MESSAGGIO DI
SUA SANTITÀ
GIOVANNI PAOLO II
PER
1° GENNAIO 2004
EDUCARE ALLA PACE UN IMPEGNO SEMPRE ATTUALE
A voi mi rivolgo, Capi delle Nazioni, che avete il dovere di promuovere
la pace! A voi, Giuristi, impegnati a tracciare cammini di pacifica intesa,
predisponendo convenzioni e trattati che rafforzano la legalità
internazionale! A voi, Educatori della gioventù, che in ogni continente
instancabilmente lavorate per formare le coscienze nel cammino della
comprensione e del dialogo! Ed anche a voi mi rivolgo, uomini e donne che siete
tentati di ricorrere all'inaccettabile strumento del terrorismo, compromettendo
così alla radice la causa per la quale combattete! Ascoltate tutti
l'umile appello del successore di Pietro che grida: Oggi ancora, all'inizio del
nuovo anno 2004, la pace resta possibile. E se possibile, la pace è
anche doverosa!
Una concreta iniziativa
1.Il primo mio Messaggio per
La scienza della pace
2.Gli undici Messaggi rivolti
al mondo dal Papa Paolo VI hanno progressivamente tracciato le coordinate
del cammino da compiere per raggiungere l'ideale della pace. Poco a poco, il
grande Pontefice è venuto illustrando i vari capitoli di una vera e
propria « scienza della pace ». Può essere utile riandare
con la memoria ai temi dei Messaggi lasciatici da Papa Montini per tale
occasione.(2) Ognuno di essi conserva ancor oggi una grande
attualità. Anzi, di fronte al dramma delle guerre che, all'inizio del
Terzo Millennio, ancora insanguinano le contrade del mondo, soprattutto in
Medio Oriente, quegli scritti, in certi loro passaggi, assurgono al valore di
moniti profetici.
Il sillabario della pace
3. Da parte mia, nel corso di
questi venticinque anni di Pontificato ho cercato di avanzare sul cammino
intrapreso dal mio venerato Predecessore. All'alba di ogni nuovo anno, ho
richiamato le persone di buona volontà a riflettere sui vari aspetti di
una ordinata convivenza, alla luce della ragione e della fede. È nata
così una sintesi di dottrina sulla pace, che è quasi un
sillabario su questo fondamentale argomento: un sillabario semplice da
comprendere per chi ha l'animo ben disposto, ma al tempo stesso estremamente
esigente per ogni persona sensibile alle sorti della umanità.(3)
I vari aspetti del prisma della pace sono stati ormai abbondantemente
illustrati. Ora non rimane che operare, affinché l'ideale della pacifica
convivenza, con le sue precise esigenze, entri nella coscienza degli individui
e dei popoli. Noi cristiani, l'impegno di educare noi stessi e gli altri alla
pace lo sentiamo come appartenente al genio stesso della nostra religione. Per
il cristiano, infatti, proclamare la pace è annunziare Cristo che
è « la nostra pace » (Ef 2,14), è annunziare il suo
Vangelo, che è « Vangelo della pace » (Ef 6,15), è
chiamare tutti alla beatitudine di essere « artefici di pace » (cfr
Mt 5,9).
L'educazione alla pace
4.Nel Messaggio per
L'educazione alla legalità
5.In questo compito di educare alla pace, s'inserisce con particolare
urgenza la necessità di guidare gli individui ed i popoli a rispettare
l'ordine internazionale e ad osservare gli impegni assunti dalle
Autorità, che legittimamente li rappresentano. La pace ed il diritto
internazionale sono intimamente legati fra loro: il diritto favorisce la pace.
