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IDEE Credenti e non credenti: un intervento del cardinale Ratzinger a Parigi Senza Dio troppi inferni in terra Il disprezzo de

 

IDEE

Credenti e non credenti: un intervento del cardinale Ratzinger a Parigi


Senza Dio troppi inferni in terra

Il disprezzo dell'uomo dai lager e dai gulag al commercio degli organi


«Non che non vi siano atei dal grande senso etico, ma si basa su quella luce venuta  un giorno dal Sinai e che continua a brillare.

La Chiesa difenda sempre la ragione»
                                                                                                                          

 Joseph Ratzinger


         Sul rapporto tra fede e ragione e sui rischi di nuovi inferni in terra ove si dimentica Dio ha parlato domenica scorsa nella cattedrale parigina di Notre Dame il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. L'intervento del porporato ha chiuso il ciclo delle sei conferen-

ze di Quaresima promosse dall'arcidiocesi come momento forte di riflessione in preparazione alla Pasqua 2001.


         Ratzinger ha toccato i temi della testimonianza cristiana in un mondo che sembra fare affidamento solo su determinati valori condivisibili da tutti ed ha invitato i credenti a farsi portatori della vera gioia che solo da Dio può venire. Della conferenza, pubblicata domenica dal quotidiano francese «La croix», riportiamo i passi più significativi.


         Ho letto recentemente su una rivista le affermazioni di un intellettuale tedesco che riguardo alla «que-stione Dio» si professava agnostico aggiungendo che di Dio non si può né provare né escludere totalmente l'esi-stenza, sicché il problema rimane aperto. Per contro, costui si diceva fermamente convinto dell'esi-stenza dell'inferno: gli bastava accendere un televisore per constatarlo senza ombra di dubbio.


         Se la prima parte di questa affermazione corrisponde in pieno al modo al sentire moderno, la secon-da sembra bizzarra, perfino incomprensibile, almeno ad un primo esame. Infatti come credere all'inferno se Dio non esiste? Considerate più attentamente, quelle parole incarnano però una logica. L'inferno - que-sta è la sua definizione - è vivere nell'assenza di Dio. Dove Dio non c'è e non penetra alcun barlume della sua presenza, ecco l'inferno. La prova, forse, non è data tanto dallo spettacolo quotidiano della televi-sione, ma piuttosto da uno sguardo sul secolo trascorso che ci ha lasciato parole come Auschwitz o arci-pelago Gulag, e nomi come Hitler, Stalin, Pol Pot. (...) Questi inferni furono fabbricati per preparare un mondo futuro di uomini bastanti a se stessi, convinti di non aver più bisogno di Dio. (...) Dove non c'è Dio spunta l'inferno, e l'inferno persiste semplicemente attraverso l'assenza di Dio. Ci si può anche arrivare at-traverso forme sottili, quasi sempre affermando di volere il bene degli uomini.

 

         Quando oggi si fa commercio di organi umani, quando si fabbricano feti per disporre di organi di ri-serva o per fare avanzare la ricerca e la prevenzione medica molti considerano come implicito il contenuto umano di queste pratiche, ma il disprezzo dell'uomo che è sottinteso - quando si usa e si abusa dell'uomo - conduce, lo si voglia o no, alla discesa agli inferi. Questo non vuol dire che non ci possano essere e che non ci siano degli atei dotati di grande senso etico, ma mi sento comunque di affermare che tale etica si basa su quella luce venuta un giorno dal Sinai e che continua a brillare, intendo dire la luce di Dio. (...) Però Nietzsche ha avuto ragione a sottolineare che quando la notizia della morte di Dio sarà conosciuta ovunque, quando la sua luce si sarà definitivamente spenta, quel momento non potrà che essere terrifi-cante.


         Perché dire questo nell'ambito di una riflessione su ciò che noi cristiani dobbiamo fare oggi, nel mo-mento storico che viviamo all'inizio del terzo millennio? Perché, appunto, il nostro compito di cristiani ne risulti illuminato. E' compito ad un tempo semplice e immenso: testimoniare Dio, aprire finestre sbarrate e velate così che la sua luce possa brillare tra noi, così che noi possiamo lasciare spazio alla sua presenza. Rovesciamo le cose: dove c'è Dio, c'è il cielo; pur al prezzo delle miserie della nostra esistenza, la vita si illumina.


         Il cristianesimo non è una filosofia complicata invecchiata con il trascorrere del tempo, non è un am-masso incommensurabile di dogmi e precetti; la fede cristiana consiste nell'essere toccati da Dio e testi-moniare di lui. (...) Allora possiamo dire: la Chiesa c'è perché Dio, il Dio vivente, sia annunciato, perché l'uomo possa imparare a vivere con Dio, sotto i suoi occhi e in comunione con lui. La Chiesa c'è per scongiurare l'avanzata dell'inferno sulla terra e per rendere quest'ultima abitabile alla luce di Dio. Grazie a lui e solamente grazie a lui essa sarà umana.


