Bibbia a fumetti - Castigat ridendo mores - da Astrologia a Vita Sociale il dizionario dei problemi dell'uomo moderno

 

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II. LA PERSONA E L'AMORE

 

ANALISI GENERALE DELL’AMORE

 

 

6. DALLA SIMPATIA ALL’AMICIZIA

 

        Esamineremo il problema dell’amore sotto un altro aspetto ancora. Benché questo modo di considerarlo sia già motto vicino all’analisi psico­logica, noi lo collochiamo ancora nella prima parte di questo capitolo, de­dicata all’analisi generate dell’amore. La parola simpatia è di origine greca; si compone del prefisso syn (con, insieme) e dalla radice pathein (provare). Letteralmente simpatia significa quindi "provare insieme". La composizione della parola sta ad indicare due elementi che fanno parte della simpatia, e cioè una certa qual comunione espressa dal prefisso, e una certa passività ("provare"), espressa dalla radice. Per questa ragione, la simpatia designa prima di tutto quel che "avviene" tra le persone net campo della loro vita affettiva, quello per cui le esperienze emotivo­affettive vengono ad unirle. Bisogna sottolineare bene qui che quel che "avviene", quel che "capita" loro non è opera loro, frutto di loro atti voli­tivi. La simpatia deriva piuttosto dal "subire" che dall’azione; le persone la provano spesso in maniera per loro incomprensibile e la boro volontà si trova trascinata nell’orbita di emozioni e di sentimenti che avvicinano due persone indipendentemente dal fatto che una di esse abbia coscientemente scelto l’altra come oggetto del proprio amore. La simpatia è un amore pu­ramente affettivo, in cui la decisione volontaria e la scelta non sono anco­ra entrate in gioco. Tutt'al più, la volontà acconsente alla simpatia e al suo orientamento.

 

Benché, dal punto di vista etimologico, la simpatia sembri indicare un amore affettivo tra le persone, si parla spesso della simpatia per una perso­na. Quando una persona mi è simpatica, questo significa che si trova net campo della mia affettività nelle condizioni di un soggetto che provoca una risonanza affettiva positiva, Ia quale rappresenta per quella data per­sona un aumento di valore. Questo, nato con la simpatia, può scomparire contemporaneamente ad essa, perché dipende dall’atteggiamento affettivo adottato nei confronti della persona, oggetto della simpatia. Che possa nondimeno trasformarsi bruscamente in una forte convinzione concernen­te i valori di quella data persona è un’altra questione. Tuttavia, nei limiti della simpatia stessa, l’esperienza dei valori dell’oggetto appare piuttosto indiretta: il soggetto sperimenta i valori dell’oggetto tramite la simpatia, perché appunto grazie ad essa questo acquista un valore per quello. In questo è presente un carattere di soggettività, che, insieme alla passività che abbiamo segnalato prima, determina una certa debolezza della simpa­tia. Questa debolezza deriva dal fatto che la simpatia prende possesso dell’affettività e delta volontà, spesso indipendentemente dal valore ogget­tivo della persona verso Ia quale si orienta. Il valore del sentimento sosti­tuisce in certa misura quello della persona (oggetto della simpatia).

 

La debolezza della simpatia deriva, come si vede, dalla sua mancanza di oggettività. Ma da questo proviene anche Ia sua grande forza soggettiva che conferisce all’amore delle persone una soggettiva espressività. il solo riconoscimento intellettuale del valore dell’altra persona, per onesto che sia, non è ancora l’amore (né l’attrazione, come abbiamo detto all’inizio di questo capitolo). Soltanto la simpatia ha il potere di avvicinare le persone in modo sensibile. L’amore è un’esperienza vissuta e non soltanto una de­duzione. La simpatia introduce una persona nell’orbita di un’altra persona in quanta essere vicino, fa sì che uno "senta" la sua personalità totale, vi­va nella sua sfera, ritrovandola nella propria. E appunto grazie a questo che la simpatia rappresenta un segno d’amore empirico e verificabile, tanto importante nei rapporti tra l’uomo e la donna. Grazie alla simpatia, essi sentono il loro amore reciproco, senza di essa si sviano e si ritrovano in un vuoto altrettanto sensibile. Per questo sembra loro in genere che l’amo­re finisca nel momento stesso in cui scompare la simpatia.

 

        Tuttavia l’amore nel suo insieme non si limita alla simpatia, come la vi­ta interiore della persona non si riduce all’emozione né al sentimento, che ne sono solo gli elementi. Un elemento più profondo e di gran lunga più essenziale e la volontà, chiamata a modellare l’amore nell’uomo e tra gli uomini. E' importante fare questa costatazione, perché l’amore fra la don­na e l’uomo non può arrestarsi a livello della simpatia: bisogna che diventi


    amicizia. Nell’amicizia, a differenza della simpatia, la partecipazione della volontà è decisiva. Il contenuto e la struttura dell’amicizia potrebbero ve­nire espressi da questa formula: "io ti voglio bene, come ne voglio a me". Come si può notare, vi affiora la benevolenza ("io ti voglio bene") e il raddoppiamento del soggetto, dell’" io". Il mio io e il tuo costituisco­no insieme un’unità morale, perché la volontà è altrettanto benevola verso entrambi. Per forza di cose, il tuo io diventa dunque mio e vi conduce la stessa vita. Così si spiega la parola "amicizia". Il raddoppiamento dell’"io" mette in rilievo l’unione delle persone realizzata dall’amicizia.

