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RADICI CRISTIANE D’EUROPA

 

RADICI CRISTIANE D’EUROPA

 

PREAMBOLO DELLA COSTITUZIONE EUROPEA

 

  La prima versione del Preambolo suonava: ”Ispirandosi ai retaggi culturali, religiosi e umanistici dell’Europa i quali nutriti dapprima dalle civiltà greca e romana, segnati dallo slancio spirituale che ha attraversato l’Europa e continua ad essere presente nel suo patrimonio, e successivamente dalle correnti filosofiche del secolo dei Lumi, hanno ancorato nella vita della società la sua perfezione del ruolo centrale della persona umana, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e del rispetto del diritto”.

  Quando fu presentata questa prima versione, molti, moltissimi e naturalmente anche la Chiesa cattolica e il Papa espressero la loro insoddisfazione perché non si scriveva chiaramente che l’Europa ha radici cristiane. Di fronte a questo malcontento la soluzione adottata dai redattori del preambolo fu veramente estrema, impressionante e anche eloquente: pur di non riconoscere le radici cristiane, non ricordarono neppure l’influenza esercitata dalla civiltà greca e romana e sacrificarono – certamente a malincuore per loro -anche l’influenza esercitata dalle correnti filosofiche dei Lumi.

  Infatti l’ultima bozza si esprime così:

“Ispirandosi ai retaggi culturali, religiosi e umanistici dell’Europa, i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della società la sua percezione del ruolo centrale della persona umana, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e del rispetto del diritto”.

  Rispondendo in questa maniera alle critiche la Convenzione presieduta da Valéry Giscard d’Estaing rivela in modo inoppugnabile che si tratta di prevenuti, di faziosi, di fanatici infatuati delle loro ideologie e dei loro preconcetti a tal punto da negare l’evidenza più sfolgorante e certezze storiche inconfutabili e indiscutibili.

  Noi viviamo immersi in un mondo che ci offre continuamente richiami alla civiltà greca, romana, cristiana ed è impossibile non accorgersene.

 

IL NOSTRO AMBIENTE QUOTIDIANO

 

  Per ora una constatazione riferita al nostro ambiente quotidiano, poi faremo considerazioni allargate all’intera Europa.

  Siamo in piazza Brà: l’Arena non è una pallida memoria, un debole ricordo del mondo romano, è una viva e grandiosa presenza romana. Tanto viva che ancora oggi assolve alla funzione per la quale la costruirono i Romani venti secoli fa: intrattenere i cittadini. Solo oggi è cambiato il tipo di spettacolo, non più gladiatori che uccidono uomini, ma esaltanti e catartiche opere musicali. Tra i Romani e noi, c’è di mezzo il Cristianesimo. Il grande storico e archeologo francese Jérome Carcopino (1881), accademico di Francia ricorda :”Nel 404 un editto di Onorio imperatore, soppresse il combattimento dei gladiatori in Occidente. Così la cristianità romana soppresse  il delitto di lesa umanità con cui i Cesari del paganesimo avevano macchiato l’impero nei loro anfiteatri”. (Jérome Carcopino – “La vita quotidiana a Roma” – pag. 283).

  In piazza Brà vediamo anche il Municipio con le sue colonne di ordine colossale o gigante di origine romana, i cui capitelli corinzi ci richiamano ai Greci, che crearono i tre ordini architettonici: dorico, ionico, corinzio, universalmente impiegati e ancora presenti non solo in Europa (basta pensare alla Casa Bianca, con portico ionico all’ingresso, spesso sui nostri teleschermi).

  Dall’alto del colle di S. Leonardo osserviamo il panorama della nostra città, punteggiato da numerosi campanili che testimoniano la presenza di varie chiese, ossia del Cristianesimo, e che come indici puntati indicano il cielo e davanti a questa visione, viene alla mente, prepotentemente, il salmo 19: ”I cieli immensi narrano del grande Iddio la gloria”:

  Come risulta chiaro, la presenza della grecità, della romanità e del Cristianesimo è ben viva nel nostro angolo di terra.

  Adesso allarghiamo lo sguardo all’intera Europa e in una stringatissima sintesi osserviamo come abbia veramente radici elleniche, romane e cristiane che sono le fondamentali, le essenziali, alle quali se ne aggiungono delle altre: giudaiche, germaniche, islamiche e avanti.

 

STRADE ROMANE E CENTURIAZIONE IN EUROPA

 

  Cominciamo con certi aspetti fisici. Ancora oggi percorriamo delle strade che per alcuni tratti seguono il tracciato di quelle romane e questo avviene in tutta l’area dell’Europa che fu romana. Lo studioso americano Victor von Hagen (1908) che, con un gruppo di storici e di archeologi di diverse nazioni, dedicò oltre sette anni allo studio e ai sopralluoghi delle strade romane, scrisse un volume: “Le grandi strade di Roma nel mondo” e alla pag. 13 afferma: “I monumenti più durevoli di Roma… sono le onnipresenti strade romane che percorrevano come fili giganteschi tutto il mondo allora conosciuto”. Questi fili giganteschi, le strade consolari, avevano una lunghezza di ben 53.000 milia, pari a circa 78.800 km. Avevano grandissima importanza militare, politica ed economica.

  Un’altra universale impronta romana, molto interessante ma poco nota, perché poco visibile, che ha coinvolto tutto l’Impero romano è la centuriazione. I Romani quando conquistavano un territorio, lo dividevano in grandi appezzamenti quadrati di 710 metri di lato, orientati secondo la direttrice nord-sud, chiamati centurie, perché questi quadrati di ca. 50 ettari di superficie venivano divisi inizialmente fra 100 persone: cittadini, coloni o veterani. Questa suddivisione era la base del catasto, e fu usata in tutto l’Impero.

  Di queste vestigia gli studiosi e gli archeologi cominciarono ad avere qualche indizio verso la fine del Settecento e solo all’inizio dell’Ottocento furono sicuri che si trattava della centuriazione. Quando poi, circa un secolo più tardi, ebbero a disposizione la fotografia aerea, poterono dimostrare che la centuriazione era presente più o meno ampiamente in tutto l’Impero, anche in Inghilterra, in Africa ecc. (Catalogo, “Misurare la terra: centuriazione e coloni” Autori vari).    