         Non fosse altro che per tale ragione deve continuare ad esistere, in quanto un suo venire meno tra-scinerebbe l'umanità nel vortice delle tenebre, dell'oscurità, perfino della distruzione di ciò che fa l'uomo. (...) Perciò la Chiesa deve misurarsi con se stessa ed essere misurata secondo la maniera in cui vivono in lei la presenza di Dio, la sua conoscenza e l'accettazione della sua volontà. Una Chiesa che non fosse che un apparato che si autogoverna sarebbe una caricatura di Chiesa. Tanto più ruoterà attorno a se stessa e non avrà occhio che per gli obiettivi da perseguire per la sua sopravvivenza, essa diventerà superflua e deperirà anche se disponesse di grandi mezzi e fosse oggetto di un abile «management». Se il primato di Dio non è vivente in lei, essa non può vivere e fruttificare. (...)

 

         Il tema dei valori prende oggi il posto del concetto del Dio scomparso ed è nel contempo la for-mula unificatrice che, al di là di tutte le differenze, potrebbe condurre ad una coesione universale degli uo-mini di buona volontà (e chi non ci starebbe?) e anche portare ad un mondo davvero migliore. Sembra seducente. Chi non si sentirebbe obbligato a perseguire l'obiettivo della pace sulla terra? Chi non avrebbe bisogno di lottare per il trionfo della giustizia e perché le ineguaglianze stridenti tra le classi, le razze e i continenti finalmente scompaiano? E chi non vedrebbe la necessità di difendere il creato contro le distru-zioni moderne? Dio sarebbe diventato superfluo? Questi tre valori possono soppiantarlo?

 

         Ma come facciamo a sapere quello che è utile per la pace? Da dove ricaviamo il metro della giusti-zia e la distinzione tra il bene e il male? E come discerniamo il momento in cui la tecnica risponde alle esi-genze del creato da quello in cui essa procura la sua distruzione? Chi si àncora a questi valori non può na-scondersi che essi diventano presto il teatro di ideologie e non resistono all'assenza di una criteriologia coerente e corrispondente alla realtà stessa della creazione e dell'uomo. I valori non possono sostituire la verità, non possono rimpiazzare Dio, di cui sono la pallida figura e senza la luce del quale sono mal definiti.

        

         Si torna daccapo: senza Dio il mondo non può illuminarsi; la Chiesa serve il mondo facendo in modo che Dio viva in essa, trasparente per lui, pronta a portarlo all'umanità. Così siamo arrivati ad un problema di ordine pratico: come fare? Come possiamo riconoscere Dio e comunicarlo agli altri? (...) La missione più urgente che io vedo per la Chiesa nel nostro secolo è quella di lottare per la nuova presenza dell'intel-ligenza della fede. La fede non deve ripiegarsi su se stessa, nel suo guscio, sulla base di una scelta non più giustificata. Non deve rattrappirsi in una sorta di sistema di simboli in cui rinchiudersi, il che rappresente-rebbe alla lunga una scelta accidentale tra altre visioni della vita e del mondo.

 

         La fede ha bisogno del largo spazio della ragione, ha bisogno di apertura, di professare il Dio crea-tore. Senza tale professione di fede la stessa cristologia si inaridirebbe e non parlerebbe di Dio che indi-rettamente, riferendosi ad una esperienza religiosa particolare per forza di cose limitata. Una esperienza tra le altre.


         Un grande compito della Chiesa è il richiamo alla ragione, soprattutto oggi. Dove la fede e la ragio-ne si dividono entrambe soffrono. La ragione diventa fredda e perde i suoi criteri, si fa crudele poiché non ha più nulla sopra di sé. Allora l'intelletto limitato dell'uomo decide da solo come continuare la creazione, decide da solo chi abbia il diritto di vivere e chi debba essere escluso dalla tavola della vita: a quel punto la strada dell'inferno - lo abbiamo visto - è aperta.


         Ma anche la fede può diventare malata senza un vasto concorso della ragione, e i guasti gravi che possono derivare da una religiosità malata li abbiamo sufficientemente sotto gli occhi. Non per nulla nel-l'Apocalisse la religione malata che ha rotto con la grandezza della fede nel creato è presentata come il vero potere dell'Anticristo.

                                                                                                                  Joseph Ratzinger

 

 

        Avvenire 10-04-2001                                                                                                                                     

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