DICHIARAZIONE
DIGNITATIS HUMANAE
SULLA LIBERTA'
RELIGIOSA
IL DIRITTO DELLA
PERSONA UMANA
E DELLE COMUNITÀ ALLA LIBERTÀ SOCIALE
E CIVILE IN M
1.
Nell'età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della
propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di
loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla
coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive. Parimenti, gli stessi
esseri umani postulano una giuridica delimitazione del potere delle autorità
pubbliche, affinché non siano troppo circoscritti i confini alla onesta
libertà, tanto delle singole persone, quanto delle associazioni. Questa
esigenza di libertà nella convivenza umana riguarda soprattutto i valori dello
spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella società.
Considerando diligentemente tali aspirazioni, e proponendosi di dichiarare
quanto e come siano conformi alla verità e alla giustizia, questo Concilio
Vaticano rimedita la tradizione sacra e la dottrina
della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia con quelli
già posseduti.
Anzitutto,
il sacro Concilio professa che Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la
via attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare
salvezza e pervenire alla beatitudine. Questa unica vera religione crediamo che
sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli
uomini, dicendo agli apostoli: « Andate dunque, istruite tutte le genti
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando
loro a osservare tutto quello che io vi ho comandato » (Mt
28,19-20). E tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità,
specialmente in ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire
alla verità man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli.
Il
sacro Concilio professa pure che questi doveri attingono e vincolano la
coscienza degli uomini, e che la verità non si impone che per la forza della
verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con
vigore. E poiché la libertà religiosa, che gli esseri umani esigono
nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunità dalla
coercizione nella società civile, essa lascia intatta la dottrina tradizionale
cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione
e l'unica Chiesa di Cristo. Inoltre il sacro Concilio, trattando di questa
libertà religiosa, si propone di sviluppare la dottrina dei sommi Pontefici più
recenti intorno ai diritti inviolabili della persona umana e all'ordinamento
giuridico della società.
I. ASPETTI GENERALI DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA
Oggetto
e fondamento della libertà religiosa
2.
Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla
libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani
devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di
gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa
nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro
debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in
forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà
religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale
l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo
diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e
sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società.
A
motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone,
dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità,
sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità,
in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire
alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le
sue esigenze. Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di
soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà
psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il
diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione
soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una
tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare
la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato
l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.
Libertà
religiosa e rapporto dell'uomo con Dio
3.
Quanto sopra esposto appare con maggiore chiarezza qualora si consideri che
norma suprema della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e
universale, per mezzo della quale Dio con sapienza e amore ordina, dirige e
governa l'universo e le vie della comunità umana. E Dio rende partecipe
l'essere umano della sua legge, cosicché l'uomo, sotto la sua guida soavemente
provvida, possa sempre meglio conoscere l'immutabile verità. Perciò ognuno ha
il dovere e quindi il diritto di cercare la verità in materia religiosa,
utilizzando mezzi idonei per formarsi giudizi di coscienza retti e veri secondo
prudenza.
La
verità, però, va cercata in modo rispondente alla dignità della persona umana e
alla sua natura sociale: e cioè con una ricerca condotta liberamente, con
l'aiuto dell'insegnamento o dell'educazione, per mezzo dello scambio e del
dialogo con cui, allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca, gli uni
rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere
scoperta; inoltre, una volta conosciuta la verità, occorre aderirvi fermamente
con assenso personale.
L'uomo
coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua
coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per
raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire
contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità
ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione,
per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi,
con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da
un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però
la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente
gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e
professi la propria religione in modo comunitario.
Si fa
quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio per
gli esseri umani, quando si nega ad essi il libero esercizio della religione
nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia.
