MONDO
Usualmente abbraccia soltanto la realtà materiale
(l'universo fisico) e di tale realtà si sono occupate in passato la cosmologia
(già a partire dai filosofi greci) e la teologia della materia e delle realtà
terrestri.
Nella S. Scrittura
il termine mondo assume vari significati; normalmente sta a indicare l’insieme
dell’universo creato, il quale comprende "i cieli e la terra" (Geni 1, 1). Tale è il senso che hanno i termini mundus e universum in S. Tommaso: "Omnes res, prout sunt in
suo complemento, dicuntur unus
mundus vel unum universum"
(II Sent., d. 12, q.
1. IL FONDAMENTO
DELL’UNITÀ DEL MONDO
Sebbene sia
costituito da una impressionante molteplicità e diversità di enti, tuttavia
il mondo forma un unico tutto, una totalità, una unità. Gli enti, nella
molteplicità delle loro diverse nature, hanno in comune la stessa perfezione
radicale, e questa per S. Tommaso non è la bontà come per Platone, né la unità
come per Plotino, né la bellezza come per lo Pseudo Dionigi, né la verità come per S. Agostino, né la
sostanza come per Spinoza, né il pensiero come per Hegel; bensì la perfezione dell’essere, che è la perfectio omnium perfectionum
e l’actualitas
omnium actuum. Pur essendo le cose diverse le
une dalle altre per la loro essenza esse si unificano nell’essere, e poiché la
perfezione dell’essere si trova negli enti in modo partecipato, contingente e
graduato, essa deve provenire da un ente che possegga tale perfezione in modo
pieno, totale e assoluto, e che sia capace di comunicarla a tutti gli altri. In
altre parole, la gradazione, la contingenza e la partecipazione nell’essere
rinviano a un princìpio separato che sia capace di
spiegare la molteplicità e la finitudine degli enti
che costituiscono il mondo: e tale può essere soltanto l’esse ipsum subsistens
(De Ent. et Ess., c. 4, n. 28; De Pot., q.
Sotto l’aspetto
formale l’unità del mondo è assicurata dalla perfezione dell’essere; invece
sotto l’aspetto eziologico l’unità è garantita dalla
sua genesi da un nucleo o principio. Anche Plotino
aveva ricondotto l’universo a un unico principio, l’Uno; ma l’Uno era il
principio del molteplice per un processo emanativo di
progressiva degradazione. Dall’Uno procedeva, per emanazione, un primo ente,
poiché da esso non poteva scaturire immediatamente che una cosa sola, il nous, il quale
doveva imitarlo in sommo grado. Da questo primo ente procedevano a poco a poco
gli altri, sempre più moltiplicati e divisi, così come da un medesimo punto
procedono linee divergenti, che progressivamente si separano le une dalle
altre. S. Tommaso respinge la teoria plotiniana
dell’emanazione e fa sua la dottrina biblica della creazione dal nulla. Dio è
quindi l’artefice unico e immediato del mondo e di tutto ciò che in esso si
trova. Essendo sommamente intelligente e libero, Dio ha creato il mondo
liberamente (vedi: CREAZIONE); e lo
ha creato unicamente per comunicare la sua bontà alle sue creature. "Dio
produsse le cose nell’essere per comunicare la sua bontà alle creature, al fine di essere rappresentato dalle sue opere. E poiché
Dio non può essere sufficientemente rappresentato da una sola creatura, ne produsse
molte e diverse, affinché ciò che manca a una nella rappresentazione, sia
supplito da un’altra. Infatti la bontà che in Dio sta in modo semplice e
uniforme, nelle creature si trova in modo molteplice e diviso; dunque tutto
l’universo, più perfettamente d’ogni singola creatura, partecipa della bontà
divina e meglio la rappresenta" (I, q.
2. L’ORDINE DEL MONDO
Il mondo è un cosmo, ossia una molteplicità ordinata. S.
