Letteralmente il
termine significa «stodio di Dio,. (dal
greco Theos, Dio, e logos,
studia). Questo termine era già noto ai filosofi greci (Platone, Aristotele,
gli Stoici), che lo usavano per indicare lo studio delle Idee, della Sostanza
prima, del Logos. Esso venne ripreso dagli scrittori
cristiani per denominare quella scienza che studia Dio e tutto ciò che ha
qualche rapporto con Lui, soprattutto però come Egli si è compiaciuto di
manifestarsi alla umanità nel corso dei secoli e conclusivamente in Gesù
Cristo, suo Figlio Unigenito. Secondo la celebre definizione di S. Anselmo la
teologia è «fides quaerens intellectum»: è la fede che cerca di ottenere
una migliore comprensione di se stessa.
Quando
S. Tommaso scrive le sue Summae non era
trascorso neppure un secolo dal momento in cui
Se
e quale tipo dì scienza sia la teologia l’Angelico lo
spiega in modo egregio ed esaustivo nella prima questione della Prima Pars della
Summa. Ma alcuni aspetti importanti del problema sono presi in esame
anche in altri scritti, in particolare: nel Commento alle Sentenze (I
Sent., Prol. aa. 1-5); nel Commento al De
Trinitate di Boezio (q. 2, aa. 1‑3); nella Summa contro Gentile
(I, cc. 3‑8); nel Quodilibet, IV (q.
L'espressione
che S. Tommaso usa più comunemente per denominare la scienza teologica è sacra doctrina. Significativamente il
titolo che egli dà alla prima questione della Pars
Prima è: De sacra doctrina, qualis
sit et ad quae se extendat (la dottrina sacra: quale essa sia e a quali
cose si estenda). La parola teologia la usa raramente e se presa da sola si
riferisce alla teologia dei filosofi. Per S. Tommaso, conformemente
all'etimologia («discorso tenuto su Dio»), theologia resta una parola
generica, che non può essere specificata che dal contesto.
Egli la usa come Aristotele per evocare «i poeti teologi» che, prima di Socrate,
hanno parlato dell'origine e della costituzione del mondo (cfr. I Met., lect. 4). Ancora con Aristotele egli chiama teologia la
filosofia prima o metafisica: è la theologia philosophica del Commento
al De Trinitate (q.
2. LEGITTIMITA’ E NECESSITA’ DELLA
TEOLOGIA
Prima
ancora di stabilire se e come la teologia si possa
dire scienza, S. Tommaso si preoccupa di provare che lo studio «scientifico»
della Parola di Dio non è soltanto legittimo ma anche doveroso. A prova di
questa tesi adduce vari argomenti:
1) il cristiano
deve rispondere a quelli che gli chiedono ragione della speranza che è in lui (I
Pt 3, 15); egli deve saper confutare gli avversari della sua fede (Tt
1, 9). Ora, ciò non si fa senza scrutare le cose servendosi di
argomenti (In De Trin., Proem., q.
2) La verità
rivelata è un dono fatto alla ragione umana, a cui è connaturale il desiderio
di conseguire piena conoscenza degli oggetti (verità) che le sono resi
manifesti, e in particolare la conoscenza di Dio, che è ciò che rende l'uomo
massimamente felice. «Poiché la perfezione dell'uomo risiede nell'unione con
Dio, bisogna che l’uomo si serva di tutte le risorse che sono in lui per
tentare di avvicinarsi tanto quanto è possibile alle
cose di Dio per applicare la sua intelligenza alla contemplazione e la sua
ragione all'approfondimento della verità. “Il mio bene è stare vicino a Dio" (Ps. 72, 27). Ed è per questo che
Aristotele nell'Etica (1177b. 31‑34)
esclude l'opinione secondo la quale l'uomo non deve occuparsi delle cose di
Dio, ma solo di quelle dell’uomo” (In De Trin.,
Proem., q.
