Giampaolo
Crepaldi
Sottosegretario
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Città del Vaticano
STATO LAICO
E MISSIONE
DELLA CHIESA
Traduzione dallo spagnolo di Stefano Fontana
A sostegno di
questa riflessione tanto impegnativa per tutti voi esiste l’eredità dottrinale
lasciata dal Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione del suo storico e memorabile
viaggio pastorale in terra cubana. E’ un’eredità piena della
luce necessaria per illuminare il cammino storico della Chiesa e dei fedeli
cubani, che offre strumenti per il discernimento della realtà e delle situa
azioni e che è contemporaneamente fonte di vera e sicura speranza.
La mia riflessione di colloca dentro la stessa
cornice di princìpi e di orientamenti che il
Magistero del Santo Padre ha offerto in occasione del suo già ricordato
viaggio pastorale a Cuba.
La laicità dello Stato.
La comunità giuridicamente organizzata nello Stato ha come scopo proprio
e immediato il miglioramento delle condizioni umane e del bene temporale. Essa
esiste in funzione del “bene comune”, che secondo la precisa e insuperabile definizione
del Concilio Vaticano II si concretizza “nell’insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai
singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente” (1).
Ne consegue che lo Stato è per sua stessa natura “laico”: ossia, non si occupa direttamente della “perfezione” dei suoi membri,
ma delle “condizioni” tramite le quali essi possono liberamente conseguirla.
La laicità del potere pubblico
era un concetto sconosciuto all’antichità classica. E’ una conquista culturale
a cui il cristianesimo ha dato un contributo decisivo. Il Faraone e l’Imperatore
romano sono nello stesso tempo autorità civile e religiosa; essi sono divini e per tanto signori assoluti della società, delle leggi, dei
sudditi. Il cristianesimo, invece, introduce una logica diversa: secondo essa è necessario “dare a Cesare quello che è di Cesare e a
Dio quello che è di Dio”. I primi cristiani pagarono tale
convinzione con il martirio, però contribuirono a cambiare il sistema.
Essi difendevano sia lo Stato che la dignità della
persona. Se, infatti, “Cesare” non è “Dio”, allora non
gode di un potere assoluto (perché risponde anche lui ad una legge divina) e
per tanto ogni uomo dipende, in ultima istanza, da “Dio” e non da “Cesare”.
Lo stesso “Cesare”, o meglio il potere politico, dipende da Dio. La
legge terrena, sebbene necessaria, non è la totalità della legge. Laicità dello
Stato non vuol dire ridurre la sua autorità; al contrario: proprio in forza
della propria laicità, allo Stato è assegnato un compito importante e insostituibile:
difendere il bene comune, ossia, costruire le condizioni materiali perché la
persona possa vivere e sviluppare la propria
trascendente umanità. Pertanto,”la funzione dello
Stato è permettere e facilitare agli uomini la realizzazione dei loro fini
trascendenti ai quali sono destinati” (2).
Il compito della legge civile consiste nel garantire
una convivenza ordinata nella vera giustizia, affinché tutti, secondo
l’espressione dell’Apostolo, “possano vivere una vita calma e tranquilla con
pietà e dignità "(3).
Il presupposto che Pio XII ha
definito come “sana e legittima” laicità dello Stato consiste nel riconoscere
che prima dello Stato (4) esiste qualcosa di assoluto
e inviolabile: la persona umana e il suo rapporto costitutivo con Dio; e poi
i diritti e i doveri che ne conseguono. Né lo Stato né nessun altro organismo,
sistema o ideologia sono origine e fonte di tali
diritti e doveri.
La costruzione del bene comune comincia con il riconoscimento del diritti assoluti della persona e continua come
esercizio competente, creativo e prudente della responsabilità che deriva da
tale riconoscimento.
Stato laico, non laicista
Forse conviene chiarire che
parlare di Stato "laico" non significa parlare
di Stato “laicista”. Lo Stato laico è, alla lettera, lo Stato non religioso:
ossia uno Stato che non ha la pretesa di identificarsi
direttamente con il senso ultimo della vita, però è anche uno Stato che
riconosce e serve il diritto-dovere di cercare tale senso religioso da parte
dei suoi cittadini. Lo Stato laicista, invece, è lo Stato che pretende di
escludere programmaticamente la dimensione religiosa
dal contesto civile pubblico. E’ evidente che la
dimensione religiosa non è di pertinenza diretta dello Stato, però un sistema
politico che non riconosca un ordine superiore e che
non rispetti e favorisca la libertà dei suoi cittadini di cercare il
significato ultimo della vita, mancherebbe alle proprie responsabilità. Se
“Cesare” non è “Dio”, è inutile dire che Dio non
esiste: significa piuttosto che Cesare riconosce un ordine superiore, che lo
giustifica e a cui risponde nell’esercizio autonomo del suo potere.