Inoltre
gli atti religiosi, con i quali in forma privata e pubblica gli esseri umani
con decisione interiore si dirigono a Dio, trascendono per loro natura l'ordine
terrestre e temporale delle cose. Quindi la potestà civile, il cui fine proprio
è di attuare il bene comune temporale, deve certamente rispettare e favorire la
vita religiosa dei cittadini, però evade dal campo della sua competenza se
presume di dirigere o di impedire gli atti religiosi.
La
libertà dei gruppi religiosi
4. La
libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse
anche quando agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi, infatti, sono
postulati dalla natura sociale tanto degli esseri umani, quanto della stessa
religione.
A tali
gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell'ordine pubblico non siano
violate, deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura
coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema
divinità il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita
religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle
istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad
informare la vita secondo i principi della propria religione.
Parimenti
ai gruppi religiosi compete il diritto di non essere impediti con leggi o con
atti amministrativi del potere civile di scegliere, educare, nominare e
trasferire i propri ministri, di comunicare con le autorità e con le comunità
religiose che vivono in altre regioni della terra, di costruire edifici
religiosi, di acquistare e di godere di beni adeguati.
I
gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e
di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però, nel
diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve
evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o
sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di
persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato
come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui.
Inoltre
la libertà religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di
manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina nell'ordinare
la società e nel vivificare ogni umana attività. Infine, nel carattere sociale
della natura umana e della stessa religione si fonda il diritto in virtù del
quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano
liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali,
caritative e sociali.
La
libertà religiosa della famiglia
5. Ad
ogni famiglia--società che gode di un diritto proprio e primordiale--compete il
diritto di ordinare liberamente la propria vita religiosa domestica sotto la
direzione dei genitori. A questi spetta il diritto di determinare l'educazione
religiosa da impartire ai propri figli secondo la propria persuasione
religiosa. Quindi deve essere dalla potestà civile riconosciuto ai genitori il
diritto di scegliere, con vera libertà, le scuole e gli altri mezzi di
educazione, e per una tale libertà di scelta non debbono essere gravati, né
direttamente né indirettamente, da oneri ingiusti. Inoltre i diritti dei
genitori sono violati se i figli sono costretti a frequentare lezioni
scolastiche che non corrispondono alla persuasione religiosa dei genitori, o se
viene imposta un'unica forma di educazione dalla quale sia esclusa ogni
formazione religiosa.
Cura
della libertà religiosa
6.
Poiché il bene comune della società--che si concreta nell'insieme delle
condizioni sociali, grazie alle quali gli uomini possono perseguire il loro
perfezionamento più riccamente o con maggiore facilità --consiste soprattutto
nella salvaguardia dei diritti della persona umana e nell'adempimento dei
rispettivi doveri, adoperarsi positivamente per il diritto alla libertà
religiosa spetta tanto ai cittadini quanto ai gruppi sociali, ai poteri civili,
alla Chiesa e agli altri gruppi religiosi: a ciascuno nel modo ad esso proprio,
tenuto conto del loro specifico dovere verso il bene comune.
Tutelare
e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo è dovere essenziale di ogni
potere civile. Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi
giuste e con mezzi idonei, l'efficace tutela della libertà religiosa, e creare
condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini
siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e
adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di
pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa
volontà.
Se,
considerate le circostanze peculiari dei popoli nell'ordinamento giuridico di
una società viene attribuita ad un determinato gruppo religioso una speciale
posizione civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e a
tutti i gruppi religiosi venga riconosciuto e sia rispettato il diritto alla
libertà in materia religiosa.
Infine
il potere civile deve provvedere che l'eguaglianza giuridica dei cittadini, che
appartiene essa pure al bene comune della società, per motivi religiosi non sia
mai lesa, apertamente o in forma occulta, e che non si facciano fra essi
discriminazioni.
Da ciò
segue che non è permesso al pubblico potere imporre ai cittadini con la
violenza o con il timore o con altri mezzi la professione di una religione
qualsivoglia oppure la sua negazione, o di impedire che aderiscano ad un gruppo
religioso o che se ne allontanino. Tanto più poi si agisce contro la volontà di
Dio e i sacri diritti della persona e il diritto delle genti quando si usa, in
qualunque modo, la violenza per distruggere o per comprimere la stessa
religione o in tutto il genere umano oppure in qualche regione o in un
determinato gruppo.
