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Corriere della Sera 17 agosto 2000

 

Corriere della Sera 17 agosto 2000

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PAROLE ANTICHE E L’ANSIA DEL NUOVO

di INDRO MONTANELLI

Le macchine da ripresa della televisione non devono aver avuto bisogno di ricorrere ad «effetti speciali» per sottolineare l’imponenza della cerimonia svoltasi a Roma per l’inaugurazione della XV Giornata della Gioventù mondiale (di nome e di fatto), supremo happening di questo Giubileo. I Papa-boys accorsi nella capitale del cattolicesimo erano effettivamente 700 mila. Ma si prevede che saranno più del doppio per la Messa di chiusura, officiata, come quella di apertura, dal Papa. Sorvoliamo sui particolari di organizzazione e di regìa, a quanto pare impeccabili, dell’avvenimento: sono settecento anni che la Chiesa li aggiorna e perfeziona. Ma chiediamoci piuttosto che cosa spinge a Roma questi nuovi Romei, come si chiamarono i pellegrini del primo Giubileo, quello di Papa Bonifacio, oggi accorsi da ogni parte del mondo con tutti i mezzi, anche in bicicletta, e qualcuno addirittura a piedi. La disciplina, la puntualità, il rispetto dell’ambiente e dell’ordine con cui il concentramento si va svolgendo ne escludono ogni carattere festaiolo e balneare. Le oltre duemila fra scuole e parrocchie in cui vengono accolti e alloggiati non hanno nulla di vacanziero. Non c’è stato bisogno di mobilitare polizia e carabinieri per fare sì che il pellegrinaggio rimanga, in tutta la sua austerità, un pellegrinaggio.
Ma che cosa se ne aspettano, questi ragazzi di ambo i sessi, ma senza promiscuità? Non certamente la remissione, a prezzo d’obolo, dei loro peccati. E nemmeno qualche nuova parola d’ordine per cui credere, obbedire e combattere. Colui che li riceve è un vecchio uomo che le parole, anche nella sua lingua, le spiccica male, con fatica, e per dire cose di cui la più moderna e aggiornata ha duemila anni di età. Ma è proprio questo, credo, che i giovani inconsciamente cercano e vogliono in un mondo dell’effimero come quello in cui noi li abbiamo fatti nascere: qualcosa che non abbia tempo perché è eterno, e che gli offra alcunché di stabile su cui posare - e riposare - i piedi. Le ideologie, che spinsero in piazza i loro padri armati di slogan e di mitra, giacciono inanimate e non rianimabili sotto le proprie macerie. E la rivoluzione tecnologica che ne ha preso il posto imprime alla vita un ritmo che ci farà tutti vecchi prima ancora di essere maturi.

 
Non vorrei cimentarmi con cose più grandi di me e di tutti. Ma mi chiedo se questo raduno, che si svolge nell’ordine e nella quiete, non sia in realtà una rivolta, o almeno una protesta, contro un modo di vita dominato dall’ansia del nuovo, che a sera ha già reso decrepito tutto ciò che ha inventato al mattino.
Ecco quali pensieri mi suggerisce lo spettacolo di queste centinaia di migliaia di giovani che, muniti di aggeggi che li tengono in diretta comunicazione via Internet (se dico una bestialità, scusatemi: ignoro cosa sia e come funzioni Internet) con la Borsa o i musei di Tokio, s’inginocchiano di fronte a un Papa vegliardo che crede nei miracoli e nelle visioni di Fatima.

 

 

 

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