3) Lo spessore di intelligibilità che possiede il testo sacro, uno spessore
che sollecita la ragione alla ricerca. Per gli articoli di fede, come per
qualsiasi enunciato, vi è sempre qualche elemento concomitante aliquid concomitans), sia di verità presupposte dall'enunciato in
questione (ea quae paecedunt) sia di verità che ne seguono (ea quae
consequuntur),e
quindi un articolo di fede si presta a essere spiegato ed esplicitato (explicari
et dividi). E
in questo modo, dichiara S. Tommaso, che grazie agli sforzi dei Padri della
Chiesa, la fede è stata esplicitata e illustrata (III Sent., d. 25, q.
4) La necessità di dare un ordine
alle stesse verità rivelate da Dio, che nella S. Scrittura si trovano in ordine
sparso (II‑II, q.
3. SCIENTIFICITA’ DELLA TEOLOGIA
Per
capire che cosa intende S. Tommaso quando dice che la
teologia è una scienza, occorre tenere presenti due cose: a) che la scienza è
il modo di conoscere proprio dell’uomo, un conoscere per ragionamento e non
per intuizione. Mentre gli angeli intuiscono la verità
con l'intelletto, l'uomo raggiunge la verità ragionando e ragionare significa
ricercare, inquisire, ricavare, dedurre. Così nell'uomo la scienza è «virtus
intellectualis... quae procedit inquisendo ex principiis in conclusionibus»
(III Sent., d. 34, q. I, a.
2). Perciò quella della scienza non è una verità
intuita ma ragionata, dedotta: in altre parole è una verità acquisita mediante
il ragionamento. b) che la scienza, per S. Tommaso come per il suo maestro
Aristotele, ha carattere essenzialmente deduttivo: è
la conoscenza di una cosa attraverso le sue cause: «Scientia est rei
cognitio per propriam causam» (C. G., 1, c. 94). Nella scienza si
ottiene la verità di una cosa facendo luce sulle sue cause, sui suoi princìpi. Perché si possa avere scienza intorno a
qualche oggetto deve esserci un gruppo di principi
(assiomi, postulati) che consentano di fare dei ragionamenti (deduzioni) a
proposito di tale oggetto. Ecco perché S. Tommaso afferma che la scienza esige
tre elementi: un oggetto, una serie di princìpi e la spiegazione: «Nelle
dimostrazioni ci sono tre cose. Una è ciò che viene
dimostrato (spiegato) ossia la conclusione (...).
La seconda sono le dignità (princìpi) da cui
procede la dimostrazione. La terza è l'oggetto (subiectum) del quale la
dimostrazione mette in luce le proprietà e gli accidenti propri» (I Anal., lect., 15, n. 129).
Fatte
queste precisazioni si può seguire agevolmente il
discorso di S. Tommaso sulla scientificità della teologia: sul suo oggetto, i
suoi princìpi, le sue proprietà, il suo metodo, le sue fonti.
4. OGGETTO FORMALE DELLA TEOLOGIA
La prima cosa da
fare quando si reclama un posto per una determinata
scienza è mostrare che esiste un oggetto di ricerca che non è già ricoperto da
altre scienze. E’ quanto
fa S. Tommaso per la teologia. Egli fa vedere che il suo oggetto, Dio e le creature, non coincide con quello della
teologia dei filosofi, i quali pure studiano sia Dio sia le creature. Infatti mentre la filosofia tratta di Dio e delle creature
avvalendosi esclusivamente della luce della ragione, la teologia considera
Dio e le creature avvalendosi anzitutto e soprattutto della luce della divina
Rivelazione. Ora, «la diversità di princìpi o di punti di vista causa la diversità delle scienze (diversa ratio cognoscibilis
diversitatem scientiarum inducit). Una stessa conclusione scientifica, può
dimostrarla sia un astronomo che un fisico, per es.,
la rotondità della terra; ma l'astronomo parte da criteri matematici, cioè fa
astrazione dalle qualità della materia; il fisico invece la dimostra mediante
la concretezza stessa della materia. Quindi niente impedisce che delle stesse
cose delle quali tratta la filosofia con la luce della ragione naturale, tratti
anche un'altra scienza che proceda alla luce della
rivelazione. Perciò
5.
