Specie
Dal latino species; in S. Tommaso (come
negli altri autori medioevali) è un termine polivalente. Esso viene usato per significare:
1) Uno dei cinque predicabili, ed
è quello che di un soggetto dice tutta la sua essenza (e per questo motivo è sinonimo
di essentia), indicandone il genere prossimo e (a differenza
specifica. Per es., quando
si dice di Pietro che è animale ragionevole, se ne indica la specie: "Species constituitur ex
genere et differentia"
(I, q.
2) L’aspetto esterno di una cosa:
"Haec species mundi, quae nunc est, cessabit" (C. G.. IV, c. 97).
3) La bellezza di una cosa:
"Species autem sive pulchritudo"(I. q.
4) Gli elementi sensibili (gli accidenti)
del Sacramento dell’Eucaristia che vengono precisamente chiamate species sacramentales
(III, q.
5)
L’immagine
intenzionale con cui la mente coglie gli oggetti conosciuti; in tal caso è
sinonimo di intentio, idea, conceptio.
Di tutti questi usi quello che in sede
teoretica ha maggior rilievo è l’ultimo, perché dal modo di concepire la species e dal
modo di intendere il suo rapporto con l’oggetto conosciuto dipende il proprio
schieramento filosofico, pro o contro il realismo. Se la species viene
concepita come oggetto stesso del conoscere e non come mezzo,
è impossibile evitare l’immanentismo e il soggettivismo. Se invece la species viene intesa come medium, come lo strumento che indirizza
la mente all’oggetto conosciuto, per cui la mente immediatamente è cosciente
non della species
bensì dell’oggetto, allora si ha una concezione "realistica",
"oggettiva" del conoscere. Che S. Tommaso sposi la
posizione realistica e rifiuti quella immanentistica
emerge chiaramente dalla sua dottrina intorno alla species. Definendo la species egli dice che essa è nell'intelletto l’immagine di ciò che è
nella realtà (I,q.
(Vedi: CONOSCENZA, ASTRAZIONE, INTENZIONALITA')
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Battista Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.