Tommaso. commentando Aristotele, afferma: "Quanti sostengono che le nature
delle cose non sono tra loro collegate, incorrono in gravi difficoltà (...). Infatti in tal modo essi fanno dell’essenza dell’universo qualcosa di
sconnesso, senza ordine, al punto da pensare che una parte di esso non avrebbe
nessuna rilevanza per l’altra (...). Ma questa tesi e insostenibile,
poiché gli enti non sono fatti male. Gli enti naturali si dispongono nel
miglior modo possibile. Ora, se osserviamo che ogni singolo ente è ottimamente
disposto nella sua natura, a maggior ragione dovremo ritenere che ciò si verifichi
anche in tutto l’universo" (XII Met., lect. 12). S. Tommaso si compiace di citare a questo
proposito l’autorità della S. Scrittura, la quale afferma che ea quae sunt, a Deo ordinata sunt;
tutto ciò che è, è ordinato da Dio (Rm 13, 1; cfr. I, q.
Dopo avene definito
le cause materiale, efficiente e formale della unità del cosmo, S. Tommaso
completa la sua riflessione intorno al mondo determinandone la causa finale. Il
fine ultimo del mondo coincide con la sua origine prima, Dio. S. Tommaso lo
argomenta in motti scritti, in particolare nel Commento alla Metafisica, nella
Summa Theologicae e nel De Veritate.
Nel Commento alla Metafisica S. Tommaso condivide la tesi di Aristotele il
quale aveva insegnato che il bene massimo a cui aspira l’universo non
consiste semplicemente nell’ordine delle sue parti ma consiste in qualche cosa
di separato da se, il Motore immobile. In effetti "esiste un Bene
separato, il Primo Motore, da cui dipendono il cielo e l'intera natura, a modo
di fine e di bene desiderati. E poiché tutte le cose che hanno un fine comune
convergono necessariamente nell’ordine a questo fine, così tra tutte le parti dell’universo dovrà esistere un ordine reciproco.
In tal modo l'universo ha un Bene separato e un bene (immanente) di ordine.
Proprio come un esercito, dove il bene sta nello stesso ordinamento armato, e
inoltre nel condottiero che guida l’esercito" (XII Met.,
lect. 12). Nella Summa S. Tommaso ribadisce la tesi
che il mondo ha una doppia finalità: immanente e trascendente. "Il fine
dell’universo è un bene esistente al suo interno, cioè l’ordine esistente
nell’universo; però questo bene non è il suo fine ultimo, perché esso si ordina
al bene trascendente come al suo fine ultimo" (I, q.
3.
Assodata la
possibilità teoretica dell’eternità del mondo, S. Tommaso si preoccupa di
precisare in che senso si debba intendere questa tesi tanto disputata.
Anzitutto e chiaro che il mondo mutevole non può essere, in senso proprio.
costerno a Dio immutabile. Anche se creato al
a eterno, il mondo non è costerno a Dio in senso univoco; evidentemente
l'eternità del mondo non può essere l’eternità di Dio: Dio è atto puro
assoluto, attualità perenne, eterno presente, "totale e simultanea
presenza di una vita interminabile", come dice Boezio;
il mondo invece è atto potenziale, contingente, in continuo divenire, eterna
successiva durata (ibid., n. 11). A chi obietta che
se il mondo fosse eterno ci dovrebbe essere un numero infinito di anime, S.
Tommaso replica che Dio avrebbe potuto creare il mondo ab aeterno e le anime nel tempo, ma poi conclude affermando:
"non è ancora dimostrato che Dio non possa fare che vi siano infinite cose
in atto (adhuc non est demonstratum,
quod Deus non possit facere ut sint infinita actu)" (ibid., n. 12).
Stante la validità
teoretica, seppure ipotetica, di una creazione del mondo ab aeterno, S. Tommaso mette in guardia i
teologi cristiani dalla tentazione di trasformare una verità di fede in verità
di ragione: "si deve stare molto attenti a non fornire delle
dimostrazioni per le verità di fede, e questo per due motivi: 1°, perché in
tal modo si deroga all’eccellenza della fede, la cui verità oltrepassa
qualsiasi potere della ragione (...); 2°, perché nella maggior parte del casi
si tratta di argomentazioni frivole, che espongono la nostra fede alla
irrisione degli infedeli, i quali reputano che noi basiamo su siffatti argomenti
la nostra fede" (Quodlib. III, q.
(Vedi: ORDINE, CREAZIONE, DIO)
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Battista Mondin.
Dizionario
enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino,
Edizioni
Studio Domenicano, Bologna.