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IL VALORE DEL PARTNER

 

IL VALORE DEL PARTNER

 

Se si accende la conversazione sul valore della natura maschile e femminile non si esaurisce l’argomento e si termina di solito buttando le cose in scherzo o litigando divisi tra maschilisti e femministi. La natura umana nelle due versioni è potenzialmente inesauribile. Tutto quello che uomini e donne hanno realizzato nel bene e nel male nel corso dei secoli e nelle diverse culture fa sapere ogni volta qualche cosa di più intorno alla loro natura. Ciascuna donna si trova in qualche punto del percorso tra Eva e Maria. Eva dice tutta la potenzialità femminile: la grazia, la fragilità, può essere fata, strega, befana, mamma, figlia… Maria è la piena di grazia, grazia divina, cioè Spirito Santo e grazia femminile. Ciascun uomo sta in qualche posto del percorso tra Adamo e Gesù Cristo. Adamo dice tutta la potenzialità maschile: il coraggio, l’audacia, la stupidità, la prepotenza, la presunzione… Gesù Cristo dice l’amore che culmina nel dono totale di sé.

 

Non sono io che, sapendolo prima, possa decidere come deve essere la natura umana. La presenza di una donna o di un uomo precede la mia idea. E’ l’idea che deve adeguarsi alla realtà, non viceversa. Devo pulire costantemente i miei strumenti del conoscere, vale a dire me stesso, perché quanto vedo non sia deformato dalla mia sensualità, dalla mia pretesa di possesso o dal mio egocentrismo. La persona che amo è interessante perché è oltre quello che mi piace o non mi piace.

 

Sono due livelli di lettura: la natura, cioè la configurazione potenziale, e la presenza, che dà essere alla natura cavandola dal nulla. Ma la chiave di volta che sostiene tutto l’arco della conoscenza è l’appartenenza della persona a se stessa. La persona  che vedo è titolare dell’essere femminile o maschile. La chiave di accesso al mondo della femminilità e della mascolinità è nel nome proprio della persona.

 

E’ l’appartenenza a sé, ricevuta in dono gratuito e presente adesso, che costituisce il nome proprio della persona, nome misterioso e tutto in divenire, rivelato soltanto alla fine della corsa. Il nome anagrafico serve soltanto per una identificazione provvisoria e sommaria. Così vista ogni persona è sola a conoscersi. Avverte la necessità di manifestare a qualcuno quello che prova dentro di sé. Ha urgente desiderio di essere ascoltata con finezza e rispetto e, se possibile, capita in tutto quello che prova così da poter verificare se stessa manifestando le sue emozioni e i suoi pensieri.

 

Il percorso completo della conoscenza si chiama contemplazione e consiste nel muoversi dal concreto, precario, non dovuto, imprevedibile, splendido o banale, amabile o doloroso all’eterno in un andirivieni continuo tra due estremi inconciliabili per le nostre possibilità.

 

La bellezza fugace, fragile, ammaliante e la bellezza eterna, inalterata e inaccessibile nella sua completezza. Colui che si accinge all’impresa deve disporsi a mettere tutto di sé come un atleta che voglia superare se stesso. Solvitur in excelsis, la soluzione è più in alto.

 

Se imparo a vedere la persona che amo là dove è di se stessa, dove è da sola a conoscersi come soggetto, ottengo tre risultati sorprendenti. Metto lei nella condizione più felice della libertà. Potrà lasciar sprigionare tutta la sua ricchezza potenziale. In secondo luogo metterò me stesso nella condizione di conoscermi là dove non sapevo valutare la riserva delle mie possibilità.

Infine scoprirò l’unità della persona. (v g  04. 02. 26).

 

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