  La pianura padana fu una delle prime regioni che conobbe questa suddivisione. “Nel suo paesaggio la centuriazione ha segnato l’impronta che resta forse, a tutt’oggi, la più larga e la più duratura”. (Emilio Sereni – “Storia del paesaggio agrario italiano” pag.50).

  Qui offriamo l’immagine delle tracce dell’agro centuriato di Cesena.

  Queste presenze, le strade e le centurie, nella modellazione del paesaggio agrario europeo, realizzata dai Romani, sono le più estese e le più evidenti, ma accanto ad esse ci sono gli aspetti più divulgati e noti: archi trionfali, ponti, acquedotti, templi, statue, mosaici, ecc.

  Ma è inutile insistere. Sulle radici greche e romane dell’Europa convengono anche gli estensori della prima bozza, tanto è vero che in essa le avevano espressamente citate.

 

SETTIMANA E CALENDARIO

 

  Dobbiamo pertanto dedicare delle righe alle radici cristiane che furono escluse dagli estensori del preambolo, come abbiamo già ricordato, solo perché spinti da una cieca faziosità che fece loro volontariamente ignorare una realtà storica evidentissima che cercheremo di dimostrare.

  Consideriamo ora un’istituzione che ci ricorda e la romanità e il Cristianesimo: la settimana. I romani la adottarono nel corso del primo secolo a. C. Quando noi diciamo lunedì, martedì ecc. forse non pensiamo che usiamo un nome dei Romani: lunae dies, giorno della luna ecc. E quando diciamo domenica, usiamo un nome cristiano: dies dominica, giorno del Signore “reso obbligatoriamente festivo da Costantino, imperatore, nel 321”. (Alberto Barzanò – “Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale” – pag.342).

  Parlando di settimana viene spontaneo ricordare che il calendario che usiamo noi oggi è quello che i Romani chiamavano Giuliano perché riformato da Giulio Cesare (100 - 44 a.C.) nell’anno 46 a.C., che fissò l’anno in 365 giorni, aggiungendo inoltre un giorno bisestile ogni quattro anni. Questo calendario fu seguito fino al 1582.

  Nel corso del VI secolo intanto Dionigi il Piccolo, dotto monaco scozzese, stabilì la data della nascita di Gesù Cristo nell’anno 753 dalla fondazione di Roma e con questo monaco iniziò l’abitudine di datare gli avvenimenti contando gli anni prima o dopo Cristo e di fare incominciare l’Era cristiana o volgare dalla nascita di Cristo.

  Tale sistema di datazione non solo fu seguito dai popoli cristiani ma anche da alcuni non cristiani.

  Nel calendario giuliano c’era un errore per eccesso di 11’14” all’anno. Se ne accorse Gregorio XIII (papa, 1572 – 1585), corresse quindi il calendario e ordinò alla cristianità di omettere nell’anno 1582 dieci giorni e che il 5 ottobre diventasse il 15 ottobre e inoltre stabilì di sopprimere secondo una certa regola dei giorni bisestili.

  Noi oggi seguiamo un calendario romano corretto da un papa, e usiamo un sistema di datazione stabilito da un monaco.

 

SACRO ROMANO IMPERO

 

  E’ notorio che con l’editto di Milano di Costantino (313 d.C.) i Cristiani ebbero la libertà di culto e che l’imperatore Teodosio il grande (379 – 395) realizzò l’unificazione religiosa dell’Impero con il Cristianesimo.

  Clodoveo (48 1 – 511), re dei Franchi, creò un regno unificato dando Parigi come capitale e si convertì al Cattolicesimo nel 496. Il suo esempio fu seguito dal suo popolo che diventò cristiano. I Longobardi si convertirono dall’arianesimo al cattolicesimo, seguendo l’esempio della loro regina Teodolinda morta nel 628.

  Nell’anno 800 Carlo Magno, che domina sulla Francia, su gran parte dell’Italia e dell’Europa centrale e occidentale,  viene incoronato a Roma da papa Leone III con il titolo di Sacro Romano Imperatore. “…molti aspetti dell’incoronazione di Carlo Magno stanno ad attestare la formazione di una unità sufficientemente distinta, una unità dell’Europa cristiana, occidentale, non solo romana, ma anche franca e germanica. La consacrazione dell’imperatore esprimeva la grandezza e la forza morale della Chiesa di Roma…che solo da quel momento si chiamerà cattolica. Religione e politica indubbiamente si mescolano e si rendevano solidali. Le monete di Carlo Magno portarono incise le parole “christiana religio” (religione cristiana)”. (Carlo Curcio – “Europa, storia di un’idea” – pag. 97 e pag. 99). Alcuni storici parlando dell’impero di Carlo Magno usano l’espressione: christiana respublica (repubblica cristiana).

 

SIMBOLO DELLA REPUBBLICA CRISTIANA

 

  Come simbolo di questa Respublica christiana mi si presenta davanti agli occhi lo splendido mosaico   con  la  scena  del  Buon  Pastore           del Mausoleo di Galla Placidia (morta 450) a Ravenna. Quantun-que risalga alla prima metà del V secolo e quindi preceda tutte le conversioni al Cattolicesimo dei popoli barbari già ricordate, questo mosaico può essere interpretato come rappresentazione simbolica dell’Europa cristiana: le pecorelle rappresentano i popoli europei, sia latini che barbari convertiti e costituiscono una unità armonizzata dal Cristianesimo. Tutte le pecorelle, ossia i popoli europei, si volgono verso il Buon Pastore,, cioè il Cristo di cui hanno accolto la dottrina. Se come simbolo la scena può essere interpretata così, stilisticamente essa costituisce una delle composizioni più belle dell’arte paleocristiana e offre i caratteri della più pura arte classica romana: armonia, sicurezza del disegno, vigoroso naturalismo, saldo plasticismo fatto risaltare dai colori. Quindi qui abbiamo  una felicissima sintesi di un soggetto cristiano, Gesù Cristo nella veste di Buon Pastore e di uno stile classico di netta ascendenza romana. Sottolineiamo poi che la prima manifestazione artistica europea è l’Arte paleocristiana, ossia del vecchio, del primo Cristianesimo e dura fino alla fine del VI secolo.

