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VISITA PASTORALE A
VIGEVANO E PAVIA OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI Orti dell’Almo Collegio Borromeo,
Pavia
Cari
fratelli e sorelle! Ieri
pomeriggio ho incontrato Nel
tempo pasquale Questa
breve catechesi di Pietro non valeva solo per il Sinedrio. Essa parla a tutti
noi. Poiché Gesù, il Risorto, vive anche oggi. E per tutte le generazioni,
per tutti gli uomini Egli è il "capo" che precede sulla via e il
"salvatore" che rende la nostra vita giusta. Le due parole
"conversione" e "perdono dei peccati", corrispondenti ai
due titoli di Cristo "capo" e "salvatore", sono le
parole-chiave della catechesi di Pietro, parole che in quest’ora vogliono
raggiungere anche il nostro cuore. Il cammino che dobbiamo fare – il cammino
che Gesù ci indica, si chiama "conversione". Ma che cosa è? Che
cosa bisogna fare? In ogni vita la conversione ha la sua forma propria,
perché ogni uomo è qualcosa di nuovo e nessuno è soltanto la copia di un
altro. Ma nel corso della storia della cristianità il Signore ci ha mandato
modelli di conversione, guardando ai quali possiamo trovare orientamento.
Potremmo per questo guardare a Pietro stesso, a cui
il Signore nel cenacolo aveva detto: "Tu, una volta ravveduto, conferma
i tuoi fratelli" (Lc 22,32). Potremmo
guardare a Paolo come a un grande convertito. La città di Pavia parla di uno
dei più grandi convertiti della storia della Chiesa: sant’Aurelio
Agostino. Egli morì il 28 agosto del 430 nella città portuale di Ippona, allora circondata ed assediata dai Vandali. Dopo
parecchia confusione di una storia agitata, il re dei Longobardi acquistò le
sue spoglie per la città di Pavia, cosicché ora egli appartiene in modo
particolare a questa città ed in essa e da essa
parla a tutti noi in maniera speciale. Nel
suo libro "Le Confessioni", Agostino ha illustrato in modo toccante
il cammino della sua conversione, che col Battesimo amministratogli dal
Vescovo Ambrogio nel duomo di Milano aveva raggiunto la sua meta. Chi legge Le
Confessioni può condividere il cammino che Agostino in una lunga lotta
interiore dovette percorrere per ricevere finalmente, nella notte di Pasqua
del 387, al fonte battesimale il Sacramento che segnò la grande svolta della
sua vita. Seguendo attentamente il corso della vita di sant’Agostino,
si può vedere che la conversione non fu un evento di un unico momento, ma
appunto un cammino. E si può vedere che al fonte battesimale questo cammino
non era ancora terminato. Come prima del Battesimo,
così anche dopo di esso la vita di Agostino è
rimasta, pur in modo diverso, un cammino di conversione – fin nella sua
ultima malattia, quando fece applicare alla parete i Salmi penitenziali per
averli sempre davanti agli occhi; quando si autoescluse
dal ricevere l’Eucaristia per ripercorrere ancora una volta la via della
penitenza e ricevere la salvezza dalle mani di Cristo come dono delle
misericordie di Dio. Così possiamo parlare delle "conversioni" di
Agostino che, di fatto, sono state un’unica grande conversione nella ricerca
del Volto di Cristo e poi nel camminare insieme con
Lui. Vorrei
parlare di tre grandi tappe in questo cammino di conversione, di tre
"conversioni". La prima conversione fondamentale fu il
cammino interiore verso il cristianesimo, verso il "sì" della fede
e del Battesimo. Quale fu l’aspetto essenziale di questo cammino? Agostino,
da una parte, era figlio del suo tempo, condizionato profondamente dalle
abitudini e dalle passioni in esso dominanti, come
anche da tutte le domande e i problemi di un giovane. Viveva come tutti gli
altri, e tuttavia c’era in lui qualcosa di particolare: egli rimase sempre
una persona in ricerca. Non si accontentò mai della vita così come essa si presentava e come tutti la vivevano. Era sempre
tormentato dalla questione della verità. Voleva trovare la verità. Voleva
riuscire a sapere che cosa è l’uomo; da dove
proviene il mondo; di dove veniamo noi stessi, dove andiamo e come possiamo
trovare la vita vera. Voleva trovare la retta vita e non semplicemente vivere
ciecamente senza senso e senza meta. La passione per la verità è la vera
parola-chiave della sua vita. E c’è ancora una peculiarità. Tutto ciò che non
portava il nome di Cristo, non gli bastava. L’amore per questo nome – ci dice
– lo aveva bevuto col latte materno (cfr Conf 3,4,8). E sempre aveva creduto – a volte
piuttosto vagamente, a volte più chiaramente – che Dio esiste e che Egli si
prende cura di noi. Ma conoscere veramente questo Dio e familiarizzare
davvero con quel Gesù Cristo e arrivare a dire "sì" a Lui con tutte
le conseguenze –questa era la grande lotta interiore dei suoi anni giovanili.
