“Non ci sono più miracoli, ma solo istruzioni per
l’uso”. Ricordo questo folgorante pensiero di Franz Kafka quando vedo sui
giornali le cronache dal Sinodo dei Vescovi (anche ieri sulla prima pagina di
Repubblica). A leggere i quotidiani sembra sia tutto un discutere su aborto,
divorzio, regole e norme di tutti i tipi, come se la Chiesa fosse al mondo
per enucleare divieti e rilasciare permessi e non per annunciare la
liberazione delle creature umane dall’infelicità e dal non senso.
Tale falsa rappresentazione dipende dalla miopia dei mass media. E da una
cultura laica che tenta di schiacciare la Chiesa sulle questioni morali, così
da stravolgere l’essenza del cristianesimo (che non è anzitutto un elenco di
norme etiche). Ma mi chiedo se non ci sia anche un errore, un inavvertito
scivolamento da parte dei cattolici.
Il cardinale Luciani, che divenne papa Giovanni Paolo I, non aveva timore di
affermare che (noi cristiani) rischiamo di “sostituire lo stupore con le
regole”. In effetti quando viene meno lo stupore per ciò che Dio realmente e
misteriosamente compie (che sta compiendo adesso) nella vita e nella storia
umana, subentra una grande preoccupazione moralistica, organizzativa e
regolatrice. E capita spesso che i cristiani e il ceto clericale confidino
più in se stessi, nei propri progetti di riforma o anche di evangelizzazione,
nella propria cultura, nelle proprie capacità che non nell’iniziativa
gratuita di Dio. Cosicché grandi segni di Misericordia (penso alle
apparizioni di Fatima) vengono snobbati e irrisi dai teologi (e da certi
vescovi che lasciarono solo Giovanni Paolo II nella “consacrazione” richiesta
dalla Madonna nel 1917) e grandi santi sono incompresi e perfino perseguitati
dallo stesso ceto ecclesiastico (penso alle umiliazioni che ha dovuto sopportare
padre Pio le cui stigmate erano un misterioso e potente richiamo
all’eucarestia).
Il Sinodo è appunto dedicato all’Eucarestia. Per i cristiani non c’è miracolo
più grande. Lo stupore dovrebbe inondarci. E forse – prima di discutere su
mille regole e istruzioni per l’uso – ci si dovrebbe chiedere perché è
diventata così rara l’adorazione eucaristica nelle chiese e si sono invece
moltiplicati i documenti, le riunioni e gli uffici (peraltro senza nessuna
vera efficacia missionaria). Non è questo un sottile ritorno pratico
dell’antico pelagianesimo? Eppure Gesù ci avvertì: “senza di Me non potete
far nulla”.
Si dovrebbe riflettere sull’ammonimento che il cardinale Ratzinger ci ha
rivolto nell’ultima Via Crucis di Giovanni Paolo II, su “quanto Cristo debba
soffrire nella sua stessa Chiesa”, sull’ “abuso del santo sacramento”, sulla
“cattiveria” con cui “celebriamo soltanto noi stessi”, sulla Parola di Gesù
“distorta e abusata”, sulla “sporcizia nella Chiesa anche tra coloro che nel
sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a lui”, “quanta superbia e
autosufficienza!”. Si dovrebbe riflettere sul perché nei libri di certi
teologi si leggono cose tanto “strane” (perfino la resurrezione della carne
di Gesù è messa in dubbio) e – nel post concilio - si sono compiuti tanti
abusi nella liturgia spinti fino oltre il limite dell’ortodossia (non a caso
Paolo VI parlò del “fumo di Satana entrato dentro la Chiesa”). E mentre gli
inventori di tanti abusi teologici e liturgici hanno percorso grandi
carriere, chi desiderava semplicemente pregare come la Chiesa aveva fatto per
due millenni (con la messa in latino) veniva messo al bando. Lo stesso
cardinal Ratzinger ha denunciato “l'atteggiamento di sufficienza” che si
manifesta contro quei fedeli. “Chi oggi sostiene la continuazione di questa
liturgia o partecipa direttamente a celebrazioni di questa natura”, disse
l’attuale Pontefice, “viene messo all'indice; ogni tolleranza viene meno a
questo riguardo. Nella storia non è mai accaduto niente del genere; così è
l'intero passato della Chiesa a essere disprezzato. Come si può confidare nel
suo presente se le cose stanno così? Non capisco nemmeno, ad essere franco,
perché tanta soggezione, da parte di molti confratelli vescovi, nei confronti
di questa intolleranza, che pare essere un tributo obbligato allo spirito dei
tempi, e che pare contrastare, senza un motivo comprensibile, il processo di
necessaria riconciliazione all'interno della Chiesa”.