Fin dagli albori della civiltà i raggruppamenti umani che venivano
formandosi ebbero cura di stabilire tra loro intese e patti che evitassero
l'arbitrario uso della forza e consentissero il tentativo di una soluzione
pacifica delle controversie via via insorgenti. Accanto agli ordinamenti
giuridici dei singoli popoli si costituì così progressivamente un
altro complesso di norme, che fu qualificato col nome di jus gentium (diritto
delle genti). Col passare del tempo, esso venne estendendosi e precisandosi
alla luce delle vicende storiche dei vari popoli. Questo processo subì
una forte accelerazione con la nascita degli Stati moderni. A partire dal XVI
secolo giuristi, filosofi e teologi si impegnarono nella elaborazione dei vari
capitoli del diritto internazionale, ancorandolo a postulati fondamentali del
diritto naturale. In questo cammino presero forma, con forza crescente,
principi universali che sono anteriori e superiori al diritto interno degli
Stati, e che tengono in conto l'unità e la comune vocazione della
famiglia umana. Centrale fra tutti questi principi è sicuramente quello
secondo cui pacta sunt servanda: gli accordi liberamente sottoscritti devono
essere onorati. È questo il cardine ed il presupposto inderogabile di ogni
rapporto fra parti contraenti responsabili. La sua violazione non può
che avviare una situazione di illegalità e di conseguenti attriti e
contrapposizioni che non mancherà di avere durevoli ripercussioni
negative. Risulta opportuno richiamare questa regola fondamentale, soprattutto
nei momenti in cui si avverte la tentazione di fare appello al diritto della
forza piuttosto che alla forza del diritto. Uno di questi momenti fu senza
dubbio il dramma che l'umanità sperimentò durante la seconda
guerra mondiale: una voragine di violenza, di distruzione e di morte quale mai
s'era conosciuta prima d'allora.
L'osservanza del diritto
6. Quella guerra, con gli orrori
e le terrificanti violazioni della dignità dell'uomo a cui dette
occasione, condusse ad un profondo rinnovamento dell'ordinamento giuridico
internazionale. La difesa e la promozione della pace furono collocate al centro
di un sistema normativo e istituzionale ampiamente aggiornato. A vegliare sulla
pace e sulla sicurezza globali, a incoraggiare gli sforzi degli Stati per
mantenere e garantire questi fondamentali beni dell'umanità, i Governi
chiamarono un'organizzazione appositamente costituita – l'Organizzazione
delle Nazioni Unite – con un Consiglio di Sicurezza investito di ampi
poteri d'azione. Quale cardine del sistema venne posto il divieto del ricorso
alla forza. Un divieto che, secondo il noto cap. VII della Carta delle Nazioni
Unite, prevede due sole eccezioni. Una è quella che conferma il diritto
naturale alla legittima difesa, da esercitarsi secondo le modalità
previste e nell'ambito delle Nazioni Unite: di conseguenza, anche dentro i
tradizionali limiti della necessità e della proporzionalità.
L'altra eccezione è rappresentata dal sistema di sicurezza collettiva,
che assegna al Consiglio di Sicurezza la competenza e la responsabilità
in materia di mantenimento della pace, con potere di decisione e ampia
discrezionalità. Il sistema elaborato con
Un nuovo ordinamento internazionale
7. È doveroso tuttavia
riconoscere che l'Organizzazione delle Nazioni Unite, pur con limiti e ritardi
dovuti in gran parte alle inadempienze dei suoi membri, ha contribuito
notevolmente a promuovere il rispetto della dignità umana, la
libertà dei popoli e l'esigenza dello sviluppo, preparando il terreno
culturale e istituzionale su cui costruire la pace. L'azione dei Governi
nazionali trarrà un forte incoraggiamento dal constatare che gli ideali
delle Nazioni Unite sono largamente diffusi, in particolare mediante i concreti
gesti di solidarietà e di pace delle tante persone che operano anche
nelle Organizzazioni Non Governative e nei Movimenti per i diritti dell'uomo.
