Articolo 4: LA MORALITÀ DEGLI ATTI
UMANI
[1749] La libertà fa dell’uomo un soggetto morale. Quando
agisce liberamente, l’uomo è, per così dire, il padre dei propri atti. Gli atti umani, cioè gli atti
liberamente scelti in base ad un giudizio di coscienza, sono moralmente
qualificabili. Essi sono buoni o cattivi.
I.Le fonti della moralità
[1750] La moralità degli atti umani dipende:
dall’oggetto scelto;
dal fine che ci si prefigge
o dall’intenzione;
dalle circostanze
dell’azione.
L’oggetto,
l’intenzione e le circostanze rappresentano le «fonti», o elementi costitutivi,
della moralità degli atti umani.
[1751] L’oggetto scelto è un bene verso il quale la volontà si dirige
deliberatamente. È la materia di un atto umano. L’oggetto scelto specifica
moralmente l’atto del volere, in quanto la ragione lo riconosce e lo giudica
conforme o no al vero bene. Le norme oggettive della moralità enunciano
l’ordine razionale del bene e del male, attestato dalla coscienza.
[1752] Di fronte all’oggetto, l’intenzione si pone dalla parte del soggetto che
agisce. Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell’azione e la
determina attraverso il fine, l’intenzione è un elemento essenziale per la
qualificazione morale dell’azione. Il fine è il termine primo dell’intenzione e
designa lo scopo perseguito nell’azione. L’intenzione è un movimento della
volontà verso il fine; riguarda il termine dell’agire. È l’orientamento al bene
che ci si aspetta dall’azione intrapresa. Non si limita ad indirizzare le
nostre singole azioni, ma può ordinare molteplici azioni verso un medesimo
scopo; può orientare l’intera vita verso il fine ultimo. Per esempio, un
servizio reso ha come scopo di aiutare il prossimo, ma, al tempo stesso, può
essere ispirato dall’amore di Dio come fine ultimo di tutte le nostre azioni.
Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni; così, per
esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o per trarne
motivo di vanto.
[1753] Un’intenzione buona (per esempio, aiutare il
prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in se stesso scorretto
(come la menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi. Così, non
si può giustificare la condanna di un innocente come un mezzo legittimo per
salvare il popolo. Al contrario, la presenza di un’intenzione cattiva (quale la
vanagloria), rende cattivo un atto che, in sé, può essere buono .
[1754] Le circostanze, ivi
comprese le conseguenze, sono gli elementi secondari di un atto morale.
Concorrono ad aggravare oppure a ridurre la bontà o la malizia morale degli
atti umani (per esempio, l’ammontare di una rapina). Esse possono anche
attenuare o aumentare la responsabilità di chi agisce (agire, per esempio, per
paura della morte). Le circostanze, in sé, non possono modificare la qualità
morale degli atti stessi; non possono rendere né buona né giusta un’azione
intrinsecamente cattiva.