PAROLE ANTICHE E L’ANSIA DEL NUOVO
di INDRO MONTANELLI
Le
macchine da ripresa della televisione non devono aver avuto bisogno di
ricorrere ad «effetti speciali» per sottolineare
l’imponenza della cerimonia svoltasi a Roma per l’inaugurazione della XV
Giornata della Gioventù mondiale (di nome e di fatto), supremo happening di
questo Giubileo. I Papa-boys accorsi nella capitale
del cattolicesimo erano effettivamente 700 mila. Ma si prevede che saranno
più del doppio per la Messa
di chiusura, officiata, come quella di apertura, dal
Papa. Sorvoliamo sui particolari di organizzazione e
di regìa, a quanto pare impeccabili,
dell’avvenimento: sono settecento anni che la Chiesa li aggiorna e
perfeziona. Ma chiediamoci piuttosto che cosa spinge
a Roma questi nuovi Romei, come si chiamarono i pellegrini del primo
Giubileo, quello di Papa Bonifacio, oggi accorsi da
ogni parte del mondo con tutti i mezzi, anche in bicicletta, e qualcuno
addirittura a piedi. La disciplina, la puntualità, il rispetto dell’ambiente
e dell’ordine con cui il concentramento si va svolgendo ne escludono
ogni carattere festaiolo e balneare. Le oltre duemila fra scuole e parrocchie
in cui vengono accolti e alloggiati non hanno nulla
di vacanziero. Non c’è stato bisogno di mobilitare polizia e carabinieri per
fare sì che il pellegrinaggio rimanga, in tutta la sua austerità, un
pellegrinaggio.
Ma che cosa se ne aspettano, questi ragazzi di ambo
i sessi, ma senza promiscuità? Non certamente la remissione, a prezzo
d’obolo, dei loro peccati. E nemmeno qualche nuova parola d’ordine per cui credere, obbedire e combattere. Colui
che li riceve è un vecchio uomo che le parole, anche nella sua lingua,
le spiccica male, con fatica, e per dire cose di cui la più moderna e
aggiornata ha duemila anni di età. Ma è proprio questo, credo, che i giovani
inconsciamente cercano e vogliono in un mondo dell’effimero come quello in
cui noi li abbiamo fatti nascere: qualcosa che non abbia tempo perché è
eterno, e che gli offra alcunché di stabile su cui
posare - e riposare - i piedi. Le ideologie, che spinsero in piazza i loro
padri armati di slogan e di mitra, giacciono inanimate e non rianimabili
sotto le proprie macerie. E la rivoluzione tecnologica che ne ha preso il posto imprime alla vita un ritmo che ci farà
tutti vecchi prima ancora di essere maturi.
Non vorrei cimentarmi con cose più grandi di me e di tutti. Ma mi chiedo se
questo raduno, che si svolge nell’ordine e nella quiete, non sia in realtà
una rivolta, o almeno una protesta, contro un modo di vita dominato
dall’ansia del nuovo, che a sera ha già reso decrepito tutto ciò che ha
inventato al mattino.
Ecco quali pensieri mi suggerisce lo spettacolo di
queste centinaia di migliaia di giovani che, muniti di aggeggi che li tengono
in diretta comunicazione via Internet (se dico una bestialità, scusatemi:
ignoro cosa sia e come funzioni Internet) con la Borsa o i musei di Tokio,
s’inginocchiano di fronte a un Papa vegliardo che crede nei miracoli e nelle
visioni di Fatima.
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