 

FINE DEL SACRO ROMANO IMPERO

 

  Nel 962 con Ottone I il Grande (imperatore, 962 – 973) avrà inizio il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. Gli imperatori vengono incoronati a Roma dal papa e hanno nominalmente autorità su tutto il mondo cattolico. L’ultimo imperatore incoronato dal papa è Federico III di Asburgo nel 1452. L’istituzione però sussisterà fino a quando Napoleone I alla Dieta della Confederazione Renana (12 luglio 1806) a Strasburgo deciderà di non riconoscere più l’esistenza del Sacro Romano Impero Germanico. Pochi giorni dopo Francesco II d’Asburgo-Lorena, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico rinuncia al titolo di imperatore di Germania e si chiamerà soltanto Francesco I Imperatore d’Austria.

 

DIRITTO CANONICO E SUOI INFLUSSI

 

  “Il diritto canonico eserciterà un notevolissimo influsso sullo sviluppo del diritto europeo, da quello penale e processuale a quello del diritto di famiglia, limitando e rendendo più difficile la pratica di istituti condannati dalla morale cristiana, come il divorzio, tanto che alcuni studiosi parleranno al proposito di un diritto “romano-cristiano” (Enciclopedia del Cristianesimo – pag.239)

  Nel medioevo l’influsso del Cristianesimo fu ampio e capillare e attenuerà il rigore della sanzione penale tipica del mondo barbarico, la pena del taglione che impone la regola “occhio per occhio, dente per dente”. Inoltre il diritto canonico induce a prendere in considerazione la volontà di chi agisce per stabilire il grado di colpevolezza: si pongono così le basi remote del diritto penale moderno.

  Tipico è ancora il divieto di prestito su interesse o usura.

 

MONTI DI PIETA’

 

  L’usura era “la grande piaga sociale” del tempo. Il beato  Bernardino da Feltre (XV sec.), francescano, combattè coraggiosamente l’usura e “propugnò i “Monti di Pietà”, una specie di organizzazione bancaria per poveri, non più strozzati dagli usurai, ma ai quali contro un modesto pegno, veniva prestato denaro a bassissimo interesse”. (Piero Bargellini – “Mille Santi del giorno” pag. 540). I Monti di Pietà si diffusero rapidamente per opera dei Francescani che ne furono fervidi e convinti fautori. Queste istituzioni diedero un po’ di sollievo ai più miserabili e ai derelitti.

  Visto che si parla di denaro merita un cenno il capitalismo, grande protagonista nel mondo moderno e che ha suscitato negli ultimi decenni anche delle polemiche a proposito delle sue origini che taluni volevano trovare nel protestantesimo. Certamente invece il capitalismo ha origini cristiane medioevali e tante sue istituzioni sono nate appunto nel Medioevo. “Dal contratto di affitto alle lettere di cambio, dall’assegno bancario, alle tratte e alle cambiali,dalle principali forme e tecniche del credito, all’attività bancaria” sono tutte invenzioni medioevali. (Oreste Bazzichi “Alle radici del capitalismo. Medioevo e scienza economica”, pag. 11)

 

OSPEDALI E OSPIZI

 

  Con i Monti di Pietà il Medioevo cristiano è andato in aiuto ai poveri e ai bisognosi e naturalmente ha pensato a maggior ragione, agli ammalati creando ospedali e ospizi. “La pietà religiosa sarebbe sterile, se non producesse opere di misericordia” (Piero Bargellini) Queste istituzioni, nate dallo spirito cristiano, più tardi furono laicizzate.

  “Tra i primi medici cristiani vi furono molti alti sacerdoti come Eusebio vescovo di Roma. I cristiani si dedicano con infinita pietà e fervore grandissimo all’assistenza degli ammalati. Gli ospedali pubblici cominciano a fiorire dovunque. Nel 400, Fabiola erige a Roma il primo grande ospedale. Questi primi ospizi portano il nome di nosocomium, xenodochion o brephotrophium” (Arturo Castiglioni – “Storia della medicina” vol. I – pag. 229). Nell’832 è fondato a Siena l’ospedale di S. Maria della Scala dal beato Sorore.

  Ben presto agli ospedali si aggiunsero gli ospizi per i viandanti e i pellegrini e le lebbroserie. “La medicina si avvia nuovamente, nell’epoca della decadenza della civiltà romana a riparare all’ombra della Chiesa e diviene, sotto l’influenza del Cristianesimo dominante, medicina dogmatica della quale è primo articolo la fede e scopo essenziale l’assistenza agli infermi, considerata come opera di umana e divina pietà” (A. Castiglioni – opera citata – pag. 230).

  Il passo è breve per passare dagli ospedali alle “medicine che a quel tempo erano preparate usualmente con i semplici” (Castiglioni, opera citata, pag. 266) ossia le piante medicinali, che sono tornate in voga anche oggi. C’erano in uso numerosi libri dal titolo Horti o Hortuli (orti, orticelli) le cui prime compilazioni furono fatte nel IV – V secolo nei chiostri ad uso dei monaci per insegnar loro la scelta delle piante medicinali. Nell’abbazia benedettina di Praglia (Padova) c’è “Il chiostro botanico” che era destinato alla coltivazione di piante medicinali. Nei secoli passati erano famose le farmacie dei monasteri benedettini.

  Per assistere gli ammalati e portarli all’ospedale a Firenze c’era l’Arciconfraternita della Misericordia, attiva già nel 1240, opera altamente benefica, istituita da S. Pietro Martire, veronese. Altra istituzione analoga, a Firenze, era il Bigallo.

  Nel medioevo per assolvere a questo compito c’erano istituzioni locali. Nei tempi moderni sorse una organizzazione per assolvere a questo scopo e ad altri scopi umanitari: La Croce Rossa internazionale. Primo propugnatore nel 1861 fu Ferdinando Palasciano di Capua, ma il primo organizzatore fu il ginevrino Enrico Dunant (1828 – 1910) che dopo aver presenziato ai disastri della battaglia di Solforino (24 giugno 1859) promosse la Conferenza di Ginevra (1864) e la fondazione della Croce Rossa. La sua bandiera è una croce rossa in campo bianco. A questa organizzazione umanitaria aderirono anche nazioni musulmane, ma essendo la croce un simbolo troppo scopertamente cristiano, esse adottarono la mezzaluna, emblema di Costantinopoli.