S. T.ommaso distingue le scienze in architettoniche e subalterne. Le prime non dipendono da nessun'altra scienza,
ma piuttosto stanno a capo di un gruppo di scienze, in
quanto procedono da princìpi primi che sono loro noti immediatamente. Invece le seconde si basano su princìpi che devono mutuare da
scienze superiori. «Vi è un doppio genere di scienze. Alcune
dì esse procedono da princìpi noti per naturale lume d'intelletto come
l'aritmetica e la geometria; altre procedono da princìpi conosciuti alla luce
di una scienza superiore: per es. la prospettiva si basa sui princìpi della
geometria e la musica sui princìpi dell'aritmetica. E in tal maniera la sacra
dottrina è scienza, in quanto poggia sui princìpi conosciuti per lume di una
scienza superiore, cioè della scienza di Dio e dei
beati. Quindi come la musica ammette i princìpi che le fornisce
la matematica, così la sacra dottrina accetta i principi rivelati da Dio”. (I, q.
Il
fatto di essere una scienza subalterna non svilisce il
valore della teologia ma piuttosto l'accresce, visto che la scienza da cui essa
dipende è la scienza di Dio e dei beati». Così, secondo S. Tommaso, la
teologia che procede dalla Rivelazione deve essere
considerata come più elevata della teologia filosofica. Essa passa infatti da ciò che noi riteniamo mediante la fede, aderendo
alla Verità Prima, ad altre cose, come da altrettanti princìpi ad altrettante
conclusioni, essendo i princìpi ciò che noi teniamo per fede (gli articoli di
fede), e le conclusioni, le verità che ne deduciamo. A questo proposito
l'Aquinate ama ripetere che la «sacra dottrina» è un'imitazione e come
un'impronta in noi della scienza di Dio stesso: come questa, che nelle sua unità e semplicìtà abbraccia tutte le cose, essa
possiede una unità superiore che le permette di trattare di cose molto diverse
(I, q.
Avvalendosi
del procedimento scientifico, che consiste nell'argomentare
nuove verità assumendo determinati princìpi, il teologo pur procedendo
da princìpi accolti per fede e pertanto inevidenti, tuttavia, con l’argomentazione
teologica, raggiunge nuove verità che possono vantare la stessa certezza dei
principi. Questa convinzione fa dire a S. Tommaso che la
teologia non rende evidenti le cose che crediamo. si
serve tuttavia di queste per rendere evidenti (facit apparere) altre
cose, e ciò con lo stesso tipo di certezza nei due casi» (per modum quo de
primis certitudo habetur) (In De Trin., Proem., q.
Per
precisare l'ambito esatto dell'intervento della ragione nei misteri delle fede, S. Tommaso distingue tra l’esistenza delle
verità di fede (an ita sit) e il loro significato (quomodo sit). Dell'esistenza la ragione non può fornire altro
argomento che l'autorità della S. Scrittura: per es. se si discute con i giudei
occorre addurre l'autorità dell’Antico Testamento, mentre se si discute con i
manichei che negano l’Antico Testamento bisogna invocare soltanto l'autorità
del Nuovo Testamento. Invece quando si cerca di approfondire il significato
delle verità rivelate, allora bisogna basarsi su ragioni che vanno alla radice
della verità (oportet rationibus inniti investigantibus veritatis radicem)
«perché se il professore si accontenta di risolvere la questione ricorrendo
semplicemente all'autorità, rassicurerà l’uditore sulla esistenza
di tale verità, ma non gli farà acquistare né scienza né intelligenza della
medesima, e lo manderà via a mani vuote». (Quod.,
I V, y.
6. FONTI DELLA TEOLOGIA
S.
