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Principio

 

PRINCIPIO

 

 

In generale significa inizio, punto di partenza, origine, fondamento. È uno dei termini più frequenti del linguaggio filosofico, dato che la filosofia, per definizione, si occupa dei princìpi primi in ogni ordine di cose, e pertanto dei princìpi primi dell'essere, del conoscere, dell'agire, del fare, del valutare ecc, S. Tommaso definisce il princìpio in generale come «ciò da cui procede qualche cosa (id a quo aliquid procedit): «Il termine princìpio (princìpium) non significa altro che ciò da cui procede qualche cosa: infatti ciò da cui procede qualcosa in qualunque modo, lo diciamo princìpio e viceversa» (I, q. 33, a. 1). Lo stesso S. Tommaso precisa che la nozione di princìpio implica precedenza ma non sempre priorità: per es., il 2 precede i13 ma non ha priorità rispetto al 3. «Anche se il nome princìpio etimologicamente sembra derivare da priorità, esso non significa tuttavia priorità, bensì origine» (ibid.).

Princìpio è sinonimo dì causa, anche se non tutti hanno cura di evitare dì confonderli. Infatti «il termine princìpio è più generico di causa, come causa è più generico di elemento. Per es., il primo punto o la prima parte di una cosa si dice suo princìpio ma non sua causa» (I, q. 33, a. 1, ad 1).

Tra le varie divisioni dei princìpi menzionate da S. Tommaso la più importante è quella che li distingue in princìpi primi dell'essere, dell'agire e del conoscere, che corrispondono ai princìpi primi della metafisica. della morale e della logica: «Dicitur princìpium illud qod est primum aut in esse rei, sicut prima pars rei dicitur princìpium, aut in fieri rei, sicut primum movens dicitur princìpium, aut in rei cogntione» (V Met., lect. 1).

I princìpi primi della conoscenza (princìpi logici) possono essere comuni o propri. Questi sono princìpi di una determinata scienza (ad es. i princìpi della fisica): quelli riguardano tutte le scienze (ad es., il princìpio di non contraddizione). I princìpi primi della metafisica (princìpi ontologici) possono esser estrinseci al princìpiato, come la causa efficiente e finale, o intrinseci e allora si tratta dei costitutivi essenziali di una cosa (materia e forma, essenza e atto dell'essere ecc.) (cfr. I Anal., lect. 5). I princìpi primi della morale sono quelli che stanno alla base della legge naturale.

Contro tutte le forme di relativismo e soggettivismo etico S. Tommaso sostiene con insistenza che esistono princìpi primi non soltanto per la ragione speculativa ma anche per la ragion pratica: «Come la ragione speculativa argomenta a partire da alcuni princìpi evidenti in se stessi (per se notis); altrettanto è necessario che la ragion pratica (ratio practica) argomenti sulla base di princìpi evidenti in se stessi come per es. "non fare il male", "obbedire ai precetti di Dio" ecc.» (II.Sent. d. 24, q. 2, a. 3, sol.; cfr. De Ver., q. 16, a. 1).

Un punto non del tutto chiaro nel pensiero di S. Tommaso è come egli concepisca la conoscenza dei princìpi primi. Egli esclude che siano conosciuti mediante un processo astrattivo, dato che non si tratta di sostanze. Tanto meno possono essere frutto del ragionamento: perché stanno all'inizio c alla base di qualsiasi ragionamento (speculativo e pratico). Le espressioni che egli usa per spiegare la conoscenza dei princìpi primi sembrano suggerire una specie di teoria innatistica. Infatti S. Tommaso dichiara che «i princìpi primi sono conosciuti naturalmente» (sunt naturaliter cognita) (II Sent., d. 39. q. 2, a. 2. ad 4) (naturaliter nota sunt) (I Sent., d. 17, q. 1, a. 3, sol.). Sono conosciuti immediatamente senza bisogno di indagine (homo prima princìpia sine inquisitione statim cognoscit) (II Sent., d. 3, q. 1, a. 6, ad 2). «Nella stessa natura umana preesistono naturalmente princìpi di dimostrazioni per sé noti, i quali sono semi di sapienza, e princìpi di diritto naturale, i quali sono semi di virtù morali» (De Ver., q. 14, a. 2).

Però quello di S. Tommaso non è un innatismo come quello di S. Agostino, ossia di tipo «illuminazionistico»; bensì di stampo aristotelico, che prevede anche per la conoscenza dei princìpi primi il concorso dei sensi: «Per l'intelligenza dei princìpi è necessario che la conoscenza sia determinata (stimolata) dal senso» (III Sent., d. 23, q. 3, a. 2, ad 1). Però sembra che si tratti di un concorso diverso da quello che i sensi prestano nella formazione delle idee universali. Mentre le idee sono ricavate dai dati sensitivi per astrazione. e pertanto in questo caso i sensi offrono il materiale da cui la mente ricava le idee, nel caso della conoscenza dei princìpi primi, invece, i sensi sottopongono all'intelletto dati nei quali esso coglie l'applicazione e la verifica concreta dei princìpi: «La conoscenza determinata dei princìpi della dimostrazione si ottiene a partire dai sensi e quindi per la loro conoscenza non c'è bisogno di insegnamento; e in codesti princìpi l'uomo ha sin dall'inizio una conoscenza implicita di tutte le verità che seguono» (III Sent., d. 25, q. 2, a. 1, sol. 4, ad t; cfr. III Sent., d. 27, q. 1, a. 1;III Sent., d. 34, a. 1, ad 2).

In conclusione secondo S. Tommaso i princìpi primi non sono frutto né dell'esperienza né della illuminazione né dell'intuizione: essi sono presenti in germe nell'intelletto (scientiarum semina) ancor prima di qualsiasi esperienza, ma la mente ne prende coscienza soltanto nell'impatto con l'esperienza sensitiva.

 

(Vedi: CONOSCENZA, INTUIZIONE, ASTRAZIONE, INTELLETTO)

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Battista Mondin.

Dizionario enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino,

Edizioni Studio Domenicano, Bologna.

 

 

 

 

 

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