 

L’unione di amicizia non è l’unione di simpatia. Questa si basa unica­mente sull’emozione e sul sentimento: la volontà si limita ad acconsentir­vi. Nell’amicizia, è la volontà stessa che è impegnata. Ecco perché l’amici­zia prende realmente possesso dell’uomo tutto intero: rappresenta la sua opera, implica la scelta della persona, dell’altro "io" verso il quale si orienta. Nella simpatia, tutto questo non ancora pienamente realizzato. Di qui la forza oggettiva dell’amicizia. Quest’ultima ha tuttavia bisogno, come di un accento soggettivo, di venir messa in rilievo in un soggetto. La simpatia da sola non è ancora amicizia, ma crea le condizioni in cui questa può nascere e raggiungere la propria espressione oggettiva, il proprio clima e calore affettivo. Privo di questo calore, conferitogli dalla simpatia, il "io ti voglio bene" reciproco, benché costituisca la radice dell’amicizia, re­sta nel vuoto. E' impossibile sostituirlo col solo sentimento; nondimeno, avulso dal sentimento, diventa freddo e poco comunicativo.

 

Dal punto di vista dell’educazione dell’amore, si impone la seguente esi­genza: bisogna trasformare Ia simpatia in amicizia e completare l’amicizia con Ia simpatia. Come si vede, questa esigenza procede in due direzioni. Da una pane, alla simpatia manca la benevolenza senza Ia quale non può esserci amore vero. Benché la simpatia possa già sembrare benevolenza (persino qualche cosa di più della benevolenza), vi è in questo una certa dose di illusione. Analizzando l’attrazione, abbiamo già sottolineato que­sta soggettività del sentimento, cioè la sua tendenza caratteristica a "disto­gliere la verità" dall’oggetto e a orientarla il più possibile verso il soggetto. Di conseguenza, si scambia per amicizia o addirittura per qualche cosa di più, quel che non è altro che simpatia e amore affettivo. Per questo si fon­dano sulla simpatia rapporti, come il matrimonio, che oggettivamente possono basarsi soltanto sull’amicizia. E l’amicizia, come abbiamo consta­tato, consiste in un impegno della volontà nei confronti di un’altra perso­na, mirante al suo bene. La simpatia deve perciò maturare per diventare amicizia, e questo processo richiede normalmente riflessione e tempo. Si tratta di completare il sentimento di simpatia che determina l’atteggiamen­to verso una data persona e i suoi valori mediante la sua conoscenza og­gettiva e convinta. Nel suo impegno attivo, la volontà non può avere altra base. Gli affetti da soli possono impegnare la volontà solo passivamente, e piuttosto superficialmente, con una certa dose di soggettività, mentre l’amicizia esige un impegno serio della volontà, oggettivamente fondato.

 

Ma, d’altra pane, bisogna completare l’amicizia con la simpatia; priva di simpatia, l’amicizia resterebbe fredda e poco comunicativa. Questo processo è possibile per it fatto che, pur nascendo nell’uomo in modo spontaneo e manifestandosi in lui irrazionalmente, la simpatia gravita ver­so l’amicizia, manifesta una tendenza a divenire amicizia. Questa è una semplice conseguenza della struttura dell’interiorità umana della persona, il cui pieno valore viene acquisito solo in virtù di ciò che è fondato sulla convinzione e sul libero arbitrio. Ne l’una né l’altro possono venir sostitui­ti dall’impressione o dal sentimento ch’essa suscita. Per questo, nel mo­mento in cui tra due persone nasce la simpatia, una possibilità e un abboz­zo, sia pur modesto, di amicizia si aprono nello stesso tempo. Ma la sim­patia è spesso fin dall’inizio molto forte, mentre l’amicizia è inizialmente debole e fragile. Si tratta ora di formare l’amicizia reciproca approfittando della situazione affettiva creata dalla simpatia e conferendovi un significa­to profondo e oggettivo. L’errore frequentemente commesso nell’amore umano consiste nel mantenerlo a livello della simpatia anziché trasformar­lo coscientemente in amicizia. Un’altra conseguenza di quest’errore è cre­dere che al momento in cui finisce la simpatia, finisca anche l’amore. Que­sta opinione è molto pericolosa per l’amore umano, ed è un errore che de­nota una lacuna nell’educazione dell’amore.