Davanti a questa prospettiva di laicità dello Stato c'è una sola alternativa: il totalitarismo aperto oppure
subdolo. Se il fine ultimo non è Dio, allora tale fine
sarà identificato, presto o tardi, con lo Stato; un potere che non riconosce
altra autorità superiore è destinato inevitabilmente a divenire totalitario e
oggetto di un rispetto obbligato da parte dei suoi sudditi, e per tanto,
fragile e costantemente minacciato dall’interno.
La laicità dello Stato ha due forme degenerative opposte: da una pane la pretesa di identificare la legge religiosa con
quella civile, e dall’altra pane il laicismo, l’indifferentismo
religioso o, peggio, l’ateismo. Però, come ha
affermato il Santo Padre nel suo memorabile viaggio a Cuba: “Uno Stato moderno
non può fare dell’ateismo o della religione uno dei
suoi ordinamenti politici"(6).
Sono ambedue forme di integralismo radicale,
che conducono alla stessa conseguenza: la perdita della libertà.
interpretarle adeguatamente e risolverle
meglio di tutti gli altri soggetti del sistema sociale. Ai giorni nostri, di
fronte alla “crisi dello Stato” occidentale, è facile riconoscere l’errore di
una simile impostazione. Le varie ideologie che hanno preteso togliere Dio dalla convivenza civile per liberare l’uomo e
che hanno riposto nello Stato tutta la responsabilità della felicità, hanno
fallito e hanno tragicamente tradito quell’uomo che
intendevano esaltare. Il secolo che sta per finire ci ha
insegnato che la pretesa di fare del potere politico la fonte della felicità
ultima, eliminando Dio o sostituendolo, è stata pagata con la vita di milioni
di uomini e l’oblio dei diritti umani.
Lo Stato non è un “Soggetto”, lo Stato è un
“ordinamento”, un sistema di regole e funzioni. Con una
felice ambivalenza, per indicare la “legge”, i greci adoperavano il termine nomos, che vuol dire anche “muro”: le leggi sono come dei
“muri”, che difendono e custodiscono ciò che esiste al loro interno e che
esse stesse non possono creare, ma solo tutelare e sostenere: la vita
dell’uomo, la vita sociale, la felicità terrena delle persone.
Allora, il potere (qualunque potere: quello dello
Stato, quello della mamma, dello sposo...) non è fine a se stesso: è concesso
da Dio come servizio, come tutela e aiuto.
A questo proposito desidero citare un testo del Catechismo della Chiesa
cattolica che mi sembra molto interessante e istruttivo: “Dio non ha voluto
riservare solo a sé stesso l’esercizio di tutti i
poteri. Egli assegna ad ogni creatura le funzioni che essa è in grado di
esercitare, secondo le capacità proprie della sua natura. Questo modo di
governare deve essere imitato nella vita sociale. Il comportamento di Dio nel
governo del mondo, che testimonia un profondissimo rispetto per la libertà umana,
dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano
le comunità umane.”(8).
Stato e Chiesa al servizio dell’uomo
Questi sono i criteri con cui
La distinzione tra Stato e Chiesa è netta e la
stessa Chiesa lo ribadisce con forza e convinzione. Una
distinzione che riguarda il fine prossimo, le strutture e gli strumenti.
Ma non si tratta, né può trattarsi, di separazione. Sia
lo Stato che
Un equilibrio così difficile, ancora prima dei sistemi e strutture
“perfetti”, è stato ottenuto mediante il rispetto e la ricerca sincera della
verità. Per questo la collaborazione tra Stato e Chiesa è
nello stesso tempo frutto e causa di un contesto di autentica libertà.
Laicità dello Stato e libertà religiosa
E’ doveroso a questo punto
passare ad una implicazione concreta e fondamentale
della laicità dello Stato, affrontando il tema, tanto considerato dal Concilio
e dal papa Giovanni Paolo II, della libertà
religiosa. Occorre in particolare, mostrare come la libertà
non rappresenta solo un dovere ma anche un “interesse” per lo Stato.
Giovanni Paolo II afferma che:
“Lo Stato non deve pronunciarsi in materia di fede religiosa e non può sostituirsi
alle diverse Confessioni nella organizzazione della
vita religiosa. Il rispetto del diritto alla libertà religiosa è il segno dei rispetto degli altri diritti umani fondamentali, dato
che quella rappresenta l’implicito i riconoscimento dell’esistenza di un
ordine che trascende la dimensione politica dell’esistenza, un ordine che
rivela la sfera della libera adesione ad una comunità di salvezza anteriore
allo Stato”(10).
