilità verso la verità, verso la ricerca di risposte sulla realtà delle
cose e sul senso della vita, porta con sé la deformazione, e perfino la corruzione,
dell'idea e dell'esperienza della libertà.
Non può stupire che il consolidamento sociale e legale dei modi di vita conformi
al relativismo abbia sempre il suo fondamento su di un presunto "diritto
di conquista" da parte della libertà.
Certamente, la libertà politica è stata una delle grandi
conquiste dell'età moderna. E tuttavia la libertà nell'uomo non è un assoluto;
al contrario, è strettamente legata, in primo luogo, alla natura umana. Se viene
svincolata dalla ragione e dalla totalità dell'uomo, in modo da essere
concepita come un "poter desiderare tutto" e "mettere in pratica
tutto quanto si desidera", alla fine è chiaro che "il proprio
desiderio è l'unica norma delle nostre azioni" (4).
Tutti ci rendiamo conto che non ci muoviamo semplicemente
per la voglia. La realtà stessa ci orienta e ci suggerisce modi di agire.
Nessuno compra un vasetto di marmellata solo per il disegno sul barattolo; una
buona padrona di casa prima chiede, si informa, legge le informazioni sull'etichetta.
e poi sceglie. Per la scelta - l'esempio è banale, ma indicativo - esistono delle ragioni: la
percentuale di frutta, la qualità, la provenienza, se si tratta di prodotti
"biologica", se è stato aggiunto o no lo zucchero, ecc. La libertà
non è una potenza senza limiti, ha le sue linee di demarcazione: è vincolata al
bene integrale dell'uomo, cioè alla sua verità.
Sembra piuttosto che, sotto l'accusa di fondamentalismo che si fa a molti cristiani che vogliono
essere coerenti con la propria fede, si nasconda il vero fondamentalismo:
quello della debolezza delle convinzioni, molto più pericoloso per il fatto di celarsi sotto la maschera della tolleranza.
Ragionando in modo positivo, bisognerebbe chiarire che
questa accusa cerca di mettere insieme due piani: quello delle convinzioni
personali circa la verità e quello della sua realizzazione in campo politico.
Essere convinti della verità non implica necessariamente
cercare di imporla agli altri. Pertanto, di fronte all'accusa di dispotismo,
più o meno implicita, rivolta a chiunque difenda il valore della verità come un
bene cui la persona non può rinunciare, bisogna rispondere che il dispotismo
non è prodotto dal riconoscimento di verità universali e assolute, bensì dalla
mancanza di rispetto della libertà.
La stima delle idee contrarie, e soprattutto delle
persone che le enunciano, non nasce dalla debolezza dei propri principi, né
dall'essere disposti a mettere in dubbio qualsiasi convinzione; accade
piuttosto il contrario: perché possa esistere un autentico atteggiamento di
rispetto verso tutti, sono necessarie alcune verità universalmente accettate,
"non negoziabili", a cominciare dal riconoscimento della dignità di
ogni essere umano, premessa fondamentale per rispettarne la libertà.
Quanto più fortemente siamo convinti di questa verità -
che a noi cristiani sembra così ovvia, in quanto comprendiamo che tutti gli
uomini sono figli dello stesso Padre -, più possibile sarà che venga garantito il rispetto per tutti, compresi coloro che
non condividono questo principio.
Di fatto, se non si ammette l'universalità dei diritti
umani né la validità obiettiva che li sostiene - la dignità di ogni persona -,
neppure si potranno esigere per tutti i cittadini, e non si potrà limitare
pertanto l'arbitrarietà nell'esercizio del potere, per cui
la stessa democrazia rimarrà indifesa di fronte ai suoi stessi abusi.
Il problema del
relativismo si trova nell'intimo dell'uomo stesso, che, per quanto possa anelare di godere di un'autonomia senza vincoli né limiti,
desidererà sempre conoscere il senso della sua vita, aspirazione che è in
stretta corrispondenza con la domanda su Dio e la salvezza.
Il signore ha proclamato che non di solo pane vive
l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio (5); il naturale
desiderio di sapere e la fame della parola divina sono inestinguibili e nessuno
potrà farli scomparire dalla vita umana: Così sarà della parola uscita dalla
mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata (6).
RENDERE AMABILE
La verità di per sé è amabile e tuttavia a volte la
possiamo difendere in un modo un po' antipatico. È vero che alcune verità
risultano scomode per chi le ascolta e che una vita coerente non è un cammino
facile per nessuno; ma ciò non toglie che la verità abbia di per sé una forza
di attrazione che non dobbiamo cercare di nascondere.
