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IL TEMPO DEGLI IMPOSTORI

 

A Pavel Jvànovic Cìcikov *

 

IL TEMPO DEGLI IMPOSTORI

 

              Signor Cìcikov,

 

                                    il biglietto da visita che, scen­dendo all’albergo, avete rilasciato al domestico, vi qualifica per "Consigliere di Co1legio", grado pari a quello di colonnello dell’esercito zarista.

         Non bello, vi descrive il Gogol, ma neppure brutto; né troppo grasso né troppo magro; non vecchio, ma nemmeno molto giovane.

Invece, questo si, avete in testa un capola­voro di progetto da attuare. Vi siete detto: "Il go­verno concede terre da colonizzare laggiù nel Cher­son a chi dimostri di avere un buon numero di servi della gleba, o “anime”. Poco fa c’è stata un’epidemia e servi ne son morti, grazie a Dio, parecchi e figurano ancor vivi sui registri. Appro­fitterò di quest’ultima circostanza: il compererò dai loro padroni come “anime vive”, anche se in realtà sono “anime morte”, presenterò al governo la loro lista; così ottengo i terreni e divento ricco sfondato".

Deposti all’albergo i bagagli, cominciate su­bito le visite in città.

Al Governatore accennate, oh! di sfuggita!, che nel suo Governatorato ci si entra come in un paradiso, che le strade qui sono di velluto, che ai governi, che mandano funzionari cosi intelligenti, s’ha da fare un monumento.

Al Capo della polizia dite qualcosa di molto lusinghiero sulle guardie di città.

Parlando col Vice-Governatore e col Presi­dente del Tribunale vi lasciate sfuggire il titolo di Eccellenza: è un errore, ma ai due piace moltis­simo.

Conclusione: il Governatore vi invita entro oggi a una seratina in famiglia mentre gli altri fun­zionari vi aspettano nei prossimi giorni chi per il pranzo, chi per una partitina di carte, chi per una tazza di the. Siete già sulla cresta dell’onda, Cìcikov, la vostra maiuscola bugia promette bene, state per fare affari d’oro a spese - naturalmen­te - degli altri.

Qui è il punto dolente. Voi siete certo un bel tipo, la vostra trovata è originale, ma... imbro­gliate! E quel che è peggio, poiché siete un ladro in guanti gialli e con bugie spiritose, la società vi fa i complimenti e vi presenta le armi!

Foste il solo! I casi sono invece infiniti! Da Talleyrand, che dichiara la parola regalo di Dio per "nascondere il proprio pensiero"; da Byron, che chiama la bugia "nient’altro che verità in ma­schera"; da Ibsen, che ne L’anitra selvatica di­fende la "menzogna vitale", asserendo che gli uomi­ni comuni hanno bisogno della menzogna per vi­vere; da Andreev, che in Menzogna afferma dolo­rosamente non esserci più verità, arriviamo all’ap­prezzamento pratico di tanta gente, che considera la truffa e l’inganno come prova di intelligenza e di abilità negli affari.

 

***

Ohimé! Arriviamo oggi a casi ancora più ma­croscopici, resi possibili da tecniche nuove di co­municazione, che voi, Cìcikov, neppure potevate immaginare e che sono oggi sfruttate da pochi a danno di molti.

Gilbert Cesbron ha appena sfornato un nuo­vo romanzo psicologico. Può interessare a voi, grande impostore, il sapere che l’ha intitolato: Ecco il tempo degli impostori! Impostori sarebbero -secondo Cesbron - quei della grande stampa, che, divulgando indiscrezioni scandalistiche e insinua­zioni calunniose, fanno leva sugli istinti deteriori della gente e ne sfaldano un po’ alla volta il senso morale.

Alla "grande stampa", Cesbron potrebbe ag­giungere il cinema, la radio, la televisione. Questi strumenti nuovi, di per sé utilissimi, se manovrati da gente astuta, a furia di bombardare i ricettori con colori sonorizzati e persuasione tanto più effi­cace quanto più occulta, sono capaci un po’ alla volta di fare odiare dai figli il più buono dei padri, di far vedere bianco dov’è nero e viceversa.

Le bugie vostre, con relativi sorrisi e compli­menti seducenti, Cìcikov, possono oggi essere po­tenziate al mille per uno e diventare bugia corale, nazionale, internazionale e cosmica, facendo del nostro "il tempo per eccellenza degli impostori". Appunto come ha scritto Cesbron.

C’è di più. Attraverso la stampa, la radio, la televisione, non si viene a contatto con i fatti in sé, ma con la versione dei fatti, interpretati da diversi in modo diverso. E allora si insinua nelle menti l’idea perniciosa che non si può arrivare mai alla verità, ma solo all’opinione. "Una volta c’era­no certezze - si dice - adesso non siamo più nell’èra della credenza, ma dell’opinabile".

        I filosofi soffiano sul fuoco: "Il linguaggio - dicono - non è atto ad esprimere il pensiero. La verità è relativa, cioè cambia      secondo i tempi e gli uomini". Di qui la sfiducia di molti nella verità, nella ragione umana, nella forza della lo­gica; di qui l’accontentansi e l’abbandonarsi alle sole impressioni alogiche e acritiche.

Ciò che è falso per l’uno è vero per l’altro, bugia e verità sono accettate con diritto eguale di cittadinanza. Un autentico schiaffo alla dignità del­l’uomo e alla bontà di Dio, che ha creato l’uomo capace di certezze.

E pazienza ci Si fermasse al campo naturale. Si passa al campo religioso-divino.

Si dice: "Siamo tutti storpi davanti alla ve­rità. Una volta c’era nella Chiesa la docenza auto­ritativa; adesso siamo tutti alla ricerca; è l’èra del pluralismo nella fede".