Egli ci racconta che, per il tramite della filosofia platonica, aveva appreso e riconosciuto che "in principio era il
Verbo" – il Logos, la ragione creatrice. Ma la filosofia non gli
indicava alcuna via per raggiungerlo; questo Logos rimaneva lontano e
intangibile. Solo nella fede della Chiesa trovò poi la seconda verità
essenziale: il Verbo si è fatto carne. E così esso ci tocca, noi lo
tocchiamo. All’umiltà dell’incarnazione di Dio deve corrispondere l’umiltà
della nostra fede, che depone la superbia saccente e si china entrando a far
parte della comunità del corpo di Cristo; che vive con La
sua seconda conversione Agostino ce la
descrive alla fine del secondo libro delle sue Confessioni con le
parole: "Oppresso dai miei peccati e dal peso della mia miseria, avevo
ventilato in cuor mio e meditato una fuga nella
solitudine. Tu, però, me lo impedisti, confortandomi con queste parole:
«Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se
stessi, ma per colui che è morto per tutti»" (2 Cor 5,15; Conf 10,43,70). Che cosa era successo? Dopo il suo
Battesimo, Agostino si era deciso a ritornare in Africa e lì aveva fondato,
insieme con i suoi amici, un piccolo monastero. Ora la sua vita doveva essere
dedita totalmente al colloquio con Dio e alla riflessione e contemplazione
della bellezza e della verità della sua Parola. Così egli passò tre anni
felici, nei quali si credeva arrivato alla meta della sua vita; in quel
periodo nacque una serie di preziose opere filosofiche. Nel 391 egli andò a
trovare nella città portuale di Ippona un amico,
che voleva conquistare alla vita monastica. Ma nella liturgia domenicale,
alla quale partecipò nella cattedrale, venne riconosciuto.
Il Vescovo della città, un uomo di provenienza greca, che non parlava bene il
latino e faceva fatica a predicare, nella sua omelia non a caso disse di aver
l’intenzione di scegliere un sacerdote al quale affidare anche il compito
della predicazione. Immediatamente la gente afferrò Agostino e lo portò di
forza avanti, perché venisse consacrato sacerdote a
servizio della città. Subito dopo questa sua consacrazione forzata, Agostino
scrisse al Vescovo Valerio: "Mi sentivo come uno che non sa tenere il
remo e a cui, tuttavia, è stato assegnato il secondo
posto al timone… E di qui derivavano quelle lacrime che alcuni fratelli mi
videro versare in città al tempo della mia ordinazione" (cfr Ep 21,1s). Il bel
sogno della vita contemplativa era svanito, la vita di Agostino ne risultava
fondamentalmente cambiata. Ora egli doveva vivere con Cristo per tutti.
Doveva tradurre le sue conoscenze e i suoi pensieri sublimi nel pensiero e
nel linguaggio della gente semplice della sua città. La grande opera
filosofica di tutta una vita, che aveva sognato, restò non scritta. Al suo
posto ci venne donata una cosa più preziosa: il
Vangelo tradotto nel linguaggio della vita quotidiana. Ciò che ora costituiva
la sua quotidianità, lo ha descritto così: "Correggere gli indisciplinati,
confortare i pusillanimi, sostenere i deboli, confutare gli oppositori…
stimolare i negligenti, frenare i litigiosi, aiutare i bisognosi, liberare
gli oppressi, mostrare approvazione ai buoni, tollerare i cattivi e amare
tutti" (cfr Serm
340, 3). "Continuamente predicare, discutere, riprendere, edificare,
essere a disposizione di tutti – è un ingente carico, un grande peso,
un’immane fatica" (Serm 339, 4). Fu
questa la seconda conversione che quest’uomo, lottando e soffrendo, dovette
continuamente realizzare: sempre di nuovo essere lì per tutti; sempre di
nuovo, insieme con Cristo, donare la propria vita,
affinché gli altri potessero trovare Lui, la vera Vita. C’è
ancora una terza tappa decisiva nel cammino di conversione di sant’Agostino. Dopo la sua Ordinazione sacerdotale, egli
aveva chiesto un periodo di vacanza per poter studiare più a fondo le Sacre
Scritture. Il suo primo ciclo di omelie, dopo questa pausa di riflessione,
riguardò il Discorso della montagna; vi spiegava la via della retta vita,
"della vita perfetta" indicata in modo nuovo da Cristo – la
presentava come un pellegrinaggio sul monte santo della Parola di Dio. In
queste omelie si può percepire ancora tutto l’entusiasmo della fede appena
trovata e vissuta: la ferma convinzione che il battezzato, vivendo totalmente
secondo il messaggio di Cristo, può essere, appunto, "perfetto".
Circa vent’anni dopo, Agostino scrisse un libro intitolato Le
Ritrattazioni, in cui passa in rassegna in modo critico le sue opere
redatte fino a quel momento, apportando correzioni laddove, nel frattempo,
aveva appreso cose nuove. Riguardo all’ideale della
perfezione nelle sue omelie sul Discorso della montagna annota: "Nel
frattempo ho compreso che uno solo è veramente perfetto e che le parole del
Discorso della montagna sono totalmente realizzate in uno solo: in Gesù
Cristo stesso. Tutta In
quest’ora ringraziamo Dio per la grande luce che si irradia dalla sapienza e
dall’umiltà di sant’Agostino e preghiamo il Signore
affinché doni a tutti noi, giorno per giorno, la conversione necessaria e
così ci conduca verso la vera vita. Amen.
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