I
limiti della libertà religiosa
7. Il
diritto alla libertà in materia religiosa viene esercitato nella società umana;
di conseguenza il suo esercizio è regolato da alcune norme.
Nell'esercizio
di ogni libertà si deve osservare il principio morale della responsabilità personale
e sociale: nell'esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi
sociali, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai
diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune.
Con tutti si è tenuti ad agire secondo giustizia ed umanità.
Inoltre,
poiché la società civile ha il diritto di proteggersi contro i disordini che si
possono verificare sotto pretesto della libertà religiosa, spetta soprattutto
al potere civile prestare una tale protezione; ciò però va compiuto non in modo
arbitrario o favorendo iniquamente una delle parti, ma secondo norme
giuridiche, conformi all'ordine morale obiettivo: norme giuridiche postulate
dall'efficace difesa dei diritti e dalla loro pacifica armonizzazione a
vantaggio di tutti i cittadini, da una sufficiente tutela di quella autentica
pace pubblica che consiste in una vita vissuta in comune sulla base di una
onesta giustizia, nonché dalla debita custodia della pubblica moralità. Questi
sono elementi che costituiscono la parte fondamentale del bene comune e sono
compresi sotto il nome di ordine pubblico. Per il resto nella società va
rispettata la norma secondo la quale agli esseri umani va riconosciuta la
libertà più ampia possibile, e la loro libertà non deve essere limitata, se non
quando e in quanto è necessario.
Educazione
all'esercizio della libertà
8.
Nella nostra età gli esseri umani, a motivo di molteplici fattori, vivono in
un'atmosfera di pressioni e corrono il pericolo di essere privati della facoltà
di agire liberamente e responsabilmente. D'altra parte non sembrano pochi
quelli che, sotto il pretesto della libertà, respingono ogni dipendenza e
apprezzano poco la dovuta obbedienza.
Ragione
per cui questo Concilio Vaticano esorta tutti, ma soprattutto coloro che sono
impegnati in compiti educativi, ad adoperarsi per formare esseri umani i quali,
nel pieno riconoscimento dell'ordine morale, sappiano obbedire alla legittima
autorità e siano amanti della genuina libertà, esseri umani cioè che siano capaci
di emettere giudizi personali nella luce della verità, di svolgere le proprie
attività con senso di responsabilità, e che si impegnano a perseguire tutto ciò
che è vero e buono, generosamente disposti a collaborare a tale scopo con gli
altri.
La
libertà religiosa, quindi, deve pure essere ordinata e contribuire a che gli
esseri umani adempiano con maggiore responsabilità i loro doveri nella vita
sociale.
II.
La
dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione
9.
Quanto questo Concilio Vaticano dichiara sul diritto degli esseri umani alla
libertà religiosa ha il suo fondamento nella dignità della persona, le cui
esigenze la ragione umana venne conoscendo sempre più chiaramente attraverso
l'esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina sulla libertà affonda le sue
radici nella Rivelazione divina, per cui tanto più va rispettata con sacro
impegno dai cristiani. Quantunque, infatti,
Libertà
dell'atto di fede
10. Un
elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e
costantemente predicato dai Padri, è che gli esseri umani sono tenuti a
rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere
costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti, l'atto di fede
è per sua stessa natura un atto volontario, giacché gli essere umani, redenti
da Cristo Salvatore e chiamati in Cristo Gesù ad
essere figli adottivi, non possono aderire a Dio che ad essi si rivela, se il
Padre non li trae e se non prestano a Dio un ossequio di fede ragionevole e
libero. È quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia
religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E
perciò un regime di libertà religiosa contribuisce non poco a creare quell'ambiente sociale nel quale gli esseri umani possono
essere invitati senza alcuna difficoltà alla fede cristiana, e possono
abbracciarla liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni
della vita.