Si tratta di un significativo stimolo per una riforma che metta
l'Organizzazione delle Nazioni Unite in grado di funzionare efficacemente per
il conseguimento dei propri fini statutari, tuttora validi: «
L'umanità, di fronte a una fase nuova e più difficile del suo
autentico sviluppo, ha oggi bisogno di un grado superiore di ordinamento
internazionale ».(5) Gli Stati devono considerare tale obiettivo
come un preciso obbligo morale e politico, che richiede prudenza e
determinazione. Rinnovo l'auspicio formulato nel 1995: « Occorre che
l'Organizzazione delle Nazioni Unite si elevi sempre più dallo stadio
freddo di istituzione di tipo amministrativo a quello di centro morale, in cui
tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro sviluppando la comune
coscienza di essere, per così dire, una “famiglia di
nazioni” ».(6)
La piaga funesta del terrorismo
8. Oggi il diritto internazionale
fa fatica ad offrire soluzioni alla conflittualità derivante dai
mutamenti nella fisionomia del mondo contemporaneo. Tale conflittualità,
infatti, trova frequentemente tra i suoi protagonisti attori che non sono
Stati, ma enti derivati dalla disgregazione degli Stati o legati a
rivendicazioni indipendentiste o connessi con agguerrite organizzazioni
criminali. Un ordinamento giuridico costituito da norme elaborate nei secoli
per disciplinare i rapporti tra Stati sovrani si trova in difficoltà a
fronteggiare conflitti in cui agiscono anche enti non riconducibili ai
tradizionali caratteri della statualità. Ciò vale, in
particolare, nel caso dei gruppi terroristici. La piaga del terrorismo è
diventata in questi anni più virulenta e ha prodotto massacri efferati,
che hanno reso sempre più irta di ostacoli la via del dialogo e del
negoziato, esacerbando gli animi e aggravando i problemi, particolarmente nel
Medio Oriente. Tuttavia, per essere vincente, la lotta contro il terrorismo non
può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. È
essenziale che il pur necessario ricorso alla forza sia accompagnato da una
coraggiosa e lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi
terroristici. Allo stesso tempo, l'impegno contro il terrorismo deve esprimersi
anche sul piano politico e pedagogico: da un lato, rimuovendo le cause che
stanno all'origine di situazioni di ingiustizia, dalle quali scaturiscono
sovente le spinte agli atti più disperati e sanguinosi; dall'altro,
insistendo su un'educazione ispirata al rispetto per la vita umana in ogni
circostanza: l'unità del genere umano è infatti una realtà
più forte delle divisioni contingenti che separano uomini e popoli. Nella doverosa lotta contro il
terrorismo, il diritto internazionale è ora chiamato ad elaborare
strumenti giuridici dotati di efficienti meccanismi di prevenzione, di
monitoraggio e di repressione dei reati. In ogni caso, i Governi democratici
ben sanno che l'uso della forza contro i terroristi non può giustificare
la rinuncia ai principi di uno Stato di diritto. Sarebbero scelte politiche
inaccettabili quelle che ricercassero il successo senza tener conto dei
fondamentali diritti dell'uomo: il fine non giustifica mai i mezzi!
Il contributo della Chiesa
9. « Beati gli operatori di
pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9). Come
potrebbe questa parola, che invita a operare nell'immenso campo della pace,
trovare così intense risonanze nel cuore umano, se non corrispondesse ad
un anelito e ad una speranza che vivono in noi indistruttibili? E per quale
altro motivo gli operatori di pace saranno chiamati figli di Dio, se non
perché Egli per sua natura è il Dio della pace? Proprio per
questo, nell'annuncio di salvezza che
La civiltà dell'amore
10. Al termine di queste
considerazioni ritengo, però, doveroso ricordare che, per
l'instaurazione della vera pace nel mondo, la giustizia deve trovare il suo
completamento nella carità. Certo, il diritto è la prima strada
da imboccare per giungere alla pace. Ed i popoli debbono essere educati al
rispetto di tale diritto. Non si arriverà però al termine del
cammino, se la giustizia non sarà integrata dall'amore. Giustizia e
amore appaiono, a volte, come forze antagoniste. In verità, non sono che
le due facce di una medesima realtà, due dimensioni dell'esistenza umana
che devono vicendevolmente completarsi. È l'esperienza storica a confermarlo.
Essa mostra come la giustizia non riesca spesso a liberarsi dal rancore,
dall'odio e perfino dalla crudeltà. Da sola, la giustizia non basta.