Proprio in virtù della sua “autentica laicità”, lo
Stato, anche senza attribuirsi una funzione di direzione della vita religiosa
dei cittadini, perché in questo caso andrebbe oltre il campo di sua competenza,
rispetta e favorisce la vita religiosa, assicurando in modo particolare a tutti
i cittadini la tutela effettiva della libertà religiosa e procurando le
condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita religiosa (11).
0gni uomo infatti, afferma
Sebbene possa sembrare paradossale per la
mentalità dominante, il rispetto della libertà di religione è la prima
verifica dell’autentica laicità dello Stato; tale rispetto è segno e prova che
l’autorità è esercitata in modo responsabile e legittimo. La libertà religiosa
è, in un certo senso, la sintesi di tutti i diritti umani. Costituisce uno dei
diritti fondamentali della persona perché è relativa al
primo del suoi doveri: il dovere di anelare verso Dio alla luce della verità e
per mezzo di quel movimento dello spirito che si chiama amore, movimento che si
accende e si alimenta unicamente di quella luce (13). Tutelando la libertà
religiosa, lo Stato offre garanzie e libertà a tutti: non solo ai credenti ma
anche ai non credenti. Come ha ricordato Giovanni
Paolo II: “chi riconosce la relazione tra la verità
ultima e Dio stesso, riconoscerà anche ai non credenti il diritto, oltre al
dovere, della ricerca della verità, che potrà condurli alla scoperta del
mistero divino”(14).
Agendo in questo modo, lo Stato non solo compie un dovere sostanziale
relativo alla sua stessa ragione di essere, ma
consolida anche la sua autorità, l’ordine interno e la pace. Infatti
mediante il rispetto della libertà religiosa, lo Stato favorisce la formazione dei cittadini
che, rispettando l’ordine morale, come afferma il Concilio “sappiano obbedire
alla legittima autorità e siano amanti della genuina libertà, esseri umani cioè
che siano capaci di emettere giudizi personali nella luce della verità, di
svolgere le proprie attività con senso di responsabilità, e che si impegnino
a perseguire tutto ciò che è vero e buono, generosamente disposti a
collaborare a tale scopo con gli altri”(l5).
C’è perciò una convenienza per lo stesso potere politico a favorire la
libertà religiosa, poiché essa “servirà anche a garantire l’ordine e il bene
comune di ogni paese, di ogni società poiché gli
uomini, quando si sentono protetti nei propri diritti fondamentali, sono più
disposti a darsi da fare per il bene comune”(16).
Non è superfluo ricordare che dopo la seconda guerra mondiale la comunità
internazionale ha manifestato un interesse crescente per la salvaguardia dei
diritti umani e delle libertà fondamentali e ha preso in grande
considerazione il rispetto della libertà di coscienza e di religione,
richiamandola in modo esplicito in alcuni significativi documenti, tra cui
desidero ricordare: a)
I contenuti della libertà religiosa
Il contenuto della libertà religiosa consiste nel fatto “che tutti gli
uomini devono rimanere immuni da costrizione, tanto da parte di singole
persone come di gruppi sociali o di qualsiasi autorità umana, in modo che in
materia religiosa nessuno venga obbligato ad agire in
contrasto con la propria coscienza né che sia impedito ad agire in conformità
ad essa in privato e in pubblico” (17).
L’uomo è religioso per natura; è un essere creato e, dotato
d’intelligenza e volontà, è capace di conoscere ed amare il suo Creatore e
autore di vita. Difendendo il diritto inalienabile
alla libertà religiosa, si difende l’integrità e la legittimità di questo
dialogo costitutivo; per ciò
Per questo, se il diritto alla libertà religiosa si fonda sulla stessa
dignità della persona umana, così come è conosciuta
tramite le parole di Dio rivelate e mediante la stessa ragione, questo diritto
della persona deve essere contemplato nell’ordinamento giuridico della
società, in modo che diventi anche un diritto civile" (l9). E’ bene
precisare che la libertà religiosa non può essere ridotta alla sola libertà di
culto, ma contempla anche il diritto a non essere discriminati nell’esercizio
degli altri diritti e della libertà di ogni persona,
considerata sia in dimensione personale che comunitaria. Il godimento della
libertà religiosa comprende dimensioni ad essa
complementari con cui è inesorabilmente legata. Essendo espressione di una
dimensione… dell'uomo, La pratica della libertà religiosa
rivela ed esige la presenza di aspetti individuali e
comunitari, privati e pubblici tra loro
strettamente connessi (20).
Nel suo viaggio apostolico a Cuba e durante
Non si tratta della salvezza dell' “umanità”
in astratto, ma di ogni singolo uomo, considerato nella sua individualità e
concretezza.