Modo
di agire di Cristo e degli apostoli
11. Dio
chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità; per cui essi sono
vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati. Egli,
infatti, ha riguardo della dignità della persona umana da lui creata, che deve
godere di libertà e agire con responsabilità. Ciò è apparso in grado sommo in
Cristo Gesù, nel quale Dio ha manifestato se stesso e
le sue vie in modo perfetto. Infatti Cristo, che è Maestro e Signore nostro,
mite ed umile di cuore ha invitato e attratto i discepoli pazientemente. Certo,
ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e
confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna
coercizione Ha pure rimproverato l'incredulità degli uditori, lasciando però la
punizione a Dio nel giorno del giudizio. Mandando gli apostoli nel mondo, disse
loro: « Chi avrà creduto e sarà battezzato, sarà salvo. Chi invece non avrà
creduto sarà condannato » (Mc 16,16). ma conoscendo
che la zizzania è stata seminata con il grano, comandò di lasciarli crescere
tutti e due fino alla mietitura che avverrà alla fine del tempo. Non volendo
essere un messia politico e dominatore con la forza preferì essere chiamato
Figlio dell'uomo che viene « per servire e dare la sua vita in redenzione di
molti » (Mc 10,45). Si presentò come il perfetto
servo di Dio che « non rompe la canna incrinata e non smorza il lucignolo che
fuma » (Mt 12,20). Riconobbe la potestà civile e i
suoi diritti, comandando di versare il tributo a Cesare, ammonì però
chiaramente di rispettare i superiori diritti di Dio: « Rendete a Cesare quello
che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio » (Mt
22,21). Finalmente ha ultimato la sua rivelazione compiendo nella croce l'opera
della redenzione, con cui ha acquistato agli esseri umani la salvezza e la vera
libertà. Infatti rese testimonianza alla verità, però non volle imporla con la
forza a coloro che la respingevano. Il suo regno non si erige con la spada ma
si costituisce ascoltando la verità e rendendo ad essa testimonianza, e cresce
in virtù dell'amore con il quale Cristo esaltato in croce trae a sé gli esseri
umani.
Gli
apostoli, istruiti dalla parola e dall'esempio di Cristo, hanno seguito la
stessa via. Fin dal primo costituirsi della Chiesa i discepoli di Cristo si
sono adoperati per convertire gli esseri umani a confessare Cristo Signore, non
però con un'azione coercitiva né con artifizi indegni del Vangelo, ma anzitutto
con la forza della parola di Dio, Con coraggio annunziavano a tutti il
proposito di Dio salvatore, « il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed
arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4);
nello stesso tempo, però, avevano riguardo per i deboli, sebbene fossero
nell'errore, mostrando in tal modo come «ognuno di noi renderà conto di sé a
Dio» (Rm 14,12) e sia tenuto ad obbedire soltanto
alla propria coscienza. Come Cristo, gli apostoli hanno sempre cercato di
rendere testimonianza alla verità di Dio, arditamente osando dinanzi al popolo
e ai principi di « annunziare con fiducia la parola di Dio » (At 4,31). Con ferma
fede ritenevano che lo stesso Vangelo fosse realmente la forza di Dio per la
salvezza di ogni credente. Sprezzando quindi tutte « le armi carnali » seguendo
l'esempio di mansuetudine e di modestia di Cristo, hanno predicato la parola di
Dio pienamente fiduciosi nella divina virtù di tale parola del distruggere le
forze avverse a Dio e nell'avviare gli esseri umani alla fede e all'ossequio di
Cristo, Come il Maestro, così anche gli apostoli hanno riconosciuto la
legittima autorità civile: « Non vi è infatti potestà se non da Dio », insegna
l'Apostolo, il quale perciò comanda: « Ognuno sia soggetto alle autorità in
carica... Chi si oppone alla potestà, resiste all'ordine stabilito da Dio » (Rm 13,1-5). Nello stesso tempo, però, non hanno avuto
timore di resistere al pubblico potere che si opponeva alla santa volontà di
Dio: « È necessario obbedire a Dio prima che agli uomini » (At 5,29). La stessa
via hanno seguito innumerevoli martiri e fedeli attraverso i secoli e in tutta
la terra.