 

UNIVERSITA’

 

  Se la Chiesa pensò allo stato economico e allo stato di salute delle persone, con altrettanta dedizione e slancio essa curò la cultura. Cominciamo con gli amanuensi dei capitoli delle cattedrali e delle abbazie che con la loro opera di copiare i libri dell’antichità a mano, quindi il nome amanuensi, furono gli artefici della trasmissione della cultura antica al mondo moderno. Oltre a copiare i testi classici con cui riempirono biblioteche, copiavano ancora i libri che servivano nelle chiese per la liturgia e quelli necessari per gli scolari.

  La quasi totalità delle scuole nell’Alto medioevo (V – X secolo) erano presso le cattedrali, le abbazie e le parrocchie e la più parte degli studenti era costituita da giovinetti che si avviavano allo stato monacale o ecclesiastico. Importantissimo è che proprio dalle scuole delle cattedrali nel XII –XIII secolo nacquero le Università, la massima fucina di cultura di allora e di oggi. “Queste Università sono delle creazioni ecclesiastiche, in un certo qual modo, il prolungamento delle scuole episcopali, da cui si differenziavano per la loro dipendenza dal papa anziché dal vescovo del luogo”. (Régine Pernoud – Luce del Medioevo” – pag. 111)

 

TEATRO

 

  Anche per il teatro le radici sono nel Cristianesimo, anzi addirittura nelle chiese, dove i riti e gli eventi soprattutto di Natale e di Pasqua e vite di Santi e di Martiri erano dialogati e rievocati con una materiale rappresentazione. Questa forma di liturgia, nata a Roma,Carlo Magno nel sec. VIII, in obbedienza al papa Adriano I (771 –795) la fece adottare in tutte le chiese dell’Impero e furono inviati cantori romani fino in Britannia ad insegnare questi riti liturgici tradotti parzialmente in rappresentazioni dialogate. Questa forma liturgica fu seguita prestissimo nelle solenni abbazie benedettine di qua e di là dalle Alpi e in genere nelle grandi chiese della Cattolicità. Questi primi accenni drammatici furono battezzati dagli storici con la denominazione di “Dramma liturgico”. Ad un certo momento la rappresentazione “s’avanza fino al portico (della chiesa); s’inoltra sul sagrato; finalmente, esce in piazza. E’ “il teatro delle masse” del Medioevo; ed è il principio del Dramma moderno”. Scrive queste righe Silvio d’Amico (1887 – 1955), uno dei più grandi storici del teatro, nella sua opera: “Storia del Teatro drammatico”, vol. I, pag. 241)

  Interessante è il parere di un altro studioso, Agostino Lombardo che nella sua “Storia del teatro, medioevo e rinascimento” a pag. 11 scrive che questo processo che porta alla maturazione del teatro “non è limitato ad un singolo paese o regione, ma che, al contrario, data l’unità della Chiesa, e l’unità quindi della cultura medioevale, non ha confini nazionali ma si attua nell’intera Europa”.

 

MUSICA

 

  Alcune parti di queste rappresentazioni erano accompagnate   dalla musica che si era affermata a Roma nel corso del V secolo e nel VII secolo sarà chiamata canto romano e alla fine dell’VIII secolo canto gregoriano. Carlo Magno contribuisce decisamente alla diffusione del canto gregoriano e nel X e XI secolo diversi monasteri divengono centri famosi per la divulgazione di questa musica. Il canto gregoriano fu subito introdotto anche in Inghilterra. “Questo canto è il patrimonio più antico, perfettamente documentabile, di tutta la musica europea. Il patrimonio profano, fiorito a partire dall’ VIII secolo... si serve molto spesso, per quanto riguarda la musica di note melodie prese a prestito dal Gregoriano, che vengono adottate senza alcuna modifica”. (Fratelli Fabbri – “Storia della musica” – vol. XII – pagg. 14 e 21).

  Qualche secolo più tardi Guido d’Arezzo (ca. 990 – 1050), celebre monaco benedettino e teorico musicale, introdusse il nome delle note che usiamo ancora oggi. Suo grande merito però è l’aver fissato il sistema di lettura musicale basato sul pentagramma.

  Per quanto poi riguarda le creazioni musicali possiamo dire che alcuni dei vertici assoluti hanno temi cristiani. Mi limiterò a pochissimi esempi. La “Missa solemnis” secondo alcuni critici e alcuni direttori d’orchestra è il capolavoro eccelso di Beethoven (1770 – 1827)che come tutti sanno è uno dei massimi compositori. Per il grande Hàndel (1685 – 1759) autore del “Messiah” basta il titolo per vedere che si tratta di un soggetto cristiano. Il sommo Johan Sebastian Bach (1685 – 1750) tra tanti capolavori ha composto anche due passioni, quella secondo S. Matteo e quella secondo S. Giovanni. Del sorprendente riformatore teorico e pratico dell’orchestra Hector Berlioz (1803 – 1869) ricorderemo “La grande messe des morts “ (1837), il “Te Deum” (1849) e la trilogia “L’enfance du Christ” (L’infanzia di Cristo) (1850 – 54). Senza ulteriori citazioni diciamo che quasi tutti i compositori hanno composto della musica sacra.

 

EDIFICI SACRI

 

  Nel corso del X secolo era giunta a un notevole livello l’opera di disboscamento, di bonifica di paludi e di dissodamento di vasti comprensori incolti, opera iniziata dai Benedettini, che in questo campo, come anche in altri, furono dei pionieri.

  Anche l’artigianato fece dei progressi. A tutto questo si accompagnò una discreta crescita demografica. A coronamento di tutti questi aspetti positivi si ebbe un miglioramento economico. Le comunità potevano quindi disporre di qualche cosa e subito, essendo cristiane, pensarono di costruire una decorosa casa del Signore, una chiesa, e gareggiarono tra loro per realizzare la più bella. 