Tommaso non si stanca mai di ripetere che fonte primaria della teologia, è
Affermando
il primato assoluto della fonte biblica, S. Tommaso non
intende affatto escludere l'importanza delle altre fonti, che anzi egli
riconosce apertamente. Dopo
7. IL RICORSO ALLA FILOSOFIA
La
legittimità del ricorso alla filosofia nel lavoro teologico è apertamente
riconosciuta e proclamata dall'Angelico in tulle le sue opere. Si tratta
d'altronde di una conseguenza logica del suo modo dì concepire i rapporti tra
fede e ragione, secondo il princìpio dell'armonia, che prevede una collaborazione
reciproca tra queste due sorgenti di verità. Ecco come 1'Aquinate giustifica
l'uso della filosofia da parte del teologo: «La sacra dottrina si avvale anche
della ragione umana, non già per dimostrare i dogmi, ché
altrimenti si perderebbe il merito della fede; ma per chiarire alcuni punti del
suo insegnamento . Siccome infatti la grazia non
distrugge la natura ma anzi la perfeziona, la ragione deve sevire alla fede,
nel modo stesso che l'inclinazione naturale della volontà asseconda la carità.
Ond'è che S. Paolo dice: "facendo schiava ogni
intelligenza all'obbedienza di Cristo" (2 Cor 10, 5). È così che
la sacra dottrina utilizza anche l'autorità dei filosofi dove essi con la
ragione giunsero a conoscere la verità» (I, q.
Nel
commento al De Trinitate di Boezio (Proem., q.
Per quanto concerne la sussidiarietà della
filosofia nei confronti della Teologia il Dottore
Angelico la schematizza in tre punti: «Nella dottrina sacra si può far uso
della filosofia in tre modi (in sacra doctrina philosophia possumus
tripliciter uti). Anzitutto per provare quei preamboli della fede
che sono indispensabili nella scienza della fede, come per es. ciò che si può
dimostrare naturalmente di Dio, ad es.: che Dio
esiste, che è uno e altre verità del genere che riguardano sia Dio sia le
creature; queste verità sono provate dalla filosofia e sono presupposte dalla
fede. In secondo luogo, per chiarire mediante similitudini le cose della
fede (...). In terzo luogo, per controbattere ciò che si dice contro la
fede: facendo vedere che si tratta di cose false oppure impertinenti» (In
De Trin.,‑ Proem., q.
Il
ruolo che S. Tommaso assegna alla filosofia nei confronti della teologia,
quando ne fa oggetto di trattazione esplicita come nei testi che abbiamo
esaminato, è già notevole: la filosofia è l'orizzonte razionale che circonda la
teologia da tutte le parti; precede e segue le verità di fede e apre varchi di intelligibilità con similitudini appropriate. Di fatto
però la filosofia, così come l'adopera S. Tommaso, nella elaborazione
della sacra dottrina, svolge un ruolo molto più importante e significativo. Non
è così esterno e periferico come sembra suggerire l'Aquinate sia nel Commento
al De Trinitate sia nella Summa,
ma va in profondità, dà una forma nuova ai contenuti, ai misteri, al
Il
primo riguarda la cristologia. È noto come i primi concili
avevano risolto il dibattito intorno alla costituzione ontologica del
Cristo. Quello di Calcedonia aveva definito che in Cristo ci sono due nature,
umana e divina, ma una sola persona, quella divina. L'unicità della persona
salvaguardava l’unità dell'essere di Cristo. Questo
era chiaro; meno chiaro era invece il modo col quale la persona assolveva al compito di sostegno della natura umana. Un chiarimento decisivo su questo punto viene portato da S.
Tommaso curi la sua concezione intensiva dell'essere applicata alla persona.
Questa viene definita dall'Angelico mine un subsistens in natura rationali. Ora si
capisce perché se nel Cristo c'è una sola persona, come afferma Calcedonia,
questa non può essere che la persona del Verbo. Infatti,
se Cristo è veramente, sostanzialmente Dio, la sua umanità non può essere
provvista di un suo atto d'essere, perché è l’atto d'essere che causa la sussistenza;
quindi la natura umana riceve la sussistenza della Persona divina del Verbo,
né per questo soffre alcuna menomazione. Al contrario la natura umana di
Cristo, diviene il soggetto del massimo dono che potesse
essere elargito a una creatura: l’unione ipostatica, che è la più alta
divinizzazione dell'uomo che si potesse concepire al di fuori del panteismo.
