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CHIARIFICAZIONE DELLA CONGREGAZIONE PER SULL'ABORTO PROCURATO* Recentemente sono pervenute
alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte
personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla
confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito
della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di Sua Eccellenza
Monsignor Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sulla
triste vicenda della "bambina brasiliana". In tale articolo,
apparso su "L'Osservatore Romano" del 15 marzo 2009, si proponeva
la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della
suddetta bambina, che - come si poteva rilevare successivamente
- era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare
dall'allora Arcivescovo di Olinda e Recife, Sua
Eccellenza Monsignor José Cardoso
Sobrinho. Al riguardo, "La vita umana deve
essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento.
Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi
riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. "Prima di
formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti
avevo consacrato" (Ger 1, 5). "Non
ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato
nel segreto, intessuto nelle profondità della terra" (Sal 139, 15). "Fin dal primo secolo "La cooperazione formale
a un aborto costituisce una colpa grave. "Il diritto inalienabile
alla vita di ogni individuo umano innocente
rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua
legislazione: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere
riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità
politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né
dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello
Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza
dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali
bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità
fisica di ogni essere umano dal concepimento alla
morte... Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri
umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo
Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo
Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in
particolare di chi è più debole, vengono minati i
fondamenti stessi di uno Stato di diritto... Come conseguenza del rispetto e
della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del
suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per
ogni deliberata violazione dei suoi diritti" (Congregazione per Nell'Enciclica Evangelium
vitae Papa Giovanni Paolo II ha riaffermato tale
dottrina con la sua autorità di Supremo Pastore della Chiesa: "Con
l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in
comunione con i Vescovi - che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che
nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi
per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina - dichiaro
che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre
un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano
innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e
sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa
ed insegnata dal Magistero ordinario e universale" (n.
62). Per quanto riguarda l'aborto
procurato in alcune situazioni difficili e complesse, vale l'insegnamento
chiaro e preciso di Papa Giovanni Paolo II: "È vero che molte
volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere
drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto
del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di
comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali
la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della
famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni
di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere.
Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non
possono mai giustificare la soppressione deliberata di un
essere umano innocente" (Enciclica Evangelium
vitae, n. 58). Quanto alla problematica di
determinati trattamenti medici al fine di preservare la salute della madre
occorre distinguere bene tra due fattispecie diverse: da una parte un
intervento che direttamente provoca la morte del feto, chiamato talvolta in
modo inappropriato aborto "terapeutico", che non può mai essere lecito
in quanto è l'uccisione diretta di un essere umano innocente; dall'altra
parte un intervento in sé non abortivo che può avere, come conseguenza
collaterale, la morte del figlio: "Se, per esempio, la salvezza della
vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza,
richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione
terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta
né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un
tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In
queste condizioni l'operazione può essere considerata lecita, come altri
simili interventi medici, sempre che si tratti di un
bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo
la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio" (Pio
XII, Discorso al "Fronte della Famiglia" e all'Associazione
Famiglie numerose, 27 novembre 1951). Quanto alla responsabilità
degli operatori sanitari, occorre ricordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: "La loro professione
li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto
culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l'arte medica rischiano
di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta
fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o
addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro
responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova
la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio
nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione
sanitaria, come già riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di
impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua
sacralità" (Enciclica Evangelium
vitae, n. 89). * «L'Osservatore
Romano», Anno CXLIX n. 157 (11 luglio 2009), p. 7. |
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