Può anzi arrivare a negare se stessa, se non si apre a quella forza
più profonda che è l'amore. È per questo che, più
volte, ho ricordato ai cristiani e a tutte le persone di buona volontà
la necessità del perdono per risolvere i problemi sia dei singoli che
dei popoli. Non c'è pace senza perdono! Lo ripeto anche in questa
circostanza, avendo davanti agli occhi, in particolare, la crisi che continua
ad imperversare in Palestina e in Medio Oriente: una soluzione ai gravissimi
problemi di cui da troppo tempo soffrono le popolazioni di quelle regioni non
si troverà fino a quando non ci si deciderà a superare la logica
della semplice giustizia per aprirsi anche a quella del perdono. Il cristiano
sa che l'amore è il motivo per cui Dio entra in rapporto con l'uomo. Ed
è ancora l'amore che Egli s'attende come risposta dall'uomo. L'amore
è perciò la forma più alta e più nobile di rapporto
degli esseri umani anche tra loro. L'amore dovrà dunque animare ogni
settore della vita umana, estendendosi anche all'ordine internazionale. Solo
un'umanità nella quale regni la « civiltà dell'amore
» potrà godere di una pace autentica e duratura. All'inizio di un
nuovo anno voglio ricordare alle donne ed agli uomini di ogni lingua, religione
e cultura l'antica massima: « Omnia vincit amor » (l'amore vince
tutto). Sì, cari Fratelli e Sorelle di ogni parte del mondo, alla fine
l'amore vincerà! Ciascuno si impegni ad affrettare questa vittoria.
È ad essa che, in fondo, anela il cuore di tutti.
Dal Vaticano, 8
Dicembre 2003.
NOTE
(1)Insegnamenti, V (1967),
620.
(2)1968: 1º Gennaio:
Giornata Mondiale della Pace 1969: La promozione dei diritti dell'uomo, cammino
verso la pace 1970: Educarsi alla pace attraverso la riconciliazione 1971: Ogni
uomo è mio fratello 1972: Se vuoi la pace, lavora per la giustizia 1973:
La pace è possibile 1974: La pace dipende anche da te 1975: La
riconciliazione, via alla pace 1976: Le vere armi della pace 1977: Se vuoi la
pace, difendi la vita 1978: No alla violenza, Sì alla pace
(3)Ecco i temi delle
successive 25 Giornate Mondiali della Pace: 1979: Per giungere alla pace,
educare alla pace 1980: La verità come forza della pace 1981: Per
servire la pace, rispetta la libertà 1982: La pace, dono di Dio affidato
agli uomini 1983: Il dialogo per la pace, una sfida per il nostro tempo 1984:
La pace nasce da un cuore nuovo 1985: La pace e i giovani camminano insieme
1986: La pace è valore senza frontiere. Nord-Sud, Est-Ovest: una sola
pace 1987: Sviluppo e solidarietà, chiavi della pace 1988: La
libertà religiosa, condizione per la pacifica convivenza 1989: Per
costruire la pace, rispettare le minoranze 1990: Pace con Dio creatore, pace
con tutto il creato 1991: Se vuoi la pace, rispetta la coscienza di ogni uomo
1992: I credenti uniti nella costruzione della pace 1993: Se cerchi la pace,
va' incontro ai poveri 1994: Dalla famiglia nasce la pace della famiglia umana
1995: Donna: educatrice alla pace 1996: Diamo ai bambini un futuro di pace
1997: Offri il perdono, ricevi la pace 1998: Dalla giustizia di ciascuno nasce
la pace per tutti 1999: Nel rispetto dei diritti umani il segreto della vera
pace 2000: « Pace in terra agli uomini, che Dio ama! » 2001:
Dialogo tra le culture per una civiltà dell'amore e della pace 2002: Non
c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono 2003:
« Pacem in terris »: un impegno permanente
(4)Preambolo.
(5)Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Sollicitudo rei socialis, 43: AAS 80 (1988), 575.
(6)Giovanni Paolo II,
Discorso alla 50a Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York (5 ottobre
1995), 14: Insegnamenti, XVIII/2 (1995), 741.
(7)Benedetto XV, Appello
ai Capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 1917: AAS 9 (1917), 422.
(8)N. 4: Insegnamenti,
XX/1 (1997), 97.