 

L’amore non può in alcun modo consistere in uno sfruttamento della simpatia, né in un semplice gioco di sentimenti e di godimento (il che nei rapporti fra la donna e l’uomo, procede spesso di pari passo con l’appaga­mento sessuale). Essenzialmente creatore e costruttivo, e per nulla limita­to alla consumazione, consiste invece in una profonda trasformazione del­la simpatia in amicizia. La simpatia non è che un segnale, non e mai un rapporto perfetto tra persone. Bisogna che trovi nell’uomo il proprio fon­damento prendendo a base l’amicizia e ne farà fiorire il clima e il calore. L’amicizia e la simpatia dovrebbero compenetrarsi senza intralciarsi. In questo consiste l’"arte dell’educazione dell’amore, la vera ars amandi. E contrario alle sue regole permettere che la simpatia (particolarmente evi­dente nel rapporto uomo-donna, in cui si ricollega a un’attrazione sensua­le e carnale) obnubili il bisogno di creare l’amicizia e in pratica la renda impossibile. In questo, a quanto pare, risiede spesso la causa di diverse ca­tastrofi e fallimenti ai quali è esposto l’amore umano.

 

Dietro ad essi si nasconde una disparità tra due aspetti dell’amore, og­gettivo e soggettivo, che non si sovrappongono. La simpatia, di carattere soggettivo, non ancora l’amicizia, generatrice dell’aspetto oggettivo dell’amore, il quale, d’altronde, è necessariamente soggettivo: vive in sog­getti, in due persone, in essi si forma e si manifesta. Ma non bisogna con­fondere questo amore soggettivo con la soggettività. Benché soggettivo, perché radicato nei soggetti, l’amore deve essere esente da soggettività. Bi­sogna che sia nel soggetto, nella persona, ma abbia un aspetto oggettivo. Proprio per questo, non può limitarsi ad essere simpatia: bisogna che sia amicizia. Ci si può rendere conto della maturità dell’amicizia verificando se essa si accompagni alla simpatia, o più ancora, se non vi sia totalmente subordinata e non dipenda esclusivamente da emozioni e affetti, se sussi­sta al di fuori di essi, oggettivamente, nelle persone e tra esse. Allora sol­tanto si può fondare su di essa il matrimonio e la vita comune degli sposi.

 

Di conseguenza si ha l’impressione che il cameratismo possa avere una parte importante nello sviluppo dell’amore ira Ia donna e l’uomo. Il camera­tismo differisce sia dalla simpatia che dall’amicizia. Differisce dalla prima perché non si limita alla sfera emotivo-affeinva della persona, ma si fonda al contrario su basi oggettive come il lavoro comune, I compiti comuni, gli inte­ressi comuni, ecc. E differisce dalla seconda, perché, il "io ti voglio bene co­me se si trattasse del mio proprio "io" "non ha ancora posto in esso. Così, ciò che lo caratterizza è un elemento di comunità su elementi oggettivi. Delle persone sono compagni di scuola, lavorano nello stesso laboratorio, fanno il servizio militare nella stessa compagnia, hanno lo stesso hobby (per esem­pio, la filatelia), e così diventano camerati. Il cameratismo può nascere an­che tra l’uomo e la donna, a prescindere dal fatto che siano più o meno legati da una simpatia affettiva. Il primo caso è particolarmente fecondo, perché allora la simpatia può trasformarsi in una vera amicizia. Il cameratismo crea tra l’uomo e la donna una comunità oggettiva, mentre la simpatia li unisce solo in modo soggettivo. L’aspetto oggettivo dell’amore, senza il quale esso resta sempre incompleto, può quindi realizzarsi grazie al cameratismo. Co­me dimostra l’esperienza, i sentimenti sono piuttosto incostanti, non posso­no, di conseguenza, determinare in modo durevole i rapporti tra due persone. E' indispensabile trovare dei mezzi che possano permettere ai sentimenti non solo di imboccare il sentiero della volontà, ma, cosa più importante, possano far nascere quella unità di voleri (unum velle) che fa si che due "io" diventino un solo "noi". E questa unità si trova proprio nell’amicizia.

 

L’amicizia reciproca ha un carattere interpersonale che si esprime attra­verso questo "noi". Questo è già evidente nel cameratismo, benché man­chino ancora quella coerenza e quella profondità che fanno parte dell’ami­cizia. Il cameratismo può legare tra loro più persone, l’amicizia si limita piuttosto a un piccolo numero. Le persone legate dal cameratismo costi­tuiscono in genere un ambiente, il che lo caratterizza come fenomeno so­ciale. Di qui la sua importante funzione nella formazione dell’amore reci­proco, se questo, una volta maturo, deve condurre al matrimonio e diven­tare il fondamento di una nuova famiglia: le persone capaci di vivere in un gruppo, capaci di crearlo sono senza dubbio ben preparate a conferire alla propria famiglia il carattere di un gruppo solidamente unito, in cui regni una positiva atmosfera di vita in comune.

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Da AMORE E RESPONSABILITA'

Karol Wojtyla

Ed. Marietti, Genova, 1996

 

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