“Il rispetto della libertà religiosa deve garantire gli spazi, le opere
e i mezzi per compiere queste tre dimensioni della missione della Chiesa, in modo che, oltre al culto,
NOTE
(1) Cf. Gaudium et spes, 26 e 74.
(2) Giovanni Paolo
II. La posizione della Santa Sede di fronte ai grandi problemi mondiali.
Discorso del Santo Padre al Corpo diplomatico accreditato
presso
(3) 1 Tm 2,2.
(4) Discorso ai marchigiani (23 marzo 1958), in Discorsi e radiomessaggi di S.S. Pio
XII, vol. XX. p. 33.
(5) Pacem in terris, parte seconda: "Compiti dei pubblici poteri e
diritti e doveri della persona"
(6) Omelia del Santo
Padre Giovanni Paolo II durante
(7) Giovanni Paolo II, Centesimus
annus n. 48.
(8) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1884.
(9) Cf. Gaudium et spes n. 76.
(10) Giovanni Paolo
II. La posizione della Santa Sede di fronte ai grandi problemi mondiali;
discorso del Santo Padre
al Corpo Diplomatico accreditato presso
(11) Cf. Dignitatis humanae n. 6.
(12) Cf. Dignitatis humanae n. 3.
(13) Cf. Evangelii nuntiandi
n. 39.
(14) Giovanni Paolo II, Se desideri la pace, rispetta le
coscienze di ogni uomo, Messaggio
per
(15) Cf. Dignitatis humanae, n. 8.
(16) La libertà di
coscienza e Ia religione, Messaggio del Santo Padre ai Capi di Stato dei paesi
firmatari l’Atto Finale di Helsinki, 1 settembre 1980 (in “L’Osservatore
Romano”, 21 dicembre 1980,
p. 20).
(17) Cf. Dignitatis humanae, n. 2.
(18) Giovanni Paolo
II, Messaggio ai partecipanti al Congresso “Secolarismo e libertà religiosa”,
7 dicembre 1995, n. 3.
(19) Cf. Dignitatis humanae, n. 2.
(20) Cf. La libertà di coscienza e di religione n. 4
(21) Omelia del Santo Padre durante
(22) cf. Gaudium et spes. n. 42.
(23)
Ef. 4,5.
(24) Giovanni Paolo II. Messaggio ai
vescovi della Conferenza episcopale cubana, 25 gennaio 1988, supplemento a
“L’Osservatore Romano”, p. XIII.
(25) cf. idem
(26) Cf. Gaudium et spes, n. 43.
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Pubblichiamo la conferenza pronunciata da
Mons. Giampaolo Crepaldi, Sottosegretario del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, in
apertura della IV Settimana sociale cattolica di
Cuba, tenutasi dal 24 al 27 giugno 1999 nella diocesi di Matanzas
"per approfondire lo studio del Magistero sociale del Papa Giovanni Paolo
II e per promuoverne l’applicazione a Cuba.
I lavori della Settimana sociale
sono poi proseguiti con relazioni e dibattiti attorno a tre nuclei tematici: Gbobalizzazione e
solidarietà, Educazione per il dialogo, Partecipazione e riconciliazione
nazionale.
Su Globalizzazione
e solidarietà sono intervenuti: Arturo Lopez Levy, economista e membro
della Comunità ebraica cubana, P. Alberto Athié
della Commissione episcopale di pastorale sociale della Conferenza Episcopale
del Messico. Daniel Mier e Roberto Vaiga laici membri della "Cattedra Giovanni Paolo
II" della diocesi di Matanzas, P. José Luis Aleman,
Direttore del Dipartimento di economia della
Pontificia Università "Madre e Maestra" della Repubblica Dominicana.
Ad introdurre i lavori su
“Educazione al dialogo” hanno provveduto tre laici del Movimento di Lavoratori
Cristiani:
Jaqueline Rodriguez, Cristina
Perez e Làzaro Lorencis.
L'analisi del quarto tema si è
avvalsa di una articolata relazione del Dott. Dagoberto Valdés, membro del Pontificio Consiglio “Giustizia e
pace”, direttore del Centro di Formazione Civica e Religiosa e della Rivista
"Vitral", nonché corrispondente della
nostra rivista.
Il 2 giugno 1999 il Segretario di Stato di Sua
Santità, Cardinale Angelo Sodano, aveva inviato una
Lunga lettera all’Arcivescovo di Santiago de Cuba e Presidente della Commissione episcopale “Giustizia e
Pace” per sottolineare l’importanza delle Settimane sociali che, come ebbe a
scrivere il Papa il 22 gennaio
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