Senonché la fede non è pluralista: si può ammettere un sano pluralismo nella teologia, nella liturgia, in altre cose, mai nella fede. Appena con­sta che Dio ha rivelato una verità, la risposta è per tutti, in tutti i tempi: con convinzione e co­raggio, senza dubbi e tentennamenti.

E va respinta con tutte le forze l’idea che le verità della fede siano solo espressione di un mo­mento della coscienza e della vita della Chiesa. Esse valgono sempre anche se è possibile capirle sempre meglio ed esprimerle con formule nuove, più indovinate e più adatte ai tempi nuovi.

Quanto alla docenza autoritativa c’era - en­tro debiti limiti - ieri e c’è oggi. Altrimenti, la Chiesa cesserebbe di essere “apostolica” e non sa­rebbe più vero che "Cristo è il medesimo ieri, oggi e per i secoli" (Ebrei 13, 8).


Al contrario di questi dubitosi e scettici, voi, Cìcikov, vi mantenete sicuro nella conduzione del vostro affare; senza batter ciglio "sparate" cifre, date assicurazioni, togliete ostacoli. C’è chi vi asso­miglia nella imperterrita sicurezza: quelli che, cre­dendosi investiti dal vento della profezia, puntano il dito e denunciano continuamente uomini e istitu­zioni.

La "denuncia profetica" è il genere letterario da certuni oggi propagandato nella Chiesa cattoli­ca. Non si nega che chi l’usa abbia spesso retta intenzione e amore alla Chiesa; lo scandalo provo­cato dalla denuncia è spesso perfino voluto a bella posta: "E’ necessario il tuono, il colpo di cannone per svegliare certa gente!", si dice. San Paolo pre­feriva dire: "Se un cibo scandalizza un mio fra­tello, non mangerò carne in vita mia".

I Santi, anche quelli generati nella vostra Rus­sia come san Nicola, procedevano, in genere, per altra strada: contestavano se stessi più che gli altri, sempre timorosi di offendere la carità.

Maddalena di Lamoignon, nobile, colta e suo­ra di Carità del seicento, lette le satire del poeta Boileau, le trovò troppo velenose e lo disse franca­mente all’autore. - "Vedrò di tener conto dell’os­servazione un’altra volta - rispose Boileau - ma permettetemi almeno di scrivere contro il Gran Turco, nemico acerrimo della Chiesa!". - "Oh, no - rispose la suora - si tratta di un sovrano e va rispettato per l’autorità che riveste".- "Mi la­scerete almeno fare una satira contro il diavolo!, sorrise Boileau, non negherete che se la meriti! ". - E la pia suora: "Il diavolo è già punito abbastanza. Cerchiamo di non dir male di nessuno, per non cor­rere il rischio di andarlo a trovare!".

Sarà forse per non correre il suddetto rischio che tutti vi hanno dato piena fiducia, Cìcikov? Altri non hanno la vostra fortuna: non sono creduti neanche quando dicono il vero!

Toccò a quel soldato che, ferito ad una gam­ba, pregò il commilitone vicino di portarlo al posto di medicazione. Accadde, però, che, nel tragitto, una palla di cannone portò via netta la testa al ferito senza che se n’accorgesse il pietoso soccor­ritore, che, arrivato col carico dal chirurgo, si sentì dire: "E che vuoi che faccia a un uomo, cui manca la testa?". Solo allora egli guardò il corpo ed escla­mò: "Brutto bugiardo! E pensare che m’aveva dato da intendere di essere ferito a una gamba!".

La via di mezzo sarebbe da scegliere: non la fiducia cieca e illimitata ad ogni parola od azione della gente, né la diffidenza esagerata, che senza motivi sospetta menzogne in tutti.

Evitò la fiducia cieca l’ispettore di polizia, che fece arrestare due individui, i quali, in tuta, cari­cavano su un camion dei tubi di piombo. "Da che cosa avete arguito che fossero ladri e non operai?" gli fu chiesto. Risposta: "Lavoravano con troppa fretta per essere operai".


        Non evitò, invece, la diffidenza esagerata il medico, che disse al collega: "Non ti faccio il prestito, perché io non mi fido di nessuno. Venisse dal cielo san Pietro a chiedermi diecimila lire, fornendomi come cauzione la firma della Santissima Trinità, non gli darei un centesimo!". Diffidente pure Mark Twain, che, in seguito a noiose insistenze, scrisse sull’album di quella signorina: "Non dire mai bugie!" e aggiunse dopo riflessione: "eccetto che non sia per mantenerti in esercizio!".

***

Consigliere Cìcikov! Scrive Gogol, che non vi siete accinto ad attuare la vostra macroscopica finzione senza prima farvi il segno di croce secondo l’uso russo. Prima di iniziare la bugia avete dunque invocato Colui che è "venuto a rendere testimonianza alla verità" (Giov. 18, 37), che è la Verità, che ha detto: "Il vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no" (Mi. 5, 37). Avete messo insieme verità e bugia con una incongruenza inconcepibile. Qui sta l’aspetto più doloroso del vostro mentire.

Ricercatore di un cristianesimo autentico, noi cercheremo di fare il rovescio di quanto Voi avete fatto. Noi siamo per una vita senza infingimenti e doppiezze. Sia detto senza alcun rancore!

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*  PAVEL IVANOVIC CICIKOV è un grottesco personaggio de Le anime morte di Gogol che fa affari d’oro grazie a una maiuscola bugia. Nicolai Vasilevic Gogol (1809-1852) è una delle figure più popolari della lette­ratura russa. Osservatore spietato e dotato di una sottile e contorta sensibilità psicologica, fa vivere nei suoi racconti una folla di personaggi meschini, gretti e arroganti.


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Albino Luciani

Illustrissimi

Edizioni Messaggero - Padova

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