  Rodolfo il Glabro, monaco nell’abbazia di Cluny e cronista, vissuto tra il X e l’XI secolo, scrive a pagina 106 della sua opera “Storia dell’anno Mille”: “Era come se il mondo stesso, scotendosi, volesse spogliarsi della sua vecchiezza – era l’anno 1003 – per rivestirsi di un bianco manto  di chiese”.

  Il manto di chiese, in parte cambiò di forme nel corso dei secoli, ma copre ancora oggi l’Europa con chiese cattoliche, protestanti o anglicane, ma sempre cristiane. E sempre cristiane sono pure quelle della Chiesa ortodossa nell’Europa orientale.

  Ancora oggi sentendo il nome di molte città europee, istintivamente lo accostiamo al nome di una chiesa e, naturalmente, in tanti casi, anche a qualche edificio civile. Sentendo Vienna si pensa subito alla cattedrale di Santo Stefano “chiamata comunemente dai viennesi il duomo e che è il centro non solo religioso ma anche nazionale dell’Austria”. (Louis Barcata – “Qui Vienna” – pag. 29). Udendo Parigi, si pensa naturalmente alla Torre Eiffel, ma anche alla cattedrale di Notre Dame. Il nome di Londra farà venire in mente la Torre dell’orologio o del Big Ben e la storica abbazia di Westminster. Liverpool è orgogliosa delle due moderne cattedrali: quella enorme anglicana (1904) e quella cattolica con una grandiosa cupola (1933). Colonia richiama immediatamente alla sua superba Cattedrale che la domina con le due torri in facciata alte 156 metri. Ulm porta subito a pensare alla gigantesca torre alta 161 metri che costituisce la facciata del duomo. Non possiamo dimenticare Mosca, nome che evoca il suo Cremlino con il Gran Palazzo (1840) e con le antiche cattedrali dell’Assunzione, dell’Arcangelo S. Michele, del Salvatore e dell’Annunciazione (XV secolo) con le loro numerose cupole a bulbo.

  E gli esempi non finirebbero più.

 

FONTI CRISTIANE D’ISPIRAZIONE

 

  Se passiamo ai musei, dalla Russia al Portogallo, dall’Italia all’Inghilterra, credo non sia difficile convenire che buona parte dei quadri in essi esposti rappresenta temi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento e da vite di Santi e di Martiri.

  Consideriamo ora alcuni capolavori delle letterature europee per constatare come il Cristianesimo sia presente e queste opere siano di chiara ispirazione cristiana.

  Incominciamo con quello che certamente è il massimo poema del Medioevo cristiano e di tutti i tempi: “La divina Commedia di Dante Alighieri (1265 – 1321). Non si deve dimenticare il più notevole poema della lingua inglese: “Il Paradiso perduto” di John Milton (1608 – 1674) dove la religiosità puritana trovò nobile e severa espressione. Ancora ricordiamo del tedesco Klopstock (1726 – 1804) la “Messiade”, poema epico dove si celebra “ una fede sana, fuor da dubbi e nebbie filosofiche” e dove si imprime “nuovo vigore e nitore alla lingua poetica”. (Giovanna Federici Ajroldi – “Centouno capolavori tedeschi” pag. 47).

  Non si può non dedicare un breve cenno al più noto capolavoro della lingua tedesca di Wolfgang Goethe (1749 – 1832) il “Faust” “poema drammatico, alimentato da una sensibilità sostanzialmente cristiana” (Giuseppe Gambetti – “Centouno capolavori tedeschi” – pag. 138)

 

SERVIZIO POSTALE

 

  Con la caduta dell’Impero romano (476 d.C.) il servizio postale fu vittima di un completo disfacimento e “le uniche strutture che avevano bisogno di corrispondere intensamente erano i conventi per motivazioni religiose – e più tardi – le università per motivi culturali”. I monaci stabilirono “un efficiente sistema di corrieri capaci di collegare le abbazie in tutta Europa. Gli ordini religiosi si limitavano però al trasporto della propria corrispondenza e solo eccezionalmente accettavano lettere dai privati”. “Il sistema di collegamento si sviluppò tanto che l’abbazia di Montecassino poteva disporre di proprie navi per corrispondere con le colonie monastiche del Mediterraneo. Queste navi, comandate da un frate e condotte da monaci conversi, erano veri e propri conventi naviganti”. “I Cistercensi di Citeaux (Francia) stabilirono linee di messaggeri a cavallo in grado di collegare i seimila conventi dell’ordine sparsi in tutta Europa dalla Spagna alla Polonia”. “Le messaggerie dei monasteri perderanno la loro importanza solo nel XVII secolo”. (Augusto Leggio – “Nel tempo e nello spazio. Storia illustrata della Posta e della Telecomunicazione”. Da pag. 76 a pag. 81)

 

LA SCOLASTICA

 

  La filosofia che domina in tutta Europa nel Medioevo, è la Scolastica, ossia la filosofia che si insegnava nelle scuole episcopali, abbaziali e universitarie. La Scolastica fu varia e ricca nella sua espressione e nei capaci pensatori che la elaborarono. “La Scolatica è fondata sulla concezione cristiana della realtà e della vita; trae partito anche dalle filosofie antiche, ma in quanto si confanno con quella concezione; è intimamente connessa con la teologia cristiana, di cui fu anche ritenuta una propedeutica razionale”. (“Dizionario enciclopedico moderno” – Labor).

  Essa si svolge dalla Rinascenza carolingia fino al Rinascimento. Comprende un periodo di preparazione che dal IX secolo va fino alla metà dell’XI; un periodo di sviluppo che  occupa la seconda metà dell’XI secolo, e tutto il XII; il periodo di massima fioritura si ha nel XIII secolo con i giganti del pensiero cristiano e del pensiero medioevale, S. Tommaso d’Aquino (1225 – 1274), domenicano e S. Bonaventura di Bagnorea (1221 – 1274), francescano.

