LETTERA APOSTOLICA
MOTU PROPRIO DATA
BENEDETTO XVI
I Sommi Pontefici fino ai nostri
giorni ebbero costantemente cura che
Da tempo immemorabile, come anche per l'avvenire, è necessario mantenere il
principio secondo il quale "ogni Chiesa particolare deve concordare con
Tra i Pontefici che ebbero tale doverosa cura eccelle il nome di San Gregorio
Magno, il quale si adoperò perché ai nuovi popoli dell"Europa
si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura
accumulati dai Romani nei secoli precedenti. Egli comandò che fosse definita e
conservata la forma della sacra Liturgia, riguardante sia il Sacrificio della
Messa sia l'Ufficio Divino, nel modo in cui si celebrava nell'Urbe. Promosse
con massima cura la diffusione dei monaci e delle monache, che operando sotto
la regola di San Benedetto, dovunque unitamente all"annuncio
del Vangelo illustrarono con la loro vita la salutare massima della Regola:
"Nulla venga preposto all"opera
di Dio" (cap. 43). In tal modo la sacra Liturgia celebrata secondo
l"uso romano arricchì non solo la fede e la pietà, ma anche la cultura di
molte popolazioni. Consta infatti che la liturgia
latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dell"età
cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato
tanti popoli nella virtù di religione e ha fecondato la loro pietà.
Molti altri Romani Pontefici, nel corso dei secoli, mostrarono particolare
sollecitudine a che la sacra Liturgia espletasse in
modo più efficace questo compito: tra essi spicca S. Pio V, il quale sorretto
da grande zelo pastorale, a seguito dell'esortazione del Concilio di Trento,
rinnovò tutto il culto della Chiesa, curò l'edizione dei libri liturgici,
emendati e "rinnovati secondo la norma dei Padri" e li diede in uso
alla Chiesa latina.
Tra i libri liturgici del Rito romano risalta il Messale Romano, che si
sviluppò nella città di Roma, e col passare dei secoli a poco a poco prese forme
che hanno grande somiglianza con quella vigente nei tempi più recenti.
“Fu questo il medesimo obbiettivo che seguirono i Romani Pontefici nel corso
dei secoli seguenti assicurando l'aggiornamento o definendo i riti e i libri
liturgici, e poi, all'inizio di questo secolo, intraprendendo una riforma
generale" (2). Così agirono i nostri Predecessori Clemente VIII, Urbano
VIII, San Pio X (3), Benedetto XV, Pio XII e il Beato Giovanni XXIII.
Nei tempi più recenti, il Concilio Vaticano II espresse il desiderio che la
dovuta rispettosa riverenza nei confronti del culto divino venisse
ancora rinnovata e fosse adattata alle necessità della nostra età. Mosso da
questo desiderio, il nostro Predecessore, il Sommo Pontefice Paolo VI, nel 1970
per
Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad
aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali
avevano imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito, che il
Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di
questi fedeli, nell"anno 1984 con lo speciale
indulto "Quattuor abhinc
annos", emesso dalla Congregazione per il Culto
Divino, concesse la facoltà di usare il Messale Romano edito dal Beato Giovanni
XXIII nell"anno 1962; nell"anno
1988 poi Giovanni Paolo II di nuovo con
A seguito delle insistenti preghiere di questi fedeli, a lungo soppesate già
dal Nostro Predecessore Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato Noi stessi i
Padri Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, avendo riflettuto
approfonditamente su ogni aspetto della questione, dopo aver invocato lo
Spirito Santo e contando sull"aiuto di Dio, con
la presente Lettera Apostolica stabiliamo quanto segue:
Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della "lex
orandi" ("legge della preghiera")
della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da
San Pio V e nuovamente edito dal Beato Giovanni XXIII deve venir
considerato come espressione straordinaria della stessa "lex orandi" e deve essere
tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due
espressioni della "lex orandi"
della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella "lex credendi" ("legge
della fede") della Chiesa; sono infatti due usi dell"unico rito romano.
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica
del Messale Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato,
come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per
l"uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori "Quattuor abhinc anno" e
"Ecclesia Dei", vengono
sostituite come segue:
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni
sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il
Messale Romano edito dal Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale
Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno,
eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l'uno o l'altro
Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede
Apostolica, né del suo Ordinario.
Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata
e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano,
che nella celebrazione conventuale o "comunitaria" nei propri oratori
desiderano celebrare
Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui
sopra all'art. 2, possono essere ammessi - osservate le norme del diritto -
anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea
volontà.
Art. 5. § 1. Nelle parrocchie, in cui esiste
stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica,
il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa
Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene
di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale
ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del canone 392,
evitando la discordia e favorendo l'unità di tutta
Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo
il Messale del Beato Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche
nella lingua vernacola, usando le edizioni
riconosciute dalla Sede Apostolica.
Art. 7. Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di
cui all"art. 5 § 1 non abbia ottenuto
soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo
diocesano. Il Vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se
egli non può provvedere per tale celebrazione, la cosa venga
riferita alla Commissione Pontificia "Ecclesia
Dei".
Art. 8. Il Vescovo, che desidera rispondere a tali
richieste di fedeli laici, ma per varie cause è impedito di farlo, può riferire
la questione alla Commissione "Ecclesia
Dei", perché gli offra consiglio e aiuto.
Art. 9 § 1. Il parroco, dopo
aver considerato tutto attentamente, può anche concedere la licenza di usare il
rituale più antico nell"amministrazione dei
sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell'Unzione degli infermi,
se questo consiglia il bene delle anime. § 2. Agli Ordinari viene
concessa la facoltà di celebrare il sacramento della Confermazione usando il
precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle
anime. § 3. Ai chierici costituiti "in sacris"
è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel
1962.
Art.
Art. 11.
Art. 12. La stessa Commissione, oltre alle facoltà di
cui già gode, eserciterà l"autorità della Santa Sede vigilando sulla
osservanza e l"applicazione di queste disposizioni.
Tutto ciò che da Noi è stato stabilito con questa
Lettera Apostolica data a modo di Motu proprio,
ordiniamo che sia considerato come "stabilito e decretato" e da
osservare dal giorno 14 settembre di quest'anno, festa dell"Esaltazione
della Santa Croce, nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario.
Dato
a Roma, presso San Pietro, il 7 luglio 2007, anno terzo del nostro Pontificato.
Note:
(1) Ordinamento generale del Messale Romano, 3a ed.,
2002, n. 397.
(2) Giovanni Paolo II, Lett. Ap.
"Vicesimus quintus annus", 4 dicembre 1988, 3: AAS 81 (1989), 899.
(3) Ibid.
(4) San Pio X, Lett. Ap., Motu proprio data, "Abhinc duos annos", 23 ottobre
1913: AAS 5 (1913), 449-450; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Ap. "Vicesimus quintus annus", n. 3: AAS 81 (1989), 899.
(5) Cfr Joannes
Paulus II, Lett. ap. Motu proprio data "Ecclesia Dei", 2 luglio 1988, 6: AAS 80 (1988), 1498.