Articolo 2: IL
SECONDO COMANDAMENTO
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio (Es
20,7; Dt
5,11). Fu detto
agli antichi: «Non spergiurare»... Ma io vi dico: non giurate affatto (Mt
5,33-34).
II. Il nome di Dio pronunciato invano
[2150] Il secondo comandamento proibisce il falso giuramento. Fare
promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma.
È invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il giuramento
impegna il nome del Signore. «Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e
giurerai per il suo nome» (Dt 6,13).
[2151] Astenersi dal falso giuramento
è un dovere verso Dio. Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità.
La parola umana è in accordo con Dio oppure in opposizione a lui che è la
stessa Verità. Quando il giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il
rapporto della parola umana con la verità di Dio. Il giuramento falso chiama
Dio ad essere testimone di una menzogna.
[2152] È spergiuro colui che, sotto giuramento, fa una promessa con
l’intenzione di non mantenerla, o che, dopo aver promesso sotto giuramento, non
vi si attiene. Lo spergiuro costituisce una grave mancanza di rispetto verso il
Signore di ogni parola. Impegnarsi con giuramento a compiere un’opera cattiva è
contrario alla santità del nome divino.
[2153] Gesù ha esposto il secondo
comandamento nel Discorso della montagna: «Avete inteso che fu detto agli
antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti!”. Ma io
vi dico: non giurate affatto... sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il
di più viene dal maligno» (Mt 5,33-34;
Mt 5,37) . Gesù insegna che ogni
giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua
verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel
parlare procede di pari passo con l’attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata
o schernita, in ogni nostra affermazione.
[2154] Seguendo san Paolo, la Tradizione della Chiesa ha inteso che la
parola di Gesù non si oppone al giuramento, allorché viene fatto per un motivo
grave e giusto (per esempio davanti ad un tribunale). «Il giuramento, ossia
l’invocazione del di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato
se non secondo verità, prudenza e giustizia» .
[2155] La santità del nome divino
esige che non si faccia ricorso ad esso per cose futili e che non si presti
giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come
un’approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il
giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve
esserlo allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o
alla comunione ecclesiale.