  “Di enorme valore per la Scolastica fu la diffusione in tutta Europa degli scritti e del pensiero di Aristotele, in gran parte attraverso la traduzione dei testi arabi”. (M. E. Bunson “Dizionario Universale del Medioevo pag. 561)

  Come corpo di dottrine e atteggiamento di pensiero la Scolastica è rimasta sempre viva nel corso della cultura europea e dalla metà del XIX secolo è rifiorita con il nome di Neoscolastica o Neotomismo e ha i suoi centri nell’Università di Lovanio (Belgio), fondata nel 1425, ancor oggi fulcro del pensiero cattolico in Belgio, l’Università cattolica internazionale di Friburgo (Svizzera), fondata nel 1889, centro della cultura cattolica svizzera e l’Università cattolica di Milano, istituita nel 1921.

  Tra i numerosi seguaci sia religiosi che laici di questa moderna rifioritura della Scolastica, ricordiamo alcuni dei più noti: il francescano Agostino Gemelli (1878 – 1952) e don Francesco Oliati (1886 – 1962) per l’Italia, Jacques Maritain (1882 - 1973) e Etienne Gilson ((1884 - 1968) per la Francia.

  Teniamo presente che certe idee di più di un filosofo scolastico furono riprese da pensatori moderni. Il famoso argomento ontologico dell’esistenza di Dio di S. Anselmo d’Aosta (1033 – 1109) “fu accettato, pur modificandolo, da Duns Scoto (1266 – 1308), da Cartesio (1596 –1650) e da Leibniz (1646 – 1716)” (Celestino Argenta “Costruttori d’Europa” – pag. 74) e in genere dai razionalisti prekantiani. La concezione della logica del francescano Raimondo Lullo (1235 ca – 1315), mistico e teologo spagnolo, ebbe notevole influenza sul Rianascimento (Giordano Bruno, 1548 – 1600) e sul secolo XVII (Gottfried Wilhelm Leibniz, 1646 – 1716). Il volontarismo di Giovanni Duns Scoto (1266 – 1308), francescano chiamato “Doctor subtilis” – Dottore sottile – ebbe sviluppo nel francese Renato Cartesio (1596 – 1650), nel tedesco Guglielmo Wundt (1832 – 1920), nel francese Maurizio Blondel (1861 – 1949).

  Come abbiamo visto “la Scolatica non muore col Medioevo, ma soltanto perde nella moderna civiltà quel primato che aveva goduto un tempo. Le capacità dialettiche della filosofia moderna, lo spirito finemente analitico dei moderni pensatori è certo derivato dall’uso rigoroso del raziocinio di cui diedero esempio i grandi Maestri della Scolastica…Sicché anche a questo proposito la continuità del pensiero umano è mantenuta.          La filosofia del Cristianesimo, insomma, non ha ancora esaurite le sue risorse, né estinta la sua vitalità” (Luigi Stefanini – “Il pensiero moderno” – pagg. 10-11)

 

SCIENZE

 

    I primi segni di un risveglio delle scienze lo si avvertì intorno all’anno mille quando si ebbe una ripresa dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio e dell’economia in generale. Si può dire che simbolo di “questa ripresa è Gerberto d’Aurillac (ca. 945 – 1003), monaco benedettino, che dopo aver insegnato matematica a Reims e in altri centri di studio, divenne papa col nome di Silvestro II (999 – 1003). Egli può venir considerato come l’elemento di trapasso dal periodo di decadenza dei secoli precedenti alla rinascita del sec. XI. La sua cultura, infatti, sebbene generica e superficiale, rivela tuttavia alcuni interessi nuovi, una nuova apertura d’orizzonte, che lasciano ormai percepire imminente un radicale mutamento. Gerberto si occupa ancora di varie discipline, ma porta in ciascuna di esse e specialmente nella matematica freschezza di indagine”: (Ludovico Geymonat – “Storia delle scienze” – vol. I, pagg. 97 – 98).

  “Nella seconda metà del sec. XIII e soprattutto nel XIV, la matematica fece il suo ingresso trionfale nelle università, a partire da Oxford, dove si distinse Roberto Grossatesta (1175 – 1253), seguito da Ruggero Bacone (1210 –1299), singolare figura di frate francescano inglese, filosofo , scienziato e alchimista. Nel suo libro “Opus maius” – Opera maggiore – sono contenuti studi di ottica che precorrono persino l’ottica galileiana e molte nozioni di uso pratico come quelle relative alla polvere da sparo”. (Enciclopedia Garzanti – vol. V – pag. 3361). L’inglese Roberto Grossatesta insegnò ad Oxford dal 1224 al 1235, quando fu eletto vescovo di Lincoln. E’ noto come astronomo e fu molto versato in ottica, matematica e scienze.

  Un altro personaggio che contribuì al progresso scientifico è Nicola Oresme (ca. 1320 – 1382), filosofo francese, vescovo di Lisieux dal 1378, che cooperò alla nascita della matematica e della scienza moderna. “Scrisse un trattato “De moneta” (ca. 1360), che è un primo studio scientifico sul denaro. I suoi studi sul movimento dei corpi, insieme a Giovanni Buridano, anticiparono i successivi sviluppi di Leonardo da Vinci (1452 – 1519) e del Copernico (1473 – 1543). La sua opera sulla geometria analitica anticipò le teorie di Galileo (1564 – 1642) e quelle di Cartesio (1596 –1650)”. (M. E. Bunson – “Dizionario Enciclopedico del Medioevo”).

  “Nicola Oresme adoperando per la prima volta nella storia della scienza una rappresentazione grafica corrispondente al nostro uso delle coordinate, trovò la legge, ancor oggi accettata, che nel moto uniformemente vario lega lo spazio percorso dal mobile al tempo impiegato a percorrerlo”. (Mario Gliozzi – “Storia della Scienza” vol. II – pag. 25).

  Si deve citare anche il grande pittore Giotto (1267 – 1337) che con la sua prospettiva empirica si stacca completamente dalla piatta staticità bizantina e preannuncia decisamente la prospettiva geometrica rinascimentale di Brunelleschi (1337 – 1446), Masaccio (1401 – 1428) e Piero della Francesca (1415 – 1492).

 

SCOPERTE GEOGRAFICHE

 

  I monaci hanno contribuito enormemente ad allargare le conoscenze geografiche viaggiando soprattutto in Asia. Nel primo Medioevo le nostre cognizioni sull’Asia derivavano dalle opere di geografi arabi, ma in un secondo tempo dei monaci viaggiarono e scrissero utili e preziose relazioni.