Con la sua dottrina del primato dell'essere S. Tommaso chiarisce anche il senso
della incarnazione dell'atto di essere proprio della
Persona del Verbo alla natura umana di Cristo al momento del suo concepimento.
L'actus essendi che fa reale ed esistente la natura umana di Cristo
è lo stesso esse divino del Verbo (III, q. 17; Comp. Theol. I, c. 212; De unione
Verbi incarnati).
Il
secondo esempio riguarda l’Eucaristia, più precisamente la transustanziazione.
Per S. Tommaso
questo prodigio in sede ontologica non fa problema, perché al
di là di tutte due le forme e materie, sta il fondamento comune
dell’essere, su cui avviene il passaggio dalla sostanza del pane alla sostanza
del corpo di Cristo, e di cui Dio soltanto è autore (perché dell'essere la
causa unica è sempre Dio): «Per virtù di un agente limitato non può una forma
cambiarsi in un'altra forma, né una materia in
un’altra materia. Ma per virtù di un agente infinito, che opera su tutto l'ente
(quod habet actionem in totum ens), tale conversione è possibile;
perché ad ambedue le forme e ad ambedue le materie è
comune la natura di ente; e l'autore dell'ente può mutare l'entità dell'una
nell'entità dell'altra, eliminando ciò che distingueva l'una dall'altra» (III,
q.
8.
Tra
i teologi dell'Ordine francescano (Alessandro di Hales, Bonaventura) e quelli
dell'Ordine domenicano (Alberto Magno) si discuteva vivacemente sulla natura
specifica della teologia, se cioè fosse una scienza
speculativa o pratica. I Francescani sostenevano che la teologia è un sapere eminentemente pratico, che ha di mira
soprattutto l'incremento della carità. Invece i Domenicani affermavano che
l'obiettivo primario è speculativo: la conoscenza
della verità rivelata, ma riconoscevano anche la grande rilevanza che ha
questo conoscere per la vita cristiana. Anche S. Tommaso difende la priorità
del fine speculativo senza però sminuire minimamente
il suo significato pratico. Ecco il suo giudizio a questo riguardo: «La sacra dottrina comprende sotto di sé i due
aspetti (speculativo e pratico); come anche Dio con la medesima scienza conosce
se stesso e le sue opere. Tuttavia è più speculativa che pratica (magis
tamen est speculativa quam practica), perché si occupa più delle cose
divine che degli atti umani, dei quali tratta solo in quanto per essi l'uomo è ordinato alla perfetta conoscenza di Dio,
nella quale consiste la beatitudine eterna» (I, q.
Per
avere una conferma di come l'Angelico prenda sul serio
questa duplice funzione della Teologia è sufficiente dare uno sguardo al
suo studio dei misteri di Cristo (per questo può bastare la lettura del suo
commento al Simbolo). Di
ognuno di essi, dopo avere sviscerato il senso
profondo, egli sottolinea il carattere esemplare, evidenziando le lezioni che
il cristiano deve trarre per la propria vista spirituale.
Anche se propriamente è una scienza, tuttavia a causa del suo
oggetto principale (le sublimi verità che riguardano Dio) la teologia secondo
l'Angelico merita anche il nome di sapienza. Anzi, secondo S. Tommaso,
«questa dottrina fra tutte le sapienze umane, è sapienza in sommo grado, e non
soltanto in un sol genere di oggetti (...). Infatti, colui che considera la causa suprema dell'universo, che è
Dio, è il sapiente per eccellenza: cosicché, al dire di S. Agostino, la
sapienza è la conoscenza delle cose divine. La sacra dottrina poi in modo più
proprio si occupa di Dio in quanto causa suprema, perché non si limita a quel
che se ne può conoscere attraverso le creature (ciò che hanno fatto anche i
filosofi) ma si estende anche a quello che di se stesso egli solo conosce c ad
altri viene comunicato per rivelazione. Quindi la sacra dottrina è detta
sapienza in sommo grado» (I, q.