L’ intervento imprevisto del Papa all’assemblea dei vescovi, per sottolineare
il carattere della Santa Messa come sacrificio espiatorio di Gesù è una forte
correzione di tanta teologia postconciliare che pretende di ridurre la
liturgia a una cena conviviale fra amici. Per questo ci si aspetta dopo
questo Sinodo la tanto sospirata liberalizzazione che tolga quell’odioso
divieto della liturgia tradizionale voluto dall’inquisizione progressista.
Anche se non sarà facile allo stesso Pontefice spazzar via i divieti. Non a
caso dopo la sua elezione Ratzinger chiese di pregare per lui, perché non
fuggisse “davanti ai lupi”. I lupi sono innanzitutto nel mondo, ma forse ce
n' è qualcuno anche nell’ovile santo. O almeno c’è qualche cattivo pastore:
basti pensare all’ultimo deleterio esempio, quello del cardinale anonimo che
– venendo meno all’ “obbligo grave” di “mantenere il segreto” sul Conclave –
ha spifferato tutto il verbale delle votazioni a un giornalista. E l’ha fatto
proprio – a quanto dicono i vaticanisti – per tentare di condizionare il papa
eletto.
Ci si chiede seriamente se quel cardinale – venendo meno tranquillamente ai
suoi gravi impegni – creda ancora in Dio e tema il suo giudizio. E ci si
chiede se i cristiani – soprattutto gli intellettuali e i teologi – credano
ancora davvero alla “presenza reale” di Gesù Cristo nell’Eucarestia come i
cristiani cinesi che per questo finiscono nel Gulag (quanti “miracoli
eucaristici” nei secoli hanno segnato di misterioso sangue quelle ostie). E’
più importante questo della crisi dell’etica. Anche se i giornali non lo
capiscono. Nel 1968 un’intera generazione rifiutò la Chiesa come
“istituzione” e per la sua morale. Oggi proprio quella generazione sembra
ritrovarla ammirando l’Istituzione bimillenaria e come bussola morale nel
buio del nichilismo. Ma il cristianesimo è molto di più. Sul blog che
l’ottimo Sandro Magister tiene sul sito dell’Espresso ieri si commentava la
conferenza a Pordenone del filosofo nichilista Peter Singer mirata a spiegare
“perché uccidere un infante non è sempre sbagliato”. Magister protestava
perché “la conferenza si è svolta nel Convento di San Francesco” e “gli
esponenti cattolici della città pur sollecitati a prendere posizione, hanno
detto o fatto alcunché”. E’ dovere della Chiesa testimoniare la verità anche
sulle terribili conseguenze del nichilismo, come ha fatto nel recente
referendum. Ed è il mondo stesso che chiede luce alla Chiesa. Ma la luce non
è una cultura o un’etica. E’ un Uomo, Dio fatto uomo. E la Chiesa sa che per
impedire che l’umanità si autodistrugga non basta un’etica, serve la potenza
di Dio. Così come Gesù – pur avendo orrore di tutte le bestialità che si
compivano al suo tempo – non bandì crociate contro lo schiavismo, le guerre o
le condanne a morte, ma “venne tra noi” con potenza. Scrive Charles Péguy:
“C’era la cattiveria dei tempi anche sotto Roma. Ma Gesù venne. Egli non
perse i suoi anni a gemere e interpellare la cattiveria dei tempi. Egli
tagliò corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non
si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Eglì salvò. Non incriminò il mondo.
Egli salvò il mondo”.
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