  Giovanni da Pian del Carpine (Pian del Carpino, Perugina, fine del XII sec. – 1252) fu tra i primi compagni di S. Francesco, diffuse l’ordine dei Minori in alcune nazioni europee. Fu uno dei più grandi viaggiatori europei. Nel 1245 si recò quale legato di Innocenzo IV presso il kahn dei Tartari e scrisse la “Historia Mongolorum” (Storia dei Mongoli), primo trattato storico-geografico sul paese dei Tartari scritto da un europeo.

  Nello stesso secolo Guglielmo di Rubruquis (ca. 1220 – ca. 1295), monaco francescano fiammingo, nel 1253 fu mandato da Luigi IX, re di Francia, nell’impero mongolo. Al suo ritorno scrisse per il re un libro sulle sue avventure con osservazioni molto dettagliate.

  Dopo questi due francescani è la volta di Marco Polo (ca. 254 –1324) che andò in Asia con il padre Niccolò e lo zio Maffeo nel 1271. Questi tre partirono con la benedizione del papa Gregorio X che era amico dei Polo. Arrivati alla corte dell’imperatore dei Mongoli, Kublai Khan vicino a Pechino, gli consegnarono (1275) alcune lettere del papa e Marco Polo rimase presso l’imperatore. Visitò poi la Cina sud-occidentale e la Birmania. Ritornando vide altri paesi asiatici. Tutti e tre i Polo rientrarono a Venezia nel 1295. Marco dettò, in prigione a Genova, il suo libro “Il Milione” a Rustichello da Pisa che alimentò la fantasia dei suoi contemporanei e delle generazioni successive. Il Milione fu la principale fonte di conoscenza dell’Oriente durante il Rinascimento.

Dopo Marco Polo altri due missionari francescani andarono in Cina: frate Giovanni da Monte Corvino (1247 – 1328) che dal 1307 fu arcivescovo di Pechino e frate Odorico da Pordenone (ca. 1286 –1331), che, trascorsi alcuni anni a Pechino, tornò in patria e scrisse una relazione molto nota del suo viaggio.

E’ evidente come tanti progressi nella conoscenza della geografia abbiano origine nel Medioevo cristiano per opera di coraggiosi monaci che hanno posto le basi per sempre più lunghi viaggi verso sempre nuove regioni.

Dell’Oriente si parlava molto e per le informazioni dei missionari e per le notizie e i prodotti portati dai mercanti. Ed ecco alla ribalta della storia Cristoforo Colombo (Genova, 1451 – Valladolid, 1506) che ebbe un’intuizione geniale e propose che, essendo la terra rotonda, navigando nell’Oceano verso ovest, si sarebbe arrivati in India. Lo confortò in questa idea e lo convinse definitivamente della sua bontà Paolo Del Pozzo Toscanelli (Firenze, 1397 –1482) astronomo, matematico, geografo e medico. Isabella di Castiglia (1451 – 1504) e il consorte Ferdinando II d’Aragona (1452 – 1516), conosciuti come i “Re Cattolici” finanziarono l’impresa, iniziata il 3 agosto 1492 dal porto di Palos. Cristoforo Colombo, il protagonista di uno degli avvenimenti più stupefacenti della storia dell’umanità e della più grande scoperta geografica di tutti i tempi – raddoppiava la superficie del mondo allora conosciuto – morì nel 1506, dopo quattro viaggi, senza sapere di aver scoperto un nuovo continente e sempre convinto di aver raggiunto l’Asia.

La data della sua imprevista, ma importantissima scoperta – 1492 – fu adottata come punto di conclusione del Medioevo e di inizio dell’Evo Moderno. Anche questo fondamentale e significativo punto di riferimento ha una radice cristiana. L’impresa, che lo determinò, fu compiuta da un cristiano e resa possibile dai Re Cattolici di Spagna.

 

ALFABETO CIRILLICO

 

      Se un russo è intento a leggere un giornale o una poesia del suo grande poeta Pùskin (1799 – 1837), difficilmente penserà che i caratteri che compongono le parole che passano sotto i suoi occhi sono stati inventati da S. Cirillo, monaco cattolico (Tessalonica, 827 – Roma, 869). S. Cirillo e suo fratello S. Metodio (Tessalonica, 815 – Moravia, 885) studiosi, linguisti e attivi missionari, Patroni d’Europa insieme a S. Benedetto, convertirono al Cristianesimo i popoli slavi della Moravia, della Pannonia ed altri, pertanto furono chiamati:”Apostoli degli Slavi”. Essendo quei popoli analfabeti e non avendo una scrittura, Cirillo, per facilitare la loro conversione, inventò un alfabeto capace di tradurre in segni e quindi in una scrittura i complessi suoni della lingua slava: è l’alfabeto cirillico. Il successo fu immediato. I due fratelli tradussero in slavo parte della Bibbia e tutti i testi liturgici cattolici. Così i due Santi furono di aiuto alla nascita della letteratura slava e della lingua russa, parlata in Russia e in tutto il mondo slavo e offrirono ancora ai popoli slavi “lo strumento per una propria cultura: la scrittura detta cirillica”. (Ettore Lo Gatto – “La letteratura russa” – pag. 2)

      Così anche l’Europa orientale, oltre ad altri influssi, presenta e usufruisce di evidenti radici cristiane: l’alfabeto e la scrittura inventati da S. Cirillo. Radici cristiane che più appariscenti, più onnipresenti e più durature è difficile inventare.

 

UNICA FONTE: IL CRISTIANESIMO

 

  Abbiamo visto come tutte le manifestazioni che nobilitano l’uomo: poesia, pittura, scultura, architettura, teatro, musica, filosofia, scienza, medicina, opere assistenziali e sociali e qualsiasi altra manifestazione umana abbiano la loro sorgente nel Cristianesimo e siano sorte in un’atmosfera cristiana.

  Anche la trinità laico-giacobina della Rivoluzione francese: fratellanza, uguaglianza e libertà non è altro che la trasposizione in termini laici di valori cristiani che a quei tempi, ai tempi della Rivoluzione, erano già vecchi di diciotto secoli.