9. METODO DELLA RICERCA TEOLOGICA
Due sono i metodi
fondamentali di cui si avvale la scienza: la risoluzione (resolutio) e
la composizione (compositio). Il primo va dagli effetti alle cause,
dalle conseguenze ai princìpi e fa luce sugli effetti, sulle conseguenze
riconducendoli e risolvendoli nei loro princìpi. Il secondo procede in senso
inverso: discende dalle cause universali alle cause particolari o effetti, dai
princìpi primi alle loro conseguenze, e trasmette in tal modo la luce dei
princìpi sulle conclusioni (In De Trin., lect.,
II, q.
Come
s'è visto, i princìpi da cui muove il teologo nel suo argomentare sono i grandi
misteri della Rivelazione, ossia gli articoli di fede. Questi non sono più
intesi da S. Tommaso come la materia, il soggetto della esposizione
e della ricerca teologica, come nella sacra dottrina del sec. XII, ma
costituiscono i punti di partenza da cui muove la riflessione teologica, la
quale conduce il suo lavoro secondo tutte le leggi e le esigenze della demostratio aristotelica: «Così ciò che
riteniamo per fede funge per noi da princìpi di questa scienza, mentre il resto
vi appartiene come conclusione» (In De Trin.,
Proem., q.
Pertanto
il metodo della teologia è essenzialmente deduttivo e S. Tommaso lo applica
costantemente (anche nei commenti della S. Scrittura) nella forma
sillogistica, che è la forma più rigorosa della argomentazione.
Il
metodo compositivo è indispensabile quando il teologo
attende al suo compito principale, che è quello di approfondire il senso della
Parola di Dio. Ma c'è anche un altro compito a cui il teologo viene spesso chiamato: quello di difendere la fede cristiana
dagli assalti dei suoi nemici. In questo caso il metodo più appropriato è quello dialettico.
«La sacra dottrina disputa contro chi nega i suoi
princìpi (disputat cum negante sua principia), argomentando rigorosamente
se l'avversario ammette qualche verità della rivelazione, come quando ricorrendo
all'autorità della S. Scrittura disputiamo con gli eretici, o quando per mezzo
di un articolo ammesso combattiamo contro chi ne nega qualche altro. Se poi
l'avversario non crede niente di ciò che è rivelato, allora la scienza sacra
non ha più modo di portare argomenti a favore degli articoli di fede: non le resta che controbattere le ragioni che le si possono
opporre. È chiaro infatti che poggiando la fede sulla
verità infallibile ed essendo impossibile dimostrare il falso da una cosa vera,
le prove che si portano contro la fede, non sono delle vere dimostrazioni, ma
degli argomenti solubili» (I, q.
Scelta
la resolutio come metodo proprio della teologia, l'Angelico ne trae le
logiche conseguenze, applicandolo non solo allo studio dei singoli articoli di
fede, ma anche alla strutturazione generale dì tutte
le verità rivelate. Queste, nella Summa Theologiae, vengono
disposte logicamente secondo la loro capacità di irradiare luce sulle verità
successive. E poiché S. Tommaso distingue due universi
(ordini): quello della creazione e quello della redenzione, egli assegna a Dio
il ruolo primario nell'ordine della creazione; mentre dà a Cristo il ruolo
primario nell'ordine della redenzione. Su questa semplice distinzione il Dottore Angelico basa la divisione del
Secondo gli antiche biografi dell’Aquinate, S. Tommaso dava
l'impressione di essere un innovatore. In realtà, il concetto di teologia come
scienza e la elaborazione del metodo compositivo per
la sua ricerca, quali brevemente descritti nelle pagine che precedono, non si
riscontrano negli autori anteriori né nei contemporanei in una forma
paragonabile alla sua.
(Vedi: FEDE, RAGIONE, FILOSOFIA, METODO,
DIO, CRISTO)
__________________________________________________________
Battista
Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S.Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.
1 2