12.
Il
fermento evangelico ha pure lungamente operato nell'animo degli esseri umani e
molto ha contribuito perché gli uomini lungo i tempi riconoscessero più
largamente e meglio la dignità della propria persona e maturasse la convinzione
che la persona nella società deve essere immune da ogni umana coercizione in
materia religiosa.
La
libertà della Chiesa
13. Fra
le cose che appartengono al bene della Chiesa, anzi al bene della stessa città
terrena, e che vanno ovunque e sempre conservate e difese da ogni ingiuria, è
certamente di altissimo valore la seguente: che
Nella
società umana e dinanzi a qualsivoglia pubblico potere,
Ora, se
vige un regime di libertà religiosa non solo proclamato a parole né solo sancito
nelle leggi, ma con sincerità tradotto realmente nella vita, in tal caso
La
missione della Chiesa
14.
I
cristiani, però, nella formazione della loro coscienza, devono considerare
diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti per volontà di
Cristo
Infatti
il discepolo ha verso Cristo Maestro il dovere grave di conoscere sempre meglio
la verità da lui ricevuta, di annunciarla fedelmente e di difenderla con
fierezza, non utilizzando mai mezzi contrari allo spirito evangelico. Nello
stesso tempo, però, la carità di Cristo lo spinge a trattare con amore, con
prudenza e con pazienza gli esseri umani che sono nell'errore o nell'ignoranza
circa la fede. Si deve quindi aver riguardo sia ai doveri verso Cristo, il
Verbo vivificante che deve essere annunciato, sia ai diritti della persona
umana, sia alla misura secondo la quale Dio attraverso il Cristo distribuisce
la sua grazia agli esseri umani che vengono invitati ad accettare e a
professare la fede liberamente.
CONCLUSIONE
15. È
manifesto che oggi gli esseri umani aspirano di poter professare liberamente la
religione sia in forma privata che pubblica; anzi la libertà religiosa nella
maggior parte delle costituzioni è già dichiarata diritto civile ed è
solennemente proclamata in documenti internazionali.
Non
mancano però regimi i quali, anche se nelle loro costituzioni riconoscono la
libertà del culto religioso, si sforzano di stornare i cittadini dalla
professione della religione e di rendere assai difficile e pericolosa la vita
alle comunità religiose.
Il
sacro Sinodo, mentre saluta con lieto animo quei segni propizi di questo tempo
e denuncia con amarezza questi fatti deplorevoli, esorta i cattolici e invita
tutti gli esseri umani a considerare con la più grande attenzione quanto la
libertà religiosa sia necessaria, soprattutto nella presente situazione della
famiglia umana.
È
infatti manifesto che tutte le genti si vanno sempre più unificando, che si
fanno sempre più stretti i rapporti fra gli esseri umani di cultura e religione
diverse, mentre si fa ognora più viva in ognuno la coscienza della propria
responsabilità personale. Per cui, affinché nella famiglia umana si instaurino
e si consolidino relazioni di concordia e di pace, si richiede che ovunque la
libertà religiosa sia munita di una efficace tutela giuridica e che siano
osservati i doveri e i diritti supremi degli esseri umani attinenti la libera
espressione della vita religiosa nella società.
Faccia
Dio, Padre di tutti, che la famiglia umana, diligentemente elevando a metodo
nei rapporti sociali l'esercizio della libertà religiosa, in virtù della grazia
di Cristo e per l'azione dello Spirito Santo pervenga alla sublime e perenne «
libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
7
dicembre 1965