  Basta analizzare le prime due parole della preghiera insegnata da Gesù medesimo agli Apostoli: il Padre nostro. Se è Padre nostro, ossia di tutti noi, ne deriva che noi abbiamo lo stesso padre e quindi siamo fratelli, ci unisce la fratellanza. Secondo la dottrina cattolica siamo stati creati ad “immagine e somiglianza di Dio” (Genesi 1, 26 – 27) secondo uno stesso modello, pertanto l’uguaglianza è il carattere che ci unisce. Inoltre siamo stati creati completamente liberi, di conseguenza la libertà è una nostra prerogativa.

  Possiamo concludere che la tanto celebrata e decantata triade della Rivoluzione francese: fratellanza, uguaglianza e libertà è figlia del Cristianesimo.

 

OPINIONI PIU’ CHE AUTOREVOLI

 

  A bilanciare, o meglio, a destituire di ogni peso la immeritata esclusione delle radici cristiane dal Preambolo decisa dagli intellettuali moderni di Giscard d’Estaing citerò – dopo tutte le cose che abbiamo riferito – l’opinione di alcuni dei più geniali e creativi  intelletti europei degli ultimi secoli, vera gloria dell’Europa moderna, e di qualche studioso contemporaneo.

  Servendomi, per due nomi eccellenti, delle citazioni addotte dal bibliotecario dell’Ambrosiana (Milano) mons. Gianfranco Ravasi in un suo articolo su “Avvenire” del 5 giugno 2003, ricordo la frase del più grande poeta tedesco, Wolfgang Goethe (1749 – 1832): “La lingua materna d’Europa è il Cristianesimo” e le parole del più grande filosofo tedesco e forse d’Europa Emanuel Kant (1724 – 1804): “Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà”. Ricordo un saggio del massimo filosofo italiano del’900, Benedetto Croce (1866 – 1952) il cui titolo riassume il contenuto dello scritto “Non possiamo non dirci cristiani”. Ancora uno dei più seri storici odierni del Medioevo, Franco Cardini sintetizza la sua idea su questo argomento nella frase: “L’Europa al suo nascere è stata Cristianità”. (“Avvenire; 12 –06 –2003).

  E per ultimo diamo la parola al più squisito e affascinante lirico romantico tedesco e profondo pensatore, Novalis (1772 – 1801) che scrisse il breve e densissimo saggio: “Europa oder die Christenheit” (Europa o Cristia-nesimo). “Il titolo ne riassume la tesi: l’unità europea è unità nel Cristianesimo”. (Ladislao Mittner – “Storia della lette-ratura tedesca”, pag. 775).

  Ora ciascun lettore davanti alle chiare, precise e numerose testimonianze di tanti personaggi veramente validi, anzi validissimi, può tirare da sé una logica conclusione.

 

EPISODIO ILLUMINANTE

 

  Sono tentato di chiedere al cortese lettore ancora un paio di minuti per ricordare un episodio illuminante.

  Ci fu almeno un’altra volta nella storia plurimillenaria dell’Europa che in un certo momento gli intellettuali cercarono di denigrare e di cancellare un periodo dell’arte. Fu una cosa ben più leggera di quella di oggi, ma vale la pena di ricordarla per la conclusione che ebbe.

  Gli uomini del Rinascimento (chiaramente da: rinascere) XV - XVI secolo, che per rinnovare l’arte e la letteratura, la cultura in generale, si ispirarono direttamente alla classicità e vollero far rinascere l’antichità, bollarono l’arte del momento immediatamente precedente col termine “gotico” che per loro aveva un significato dispregiativo e si comportarono come non fosse mai esistita. Il Vasari (1511 – 1574), il più noto storico dell’arte italiana, ebbe a scrivere: “mostruosa e barbara la maniera (=lo stile) trovata dai Gothi”. Però dalla metà del XVIII secolo si svolse un processo di rivalutazione del gotico sostenuto in maniera particolare dal Romanticismo.

Nel corso del XIX secolo nacque addirittura un movimento neogotico – nuovo gotico – che realizzò diverse opere architettoniche, sia religiose che civili, nell’intera area europea e un adeguato tipo di ornamentazione. A Verona abbiamo il neogotico Santuario di Santa Teresa a Tombetta, costruito nei primi anni del’900.

E’  facile prevedere che come lo stile gotico fu misconosciuto e disprezzato e qualche secolo più tardi rivalutato, richiamato in vita e ancora usato, se il Preambolo rimarrà nella manchevole e distorta forma attuale, quando arriveranno persone più obiettive e imparziali – le costituzioni sono sempre perfettibili – provvederanno a correggere le gravi manchevolezze rilevate.

Le cose da ricordare sarebbero ancora molte, sia del mondo antico che del mondo cristiano. Ho citato soltanto alcune delle più importanti, che hanno contribuito a dare un volto all’Europa moderna, sia nel suo aspetto fisico che in quello culturale. Naturalmente ognuno può aggiungere quello che la memoria gli suggerisce.

A questo punto non riesco a liberare la memoria da due versi di un’arietta dell’abate e poeta Pietro Metastasio (1698 – 1782):                   

              Ovunque il guardo io giro,       

              immenso Dio ti vedo.

E di modificarli così:

              Ovunque il guardo io giro,

              cristiane radici vi vedo.

Ne convengo, sul piano metrico e musicale il verso modificato costituisce veramente un delitto, ma sul piano concettuale fotografa la oggettiva realtà dell’Europa: dappertutto vediamo continui richiami cristiani.

 

UN BRINDISI?

 

  E se volessimo chiudere in bellezza e brindare alla fine della stesura della Costituzione europea con uno spumante che il Preambolo, a dire il vero, in questa forma non merita, ci capita ancora tra i piedi, anzi tra le mani un ritrovato di un benedettino, perché non dobbiamo scordare che fu proprio un monaco benedettino francese (quindi della patria di Giscard d’Estaing!) dom Pérignon (1638 – 1715) che si accorse che con certi procedimenti il buon vino diventa spumante. Anche qui un benedettino! Ancora una volta la Chiesa cristiana, una radice cristiana! Tutti sanno quale successo ebbe e ha questa preziosa scoperta del modesto benedettino.

Brindiamo, allora, al rinnovamento del Preambolo!     

 

                                                                                                Giuseppe Scudellari

 

 

 

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