Per far notare lo splendore della verità conviene, in
primo luogo, fare lo sforzo di cercarla, conoscerla e contemplarla, anche con
lo studio e con la formazione. Se veramente si ama la verità è più facile
comunicarla con dono di lingue, e renderla trasparente con la vita. Parte del
servizio alla verità consiste nel farsi carico delle diverse situazioni, per
trovare i canali appropriati per trasmetterne la bellezza e invitare gli altri
a cercarla. È più facile, a volte, usare un tono negativo piuttosto di conoscere
gli interlocutori per cercare il modo migliore di spiegare le cose; ma
certamente è molto meno efficace.
Rendere amabile la verità è un compito molto appropriato
per noi cristiani, perché sappiamo che amore e verità si identificano.
L'enciclica del Santo Padre è già una risposta alla sfida che egli stesso aveva lanciato nei giorni precedenti alla sua elezione, e in
altri scritti anteriori, in cui - come abbiamo detto - aveva indicato il
relativismo come "il problema centrale per la fede".
Se il relativismo è un atteggiamento che rifugge
dall'incontro con la verità per timore di perdere la libertà e la felicità, non
sarà la carità quella che potrà riconciliare verità, libertà e felicità?
"La verità e l'amore sono identici. Questa proposizione - compresa in
tutta la sua profondità - è la suprema garanzia della tolleranza; di una
relazione con la verità la cui unica arma è essa stessa, e che proprio per
questo è l'amore" (7).
Il Santo Padre, nei punti iniziali della sua prima
enciclica, pone un interrogativo che descrive la posizione difensiva, che hanno
molte persone di fronte alla verità e in questo caso di alcune verità morali
affermate dalla Chiesa: "
Rendere amabile la verità è una buona definizione
dell'apostolato, in cui si uniscono amore e verità. Una verità cruda e priva di
carità si renderà antipatica e perfino irraggiungibile, perché le verità
decisive per l'esistenza "non si ottengono solo per via razionale, ma
anche mediante l'abbandono fiducioso in altre persone, che possono garantire la
certezza e l'autenticità della verità stessa" (10). Noi cristiani serviamo la verità soprattutto quando la uniamo e la rivestiamo con la carità
di Cristo, con la santità di vita, il che significa, tra altre cose,
saper accogliere tutti.
San Josemaría amava la verità e
la libertà; perciò insegnava che la verità non si impone, ma si offre: Ti senti
depositario del bene e della verità assoluta e, pertanto, ti senti investito di
un titolo personale o di un diritto a sradicare il male ad ogni costo? Per
questa strada non sistemerai nulla: solo per Amore e con amore!, ricordando che l'Amore ti ha perdonato e ti perdona tanto
(11). L'ambiente in cui si impara ad amare la verità non è un ambiente di opposizione,
di vincitori e vinti. L'amicizia, la gioia, l'affetto e l'atteggiamento di
servizio convincono, rimuovono, illuminano, preparano lo spirito per sfondare i
muri del relativismo che chiudono l'intelligenza alla considerazione della
verità. "La miglior difesa di Dio e dell'uomo consiste proprio
nell'amore" (12). L'ambiente che restituisce la fiducia di trovare la
verità e che prepara a riceverla e ad amarla, è quello della coerenza di vita.
Anche tra persone che non hanno conosciuto Cristo non
sono mancati testimoni appassionati e coerenti della verità. Pensiamo alle testimonianze
che ci sono giunte da Socrate, uno dei grandi ricercatori della verità, e che
Giovanni Paolo II cita nell'enciclica Fides et ratio: le sue parole, ma soprattutto la sua posizione di
coerenza fino alla morte, hanno segnato il pensiero filosofico da più di
duemila anni (13).
Molto più a ragione i cristiani possono testimoniare
L'ambiente sociale (.) ha bisogno di un nuovo modo di
vivere e di propagare la verità eterna del Vangelo: nelle stesse viscere della società,
del mondo, i figli di Dio devono brillare per le loro virtù come lanterne
nell'oscurità -quasi lucernae lucentes
in caliginoso loco (14).
Cristo ci ha insegnato la verità su Dio morendo sulla
Croce. I santi hanno reso credibile che Dio è amore, donando la vita per amore
di Dio e degli altri.
NOTE
(1) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Fides et ratio, n. 44.
(2) Ibidem. Cfr. Paolo VI, Lett.
Apost. Lumen Ecclesiae, 20-XI-1974, 8.
(3) Cfr. J. Ratzinger,
Fede, verità e tolleranza, Siena 2003.
(4) J. Ratzinger, Fede, verità e tolleranza,
Siena 2003.
(5) Mt 4, 4.
(6) Is 55, 11.
(7) J. Ratzinger, Fede, verità e tolleranza,
Siena 2003.
(8) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est, n. 3.
(9) Solco, n. 185.
(10) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio, n. 33.
(11) Solco, n. 824.
(12) Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, n. 31.
(13) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio, n. 26.
(14) Solco, n. 318.